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Il Brasile ha deciso di limitare gli ingressi nel Paese ai viaggiatori completamente vaccinati o guariti dal Covid-19. All'arrivo, i viaggiatori dovranno anche esibire un test negativo.
Le nuove regole, ha annunciato il governo, sono in vigore da subito. I viaggiatori dovranno fornire la prova dell'avvenuta vaccinazione direttamente alle compagnie aeree, prima di imbarcarsi sui voli per il Paese.
Il governo in precedenza aveva respinto l'implementazione di queste nuove regole, ma è stato ora costretto alla decisione dopo una sentenza della Corte Suprema federale di Brasilia. Anche l'agenzia sanitaria Anvisa aveva raccomandato le misure.
Effetto variante Omicron del covid sui viaggi in Europa, con nuove restrizioni e tamponi obbligatori anche per vaccinati. L'Italia non è infatti isolata nel prevedere per i viaggiatori provenienti da altri Paesi Ue l'obbligo di effettuare test, anche per gli immunizzati contro il coronavirus.
Finora, davanti all'aumento dei positivi al Sars-CoV-2 causati dalla variante Delta e alla prospettiva di dover fare i conti con la Omicron, sono ben otto i Paesi Ue che hanno previsto restrizioni aggiuntive anche per i detentori di Green Pass validi. A questi va aggiunta la Svizzera, che non fa parte dell'Ue ma che è un importante Paese di transito per chi viaggia in Europa via terra.
La possibilità di introdurre restrizioni aggiuntive anche per i vaccinati era prevista nel regolamento, entrato in vigore l'estate scorsa, che ha istituito il Green Pass, come freno d'emergenza da attivare nel caso in cui fossero apparse varianti preoccupanti, quale è appunto la Omicron. Ecco una breve panoramica delle restrizioni notificate fino ad oggi alla Commissione.
AUSTRIA - Vienna ha informato la Commissione Europea durante il fine settimana di aver attivato il freno d'emergenza fino al 31 gennaio 2022, davanti all'incedere della variante Omicron. Vienna chiede ai viaggiatori di esibire o un test Pcr (molecolare) negativo, oppure la prova di aver ricevuto la terza dose di vaccino, oltre al certificato che attesta il completamento del primo ciclo vaccinale o la guarigione dalla Covid. Sono previste eccezioni, anche per i frontalieri. Le restrizioni si applicano da oggi fino al 31 gennaio.
GERMANIA - Berlino non ha ancora notificato alla Commissione restrizioni aggiuntive di viaggio.
ITALIA - Roma richiede test per tutti i viaggiatori provenienti da altri Paesi Ue, vaccinati e non. Il test molecolare (Pcr) deve essere fatto non più di 48 ore prima dell’arrivo, quello rapido antigienico non più di 24 ore prima. Le persone non vaccinate devono fare una quarantena di 5 giorni. Le misure si applicano dal 16 dicembre 2021 al 31 gennaio 2022. L’Italia ha notificato le misure alla Commissione il 15 dicembre scorso.
GRECIA - Atene chiede a tutti i viaggiatori in arrivo di presentare un test Pcr negativo effettuato entro 72 ore prima dell’arrivo, oppure un test rapido non oltre 24 ore prima. Le misure si applicano da ieri, 19 dicembre.
PORTOGALLO - Lisbona chiede a tutti i viaggiatori che entrano nel Paese muniti di certificato di vaccinazione contro la Covid di esibire il risultato di un test effettuato prima di entrare. L’obbligo non vale per le persone guarite. Le disposizioni si applicano dal primo dicembre 2021 al 10 gennaio 2022.
LETTONIA - Vilnius sottopone a screening alcuni aerei in arrivo e richiede un test gratuito dopo l’arrivo, Le misure si applicano fino al 26 dicembre.
IRLANDA - Dublino chiede a tutti i viaggiatori in arrivo di effettuare un test prima della partenza. Per chi detiene un certificato Covid digitale Ue (Green Pass) che attesta la vaccinazione o la guarigione, vengono accettati sia i test molecolari che i rapidi. Chi non ha un Green Pass valido per la vaccinazione o la guarigione deve effettuare un test Pcr.
SVEZIA - Stoccolma raccomanda a tutti i viaggiatori, inclusi i cittadini svedesi, di fare un test dopo l’arrivo. Non si tratta di un obbligo, ma solo di una raccomandazione.
SVIZZERA - La Confederazione richiede a tutti coloro che arrivano di essere testati (Pcr 72 ore prima dell’arrivo, rapido 24 ore prima). Per le persone non vaccinate e non guarite, è obbligatorio un secondo test Pcr 4-7 giorni dopo l’arrivo. Eccezioni anche per compilare il modulo di ingresso, per coloro che arrivano da regioni confinanti, nel caso dell'Italia: Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino.
Variante Omicron in Italia, l'immunologa dell'università di Padova, Antonella Viola, in un post della sua bacheca Facebook fa una netta scelta: "Ci sono misure che servono e altre che sono solo una risposta scomposta dettata dal panico".
Tra queste ultime, scrive, "la richiesta di un tampone a chi è vaccinato e rientra dai Paesi europei, che mette in discussione l'Europa (come sottolineato da Macron) e la vaccinazione. O inserire di nuovo tamponi per i vaccinati per il cinema o il teatro (settori che hanno sofferto duramente e che non mi pare siano stati luoghi di contagio)".
Ricordiamoci, avverte, "che il virus probabilmente resterà con noi per anni; che i vaccini stanno proteggendo dalla malattia severa (altrimenti oggi viaggeremmo sui 1000 morti al giorno) e che quindi contare i positivi è utile solo a fini epidemiologici e non dovrebbe essere una forma di comunicazione della paura. L'unica cosa seria da fare è inserire l'obbligo vaccinale. Il resto è solo confusione e stress inutile per i cittadini".
"L'efficacia della dose di richiamo" del vaccino anti Covid "nel prevenire diagnosi e malattia severa sale al 75,5% e al 93,4%". Lo evidenzia l'aggiornamento report dell'Istituto superiore di sanità pubblicato ogni sabato. "Rimane elevata l’efficacia vaccinale nel prevenire casi di malattia severa, in quanto l’efficacia del vaccino nei vaccinati con ciclo completo da meno di 150 giorni è pari al 92,7%, mentre cala all’82,6% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 150 giorni", sottolineano gli esperti.
"Analizzando il tasso di decesso (nella fascia di popolazione over 80), nel periodo 22 ottobre-21 novembre" l'Iss evidenzia poi che "nei non vaccinati (153 per 100.000) è circa otto volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da entro i 150 giorni (18 per 100.000) e 45 volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva/booster (3 per 100.000)".
Da lunedì 20 dicembre 2021 i provvedimenti contro la diffusione del coronavirus saranno inaspriti. Agli spazi interni dei ristoranti e delle strutture culturali, sportive e per il tempo libero e alle manifestazioni al chiuso avranno accesso soltanto persone vaccinate o guarite.
In questo modo si riduce il rischio che vengano contagiate persone non immunizzate. Se contraggono il virus, queste ultime sono infatti più infettive e molto più soggette a decorsi gravi della malattia. Quale ulteriore protezione, in tutti questi luoghi sarà obbligatorio portare la mascherina e si potranno consumare cibi e bevande soltanto stando seduti. Dove non è possibile indossare la mascherina, per esempio durante le prove di gruppi di strumenti a fiato, o non si può consumare stando seduti, come in discoteca o al bar, l’accesso sarà consentito soltanto a persone vaccinate o guarite risultate negative al test. Dall’obbligo del test sono esentate le persone la cui vaccinazione, il cui richiamo o la cui guarigione risalgono a non più di quattro mesi prima. Sarà inoltre reintrodotto l’obbligo del telelavoro. Gli incontri privati cui sarà presente una persona non vaccinata o guarita di più di 16 anni saranno limitati a dieci persone. È quanto ha deciso il Consiglio federale nella sua seduta del 17 dicembre 2021, nella quale ha inoltre disciplinato l’assunzione dei costi dei test e deciso l’acquisto di ulteriori dosi di vaccino.
La situazione epidemiologica è preoccupante: il numero dei ricoveri continua a crescere e in alcune regioni il tasso di occupazione dei reparti di terapia intensiva è molto alto. A essere ricoverate sono soprattutto persone non vaccinate di mezza età o in età avanzata. Il 13 dicembre è stata superata per la prima volta la soglia critica di 300 pazienti COVID-19 ricoverati in terapia intensiva. A partire da questa soglia non è più possibile garantire un'assistenza ottimale a tutti i pazienti, perché gli ospedali sono costretti a rinviare o ritardare il trattamento di altre malattie. Stando alle stime attuali, il numero di pazienti COVID-19 ricoverati in terapia intensiva crescerà ulteriormente e a fine anno si situerà tra i 350 e i 400.
A questo si aggiungono i contagi con la variante Omicron, che dovrebbero aumentare significativamente ancora prima di Natale. Secondo prime osservazioni, la variante Omicron è più contagiosa della variante Delta. La vaccinazione e la guarigione da una precedente infezione sembrerebbero offrire una protezione molto meno efficace contro la nuova variante. La protezione è tuttavia nettamente più alta per chi si è vaccinato o ha fatto il richiamo di recente. Se la protezione vaccinale si rivelerà bassa, i contagi aumenteranno anche tra la popolazione vaccinata. Non è tuttavia ancora chiaro quale livello di gravità possa raggiungere la malattia da variante Omicron né in che misura le persone vaccinate siano protette dalle forme più gravi. Se i casi gravi saranno molti, il sistema sanitario, già sovraccarico, sarà sottoposto in brevissimo tempo a una pressione che non potrà più reggere.
Provvedimenti più restrittivi
Dopo aver consultato i Cantoni, le commissioni parlamentari competenti, le parti sociali e le associazioni direttamente interessate, il Consiglio federale ha deciso oggi provvedimenti più restrittivi che resteranno in vigore fino al 24 gennaio 2022. Essendo la variante Omicron assai contagiosa, i nuovi provvedimenti concernono in parte anche le persone vaccinate o guarite. L'obiettivo è di proteggere al meglio le strutture ospedaliere da un ulteriore sovraccarico in modo da garantire a tutti l'accesso ai reparti di terapia intensiva.
Accesso soltanto a persone immunizzate, con obbligo della mascherina e di consumare stando seduti
L'accesso ai luoghi chiusi per cui attualmente vige la «regola 3G» (persone vaccinate, guarite o risultate negative al test) sarà limitato alle persone immunizzate, ossia vaccinate o guarite («regola 2G»). Questo concerne i ristoranti, le strutture culturali, sportive e per il tempo libero e le manifestazioni. In tal modo si riduce il rischio che vengano contagiate persone non immunizzate che, se contraggono il virus, sono più infettive e molto più soggette a decorsi gravi della malattia. Quale ulteriore protezione, in tutti questi luoghi si applicheranno come sinora l'obbligo della mascherina e l'obbligo di consumare cibi e bevande stando seduti. Per le manifestazioni con più di 300 persone all'aperto continuerà a valere la «regola 3G».
Discoteche e attività senza mascherina: accesso soltanto a persone immunizzate e testate negative
Dove non è possibile portare la mascherina né consumare stando seduti, l'accesso sarà consentito soltanto a persone immunizzate (ossia vaccinate o guarite) risultate negative al test («regola 2G+»). Questa regola varrà per discoteche e bar e per le attività sportive o culturali amatoriali la cui pratica non consente l'uso della mascherina, per esempio le prove di gruppi di strumenti a fiato. La regola non si applicherà agli adolescenti di meno di 16 anni. Grazie all'obbligo del test si garantisce che nessuna persona contagiosa partecipi a manifestazioni per cui non sono previsti l'obbligo della mascherina e l'obbligo di stare seduti. Dopo la consultazione la regola è stata completata: dall'obbligo del test saranno esentate le persone la cui seconda vaccinazione, il cui richiamo o la cui guarigione risalgono a non più di quattro mesi prima. Le strutture e manifestazioni soggette alla «regola 2G» che applicheranno volontariamente la «regola 2G+» potranno rinunciare all'obbligo della mascherina e all'obbligo di stare seduti durante le consumazioni.
Limitazioni per gli incontri privati al chiuso
Le esperienze maturate sinora dimostrano che nella sfera privata il rischio di contagio è elevato. Per questo motivo il Consiglio federale ha deciso di limitare il numero di persone non immunizzate che possono prendere parte a incontri privati al chiuso. Se è presente una persona non
vaccinata o guarita di più di 16 anni, gli incontri privati saranno limitati a dieci persone inclusi i bambini. Se tutte le persone sopra i 16 anni sono vaccinate o guarite, il limite per gli incontri al chiuso sarà di 30 persone. All'aperto, il limite resta di 50 persone.
Reintroduzione dell'obbligo del telelavoro
Nell'intento di facilitare la riduzione dei contatti sociali nella popolazione, il Consiglio federale reintroduce inoltre l'obbligo del telelavoro. Se è necessario il lavoro sul posto, nei locali in cui è presente più di una persona continua a vigere l'obbligo della mascherina.
Obbligo della mascherina nelle scuole del livello secondario II
Oltre ai test ripetuti, un provvedimento fondamentale per ridurre la circolazione del virus è l'obbligo della mascherina. Nelle scuole del livello secondario II è quindi prescritto l'obbligo della mascherina. Il Consiglio federale raccomanda inoltre fortemente ai Cantoni di introdurre l'obbligo anche nelle scuole di livello inferiore, cosa che molti hanno già fatto. Ugualmente raccomandata è l'esecuzione di test ripetuti per interrompere velocemente le catene di infezione nelle scuole.
Raccomandazione di rinviare interventi non urgenti
Il Consiglio federale rinuncia a reintrodurre l'insegnamento a distanza, poiché le vacanze semestrali sono ormai alle porte. Nel livello terziario, per determinate offerte formative e gli esami è reintrodotta la limitazione dell'accesso alle persone vaccinate, guarite o risultate negative al test. Per la formazione continua valgono le regole applicate alle manifestazioni.
Il Consiglio federale raccomanda fortemente ai Cantoni di rimandare interventi non urgenti negli ospedali per sgravare il personale sanitario. Se nei prossimi giorni o nelle prossime settimane la situazione dovesse peggiorare rapidamente, il Consiglio federale sarà in grado di reagire tempestivamente.
Nuovamente a carico della Confederazione i costi dei test per il rilascio del certificato
Il Consiglio federale ha inoltre deciso che i costi di determinati test anti-COVID-19 necessari al rilascio del certificato saranno nuovamente a carico della Confederazione. Così facendo, attua una decisione del Parlamento prevista dalla legge COVID-19. Saranno assunti i costi dei test antigenici rapidi e dei test PCR salivari aggregati. Non saranno invece rimborsati i test autodiagnostici, i test PCR individuali e i test anticorpali. Continueranno a essere rimborsati i test PCR individuali delle persone che presentano sintomi della malattia, delle persone di contatto e in caso di risultato positivo di un test aggregato. Il nuovo sistema di assunzione dei costi sarà valido da domani, sabato 18 dicembre. Dal 17 gennaio 2022, inoltre, a tutti coloro che si sottoporranno ai test ripetuti verrà rilasciato un certificato COVID.
Un solo test necessario per l'entrata in Svizzera per le persone vaccinate o guarite
Dopo aver consultato i Cantoni, il Consiglio federale ha adeguato il regime dei test valido per l'entrata in Svizzera. La modifica entrerà in vigore lunedì 20 dicembre. Oltre ai test PCR, eseguiti al massimo 72 ore prima, saranno accettati anche i test antigenici rapidi eseguiti non oltre 24 ore prima. L'obbligo di un secondo test a cui sottoporsi dai 4 ai 7 giorni dopo l'arrivo in Svizzera non si applicherà più a chi è vaccinato o guarito.
Vaccini anti-COVID-19: fornitura garantita anche per il 2022
Nella sua seduta il Consiglio federale ha discusso anche dell'acquisto di vaccini anti-COVID-19. Per il primo semestre del 2022, la Confederazione si era già assicurata 7 milioni di dosi di vaccino Moderna e Pfizer/BioNTech ciascuno; ora il Governo ha deciso di ordinare altri 7 milioni di dosi ciascuno anche per il secondo semestre del prossimo anno. Nel 2022 disporremo perciò di circa 34 milioni di dosi di vaccino, abbastanza per vaccinare tutti coloro che lo desiderano, anche nel caso in cui una variante del virus immunoevasiva cambi il corso della pandemia e renda necessaria la somministrazione di dosi supplementari. Conformemente ai contratti vigenti, la Svizzera ottiene sempre l'ultima versione del vaccino disponibile del rispettivo produttore, a condizione che sia approvata da Swissmedic.
Sin dall'inizio della lotta globale contro la pandemia, la Svizzera si è impegnata a garantire che più persone possibile abbiano accesso a vaccini anti-COVID-19 efficienti e sicuri in tutto il mondo. Il 30 giugno 2021, infatti, il Consiglio federale ha deciso di donare 4 milioni di dosi di vaccino in favore dell'iniziativa COVAX. La possibilità di un'ulteriore donazione sarà esaminata in futuro.
Strategia per la promozione della ricerca, dello sviluppo e della produzione di vaccini
Il Consiglio federale ha inoltre condotto un dibattito sulla promozione nazionale a lungo termine della ricerca, dello sviluppo e della produzione di vaccini. L'obiettivo è che la Svizzera consolidi ulteriormente la sua posizione di punta quale sede di produzione e attore centrale nel campo della ricerca e dello sviluppo di tecnologie chiave. Allo stesso tempo, l'Esecutivo auspica il rafforzamento della collaborazione internazionale lungo tutta la catena di valore aggiunto dei vaccini. Il Dipartimento federale dell'interno e il Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca sono stati incaricati di fornire entro la fine del 2022 una proposta di attuazione dei provvedimenti strategici definiti.
Il sensibile aumento dei nuovi casi di coronavirus comporta un netto incremento dei ricoveri in ospedale e del numero dei pazienti ricoverati nei reparti di cure intense. A causa di diversi fattori, il grado di sollecitazione dei reparti di cure intense può variare tra le varie regioni di assistenza.
Pertanto il 14 dicembre 2021 il servizio sanitario coordinato (SSC), la Conferenza delle direttrici e dei direttori della sanità (CDS), l’associazione H+ Gli ospedali svizzeri nonché la Società svizzera di medicina intensiva (SSMI) hanno deciso di precisare il mandato e l’attuazione sussidiaria del coordinamento nazionale dei reparti di cure intense.
Da giugno 2020 il servizio di coordinamento nazionale gestito dalla Guardia aerea svizzera di soccorso REGA è a disposizione dei reparti di cure intense 24 ore su 24 e si occupa dell’attività di intermediazione a livello svizzero. Come descritto nel concetto del 16 giugno 2020, su annuncio di un reparto di cure intense, tale servizio organizza i trasferimenti di pazienti in altre regioni.
In caso di sovraccarico, anche in situazioni normali i reparti di cure intense degli ospedali svizzeri effettuano trasferimenti di pazienti all’interno di un Cantone o di una regione.
Coordinamento a due livelli dei trasferimenti di pazienti di reparti di cure intense
Da molti mesi a causa della pandemia di COVID-19 i reparti di cure intense vengono sollecitati molto più del normale. Anche a seguito di carenze di personale specializzato, gli ospedali e i reparti di cure intense hanno grandi difficoltà a mettere a disposizione capacità aggiuntive in tempi brevi. L’aumento dei casi, i tassi di copertura vaccinale diversi da regione a regione nonché la sollecitazione continua del personale specializzato comportano un continuo aumento della pressione sugli ospedali e sui reparti di cure intense. Pertanto il 14 dicembre 2021 il servizio sanitario coordinato (SSC), la Conferenza delle direttrici e dei direttori della sanità (CDS), l’associazione H+ Gli ospedali svizzeri nonché la Società svizzera di medicina intensiva (SSMI) hanno precisato il concetto per il coordinamento nazionale dei reparti di cure intense.
Le precisazioni prevedono un coordinamento a due livelli dei reparti di cure intense:
1. Ogni reparto di cure intense aderisce a livello cantonale o regionale a una rete ospedaliera esistente o istituita dalle autorità nel Cantone per trasferimenti di pazienti e compensazioni di capacità. Di norma le reti vengono gestite dalla direzione del reparto di cure intense di un ospedale universitario o di un ospedale centrale. All’interno delle reti ospedaliere i reparti di cure intense procedono a trasferimenti tempestivi di pazienti e a compensazioni di capacità, in primo luogo tra i posti letto di terapia intensiva certificati e in secondo luogo tra tutti gli altri posti per trattamenti. L’obiettivo è quello di equilibrare il grado di occupazione all’interno della rete per quanto riguarda sia pazienti affetti da COVID-19 sia pazienti affetti da altre patologie, di prevenire un sovraccarico dovuto a casi non programmati che necessitano di cure intense e di trasferire tempestivamente i pazienti che possono essere trasportati.
2. In presenza di un grado di occupazione elevato, pari o superiore all’85 per cento, e di una quota pari almeno al 50 per cento di pazienti affetti da COVID-19 all’interno di una rete ospedaliera, vengono organizzati trasferimenti in reti che presentano un grado di occupazione più basso e una quota inferiore di pazienti affetti da COVID-19. In una situazione del genere le relative reti ospedaliere concordano i trasferimenti con il servizio di coordinamento nazionale.
Il sistema di coordinamento a due livelli contribuisce a evitare un sovraccarico a livello locale o regionale, a conservare una capacità d’accoglienza omogenea in tutta la Svizzera nonché a incrementare la resilienza dei reparti di cure intense e la resistenza del personale. Inoltre le precisazioni rafforzano la comprensione condivisa da tutte le parti coinvolte di quello che è il valore politico dell’accordo. L’intenzione è che gli ospedali e i Cantoni si sostengano reciprocamente in misura ancora maggiore nel trasferimento dei pazienti e rinviino altri interventi non urgenti per migliorare la disponibilità di posti di cure intense.
2. Che cosa vuol dire efficacia vaccinale?
3. Quanto dura la protezione vaccinale?
4.Esiste una relazione tra efficacia vaccinale e titolo anticorpale?
Il Covid-19 ha avuto un impatto sulle prestazioni sanitarie delle Breast Unit attive in Italia per il trattamento del tumore del seno. Questo è avvenuto di più nella seconda ondata del 2020 (settembre-dicembre 2020) rispetto alla prima (marzo-agosto).
Dal 38% di visite specialistiche annullate nella prima ondata si è passati all’89% nella seconda. Dal 25% di esami diagnostici annullati nella prima è passati all’88% nella seconda: prestazioni che sono state riprogrammate solo parzialmente (circa il 50% al seguito della seconda ondata). Per quanto riguarda gli interventi chirurgici, l’impatto della seconda ondata è stato più contenuto. Il 27% delle operazioni sospese nella prima ondata e il 30% di quelle annullate nella seconda, sono state tutte comunque riprogrammate. L’erogazione delle cure come chemioterapia o radioterapia è stata ritardata solo lievemente (dal 2 al 3%).
Sono questi alcuni dati contenuti nel rapporto redatto da ALTEMS (Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica) nell’ambito del progetto “Cancro Contro Covid – L’impatto del Covid sul tumore al seno” realizzato Europa Donna Italia in collaborazione con Senonetwork Italia Onlus. Obiettivo dell’indagine, alla quale hanno partecipato 664 pazienti e 123 Coordinatori di Breast Unit, era evidenziare l’evoluzione delle conseguenze della pandemia. Il report viene presentato oggi in una conferenza stampa on line.
“L’emergenza pandemica ha reso più evidenti alcune lacune del nostro sistema sanitario nazionale – afferma Americo Cicchetti, Direttore ALTEMS -. Queste sono risultate ancora più palesi nel trattamento di neoplasie molto diffuse tra la popolazione come per il carcinoma mammario. La nostra doppia indagine ha evidenziato come una paziente su cinque, negli ultimi due anni, ha avuto difficoltà ad accedere alle Brest Unit. Paura di possibili contagi, reparti di oncologia riconvertiti in strutture per assistere i malati di Covid, disorganizzazione e carenza di personale hanno costretto molte persone a non sottoporsi a visite ed esami. Per il 79% delle Breast Unit coinvolte nell’analisi, al momento dell’indagine (settembre-ottobre 2021) tutte le attività erano rientrate in sede: restava quindi comunque un buon 21% di attività trasferite che ancora dovevano essere riportate nell’alveo delle Breast Unit.”
“Se la senologia italiana ha pagato un prezzo tutto sommato minore rispetto ad altri Paesi, lo dobbiamo al fatto che molte strutture di cura hanno saputo lavorare in rete, con una collaborazione tra centri di senologia per l’erogazione dei servizi a seconda delle emergenze, assicurandone la continuità – aggiunge Lucio Fortunato, del Consiglio Direttivo di Senonetwork -. Quella del potenziamento delle reti resta quindi un’indicazione preziosa anche per il prossimo futuro. Occorre ora infatti prepararsi ad affrontare le conseguenze che l’impatto prodotto dalla pandemia è destinato ad avere nei prossimi dieci anni, in termini di sopravvivenza e qualità della vita delle pazienti. Va ricordato che le Breast Unit sono le uniche strutture sanitarie che garantiscono la multidisciplinarietà nella lotta contro il tumore al seno e rappresentano un’opportunità di cura e assistenza di qualità controllata che permette alla paziente di affrontare nel migliore modo possibile una malattia, a volte, lunga e complessa”.
L’indagine ha inoltre anche evidenziato il ruolo delle Associazioni di volontariato. “Durante la pandemia le Associazioni sono state un valido strumento di supporto per le pazienti – sottolinea Rosanna D’AntonaPresidente di Europa Donna Italia -. Sono state rese disponibili alcune attività da remoto al 68% delle pazienti intervistate, mentre il 25% delle donne ha comunque potuto ricevere assistenza dalle volontarie in presenza. Il Covid-19 può perciò rappresentare un’occasione per valorizzare il volontariato in ambito oncologico. In particolare per le oltre 830mila donne che vivono con un tumore al seno in Italia e che avranno sempre più bisogno di aiuto anche quando la pandemia sarà terminata”.
Rilevanti sono state anche le conseguenze psicologiche della pandemia sia sulle pazienti sia sui medici, con poca differenza: per il 79% delle donne intervistate il Covid-19 è stato causa di stress e di ansia e il 73% dei coordinatori delle Breast Unit ha dichiarato che la pandemia ha avuto un impatto significativo sul proprio stato psicologico. “Sono dati che confermano la necessità di assicurare, in ogni Breast Unit, la presenza dello specialista psico-oncologo, e del suo ruolo importante non solo nel percorso di cura delle pazienti ma anche a supporto dell’attività del team multidisciplinare” aggiunge D’Antona.
Anche l’utilizzo della telemedicina è stato oggetto di analisi nell’indagine: solo il 18% delle pazienti intervistate ha ricevuto alcune prestazioni tramite i servizi di telemedicina (televisita e teleconsulto) mentre oltre la metà dei coordinatori delle Breast Unit (53%) ha dichiarato di aver utilizzato i servizi di telemedicina per garantire la continuità dei servizi durante la pandemia. Diverso è risultato l’apprezzamento, tra pazienti e medici, di questi strumenti a distanza: il 76% delle pazienti li giudica efficaci mentre solo il 24% dei coordinatori delle Breast Unit li ritiene una valida alternativa alle visite e ai consulti in presenza.
“Questa indagine costituisce un prezioso contributo su un tema di grande rilevanza”, commenta Donata Bellentani, Direttore Ufficio 2 presso la Direzione Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute. “Il recupero del complesso di prestazioni terapeutiche e diagnostiche perse a causa dell’emergenza Covid19, per il quale le legge di bilancio 2022 stanzia ulteriori 500 milioni di euro, è un tema di assoluta priorità per il Ministero della Salute. La mancata erogazione di visite, screening, interventi non urgenti ha infatti ricadute significative sulla salute delle persone e siamo impegnati, attraverso un apposito Gruppo di lavoro, nella definizione di linee di indirizzo rivolte alle Regioni per mettere in atto efficaci strategie per il completo recupero delle prestazioni, riprogrammando adeguatamente e tempestivamente l’attività ospedaliera e ambulatoriale, alla luce del miglioramento delle condizioni organizzative legate all’aumento della copertura vaccinale”.
“L’analisi presentata oggi può essere lo spunto per valutare di inserire negli attuali percorsi definiti nelle Breast Unit la Telemedicina, – poiché ha dimostrato che durante le ondate pandemiche può essere una soluzione per alcuni consulti, ovviamente non sostitutivi della visita in presenza – ma anche una più puntuale comunicazione alle pazienti per rassicurarle sulla sicurezza dei percorsi creati appositamente Covid free ed evitare l’annullamento di una visita o di un colloquio”, ha commentato la Senatrice Paola Boldrini, “e su questo possono benissimo essere di aiuto anche le tante Associazioni che si occupano del tumore al seno. Inoltre dai dati si evince la grande necessità di avere un supporto psicologico. Su questo tema mi sono sempre battuta con svariati emendamenti, alcuni diventati legge, come la funzione aziendale di psicologia ed una proposta di legge a mia prima firma per istituire lo psicologo delle Cure primarie, in esame attualmente in commissione sanità del Senato.”
“I risultati dell’indagine evidenziano, accanto a zone d’ombra legate all’impatto della pandemia, anche zone di luce su cui è necessario continuare a lavorare, riferendoci alle reti oncologiche, e che rappresentano uno stimolo per il processo di miglioramento continuo” ha commentato Lorena Martini, Direttore dell’UOS Fabbisogni, standard e modelli organizzativi delle professioni sanitarie di A.Ge.Na.S.. “Per questo l’Agenzia monitora, attraverso l’osservatorio, anche i centri di senologia e lo sviluppo delle reti oncologiche, necessario per diffondere in modo omogeneo un modello di assistenza integrato e multidisciplinare che possa superare la frammentarietà del percorso di cura e il disorientamento del paziente. Altrettanto importante è sviluppare l’integrazione delle professionalità multidisciplinari che gestiscono il percorso della paziente; integrazione che deve coinvolgere sempre più la medicina territoriale, sfruttando a questo proposito la telemedicina, soprattutto per le pazienti in follow-up e per quelle sottoposte a terapie orali che assumono a domicilio”.
Pillola anti-covid della Pfizer, arrivano le indicazioni dell'Ema: dovrà essere somministrata il prima possibile, dopo la diagnosi ed entro 5 giorni dall'inizio dei sintomi. La terapia dura 5 giorni e non è raccomandata in gravidanza.
Mentre chi allatta dovrà interrompere le poppate al bebè durante il trattamento. Sono le indicazioni emesse dall'Agenzia europea del farmaco Ema sull'uso di Paxlovid* (PF- 07321332 e ritonavir), la pillola antivirale di Pfizer contro Covid-19.
Il parere è del Comitato per i medicinali ad uso umano Chmp e comunicato oggi dall'ente regolatorio Ue. Il medicinale infatti, pur non ancora autorizzato nell'Unione, può essere utilizzato per trattare adulti con Covid che non ossigeno supplementare e che sono a maggior rischio di progressione verso una malattia grave.
I due principi attivi del medicinale, PF-07321332 e ritonavir, disponibili in compresse separate, devono essere assunti insieme 2 volte al giorno per 5 giorni, spiega l'Ema che ha predisposto la 'guida' per supportare quelle autorità nazionali, che decidono un precoce uso del medicinale prima dell'autorizzazione all'immissione in commercio, ad esempio in contest di emergenza nazionale, alla luce dell'aumento dei tassi d'infezione e dei morti dovuti a Covid in tutta l'Ue.
A condizione che non insorgano sintomi di COVID-19 e fermi restando gli obblighi di dichiarazione, l’obbligo di presentazione della certificazione verde non si applica:
a) all’equipaggio dei mezzi di trasporto;
b) al personale viaggiante;
c) ai movimenti da e per gli Stati e territori di cui all’elenco A dell’allegato 20;
d) a chiunque fa ingresso in Italia per un periodo non superiore alle centoventi ore per comprovate esigenze di lavoro, Salute o assoluta urgenza, con l’obbligo, allo scadere di detto termine, di lasciare immediatamente il territorio nazionale o, in mancanza, di iniziare il periodo di sorveglianza e di isolamento fiduciario;
e) a chiunque transita, con mezzo privato, nel territorio italiano per un periodo non superiore a trentasei ore, con l’obbligo, allo scadere di detto termine, di lasciare immediatamente il territorio nazionale o, in mancanza, di iniziare il periodo di sorveglianza e di isolamento fiduciario;
f) ai lavoratori transfrontalieri in ingresso e in uscita dal territorio nazionale per comprovati motivi di lavoro e per il conseguente rientro nella propria residenza, abitazione o dimora;
g) al personale di imprese ed enti aventi sede legale o secondaria in Italia per spostamenti all’estero per comprovate esigenze lavorative di durata non superiore a centoventi ore;
h) ai funzionari e agli agenti, comunque denominati, dell’Unione europea o di organizzazioni internazionali, agli agenti diplomatici, al personale amministrativo e tecnico delle missioni diplomatiche, ai funzionari e agli impiegati consolari, al personale militare, compreso quello in rientro dalle missioni internazionali, e delle Forze di Polizia, al personale del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e dei Vigili del fuoco nell’esercizio delle loro funzioni;
i) agli alunni e agli studenti per la frequenza di un corso di studi in uno Stato diverso da quello di residenza, abitazione o dimora, nel quale ritornano ogni giorno o almeno una volta la settimana;
l) a coloro che fanno ingresso nel territorio nazionale a seguito di permanenza di durata non superiore a 24 ore in localita? estere situate a distanza non superiore a 60 km dal luogo di residenza, domicilio o abitazione. Inoltre, se lo spostamento avviene con mezzi privati, a questa categoria di ingressi non si applica l’obbligo di compilazione del modulo digitale di localizzazione del passeggero.
Per queste categorie di ingressi, l’eccezione all’obbligo di tampone precedente all’ingresso sul territorio nazionale si cumula a quelle previste per l’obbligo di isolamento fiduciario e di tampone al termine dell’isolamento.
L’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e la Commissione federale per le vaccinazioni (CFV) raccomandano la vaccinazione anti-COVID-19 con due dosi di vaccino anche ai bambini tra i cinque e gli undici anni. I genitori o i detentori dell’autorità parentale che lo desiderano possono far vaccinare i bambini in base a una valutazione individuale dei rischi e dei benefici non appena la vaccinazione sarà disponibile.
La raccomandazione fa seguito all’omologazione, da parte di Swissmedic, del vaccino a mRNA Comirnaty® di Pfizer/BioNTech per i bambini tra i cinque e gli undici anni.
La raccomandazione della CFV e dell’UFSP è destinata in particolare ai bambini di questa fascia d’età la cui salute è già fortemente compromessa a causa di una malattia cronica. La vaccinazione è raccomandata in primo luogo ai bambini che convivono e sono a stretto contatto con adulti particolarmente a rischio, per esempio persone affette da immunodeficienza che non possono proteggersi con la vaccinazione.
La vaccinazione è altresì raccomandata in particolare ai bambini tra i cinque e gli undici anni guariti dalla COVID-19 che hanno gravi problemi di salute o che sono a stretto contatto con persone particolarmente a rischio, immunodepresse e quindi non protette dalla vaccinazione. Per questi bambini è sufficiente una dose di vaccino.
Attualmente la vaccinazione non è raccomandata a tutti gli altri bambini guariti.
Vaccinazione dei bambini possibile da gennaio
I bambini di età compresa tra i cinque e gli undici anni potranno essere vaccinati esclusivamente con la formulazione pediatrica di Comirnaty® omologata il 10 dicembre 2021 da Swissmedic. Come di consueto, Pfizer fornirà le dosi di vaccino da tre a quattro settimane dopo l’omologazione. Pertanto, i vaccini Comirnaty® per i bambini saranno disponibili in Svizzera da inizio gennaio 2022.
La vaccinazione per i bambini tra i cinque e gli undici anni è gratuita. Le modalità di finanziamento e fatturazione sono identiche a quelle della vaccinazione per gli adulti. La Svizzera ha ordinato un numero sufficiente di vaccini per permettere la vaccinazione dei bambini di questa fascia d’età.
Saranno i Cantoni a decidere e comunicare a partire da quando e dove i genitori potranno chiedere un appuntamento per far vaccinare i propri figli.
Il Consiglio di Stato ha preso posizione in merito alla consultazione federale – promossa tra il 10 e il 14 dicembre 2021 – che propone nuovi provvedimenti per limitare la diffusione del coronavirus a livello nazionale.
Il Governo è favorevole alla prima variante proposta dal Consiglio federale che prevede una generalizzazione del modello per vaccinati e guariti con obbligo di mascherina, il cosiddetto «2G». In questa fase è invece contrario alla chiusura di attività economiche, all’obbligo di telelavoro, alla reintroduzione della didattica a distanza nelle università e scuole universitarie così come alla limitazione degli incontri privati.
Il Governo ticinese ha preso posizione oggi in merito alla consultazione federale, definita dal Consiglio federale come «preliminare», lanciata lo scorso venerdì 10 dicembre 2021.
Prendendo atto di un peggioramento del quadro epidemiologico a livello svizzero, il Governo si è espresso favorevolmente all’introduzione di nuove misure che, se introdotte in maniera tempestiva, potrebbero scongiurare la necessità di misure più radicali come la chiusura di attività economiche. Per questo motivo si è espresso favorevolmente alla prima variante, che prevede una generalizzazione del modello «2G», ossia la limitazione per vaccinati e guariti con obbligo di mascherina per strutture culturali, sportive, del tempo libero così come per ristoranti e bar. L’introduzione del modello «2G Plus», che aggiunge la necessità di un test negativo, andrebbe invece limitato esclusivamente a quelle attività di gruppo nelle quali non è possibile portare una mascherina.
Il Governo ha invece affermato la propria contrarietà alla chiusura di attività economiche (come previsto dalla seconda variante) in questa fase epidemiologica. Queste misure andrebbero rivalutate solo in una fase successiva, nel caso in cui le altre misure non dovessero rivelarsi efficaci.
Il Consiglio di Stato si è detto anche contrario all’obbligo del telelavoro, considerata una misura di difficile attuazione per molte attività economiche e al ritorno alla didattica a distanza nelle università e nelle scuole universitarie viste le difficoltà che hanno provocato e tenendo anche conto dei rigidi piani di protezione già messi in vigore da questi istituti.
Infine, il Governo ha espresso anche un parere negativo per quanto riguarda la limitazione degli incontri privati, misura che sarebbe difficilmente controllabile e proporzionata. In questo ambito sarebbe meglio limitarsi a una raccomandazione.
La risposta completa del Consiglio di Stato è disponibile nella pagina web dedicata alle consultazioni federali.
C'è un primo morto per la variante Omicron oggi nel Regno Unito. Il primo ministro britannico, Boris Johnson, ha annunciato la morte di almeno una persona contagiata con la variante.
"Purtroppo Omicron sta causando ospedalizzazioni e purtroppo è confermato che almeno un paziente con omicron è morto", ha dichiarato Johnson durante una visita a un centro di vaccinazione vicino Paddington, a Londra. Secondo la BBC , Johnson ha esortato i britannici a fare una vaccinazione di richiamo e a ignorare, per ora, l'idea che l'omicron altamente contagioso possa essere un ceppo più debole di COVID-19. Secondo quanto riferito, Omicron rappresenta oltre il 44% di tutti i casi di COVID a Londra e dovrebbe sostituire la variante delta come variante dominante della città entro martedì.
I ricoveri e i decessi nella capitale inglese sono in ritardo rispetto alle infezioni di circa due settimane, anche se secondo quanto riferito il segretario alla sanità britannico Sajid Javid ha detto ai funzionari che dovrebbero "aspettarsi che quei numeri aumentino drasticamente nei giorni e nelle settimane a venire".
I pazienti affetti da COVID-19, che continuano ad avere il fiato corto durante l'attività fisica un anno dopo essersi ripresi dall'infezione, potrebbero aver subito danni cardiaci. La ricerca è presentata a EuroEcho 2021, congresso scientifico della Società Europea di Cardiologia (ESC). 1
"I risultati potrebbero aiutare a spiegare perché alcuni pazienti con long COVID sperimentano ancora dispnea un anno dopo e indicano che potrebbe essere collegato a una diminuzione delle prestazioni cardiache- afferma l'autore dello studio, la dott.ssa Maria-Luiza Luchian dell'ospedale universitario di Bruxelles, in Belgio.
C'è una crescente evidenza di complicanze cardiovascolari dovute a COVID-19 e di sintomi di lunga durata come la dispnea (mancanza di respiro), nota come long COVID. 2,3 Questo studio ha indagato se le anomalie cardiache subcliniche fossero più comuni nei pazienti affetti da long COVID con dispnea, spiegando così potenzialmente il motivo dei loro sintomi.
Lo studio ha incluso 66 pazienti senza precedenti malattie cardiache o polmonari, che sono stati ricoverati con COVID-19 tra marzo e aprile 2020 presso l'Ospedale universitario di Bruxelles. Un anno dopo la dimissione dall'ospedale, sono state utilizzate la spirometria insieme alla tomografia computerizzata del torace, per valutare la funzione polmonare e le possibili sequele di COVID-19. L'ecografia cardiaca è stata eseguita per esaminare la funzione cardiaca e ha incluso una nuova tecnica di imaging chiamata lavoro miocardico, che fornisce informazioni più precise sulla funzione cardiaca rispetto ai metodi precedenti.
L'età media dei partecipanti era di 50 anni e il 67% erano uomini. Ad un anno, 23 pazienti (35%) hanno avuto mancanza di respiro durante lo sforzo.
I ricercatori hanno esaminato l'associazione tra misure di imaging della funzione cardiaca e mancanza di respiro un anno dopo, considerando età e sesso. L'analisi mostra che la funzione cardiaca anormale è indipendentemente e significativamente associata alla dispnea persistente. L'imaging cardiaco rivela prestazioni cardiache inferiori nei pazienti con dispnea rispetto a quelli senza dispnea un anno dopo il ricovero in ospedale a causa di COVID-19.
“Il nostro studio mostra che più di un terzo dei pazienti COVID-19 senza storia di malattie cardiache o polmonari ha avuto una dispnea persistente durante lo sforzo un anno dopo la dimissione dall'ospedale. Osservando in dettaglio la funzione cardiaca mediante ultrasuoni cardiaci, abbiamo osservato sottili anomalie che potrebbero spiegare la continua mancanza di respiro- prosegue l'esperta- Il lavoro miocardico potrebbe essere un nuovo strumento ecocardiografico per l'identificazione precoce delle anomalie della funzione cardiaca nei pazienti con long COVID, che potrebbero aver bisogno di una sorveglianza cardiaca più frequente e a lungo termine. Sono necessari studi futuri che includano diverse varianti di COVID-19 e l'impatto della vaccinazione per confermare i nostri risultati sull'evoluzione a lungo termine e sulle possibili conseguenze cardiache di questa malattia".
1Abstract ‘Persistent dyspnea 1 year after COVID-19 infection in apparently healthy subjects: a potential indicator of subclinical cardiac dysfunction’.
2Maestrini V, Birtolo LI, Francone M, et al. Cardiac involvement in consecutive unselected hospitalized COVID-19 population: In-hospital evaluation and one-year follow-up. Int J Cardiol. 2021;339:235–242.
3Varghese J, Sandmann S, Ochs K, et al. Persistent symptoms and lab abnormalities in patients who recovered from COVID-19. Sci Rep. 2021;11:12775.
Antonio Caperna
Vaccino anti-covid bambini 5-11 anni, cosa c'è da sapere. "Seppure in misura minore rispetto all’adulto, anche nell’età infantile l’infezione da Sars-CoV-2 può comportare dei rischi per la salute, tanto è vero che circa 6 bambini su 1.000 vengono ricoverati in ospedale e circa 1 su 7.000 in terapia intensiva", ricorda l'Istituto superiore di sanità nell'approfondimento pubblicato sul sito 'Vaccinazione anti Covid ai bambini: cosa sapere'.
"Anche nei casi (e sono fortunatamente la grande maggioranza) nei quali l’infezione decorre in maniera quasi completamente asintomatica, non è possibile escludere la comparsa di complicazioni quali la sindrome infiammatoria multisistemica (una malattia rara ma grave che colpisce contemporaneamente molti organi), e quello che viene definito 'long Covid', e cioè la comparsa di effetti indesiderati a distanza di tempo", si legge nell'approfondimento dell'Iss.
Perché vaccinare i bambini
Vaccinare i bambini 5-11 anni è inutile? Falso perché "anche se in misura minore rispetto all’adulto, nell’età infantile l’infezione da Sars-CoV-2 può comportare dei rischi per la salute". E anche perché "nel beneficio di una vaccinazione si deve inoltre considerare non soltanto la protezione dalla malattia, ma anche la possibilità di frequentare con una maggiore sicurezza la scuola e condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed educativi che sono particolarmente importanti per lo sviluppo psichico e della personalità in questa fascia di età". Questa la risposta dell'Istituto superiore di Sanità alla fake news 'I bambini non si ammalano di Covid e se si ammalano non muoiono, manifestano sintomi lievi e hanno bassa capacità di trasmettere il virus. Inutile vaccinare'.
Anche i bambini si ammalano
I numeri confermano che è totalmente infondata l'affermazione che i bambini non si ammalino. "Dall’inizio dell’epidemia nella fascia 6-11 anni - si legge sul sito dell'Iss - ci sono stati oltre 263mila casi, 1453 ricoveri in reparti ordinari, 36 ricoveri in terapia intensiva e 9 decessi, dai dati al primo dicembre. Nelle ultime settimane il numero di contagi in questa fascia di età è nettamente in crescita". A fronte di questo il vaccino "si è mostrato efficace nel ridurre di circa il 91% il rischio di infezione".
Vaccino ed effetti collaterali
Per quanto riguarda gli effetti collaterali "come per tutti i farmaci e i vaccini anche quelli messi a punto contro il Covid presentano un rischio di effetti collaterali. La sicurezza dei vaccini anti Covid è monitorata continuamente dalle agenzie regolatorie di tutto il mondo, e anche per le fasce più giovani il rischio di eventi avversi gravi è risultato molto raro. Il rischio di eventi avversi deve essere confrontato con quello di incorrere nelle conseguenze dell’infezione, ed è su questa base che viene calcolato il rapporto rischi-benefici da parte delle agenzie regolatorie. L’Ema, l’agenzia regolatoria europea sui medicinali ha concluso che il rapporto tra benefici e rischi è positivo anche per la fascia d’età 5-11 anni".
Vaccino e sistema immunitario
"Il sistema immunitario dei bambini è 'programmato' per reagire a possibili pericoli già dalla nascita. Il vaccino anti Covid, così come gli altri, 'insegna’ al sistema immunitario a riconoscere l’agente infettivo prima dell’effettiva esposizione, contribuendo così a rafforzarlo". E' la risposta dell'Istituto superiore di Sanità alla fake news: 'I vaccini indeboliscono il sistema immunitario ancora non sviluppato dei bambini', nell'approfondimento pubblicato sul sito 'Vaccinazione anti Covid ai bambini: cosa sapere'. L'Iss risponde anche all'affermazione secondo la quale 'i vaccini agevolano processi infiammatori che provocano cambiamenti nel sangue dei più piccoli'. Falsa perché "non ci sono studi che hanno dimostrato una correlazione tra il vaccino e questo tipo di problemi". Infondata anche l'idea che "il numero di bambini che hanno partecipato al programma di sviluppo clinico dei vaccini è troppo piccolo per rilevare potenziali rischi di miocardite associata a vaccinazione".
Vaccino: rischi, benefici, sicurezza
L'Iss ricorda, infatti, che "nei soggetti giovani (adolescenti e giovani adulti) è stato riportato un rischio aumentato di miocardite e pericardite, che rimane però estremamente basso, intorno ai 50 casi per milione dopo due dosi. Nella maggior parte dei casi, inoltre, tali manifestazioni hanno avuto un decorso assolutamente benigno. In generale nei bambini più piccoli si osserva un minore rischio di sviluppare queste patologie, e non sono stati segnalati casi durante i test clinici". "Le informazioni di sicurezza oggi disponibili riguardano non solo i 3000 bambini che hanno ricevuto il vaccino nell’ambito della sperimentazione clinica, ma comprendono anche i primi dati raccolti negli oltre 3 milioni di bambini di 5-11 anni già vaccinati negli Stati Uniti. La sicurezza del vaccino sarà comunque mantenuta sotto costante e stretto monitoraggio da parte di tutte le agenzie del mondo".
Vaccino e antidolorifici
"Non è raccomandato dare farmaci antidolorifici prima della vaccinazione per cercare di prevenire eventuali effetti collaterali". E' una delle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità, che ha pubblicato online sul sito un primo piano sulla vaccinazione anti Covid-19 ai bambini 5-11anni, per chiarire i dubbi dei genitori e smontare diverse fake news. Prima della vaccinazione, questi i consigli degli esperti: "Parla con il bambino prima della vaccinazione per spiegargli bene cosa sta per fare; riporta al medico vaccinatore eventuali episodi di allergie avuti dal bambino. Per prevenire traumi dovuti a un eventuale svenimento durante la vaccinazione il bambino deve stare seduto o sdraiato".
E dopo il vaccino? "Dopo la vaccinazione verrà chiesto di attendere 15-30 minuti sotto osservazione prima di lasciare il centro vaccinale per monitorare l'eventuale comparsa di reazioni allergiche e, nel caso, poter intervenire tempestivamente", spiega l'Iss. Quali I principali effetti collaterali? "Nel braccio dove è stata fatta l’iniezione potrebbero verificarsi dolore, rossore e gonfiore. Potrebbero inoltre manifestarsi sintomi quali stanchezza, mal di testa, dolori muscolari, brividi, febbre e nausea. Tali sintomi sono generalmente di lieve entità e si risolvono nel giro di 1-2 giorni".
Vaccino anti-covid ai bambini tra i 5 e gli 11 anni, "non è raccomandato dare farmaci antidolorifici prima" di una dose "per cercare di prevenire eventuali effetti collaterali".
E' una delle indicazioni dell'Istituto superiore di sanità, che ha pubblicato online sul sito un primo piano per chiarire i dubbi dei genitori e smontare diverse fake news.
Prima della vaccinazione, questi i consigli degli esperti: "Parla con il bambino prima della vaccinazione per spiegargli bene cosa sta per fare; riporta al medico vaccinatore eventuali episodi di allergie avuti dal bambino. Per prevenire traumi dovuti a un eventuale svenimento durante la vaccinazione il bambino deve stare seduto o sdraiato". E dopo il vaccino? "Dopo la vaccinazione verrà chiesto di attendere 15-30 minuti sotto osservazione prima di lasciare il centro vaccinale per monitorare l'eventuale comparsa di reazioni allergiche e, nel caso, poter intervenire tempestivamente", spiega l'Iss. Quali I principali effetti collaterali? "Nel braccio dove è stata fatta l’iniezione potrebbero verificarsi dolore, rossore e gonfiore. Potrebbero inoltre manifestarsi sintomi quali stanchezza, mal di testa, dolori muscolari, brividi, febbre e nausea. Tali sintomi sono generalmente di lieve entità e si risolvono nel giro di 1-2 giorni".
Vaccinare i bambini 5-11 anni è inutile? Falso perché "anche se in misura minore rispetto all’adulto, nell’ età infantile l’infezione da Sars-CoV-2 può comportare dei rischi per la salute". E anche perché "nel beneficio di una vaccinazione si deve inoltre considerare non soltanto la protezione dalla malattia, ma anche la possibilità di frequentare con una maggiore sicurezza la scuola e condurre una vita sociale connotata da elementi ricreativi ed educativi che sono particolarmente importanti per lo sviluppo psichico e della personalità in questa fascia di età". E la risposta dell'Istituto superiore di Sanità - nell'approfondimento pubblicato sul sito 'Vaccinazione anti Covid ai bambini: cosa sapere' - alla fake news: "I bambini non si ammalano di Covid e se si ammalano non muoiono, manifestano sintomi lievi e hanno bassa capacità di trasmettere il virus. Inutile vaccinare".
I numeri confermano che è totalmente infondata l'affermazione che i bambini non si ammalino. "Dall’inizio dell’epidemia nella fascia 6-11 anni - si legge sul sito dell'Iss - ci sono stati oltre 263mila casi, 1453 ricoveri in reparti ordinari, 36 ricoveri in terapia intensiva e 9 decessi, dai dati al primo dicembre. Nelle ultime settimane il numero di contagi in questa fascia di età è nettamente in crescita". A fronte di questo il vaccino "si è mostrato efficace nel ridurre di circa il 91% il rischio di infezione".
Per quanto riguarda gli effetti collaterali "come per tutti i farmaci e i vaccini anche quelli messi a punto contro il Covid presentano un rischio di effetti collaterali. La sicurezza dei vaccini anti Covid è monitorata continuamente dalle agenzie regolatorie di tutto il mondo, e anche per le fasce più giovani il rischio di eventi avversi gravi è risultato molto raro. Il rischio di eventi avversi deve essere confrontato con quello di incorrere nelle conseguenze dell’infezione, ed è su questa base che viene calcolato il rapporto rischi-benefici da parte delle agenzie regolatorie. L’Ema, l’agenzia regolatoria europea sui medicinali ha concluso che il rapporto tra benefici e rischi è positivo anche per la fascia d’età 5-11 anni".
Gli studi sulla sicurezza" del vaccino anti-Covid nella fascia 5-11 anni, sia "nei 3.500 bambini vaccinati nella fase di sperimentazione sia nei 3,5 milioni già immunizzati in Usa, prevalentemente con una 1 dose, dopo 16 giorni di osservazione" dicono che "non c'è stato nessun segnale di allerta della sicurezza, né casi di miocardite, che di solito compaiono 5 giorni dopo la vaccinazione".
Lo ha detto il direttore generale dell'Aifa, Nicola Magrini, in audizione in videoconferenza in Commissione Igiene e Sanità del Senato, sui rischi miocarditi post vaccinazione nella fascia pediatrica. Magrini ha poi annunciato che la prossima settimana uscirà un report dell'Aifa proprio sulle miocarditi e uno dedicato alla popolazione dializzata vaccinata.
"Su eventi avversi molto rari come quelli delle miocarditi" dopo la vaccinazione anti-Covid "c'è una farmacovigilanza che ha diversi livelli - ha ricordato Magrini - il primo è fatto da segnalazioni che arrivano all'Aifa dagli operatori sanitari, poi c'è un secondo, più scientifico e analitico, dei nostri uffici e anche l'Europa tra il confrontato e l'atteso rispetto ad un evento, dalle miocarditi alle trombosi. Da un primo confronto può nascere un segnale di allarme per il terzo livello, che è la validazione o la stima dell'evento. Questo è il livello probante che decide l'incidenza di un effetto avverso che poi sarà inserito nella scheda tecnica del prodotto. Quindi c'è un scambio a livello globale, al momento dell'autorizzazione in Usa, dove sono stati immunizzati già 3,5 milioni di bambini, non erano nati segnali di farmacovigilanza preoccupanti".
"Il fenomeno delle miocarditi e delle pericardite è all'attenzione dell'Ema e delle varie task force di cui fa parte anche l'Aifa - ha proseguito - ed Ema ha recentemente reso noto le evidenze sui rischi di miocarditi nella popolazione over 12 anni, un dato pubblicato il 3 dicembre, con un rischio molto raro per i vaccini a mRna, 1 caso ogni 20mila soggetti e leggermente diverso tra i due vaccini".
I CARDIOLOGI - I dati sui pericoli di miocarditi per chi si vaccina contro il Covid "sono rassicuranti". E il rapporto rischio-beneficio "resta sempre favorevole all'immunizzazione dal virus pandemico" dicono gli specialisti della Società italiana di cardiologia (Sic), riuniti oggi per la conferenza stampa di presentazione dell'82esimo congresso nazionale che si apre oggi a Roma, in presenza e da remoto, per chiudersi il 12 dicembre. "C'è stata una grande attenzione mediatica in questi giorni per il rischio di miocarditi e pericarditi dopo il vaccino anti Covid con mRna. I dati però sono rassicuranti. E' appena uscito uno studio su 'Circulation' che dimostra che, negli Stati Uniti, i soggetti che sono stati colpiti da miocarditi dopo la vaccinazione - e questo a due giorni dall'inoculazione del vaccino - la malattia è stata lieve, la dimissione dall'ospedale precoce e non si è registrato nessun morto", ha spiegato il presidente Sic, Ciro Indolfi.
"Il costo-beneficio della vaccinazione anti Covid - ha aggiunto Indolfi - è sicuramente a favore della vaccinazione". Pur evidenziandosi un rischio lievemente maggiore in giovani di età inferiore ai 30 anni (circa 15 casi su 100mila), il presidente Sic rassicura che "i casi di miocarditi sono stati lievi, più frequenti nel sesso maschile e nei soggetti di circa 15 anni con una rapida risoluzione nel 95% dei casi". E sulla base della casistica appena pubblicata si conferma che "nelle rare miocarditi nei giovani al di sotto dei 21 anni non vi è stato nessun decesso".
Gianfranco Sinagra, vicepresidente Sic, ha fornito qualche dato: sappiamo che negli anni prima della pandemia e della vaccinazione estensiva "il numero stimato di miocarditi è stato di 20-25 per 100mila abitanti ogni anno. Il numero di miocarditi legate al Covid non in relazione con il vaccino, in generale, è di 11 per 100mila persone l'anno e il numero di miocarditi attribuibili ragionevolmente al vaccino è inferiore a 5 per 100mila pazienti l'anno. Quindi abbiamo a che fare con numeri che sono 4 o 5 volte inferiori rispetto alle miocarditi, che vengono generalmente osservate".
Anche se nei maschi giovani questa percentuale aumenta, in ogni caso "il bilancio beneficio-rischio - ha affermato Sinagra - resta ampiamente a favore della pratica vaccinale, che è da consigliare insieme alle misure di distanziamento sociale e mascherina perché sono gli unici strumenti che possono rilanciare la vita, l'economia, l'istruzione e ridare una prospettiva di futuro che la pandemia decurta".
Continua, di concerto con il Ministero della Salute, l’attività dei NAS in relazione all’emergenza sanitaria connessa con la diffusione dell’epidemia di COVID-19 e volta, in particolare, al monitoraggio dell’offerta in vendita sul web di medicinali.
Il mercato virtuale veicolato dalla rete internet, infatti, come già emerso in precedenti controlli, è diventato un’importante fonte di commercio e approvvigionamento di farmaci ad uso umano, molto spesso non autorizzati, con claim accattivanti e asseritamente vantanti proprietà in grado di prevenire e curare diverse patologie. L’ultima attività di web patrolling ha portato i militari del Reparto Operativo a eseguire 30 provvedimenti d’inibizione all’accesso dal territorio nazionale (cd. “oscuramento”) emessi dalla Direzione Generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico nei confronti di altrettanti siti collocati su server esteri e con riferimenti di gestori non individuabili, sui quali venivano promosse e offerte, anche in lingua italiana, varie tipologie di medicinali correlate anche all’emergenza pandemica da COVID-19.
Oltre a una serie di farmaci recanti varie indicazioni terapeutiche e soggetti a obbligo di prescrizione, nonché vendibili solo in farmacia da parte di farmacista abilitato, i Carabinieri del NAS hanno individuato l’offerta in vendita di medicinali asseritamente contenenti principi attivi soggetti a particolari restrizioni d’uso e specifiche indicazioni d’impiego clinico o sperimentale in relazione all’infezione da SARS-COV-2.
Rilevata, infatti, la presenza dell’ivermectina, per la quale l’EMA, nel marzo 2021, ha emanato una nota1 con cui raccomanda di non utilizzare il principio attivo per la prevenzione o il trattamento di COVID-19 al di fuori degli studi clinici, dell’antibiotico azitromicina, rispetto al quale l’AIFA ha fornito ai clinici elementi utili a orientare la prescrizione e a definire un rapporto fra i benefici e i rischi sul singolo paziente, dell’antinfiammatorio colchicina, utilizzato per alleviare il dolore da attacchi acuti di gotta, per il quale sempre l’AIFA, nell’aprile 2020, ha autorizzato uno studio per la sola sperimentazione clinica nel trattamento del COVID-19, degli antivirali lopinavir/ritonavir e dell’antimalarico idrossiclorochina, in merito ai quali l’Agenzia regolatoria ha emanato puntuali restrizioni e raccomandazioni circa l’utilizzo off label. Tra i medicinali presentati sui siti oscurati anche l’indometacina, antinfiammatorio non steroideo, impiegato nel trattamento delle malattie articolari degenerative, e ranitidina, utilizzata per la cura dell’ulcera gastrica o del reflusso gastroesofageo.
Con quelli odierni, salgono a 313 i provvedimenti sinora eseguiti nel 2021 dai NAS (274 dei quali correlati all’emergenza COVID-19). Ancora una volta si invitano i cittadini a diffidare delle offerte in rete di medicinali e prodotti non autorizzati o di dubbia provenienza, ricordando che la vendita on line di farmaci soggetti a obbligo di prescrizione è assolutamente vietata e che, per quanto concerne l’offerta in vendita dei “medicinali senza obbligo di prescrizione”, è necessario verificare sempre la presenza del previsto logo identificativo nazionale cliccando il quale si viene rimandati alla pagina web del sito internet del Ministero della Salute contenente i dati relativi all’autorizzazione.
La battaglia in corso contro Covid-19, con l'Italia che nella fotografia dell'Europa scattata dall'Ecdc mostra una situazione migliore rispetto a quella degli altri Paesi, sta dimostrando che "una volta tanto l'Italia eccelle.
La via italiana è veramente quella giusta e siamo talmente stimati che in Sudafrica ci hanno chiesto una collaborazione per sperimentare insieme un nuovo vaccino a mRna. E' una bella notizia, un attestato della nostra capacità di essere dei buoni scienziati". Lo ha annunciato Francesco Vaia, direttore dell'Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani di Roma, intervenuto al 'Tg4'.
"Noi" allo Spallanzani, ha sottolineato, "siamo gli unici in Italia e forse in Europa ad avere un contatto diretto con i colleghi del Sudafrica" sulla nuova variante Omicron di Sars-CoV-2.
Si può partire con la vaccinazione anti-Covid dei bambini della fascia d'età 5-11 anni. A stabilirlo è una circolare del ministero della Salute, firmata dal direttore generale della Prevenzione del ministero Giovanni Rezza.
"In data 1/12/2021 la Commissione tecnico scientifica di Aifa, accogliendo il parere espresso dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema), ha approvato l’estensione di indicazione di utilizzo del vaccino Comirnaty (BioNTech/Pfizer), nella specifica formulazione da 10 mcg/dose, per la fascia di età 5-11 anni - si legge nel documento -. Pertanto, è possibile procedere con l’inclusione di tale fascia di età nel programma di vaccinazione anti SarS-CoV-2/Covid-19".
Il vaccino "Comirnaty* 10 mcg/dose viene somministrato, dopo diluizione, per via intramuscolare (preferibilmente in regione deltoidea del braccio) come ciclo di 2 dosi (da 0,2 mL ciascuna) a distanza di 3 settimane (21 giorni) l’una dall’altra", si legge nella circolare. "Tra le principali caratteristiche di questa formulazione -dettaglia il documento - si rappresenta che ogni flaconcino, la cui capsula di chiusura è in plastica di colore arancione, contiene 10 dosi da 0,2 mL, dopo diluizione con 1,3 mL di soluzione iniettabile di sodio cloruro da 9 mg/mL (0,9%).
I flaconcini scongelati e chiusi possono essere conservati a una temperatura compresa tra 2 °C e 8 °C per un massimo di 10 settimane, durante il periodo di validità di 6 mesi; dopo la diluizione, possono essere conservati a una temperatura compresa tra 2°C e 30°C, e utilizzabili entro 12 ore".
"Nei bambini sottoposti a trapianto di organo solido, trapianto di cellule staminali emopoietiche o con marcata compromissione della risposta immunitaria per cause legate alla patologia o a trattamenti farmacologici è possibile somministrare una dose addizionale almeno 28 giorni dopo la seconda dose".
Nelle ultime 24 ore, in Svizzera si sono registrati 9.571 nuovi contagi, 28 decessi e 125 ricoveri per il covid-19. Una settimana fa i contagi giornalieri erano 8.422. Lo riferiscono i dati dell''Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp).
Di fronte alla situazione pandemica, il governo svizzero ha deciso di mettere a disposizione dei cantoni fino a 2.500 soldati, che potranno fornire supporto agli ospedali nella cura e nel trasporto di pazienti, nonché nella vaccinazione.
L'incidenza dei contagi di covid nell'arco di 14 giorni è arrivata in Svizzera a 1269,8 casi ogni 100mila abitanti. Nelle due ultime settimane vi sono stati 110.591 contagi. Nel corso delle ultime 24 ore sono stati trasmessi i risultati di 59.319 test, con un tasso di positività è del 16,13%. Il 66,11% della popolazione in Svizzera è totalmente vaccinata. Il 36,52% delle persone sopra i 65 anni ha già ricevuto una terza dose.
Netto no dell'Oms al plasma dei guariti da Covid. L'Organizzazione mondiale della sanità esprime "una forte raccomandazione contro l'uso del plasma convalescente in pazienti con malattia grave e una raccomandazione contro il suo impiego in pazienti con malattia grave e critica, tranne che nell'ambito di un trial randomizzato controllato".
L'indicazione, pubblicata su 'The Bmj', arriva dal gruppo di esperti internazionali incaricato di stilare le linee guida dell'agenzia ginevrina.
"Nonostante le promesse iniziali - osservano - le evidenze attuali mostrano che il plasma convalescente non produce alcun miglioramento della sopravvivenza" dei malati Covid, "né di altri parametri importanti". In particolare, "non riduce la necessità di ventilazione meccanica". A fronte di ciò, questo trattamento "è costoso e richiede tempo per essere somministrato".
Le raccomandazioni si basano sui risultati di 16 studi che hanno coinvolto 16.236 pazienti con infezione Covid-19 non grave, grave e critica - spiega l'Oms - ed entrano a far parte delle linee guida progressivamente aggiornate in base alle informazioni scientifiche disponibili, sviluppate dall'organizzazione con il supporto metodologico della Magic Evidence Ecosystem Foundation. In precedenza, il panel aveva espresso raccomandazioni per l'uso di bloccanti del recettore dell'interleuchina-6 e di corticosteroidi sistemici per malati Covid gravi o critici; raccomandazioni condizionali per l'utilizzo di anticorpi monoclonali neutralizzanti in pazienti selezionati, e contro l'impiego di ivermectina e idrossiclorochina in pazienti Covid indipendentemente dalla gravità della malattia.
Riguardo al plasma dei guariti - precisa l'Oms - la forte raccomandazione che lo sconsiglia nei pazienti Covid-19 con malattia non grave riflette l'opinione degli esperti secondo cui questo "trattamento farmacologico, in pazienti con un basso rischio di mortalità e di altri importanti esiti clinici" legati a infezione da Sars-CoV-2, "non è giustificato. E sebbene il plasma convalescente non debba essere utilizzato di routine in nessun paziente, indipendentemente da quanto sia grave - si puntualizza - il panel ha riconosciuto che c'era sufficiente incertezza nei pazienti con malattia grave e critica da giustificare la prosecuzione degli studi randomizzati controllati".
Nel trattamento con plasma dei guariti, gli esperti individuano inoltre "diverse sfide di ordine pratico, come la necessità di identificare e testare potenziali donatori, nonché di raccoglierne il plasma, conservarlo e somministrarlo". Elementi che "limitano ulteriormente la fattibilità e l'applicabilità della terapia".
Dopo aver esaminato attentamente tutte le informazioni, il panel ha ritenuto anche che "quasi tutti i pazienti ben informati avrebbero scelto di non ricevere il plasma convalescente".
"Presto arriveranno gli anticorpi monoclonali, che si possono somministrare in via sottocutanea e in molti casi si potrà intervenire a casa del paziente senza dover ricoverarlo e intasare i pronto soccorso o le aree mediche degli ospedali".
Ad affermarlo Giorgio Palù, presidente dell'Aifa, nell'audizione in Commissione Affari costituzionali del Senato, sul Ddl conversione decreto-legge numero 172 su obblighi vaccinali e rafforzamento certificazioni verdi Covid-19. Questi anticorpi di seconda generazione "andranno sempre somministrati entro 72 ore dall'esordio della malattia", ha ricordato Palù.
"Per due antivirali" anti-Covid, molnupiravir di Merck (Msd fuori da Usa e Canada) e Paxlovid di Pfizer, "abbiamo ricevuto il dossier. La Fda li ha autorizzati e l'Ema li sta valutando. L'intendimento sarebbe di approvvigionarsi, ma sarà importante studiare il dossier. Per uno dei due farmaci l'efficacia è un po' diminuita per ammissione dell'azienda produttrice rispetto all'inizio", ha detto ancora il presidente dell'Aifa.
Sì alla dose booster di vaccino anti covid per le persone che sono vaccinate e che hanno anche alle spalle un'infezione da coronavirus. Sia che si tratti di guariti che si sono successivamente vaccinati, sia che si tratti di vaccinati che successivamente hanno avuto l'infezione, per loro il richiamo è indicato "purché sia trascorso un intervallo minimo di almeno cinque mesi (150 giorni) dall'ultimo evento", cioè dalla "somministrazione dell'unica/ultima dose" di vaccino oppure dalla "diagnosi di avvenuta infezione".
E' quanto si precisa nella circolare del ministero della Salute, firmata dal direttore generale Prevenzione Giovanni Rezza, in cui si forniscono chiarimenti in merito alla somministrazione della dose vaccinale di richiamo in questa fetta della popolazione.
Viste le precedenti circolari e il parere espresso dal Comitato tecnico scientifico per l'emergenza Covid, nel documento si spiega come deve essere gestito il booster per i guariti vaccinati. E si ricordano le varie situazioni che si hanno in questa quota di persone.
Ci sono infatti anche le persone che hanno avuto l'infezione e non sono state vaccinate entro i 12 mesi dalla guarigione. Per loro, si ricorda nella circolare, è necessario fare il ciclo vaccinale primario completo (le due dosi o una dose di vaccino monodose). E ci sono poi le persone che contraggono l'infezione da Sars-CoV-2 entro i 14 giorni dalla prima dose di vaccino: per loro è indicato completare comunque il ciclo vaccinale con una seconda dose entro 6 mesi (180 giorni) dall'infezione documentata.
"Trascorso successivamente un intervallo minimo di almeno cinque mesi (150 giorni) dal ciclo vaccinale primario così completato - illustra la circolare - è quindi indicata la somministrazione di una dose di richiamo (booster), ai dosaggi autorizzati per la stessa".
Covid oggi Italia, terza dose vaccino covid: dubbioso un italiano su tre, il 33%, mentre 1 su 10 si dichiara apertamente contrario. Il 30% dichiara addirittura apertamente che la terza dose di siero anti-Covid-19 non sia necessaria. E' quanto emerge dall’indagine realizzata dall’EngageMinds Hub, il centro di ricerca dell’Università Cattolica di Cremona insieme a Serena Barello, Lorenzo Palamenghi, Mariarosaria Savarese e Greta Castellini.
La ricerca è parte di un Monitor continuativo sui consumi alimentari e sull’engagement nella salute che rientra nelle attività del progetto Craft (CRemona Agri-Food Technologies) e di Ircaf (Centro di riferimento Agro-Alimentare Romeo ed Enrica Invernizzi). È stata condotta su un campione di oltre 6.000 italiani, rappresentativo della popolazione per sesso, età, appartenenza geografica e occupazione. La rilevazione di EngageMinds HUB è parte di un monitor continuativo lanciato a fine febbraio 2020 (inizio pandemia) per osservare e comprendere i comportamenti della popolazione italiana su molti aspetti di questa lunga crisi pandemica.
"Questo 33% di italiani che hanno poca o nessuna intenzione di sottoporsi alla terza dose – commenta Guendalina Graffigna, direttrice dell’EngageMinds Hub – deve far riflettere, perché non si tratta di no-vax, visto che sono già regolarmente vaccinati. Inoltre, dai dati emerge che questa espressione di forte scetticismo rispetto all’ulteriore immunizzazione è un’inclinazione omogenea nella popolazione, non si riscontrano infatti differenze tra sesso, fasce di età, provenienza geografica e titolo di studio; un fatto non frequente in questo tipo di rilevazioni. Ciò che impatta, e questo non sorprende – sottolinea Graffigna – è che chi risulta avere poca fiducia verso la scienza e il sistema sanitario è ancora meno propenso a vaccinarsi per la terza volta".
E non è tutto. Più della metà del campione (54%) indica che a questo punto, dopo aver immunizzato con due dosi molti italiani, la priorità andrebbe data alla distribuzione dei vaccini nei Paesi poveri del Mondo. Una frazione che sale al 60% nelle donne e, invece, scende al 49% negli uomini. E d’altro canto il 56% non è convinto che un’ulteriore immunizzazione possa tutelare maggiormente chi è già vaccinato; un atteggiamento che però è meno presente tra i senior (over 60 anni). E addirittura il 30% dichiara apertamente che la terza dose di siero anti-Covid-19 non sia necessaria.
"Gli individui che presentano uno stato di malessere psicologico e che percepiscono un rischio economico e di contagio – spiega Graffigna - sono maggiormente in accordo nel ritenere che la terza dose del vaccino non sia necessaria. Questo appare paradossale ma dal punto di vista psicologico è comprensibile: chi ha sofferto o sta soffrendo di più per via della pandemia appare anche psicologicamente più affaticato, stanco e meno resiliente. Si tratta probabilmente di chi ha nutrito le maggiori aspettative (irrealistiche) di trovare una soluzione definitiva e rapida per uscire dalla pandemia".
"Insomma: da una parte aspettative troppo irrealistiche della popolazione, dall’altra - conclude - comunicazioni troppo seduttive e timorose che rappresentare sin da subito la probabilità di un richiamo avrebbe inficiato la motivazione a vaccinarci”.