Hai ricercato la parola "covid" per "parola chiave"
- COVID, PROFUGHI POCO VACCINATI. COPERTURA EST EUROPA SOTTO AL 60%
- COVID. INCHIESTA GREEN PASS, FALSA CERTIFICAZIONE A 300 EURO
- People from racial, ethnic, and other groups report frequent COVID-19–related discrimination
- Covid. Virologi in Tv, poco opportuno prendere il gettone di presenza
- Covid, mortalita' 17 volte piu' alta tra i non vaccinati rispetto all' aver fatto il richiamo
- Covid Italia, decrescita dell' incidenza in tutte le regioni negli ultimi 14 giorni. Rt a 0,73
- Covid. Cardiologi preoccupati, ricoveri ed esami ridotti in 2 ospedali su 3 e rischio cardiaco piu' alto per i guariti
- Covid, Svizzera cede fino a 15 milioni di dosi di vaccino ad altri Paesi nel 2022
- Covid, stop allo stato di emergenza in Italia dopo il 31 marzo. I commenti degli esperti
- Vaccino GSK e Sanofi, ok dati protezione anti Covid
- COVID. SPERANZA, STOP QUARANTENA IN ITALIA DA PAESI EXTRA UE DA 1 MARZO. SI ENTRA CON GREEN PASS BASE ANCHE CON TAMPONE NEGATIVO
- Covid, anche il Regno Unito cancella le restrizioni
- COVID. DISTURBI INFANZIA E ADOLESCENZA, 30% CASI PER LOCKDOWN E DAD
- Medici e operatori sanitari guariti ma non vaccinati non possono tornare a lavoro nonostante siano protetti dal Covid e la carenza di personale. Circolare del Ministero della Salute
- SPESE COVID ITALIA, ALTRI 400 MILIONI ALLE REGIONI
- Vaccino anti Covid, ok quarta dose per pazienti gravemente immunodepressi
- COVID. MINISTRO SPERANZA, 15 MILIONI DI EURO A FAMIGLIE SANITARI MORTI. I PEDIATRI DI FAMIGLIA, UN SEGNALE DI SOLIDARIETA' E GIUSTIZIA
- Covid, vaccino proteico V-01 efficace contro variante Omicron
- Covid, dal 10 marzo ok a consumi cibi e bevande in teatri, cinema, stadio
- COVID, AIFA APPROVA UTILIZZO DEL PRIMO ANTICORPO PER PREVENIRE LA MALATTIA NEI PAZIENTI FRAGILI
- COVID, VACCINI HANNO MINORE EFFICACIA SUI FUMATORI. ANTICORPI PIU' BASSI E SCENDONO PRIMA
- INPS, per il Covid risparmiati 1,11 miliardi di euro di pensioni. 11,9 miliardi di spesa in meno nel decennio 2020-2029
- Vaccino anti-COVID, presentata domanda di omologazione per Nuvaxovid* di Novavax in Svizzera
- COVID, GREEN PASS DOPO IL 31 MARZO E' SCELTA POLITICA E NON SANITARIA
- LONG COVID, NASCE AMBULATORIO AL MAGGIORE DI BOLOGNA
Come conciliare sicurezza anti-Covid in Italiae accoglienza verso i profughi della guerra tra Ucraina e Russia? "Con grandi campagne vaccinali all'arrivo, naturalmente se possibile nei punti di transito", raccomanda Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, Roberto Speranza, intervistato su RaiNews 24.
"Queste popolazioni sono scarsamente vaccinate - ricorda il docente di Igiene all'università Cattolica -. Succede in Russia, ma succede in generale in tutti i Paesi dell'Est, dove la percentuale di copertura" vaccinale contro il coronavirus pandemico "non supera il 60%, quindi è chiaro che c'è bisogno di cautela. C'è bisogno di proteggere innanzitutto loro e poi naturalmente anche noi - avverte Ricciardi - per evitare di rimettere in circolazione il virus in maniera ancora più forte di quanto in questo momento sia in Italia, dove circa 5 milioni di persone - precisa - ancora non sono vaccinate".
La guerra in Ucraina sotto il continuo attacco della Russia "è una tragedia che si aggiunge alla tragedia, perché noi sappiamo che il virus" Sars-CoV-2 "continua a circolare praticamente incontrastato in quei Paesi", sottolinea ancora Walter Ricciardi.
"Abbiamo più dati sulla Russia che sull'Ucraina", precisa il docente di Igiene all'università Cattolica, ricordando che Covid-19 "in Russia ha fatto una strage e continua a fare strage per una serie di fattori, organizzativi ma anche religiosi, perché la chiesa ortodossa russa ha fatto una campagna attiva sconsigliando il vaccino. Hanno avuto centinaia di migliaia di morti e questo naturalmente continuerà a essere, purtroppo - prevede Ricciardi - in un momento in cui la guerra si aggiunge alla catastrofe della pandemia".
Trecento euro da pagare solitamente in criptovaluta. Era questo il costo di un Green pass falso, secondo quanto emerge dalle indagini della Procura di Termini Imerese (Palermo), che ha dato il via a un maxi blitz in 15 province italiane contro una rete di che vendeva false certificazioni verdi a persone non vaccinate.
I venditori assicuravano agli acquirenti il rilascio di un Green pass "rafforzato terza dose" personalizzato, chiedendo copia della tessera sanitaria e a fronte del pagamento in criptovaluta, prevedendo anche "sconti famiglia" per coloro che acquistavano più certificati. Le indagini sono ancora in corso e al vaglio degli investigatori della sezione di Polizia giudiziaria di Termini Imerese si trovano adesso anche i dispositivi telefonici che possono consentire di trovare altre certificazioni false acquistate per familiari e conoscenti.
All'esame dei poliziotti, inoltre, anche alcuni conti correnti italiani, utilizzati per far transitare i pagamenti per l'acquisto dei falsi Green pass. Le false certificazioni, con la collaborazione del ministero della Salute, saranno disabilitate.
People from all major racial and ethnic minority population groups in the United States report experiencing more COVID-19–related discrimination than white adults, a new study shows. COVID-19-related discrimination includes experiences of being threatened or harassed based on someone’s perception of another having COVID-19.
To date, this is the largest study, with the most diverse participants, to examine discrimination related to COVID-19. The study was led by Paula D. Strassle, Ph.D., of the National Institute on Minority Health and Health Disparities (NIMHD), part of the National Institutes of Health, and was published in the American Journal of Public Health on Feb. 23, 2022.
In the study, researchers measured the prevalence of COVID-19–related discrimination in all major racial and ethnic groups in the United States, using data from the COVID-19’s Unequal Racial Burden (CURB) survey. They also analyzed the impact of other social and demographic factors on COVID-19–related discrimination. People from groups that have been marginalized, such as those who speak little to no English and those with lower levels of education, were also found to face more discrimination due to the pandemic.
Researchers collected information from 5,500 American Indian/Alaska Native, Asian, Black/African American, Hawaiian and Pacific Islander, Latino, white, and multiracial adults. The online survey was administered by YouGov from December 2020 to February 2021 and was available in English and Spanish. The survey asked whether participants had experienced COVID-19–related discriminatory behaviors, such as being called names or insulted, being threatened or harassed, or hearing racist comments, because the perpetrator thought the participant had COVID-19. The survey also asked whether participants felt that others acted afraid of them because they belonged to a racial/ethnic group misconceived to get COVID-19 more often.
Results showed that 22.1% of participants had experienced COVID-19–related discriminatory behaviors, and 42.7% of participants reported that people acted afraid of them. When compared to white adults, people from all racial and ethnic minority groups were more likely to have experienced COVID-19–related discrimination. Participants who identified as Asian or American Indian/Alaska Native were most likely to have experienced this hostile behavior, and participants who identified as Hawaiian or Pacific Islander or Latino were also highly likely to have experienced discrimination. Higher rates of discrimination affected participants who lived in a big city; in a rural area; or in Alabama, Kentucky, Mississippi, or Tennessee.
The results suggest that the COVID-19 pandemic has worsened existing resentment toward racial and ethnic minorities and other minority populations in the United States. The study showcases the need for careful and responsible public health messaging during public health crises to help prevent and address discrimination against groups that have been marginalized.
The researchers noted that the study involved some limitations. The survey was administered online and persons with limited or no internet access were less likely to be included, although participants were recruited in a variety of ways, including over the phone and through flyers. It was also a self-reported survey, and discrimination was based on perceived motivations of the perpetrators.
P.D. Strassle et al. COVID-19–related discrimination among racial/ethnic minorities and other marginalized communities in the United States. American Journal of Public Health. https://doi.org/10.2105/AJPH.2021.306594
"In un momento drammatico come la pandemia mi sembra poco opportuno prendere un gettone per andare a parlare in tv". Così all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), commenta le polemiche per i compensi dei virologi 'star' in tv.
"Detto questo va anche fatta una valutazione personale, io non mai preso soldi per intervenire in tv - prosegue - ma non c'è nulla di male se un professionista, un medico, uno scienziato, riceve un compenso se è ospite fisso di una trasmissione".
Andreoni chiarisce di aver ricevuto in questi due anni di emergenza Covid delle offerte da parte di un programma tv "ma non ho accettato perché non voglio legarli", mentre sulle proposte arrivate da agenti per entrare nella 'scuderia' di virologi, "nessuno mi ha mai contatto". Il direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) pone però una questione ai colleghi: "Mi chiedo se, parlando di sanità pubblica, vaccini, cure, non sia più corretto farlo in maniera disinteressata, ovvero - conclude - senza prendere nessun gettone di presenza?".
Il tasso di mortalità per Covid dei non vaccinati è 17 volte più alto rispetto a chi ha fatto il booster. Lo riporta l'ultimo report dell'Istituto superiore di sanità. Dato che si abbassa a 6 volte circa più alto se si confrontano i non vaccinati con chi ha fatto il ciclo completo da meno di 120 giorni.
"Il tasso di ricoveri in terapia intensiva, relativo alla popolazione di età sopra i 12 anni, nel periodo 7 gennaio-6 febbraio per i non vaccinati risulta circa sei volte più alto rispetto ai vaccinati con ciclo completo da meno di 120 giorni e circa diciassette volte più alto rispetto ai vaccinati con dose aggiuntiva o booster".
L’efficacia del vaccino, ovvero la riduzione percentuale del rischio nei vaccinati rispetto ai non vaccinati, nel prevenire i casi di malattia severa è "pari al 93% nei soggetti vaccinati con dose aggiuntiva o booster" e pari "all'86% nei vaccinati con ciclo completo da meno di 90 giorni, 88% nei vaccinati con ciclo completo da 91 e 120 giorni, e 83% nei vaccinati che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 120 giorni".
Continua il calo dei numeri di Covid-19 in Italia. Anche questa settimana "si conferma una decrescita dell'incidenza e dell'Rt, che sia per i casi sintomatici sia per i ricoverati mostra un andamento stabilmente sotto il valore di 1".
Guardando alla cartina della Penisola "si cominciano a vedere delle province che cominciano a schiarirsi, indice di una circolazione" virale "più contenuta", e in generale si conferma "una decrescita dell'incidenza in tutte le regioni negli ultimi 14 giorni". Questo il quadro tracciato da Silvio Brusaferro, presidente dell'Istituto superiore di sanità, in un video a commento del monitoraggio settimanale sull'andamento di Covid-19 in Italia.
Incidenza in calo ovunque, dunque, e trasversale nelle varie fasce di popolazione. "Negli ultimi 7 giorni, in tutte le fasce d'età c'è una decrescita del numero di nuovi casi", evidenzia Brusaferro, pur restando stabile "una maggiore circolazione nelle fasce d'età più giovani".
Prosegue anche il calo dei ricoveri. Insieme a incidenza e Rt, "anche il dato delle ospedalizzazioni è in decrescita", sia per le terapie intensive sia in area medica, e "questo vale anche per le fasce d'età più giovani, che necessitano fortunatamente di ricovero in misura minore rispetto alle altre, ma pure presentano necessità di ricovero in alcuni casi. Coerentemente con la decrescita dell'incidenza", quindi, "c'è una decrescita del numero di ricoverati" anche fra gli under 19. Guardando al futuro, "la probabilità di saturazione dei posti letto a 4 settimane si riduce progressivamente - aggiunge - Le probabilità riguardano soprattutto l'area medica, ma sono contenute e coerenti con l'andamento dell'incidenza".
Sul fronte delle vaccinazioni contro Covid-19 "la copertura nelle fasce d'età più elevate (over 80) ha superato il 95% e il booster va oltre l'85%. C'è una crescita delle prime dosi nelle fasce d'età più giovani, ma va segnalato come ci siano ancora alcuni milioni di italiani che non hanno cominciato il ciclo vaccinale", ha evidenziato Brusaferro.
REZZA - "Tende ancora a diminuire, anche se più lentamente, l'incidenza di casi Covid-19 nel nostro Paese, che si fissa questa settimana intorno a 552 casi per 100mila abitanti. Anche l'Rt è in ulteriore diminuzione: stiamo a 0,73, quindi ben al di sotto dell'unità, il che vuol dire che la trasmissione tende a rallentare", sottolinea il direttore generale Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza. "Per quanto riguarda il tasso di occupazione dei posti di area medica e terapia intensiva - evidenzia - siamo rispettivamente al 18,5% e all'8,4%, quindi c'è anche in questo caso una graduale tendenza alla decongestione delle strutture sanitarie". "Data la situazione epidemiologica, che vede una tendenza al miglioramento, ma allo stesso tempo un tasso di incidenza che è ancora relativamente elevato - precisa Rezza - è bene rispettare tutte le misure che vengono raccomandate, in particolare il distanziamento sociale e l'uso di mascherine in luoghi chiusi, e allo stesso tempo completare, per chi lo dovesse ancora fare, il ciclo vaccinale con una dose di richiamo".
La pandemia rischia di riportare la lancetta dell’orologio della cardiologia indietro di decenni: a causa dell’ultima emergenza Covid-19, che ha costretto a convertire molti posti letto cardiologici per trattare i pazienti contagiati, in molti ospedali l’assistenza cardiologica è stata ridotta all’osso e la mortalità per infarto e ictus rischia ora di tornare ai livelli di 20 anni fa.
Lo denuncia un’indagine condotta dalla Società Italiana di Cardiologia in 45 ospedali equamente distribuiti sul territorio nazionale: la survey ha dimostrato che il 68% degli ospedali ha ridotto i ricoveri elettivi dei pazienti cardiopatici, il 50% ha diminuito l’offerta degli esami diagnostici e il 45% ha dovuto tagliare le visite ambulatoriali. Il 22% ha dovuto addirittura ridurre i posti letto in terapia intensiva cardiologica (UTIC), mentre il 18% degli ospedali ha ridotto in personale medico in UTIC e il 13% quello infermieristico.
È però necessaria un’inversione di rotta che garantisca un ripristino e magari un potenziamento dell’assistenza cardiologica, anche perché in futuro i pazienti cardiologici potrebbero aumentare proprio per colpa del Covid: uno studio recentemente pubblicato su Nature Medicine dimostra infatti che dopo la guarigione dall’infezione i pazienti hanno un maggior rischio di malattie cardiovascolari come scompenso cardiaco, ictus, infarto, aritmie e mio-pericarditi. “Sono dati molto preoccupanti, che testimoniano una situazione di evidente emergenza per i pazienti italiani con malattie cardiovascolari”, afferma Ciro Indolfi, Presidente della Società Italiana di Cardiologia e Vice-Presidente della Confederazione Cardiologi, Oncologi ed Ematologi (FOCE) e Direttore Unità Complessa di cardiologia e Utic, Università Magna Graecia di Catanzaro.
Per l’indagine italiana sono state monitorate in due diverse fasi, a novembre/dicembre 2021 e poi a gennaio 2022, le attività in ambito cardiologico di 45 ospedali afferenti alla SIC. Questi risultati indicano un grave ridimensionamento dell’assistenza cardiologica in molte strutture sanitarie, un ‘effetto collaterale’ indiretto della pandemia che rischia di richiedere un alto prezzo da pagare. “La variante omicron e il vaccino hanno ridotto significativamente le forme gravi di Covid 19 e la necessità di finire in rianimazione, invece le conseguenze dirette e indirette della pandemia sulle malattie cardiovascolari sono ancora purtroppo ampiamente sottovalutate – sottolinea Indolfi - La necessità di reclutamento di posti disponibili per pazienti Covid 19, spesso usati per garantire la mancata progressione in zone arancione o rossa, la mancata programmazione nei mesi precedenti e le decisioni emergenziali hanno portato a una riorganizzazione sanitaria che ha penalizzato molte cardiologie in tutto il Paese: sono diminuite le angioplastiche coronariche, l’impianto percutaneo delle valvole cardiache, le procedure per l’impianto di pacemaker e defibrillatori, le ablazioni; sono stati ridotti gli elettrocardiogrammi, le ecocardiografie e i test da sforzo. Tutto questo è allarmante: i pazienti cardiopatici non hanno trovato più un’assistenza adeguata alla prevenzione e al trattamento delle loro patologie”.
La preoccupazione cresce anche perché molti dati mostrano che dopo la pandemia è possibile un’impennata dei pazienti cardiologici: “Uno studio pubblicato su Nature Medicine e condotto su più di 150.000 pazienti guariti dal Covid-19 confrontati con oltre 5 milioni di controlli sani ha dimostrato che dopo il contagio il rischio di patologie cardiovascolari aumenta significativamente, anche in chi ha meno di 65 anni senza fattori di rischio come obesità o diabete – continua Indolfi – Ad esempio, i pazienti guariti dal Covid avevano il 52% di probabilità in più di ictus: ogni 1.000 persone studiate, quindi, si sono registrate circa 4 vittime di ictus in più fra chi era stato infettato dal virus rispetto al gruppo di controllo. Il pericolo di scompenso cardiaco è aumentato del 72%, ovvero circa 12 persone in più ogni 1.000 guariti dal Covid”.
Tutto questo apre la strada a un futuro in cui si potrebbe ritornare al passato, a quando cioè un numero molto maggiore di persone moriva per infarto, anche perché accanto a un ridimensionamento dell’assistenza la stessa pandemia ha peggiorato la salute cardiovascolare degli italiani. “Oggi si registrano 1 milione di fumatori in più rispetto al passato, il 44% degli italiani è aumentato di peso, il consumo eccessivo di alcol è cresciuto del 23,6% fra i maschi e del 9,7% fra le donne - afferma il Prof. Pasquale Perrone Filardi, Presidente eletto della SIC e Ordinario di Cardiologia, Università Federico II di Napoli - Questi dati sono molto preoccupanti e fanno presagire un aumento delle patologie cardiovascolari nei prossimi anni, a cui si aggiunge l’aumento delle malattie ischemiche del cuore: l'Italia è stata la prima nazione occidentale a essere colpita dalla pandemia e la SIC è stata la prima Società scientifica, in uno studio pubblicato sull’European Heart Journal, a intercettare tale fenomeno già nella prima fase della pandemia, quando è stato registrato un aumento di tre volte della mortalità per infarto miocardico”.
“In Italia le malattie cardiovascolari rappresentano il 44% di tutti i decessi, la cardiopatia ischemica è la principale causa di morte (28%) e 4,4 italiani ogni mille vanno incontro a disabilità cardiovascolare - aggiunge il Prof Gianfranco Sinagra, Vice-Presidente della SIC e Ordinario di Cardiologia Università di Trieste - Nonostante il peso delle malattie cardiovascolari, nel 2016 l’aspettativa di vita alla nascita in Italia era di 82,8 anni, tra le più lunghe al mondo; dall’inizio della pandemia l'aspettativa di vita post-pandemica è diminuita a 82 anni, con un ulteriore decremento di 1,2 anni nel 2020 rispetto al 2019. A 65 anni, l'aspettativa scende a 19,9 anni (18,2 anni per gli uomini, 21,6 anni per le donne): serve perciò una campagna di prevenzione efficace e soprattutto occorre riorganizzare le strategie terapeutiche nei pazienti cardiopatici, senza tagliare sulla loro assistenza come invece sta accadendo”.
In assenza di un cambio di rotta agli effetti acuti dell’infezione da SARS-CoV-2 sul cuore, bisognerà aggiungere quelli indiretti dovuti alla mancata prevenzione e trattamento di molte patologie cardiologiche e a quelli provocati a distanza dall’infezione. “I dati emersi richiamano alla necessità di proteggere i pazienti cardiopatici, se non vogliamo perdere il vantaggio straordinario ottenuto in cardiologia in questi ultime tre decadi: l’angioplastica per l’infarto ha ridotto la mortalità dal 30% a circa il 4%, ma se i ricoveri e gli interventi continueranno a ridursi un sempre minor numero di vittime di attacco cardiaco vi potrà accedere. I nuovi dati indicano inoltre che i pazienti guariti dal Covid devono essere ricevere un’attenzione maggiore per l’aumentata probabilità di essere colpiti da patologie cardiovascolari: siamo perciò in un momento in cui a una minore prevenzione e terapia delle malattie cardiovascolari si associa un maggiore rischio proprio di queste malattie nei pazienti guariti dal Covid. Tutto ciò dovrà essere seriamente considerato nelle prossime strategie di riorganizzazione del Sistema Sanitario Nazionale”, conclude Indolfi.
Il Consiglio federale ha discusso del fabbisogno e dell’impiego dei vaccini anti-COVID-19 nel 2022. L’obiettivo principale è garantire l’approvvigionamento della popolazione tenendo conto dei diversi scenari pandemici ipotizzabili.
Su tale base, il Consiglio federale ha deciso di cedere un massimo di 15 milioni di dosi di vaccino ad altri Paesi entro la metà del 2022, se queste non sono destinate a essere somministrate in Svizzera. In questo modo la Svizzera contribuisce a garantire che il maggior numero possibile di persone abbia accesso a vaccini anti-COVID-19 efficaci e sicuri in tutto il mondo. Il Consiglio federale ha inoltre deciso di acquistare in modo centralizzato medicamenti, per proteggere le persone immunodepresse da un’infezione da COVID-19.
Per il 2022 la Svizzera ha a disposizione circa 34 milioni di dosi di vaccino, di cui 20 milioni per il primo semestre e 14 milioni per il secondo semestre. Qualora dovesse rendersi necessaria un’ulteriore vaccinazione di richiamo, l’approvvigionamento della popolazione svizzera sarebbe garantito in qualsiasi momento. Questa strategia d’acquisto garantisce, tra l'altro, che la Svizzera disponga sempre dell'ultima variante di vaccino disponibile presso i rispettivi produttori (a condizione che sia stata omologata da Swissmedic).
Con la sua strategia di acquisto, il Consiglio federale ha assicurato la disponibilità permanente dei vaccini migliori. Per attenuare il rischio di fallimento di una determinata tecnologia o di inadempimento di un fabbricante, ha acquistato più dosi di quelle necessarie per vaccinare l’intera popolazione. Il Consiglio federale ha quindi deciso di cedere un massimo di 15 milioni di dosi entro la metà dell’anno, se queste non sono destinate a essere somministrate in Svizzera.
I vaccini in eccesso verranno donati in via prioritaria attraverso il meccanismo multilaterale dell’iniziativa COVAX. Sin dall’inizio della lotta globale contro la pandemia, la Svizzera si è impegnata a garantire che il maggior numero possibile di persone abbia accesso a vaccini anti-COVID-19 efficaci e sicuri in tutto il mondo. In tal senso, nel giugno 2021 il Consiglio federale ha deciso di donare quattro milioni di dosi del vaccino AstraZeneca. Nel dicembre 2021, d’intesa con del vaccino Moderna affinché l’iniziativa COVAX potesse beneficiare direttamente delle capacità produttive rese così disponibili.
Medicamento per persone immunodepresse
Determinate persone non riescono a sviluppare una protezione immunitaria nemmeno dopo diverse vaccinazioni contro il SARS-CoV-2. Si tratta in particolare di persone immunodepresse, che presentano gravi patologie di base (p. es. deficienze immunitarie congenite), che seguono una terapia farmacologica che influisce fortemente sul sistema immunitario o che lo inibisce oppure che si sono sottoposte a un trapianto di organo o cellule staminali.
Questi soggetti sono estremamente vulnerabili al SARS-CoV-2. In futuro potranno beneficiare di una protezione preventiva grazie a nuovi medicamenti la cui omologazione è prevista nel 2022. Il Consiglio federale ha deciso di concordare garanzie di acquisto con i fabbricanti per potersi procurare rapidamente questi medicamenti e metterli a disposizione degli interessati.
I medicamenti per l’immunizzazione passiva saranno acquistati in modo mirato per questo gruppo di persone vulnerabili e non serviranno quale alternativa alla vaccinazione per la popolazione generale.
Stop allo stato di emergenza in Italia dopo il 31 marzo, non ci sarà dunque nessuna proroga. Ma cosa ne pensa gli esperti. Da Andreoni a Bassetti passando per Galli a Vaia: ecco la loro opinione.
Bassetti
"Non avevo dubbi su Draghi, dimostra di essere la persona giusta al posto giusto. Ascolta e questo è importante. Il premier ha bravi collaboratori e bravi ministri, ma poi decide lui e ha ascoltato quello che molti di noi hanno detto. Sono misure che ci riportano alla normalità, è il momento della carota dopo il bastone, senza 'sbracare' però. Ha deciso bene, bravo Draghi". Così all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, commenta gli annunci del premier Mario Draghi sulla fine dello stato di emergenza il 31 marzo e su altre misure che verranno prese.
Galli
"Sono assolutamente del parere che si deve riaprire tutto quello che si può aprire nel Paese. Ma se questo comprende anche l'eliminazione del Green pass, seppure graduale, non sono per nulla d'accordo e non so quando potrò esserlo messaggio. Sono convinto che non sia un corretto da dare in questo momento e può essere solo utile a tenere insieme una traballante maggioranza" di governo. Così all'Adnkronos Salute Massimo Galli, ex direttore di Malattie infettive all'ospedale Sacco di Milano.
Per Galli "non c'è nessuna contraddizione tra il mantenimento del Green pass e le aperture. Il mantenimento del Green pass è una garanzia. Non conosco nel dettaglio le parole del premier ma francamente messaggi di sospensione del certificato verde, per quanto graduali (e non mi è chiaro cosa significanti) sono quasi una sollecitazione a far in modo che i molti che devono fare la terza dose non la facciano e che non si proceda alla vaccinazione dei non vaccinati tra i più piccoli. E questo non va bene", dice Galli
L'eliminazione delle zone a colori? "Francamente non hanno una rilevanza in questa situazione. Noi dobbiamo riaprire il Paese, ma con il Green pass e continuare a vaccinare", conclude.
Vaia
"Troviamo nelle parole del presidente Draghi quanto da noi da sempre affermato: è tempo di considerare le misure per la popolazione (il Green pass in primis) strumenti e non ideologismi. Strumenti temporanei che hanno avuto ed hanno un senso in momenti determinati. Ora l'innovazione, il progresso, i vaccini e le terapie segnano questo tempo. Non dobbiamo più tornare indietro. Molte bene presidente Draghi, l'Italia va avanti per non tornare più indietro". Così il direttore dell'Inmi Spallanzani di Roma, Francesco Vaia.
"Ora serve una spinta, anche del Parlamento, perché si adottino, con decreto del presidente del Consiglio, le linee guida per gli impianti di ventilazione nelle scuole. Andiamo nella direzione auspicata", conclude Vaia ricordando l' importanza della meccanica ventilazione nel consentire la massima sicurezza nelle aule.
Andreoni
"Quella del premier Draghi è una scelta precisa con motivazione comprensibili ma, dal punto di vista epidemiologico, dobbiamo essere cauti". Così all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit). "La situazione deve essere tenuta sotto controllo perché i casi sono ancora alti e abbiamo un numero di morti tra i più alti in Europa", ha aggiunto.
"Tutte le scelte, mi sembra, vanno nella direzione di considerare l'epidemia sotto controllo anche se i numeri Covid sono alti - ha proseguito Andreoni - La fine dello stato di emergenza, lo stop alle mascherina all'aperto in altri luoghi, la fine delle zone a colore stanno ad indicare che la diffusione del virus è considerata endemica e non più pandemica". "Tutto questo è comprensibile sotto l'aspetto politico ed economico, ma - ha rimarcato - dobbiamo avere cautela e stare comunque attenti".
Rasi
Quando anche l'Italia potrà vivere il suo 'Freedom Day', data della liberazione da tutte le restrizioni anti-Covid? "Il 'quando' verrà questo giorno è meno importante del 'cosa' lo farà scattare", avverte Guido Rasi, consulente del commissario all'emergenza coronavirus, generale Francesco Paolo Figliuolo, che invita a monitorare "parametri precisi". Sostanzialmente due: "La circolazione del virus, perché non dimentichiamo che Omicron ha fatto 7 milioni e mezzo di infetti e può darsi ne faccia ancora - spiega l'esperto all'Adnkronos Salute - e l'occupazione dei posti letto negli ospedali. Perché non è tollerabile averne neanche uno di più sottratto all'assistenza dei malati con altre patologie".
Dopo che il premier Mario Draghi ha annunciato che il 31 marzo non verrà ulteriormente prorogato lo stato di emergenza, quello che succederà dal primo aprile "andrebbe deciso il 29 marzo innanzitutto in base a come si sono svuotati gli ospedali. Il nostro problema in questo momento è curare le persone che hanno altre malattie" diverse da Covid-19, sottolinea l'ex direttore esecutivo dell'Agenzia europea del farmaco Ema. "Quindi, se gli ospedali sono ragionevolmente sgombri e possono finalmente dedicarsi al resto, si può pensare di allentare lo strumento del Green pass". Bisogna "osservare l'evoluzione del parametro ospedali e della circolazione virale - ribadisce Rasi - e allargare prontamente le libertà appena si apre la possibilità di farlo".
"Oggi - evidenzia il microbiologo - il Green pass ha principalmente lo scopo di incentivare al massimo la vaccinazione. E finché negli ospedali c'è un 70% dei posti letto occupato da persone che potevano evitare il ricovero, resta difficile accettare di togliere l'unico strumento di incentivazione a fare il vaccino". Lo stesso ragionamento vale per l'eventuale mantenimento dell'obbligo di vaccino Covid-19 agli over 50 anche dopo il 15 giugno: "Anche qui, vediamo com'è l'andamento della pandemia, dei parametri oggettivi che abbiamo detto", esorta Rasi.
Sono positivi i dati dello studio booster e di fase 3 sul vaccino anti-Covid sviluppato da Sanofi insieme a Gsk. Lo annunciano le due aziende, pronte a i dati per poi chiedere l'approvazione in Europa e negli Stati Uniti.
Il vaccino Sanofi-Gsk, ricombinante adiuvato, ha indotto robuste risposte immunitarie - spiegano le due aziende in una nota congiunta - con un profilo di sicurezza favorevole in molteplici contesti. Nei partecipanti che già avevano fatto due dosi di vaccini mRna adenovirus già autorizzati, il richiamo con il prodotto di Sanofi-Gsk ha indotto un aumento significativo degli effetti neutralizzanti da 18 a 30 volte. Quando il vaccino Sanofi-Gsk è stato utilizzato come ciclo primario a due dosi seguite da una di richiamo, gli eliminati sono aumentati da 84 a 153 volte rispetto ai livelli pre-booster.
Il ministro della Salute italiano, Roberto Speranza, ha firmato una nuova ordinanza che prevede, a partire dal 1 marzo, per gli arrivi da tutti i Paesi extraeuropei le stesse regole già vigenti per i Paesi Europei.
Per l'ingresso sul territorio nazionale sarà sufficiente una delle condizioni del Green pass: certificato di vaccinazione, certificato di guarigione o test negativo. È quanto si legge in una nota del ministero.
A partire da giovedì 24 febbraio saranno "cancellate" tutte le restrizioni anti Covid ancora in vigore in Gb. Lo ha confermato il premier britannico Boris Johnson intervenendo alla Camera dei Comuni. Verrà quindi a cadere l'obbligo, anche per chi non è completamente vaccinato, di mettersi in autoisolamento dopo un contatto ravvicinato con un positivo.
Fino al 1 aprile, tuttavia, a chi risulterà positivo verrà ancora consigliato di rimanere a casa."Incoraggeremo le persone con i sintomi del Covid-19 ad esercitare la responsabilità personale, così come incoraggiamo le persone che potrebbero avere un'influenza a considerare anche gli altri", ha detto il premier.
L'annuncio fatto da Boris Johnson è il risultato di un "governo paralizzato dal caos e dall'incompetenza". Così il leader laburista Keir Starmer, nel corso del dibattito alla Camera dei Comuni, ha duramente criticato la decisione del premier britannico. L'approccio scelto da Johnson "ci lascerà vulnerabili" di fronte a nuove variante o ad una ripresa dei contagi, ha detto Starmer, secondo il quale quello di Johnson "non è un piano per convivere bene col Covid". Il Labour, ha detto Starmer, non vuole che le restrizioni durino "un momento di più del necessario, ma dobbiamo portare i cittadini dalla nostra parte e questo richiede chiarezza".
Da qualche giorno, il Polo Zero-17 Fatebenefratelli a Cernusco sul Naviglio ha iniziato ad affrontare i disturbi dell'infanzia e dell'adolescenza e almeno il 30% dei casi trattati derivano dal lockdown e dalla Dad, sono cioè conseguenze del cambiamento degli stili di vita imposti alle famiglie dall'emergenza Covid 19. Ad annunciarlo è lo stesso ospedale in una nota.
Per ora sono una trentina i minori in cura presso il centro milanese, che lavora in sinergia con l'ospedale Sacra Famiglia Fatebenefratelli di Erba, e provengono prevalentemente dall'area metropolitana di Milano. "I pazienti arrivano per iniziativa delle famiglie, consigliate dal pediatra o da un insegnante- spiega Fiorenza Ricciardi, psicopedagogista responsabile del progetto Zero-17 del Fatebenefratelli- e presentano tipologie molto diverse di necessità, che sono affrontate da un'équipe di specialisti, per essere poi indirizzati a quello più competente, dal neuropsichiatra al logopedista, per citarne solo due. Ci sono molti casi di disturbi dell'apprendimento, che richiedono attività di potenziamento o riabilitazione finalizzate a rafforzare le funzioni cognitive degli aspetti dominio specifici relativi alle abilità scolastiche strumentali (lettura, scrittura e calcolo).
Superati il primo colloquio e la verifica diagnostica- prosegue Ricciardi- il trattamento viene effettuato attraverso sedute di 45 minuti e il percorso può durare dai tre ai sei mesi per i disturbi dell'apprendimento. Tuttavia, ci sono ulteriori difficoltà: ansia e ritiro sociale sono conseguenza del periodo di lockdown e riguardano un caso su tre. Questi disturbi richiedono percorsi lunghi e, in qualche caso, un supporto farmacologico". Il servizio Zero-17 mobilita psicologi, logopedisti, neuropsichiatri, psicoterapeuti, pedagogisti e neuropsicomotricisti e inizia ad affrontare anche i disturbi dell'alimentazione, spiega la nota.
"Da anni sono un terreno di lavoro del Centro S.Ambrogio Fatebenefratelli, ma finora affrontavamo solo casi adulti. Adesso vediamo l'esordio di questo problema anche in bambine tra i 10 e i 12 anni- sottolinea la psicopedagogista- Il disturbo prevalente, al momento, è il disturbo dell'apprendimento- ribadisce- che non significa semplicemente 'essere distratti o svogliati', ma manifestare una sofferenza, come la difficoltà a comprendere i testi o seguire le lezioni, a fronte di una normale capacità cognitiva. I DSA vengono diagnosticati intorno al secondo anno della scuola primaria, di solito". Il polo milanese individua e tratta un ampio spettro di problemi, dai disagi emotivi alla difficoltà nella costruzione dell'immagine di sé e nella relazione con i pari. I minori esprimono alle volte ansia acuta, fobie, ritiro, disturbi del sonno o dell'alimentazione, che possono essere ricondotti al lockdown o semplicemente venire 'innescate' dal nuovo stile di vita imposto dalla pandemia. Nelle famiglie sta crescendo la propensione a riconoscere i segnali del disagio e a chiedere aiuto.
Nell'ambito del Centro S.Ambrogio, un apposito Servizio di Neuropsichiatria infanzia e adolescenza creato nel centro di Cernusco sul Naviglio assicura la completa presa in carico di tali problematiche infantili, tra cui anche difficoltà d'origine neurologica, neurosensoriale, disturbi del neurosviluppo (disturbi del linguaggio, dello sviluppo cognitivo, dell'apprendimento, della regolazione, disturbi dello spettro autistico) e del disagio psicologico e relazionale.
Il servizio di NPIA, si legge ancora nella nota, svolge attività di prevenzione e ricerca, in attiva collaborazione con i pediatri di libera scelta, con i medici di medicina generale, con la divisione di pediatria, con gli altri settori del dipartimento di Salute mentale. Questa struttura garantisce la presa in carico del bambino o dell'adolescente fino al termine del percorso scolastico e formativo e allo stesso tempo, in previsione del raggiungimento della maggiore età, organizza con gradualità e flessibilità il processo di valutazione: il Poliambulatorio definisce in tal senso, sempre insieme alle famiglie, il progetto di vita dell'assistito e i necessari raccordi con i servizi sanitari territoriali e ospedalieri. Il Centro di riabilitazione psichiatrica Fatebenefratelli è convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, ma questo servizio per i minori non è ancora coperto dal rimborso pubblico (ticket): perciò è stato attivato un fundraising, attraverso il sito http://www. fatebenefratelli.it, che consente di calmierare in modo importante le tariffe specialistiche.
I sanitari non vaccinati, sospesi e guariti dal Covid, non possono tornare al lavoro: servire il vaccino. Una circolare del ministero della Salute, in risposta ai dubbi della Federazione degli Ordini dei medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), chiarisce che la guarigione da Covid-19 di medici e operatori sanitari, secondo la normativa vigente, "non è circostanza idonea a legittimare la revoca della sospensione" dal lavoro avvenuto per non aver assolto all'obbligo di vaccinazione.
Dunque "non è elemento determinante" per l'ordine professionale di appartenenza che deve invece "accertare lo stato di avvenuta vaccinazione del professionista".
Fnomceo si era rivolta al ministero in merito ai dati dei sanitari vaccinati/non vaccinati nelle giornate del 7 del 14 febbraio, rilevato dalla piattaforma nazionale-Dg, in cui erano stati inseriti anche sulle guarigioni dei professionisti, in un primo momento . E questo - si legge nella stessa circolare - aveva creato "disorientamento". In risposta il ha ribadito, dunque, che il ministero "la sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato all'Ordine del completamento del ciclo vaccinale primario e, per i professionisti che hanno completato il ciclo vaccinale primario, della somministrazione della dose di richiamo".
Da qui la raccomandazione della Fnomceo agli Ordini di "non procedere alle revoca delle sospensioni" " L'Ufficio di Gabinetto del ministero - si legge in una nota che la stessa Fnomceo ha poi inviato agli Ordini provinciali dei medici e odontoiatri - ha infatti "ribadito che la Piattaforma Dgc deve essere uniformeta alle modalità comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione anti Sars e che la Direzione generale della digitalizzazione del sistema informativo sanitario e della statistica del ministero della Salute provvederà ad adeguare i dati forniti dal sistema informativo al summenzionato principio".
Alle Regioni 800 milioni di euro per sostenere le spese Covid. Dopo il via libera della Commissione Salute della conferenza delle Regioni alla proposta di ripartire il contributo statale di 400 milioni per la copertura delle spese sanitarie legate alla pandemia nel 2021, è di oggi la notizia di altri 400 milioni di euro che il Governo si appresta a stanziare per le spese Covid sostenute dalle Regioni per fronteggiare la quarta ondata e l'aumento della bolletta energetica per le strutture sanitarie.
Nel riparto, che sarà formalizzato con un emendamento al Dl Sostegni ter, sono previsti 30 milioni di euro per l'Emilia-Romagna, mentre resta ancora da definire l'importo, in arrivo qui, di questi nuovi 400 milioni. "Un primo passo importante di cui siamo soddisfatti", commenta Raffaele Donini, assessore alle Politiche per la Salute e coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni. "Ringraziamo il Governo e il ministro Speranza, a cui avevo scritto e che ieri ha incontrato il presidente Bonaccini, per questa ulteriore tranche di 400 milioni di euro a sostegno delle spese Covid". Resta però la convinzione delle Regioni, aggiunge l'assessore, "sul fatto che la spese Covid debbano essere pienamente a carico dello Stato e che quelle sostenute dalle Regioni debbano essere coperte per intero.
Siamo certi che il lavoro fatto finora insieme possa proseguire per arrivare a centrare anche questo obiettivo. Per non mettere in difficoltà la sanità pubblica, chiamata tuttora a fronteggiare l'emergenza sanitaria e a recuperare le prestazioni arretrate, a partire dalle liste d'attesa, un dovere nei confronti dei cittadini, soprattutto i più fragili".
Via libera della Commissione tecnico scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla quarta dose di vaccino anti-Covid per i pazienti gravemente immunodepressi, che abbiano completato il ciclo primario di immunizzazione, composto per questa categoria da due dosi più quella addizionale. La Cts si è riunita ieri, a quanto si apprende, e il parere è stato trasmesso al ministero della Salute.
Dall'Aifa chiariscono che per i pazienti immunocompromessi la quarta dose equivarrebbe alla dose booster offerta alla popolazione generale: un primo richiamo a seguire appunto il ciclo primario '2+1'. L'indicazione degli esperti è che venga somministrata con vaccini a mRna, negli stessi tempi del booster per tutti.
"Abbiamo stanziato 15 milioni di euro per le famiglie dei professionisti sanitari che hanno perso la vita a causa del Covid. È un giusto riconoscimento che l'Italia deve a chi ha svolto il proprio lavoro per tutelare la salute di tutti noi".
Lo scrive sul proprio profilo Facebook il ministro della Salute, Roberto Speranza.
“Un segnale di solidarietà e giustizia, un gesto di sensibilità atteso da tutti noi, ma non per questo meno importante. Il nostro pensiero grato va ai Ministri Speranza e Bonetti, a lungo impegnati per ottenere questo risultato. E ora, insieme a degli interlocutori affidabili e determinati, restiamo al fianco delle famiglie dei nostri colleghi che si sono sacrificati per curare i loro pazienti”. Questo il commento di Paolo Biasci, Presidente della Federazione Italiana Medici Pediatri alla notizia dello stanziamento di 15 milioni di euro per i familiari dei professionisti sanitari caduti sul fronte della pandemia. “Siamo soddisfatti della proposta avanzata oggi in Consiglio dei Ministri – conclude Biasci – e siamo fiduciosi nell’adesione dell’intero Governo alle misure di salvaguardia dei superstiti delle vittime Covid. Siamo e restiamo dalla parte di chi, attraverso la politica, promuove principi di equità e dignità, soprattutto in un tempo complesso come quello che stiamo vivendo”. Le 370 vittime tra i sanitari impegnati nel contrasto al virus si contano soprattutto nella Medicina di Famiglia.
Un vaccino proteico anti-Covid sviluppato e prodotto in Cina, denominato V-01, si è dimostrato efficace nel proteggere dall'infezione causata dalla variante Omicron di Sars-CoV- 2 in uno studio condotto in Pakistan e Malesia su oltre 10mila adulti over 18 che avevano ricevuto una seconda dose di vaccino inattivato nei 3-6 mesi precedenti. Lo ha comunicato LivzonBio, azienda farmaceutica del Guangdong, che ha sviluppato il prodotto insieme all'Istituto di biofisica dell'Accademia cinese delle scienze.
A metà dei 10.241 arruolati è stato somministrato a un booster di V-01, all'altra metà un placebo. Secondo i dati preliminari diffusi da LivzonBio, 110 partecipanti al trial sono stati infettati dal coronavirus pandemico, 60 dei quali contagiati da Omicron, mentre per la quota restante è ancora in corso il sequenziamento. Il tasso di infezione persona-anno nel gruppo placebo è all'incirca doppio risultato rispetto al gruppo V-01 (12,8% contro 6,73%), con un'efficacia del candidato vaccino superiore al 61,35% contro l' infezione. "Una dose di richiamo con V-01 può fornire una buona protezione contro la variante Omicron", sostiene LivzonBio, evidenziando che fra chi l'ha ricevuto "non sono stati riscontrati problemi di sicurezza preoccupanti".
V-01 è un vaccino di fusione ricombinante mirato contro Rbd, porzione della proteina Spike cruciale per il legame con il recettore Ace2 delle cellule umane. Secondo l'azienda, rispetto ad altri è più facile da produrre, nonché da conservare e trasportare.
Covid in Italia, arriva "un'altra buona nel percorso graduale di ritorno alla normalità.
Dal 10 marzo sarà nuovamente possibile consumare cibi e bevande anche in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche, nei locali di intrattenimento e musica dal vivo e in altri locali assimilati e in tutti i luoghi, in cui svolgono eventi e competizioni sportive.
Commissione Affari Sociali della Camera e su cui, in rappresentanza del Governo, ho espresso parere favorevole. Una risposta molto importante per alcuni dei settori tra i più colpiti in questi due anni di pandemia. Un nuovo segnale di ripartenza", annunciato in una nota il sottosegretario alla Salute Andrea Costa.
È disponibile in Italia la prima opzione farmacologica a base di anticorpi per la prevenzione del Covid-19. L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato l’utilizzo della combinazione di due anticorpi monoclonali a lunga durata d’azione (tixagevimab e cilgavimab) per prevenire i sintomi del Covid-19, prima dell’esposizione al virus, nelle persone ad alto rischio, cioè coloro che hanno un sistema immunitario compromesso e per i quali è necessaria una protezione supplementare al vaccino.
Nello studio internazionale di fase 3 PROVENT su circa 5200 individui, la combinazione ha mostrato una riduzione statisticamente significativa, pari all’83%, del rischio di sviluppare la malattia in forma sintomatica, con una protezione che continua per almeno sei mesi dopo una sola dose. La profilassi pre-esposizione al Covid-19 è un’arma particolarmente importante per proteggere i più vulnerabili, come le persone affette da leucemia linfatica cronica, da immunodeficienze primitive o acquisite o quelle sottoposte a trattamenti immunosoppressivi come i trapiantati. Si tratta dell’unica opzione farmacologica a base di anticorpi autorizzata per l’utilizzo in emergenza anche in Italia per la profilassi pre-esposizione al Covid-19 ed è approfondita oggi in un media tutorial virtuale.
“Un anticorpo monoclonale è un tipo di proteina progettata per riconoscere e legarsi a una struttura specifica, chiamata antigene – spiega il prof. Giovanni Di Perri, Direttore della Scuola di specializzazione in Malattie Infettive dell’Università di Torino e Responsabile della Divisione Universitaria di Malattie Infettive all’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino -. Tixagevimab e cilgavimab sono stati sviluppati per legarsi a due siti distinti sulla proteina spike di SARS-CoV-2, il virus che causa il Covid-19. La combinazione impedisce al virus di entrare nelle cellule del corpo e di causare l’infezione. Poiché i due anticorpi si attaccano a parti diverse della proteina, il loro utilizzo in combinazione può essere più efficace e i dati di fase III disponibili dimostrano inoltre una protezione a lungo termine nella popolazione ad alto rischio di contrarre il Covid anche con una sola dose. Recenti evidenze indicano che proteggere le persone vulnerabili aiuta a prevenire l’evoluzione virale, che rappresenta un fattore importante nella comparsa delle varianti”.
A seguito delle valutazioni dell’AIFA, il Ministero della Salute, lo scorso 28 gennaio, ha concesso l’autorizzazione all’uso di emergenza per la combinazione dei due anticorpi per la profilassi pre-esposizione al Covid-19 in adulti e adolescenti (di età pari o superiore a 12 anni) con compromissione immunitaria da moderata a grave dovuta a una condizione medica o a farmaci immunosoppressivi e che potrebbero non sviluppare una risposta immunitaria adeguata alla vaccinazione anti Covid-19, e per le persone per le quali l’immunizzazione non è raccomandata. I destinatari non devono essere infetti o avere avuto una recente esposizione nota con una persona con infezione da SARS-CoV-2.
“Dall’inizio della pandemia, la ricerca di AstraZeneca è in prima linea per tutelare i cittadini contro il Covid-19, a partire dal vaccino che resta la principale difesa – afferma Raffaela Fede, Direttore Medico di AstraZeneca Italia -. La combinazione di tixagevimab e cilgavimab rappresenta una protezione supplementare che si aggiunge dunque a quella dei vaccini per proteggere le persone più fragili. I due anticorpi, derivati da cellule B donate da pazienti convalescenti dopo il SARS-CoV-2, sono stati individuati dagli esperti del Vanderbilt University Medical Center negli Stati Uniti. La combinazione è stata ottimizzata utilizzando una tecnologia di AstraZeneca di estensione dell’emivita, che ne ha triplicato la durata d’azione rispetto ai monoclonali convenzionali. L’analisi dei dati a 6 mesi nello studio PROVENT ha dimostrato una riduzione del rischio relativo di contrarre una forma sintomatica di malattia dell’83% rispetto al placebo. È necessario un maggiore follow-up per stabilire la durata completa della protezione dal virus, ma potremmo stimarla anche oltre i 12 mesi dopo una singola somministrazione che consiste di due iniezioni intramuscolari, una per ciascun anticorpo, separate e consecutive, in successione immediata”.
La combinazione di anticorpi mantiene l’efficacia nel neutralizzare le varianti finora note, inclusa Omicron, secondo i dati di tre studi indipendenti condotti dal University College di Oxford (Regno Unito), dalla Washington University School of Medicine di St. Louis (USA) e dalla FDA (Food and Drug Administration). “La capacità di neutralizzazione della combinazione rientra nel range dei livelli di anticorpi neutralizzanti riscontrati in individui infettati dal Covid-19 e guariti naturalmente – sottolinea il prof. Di Perri -. I dati dei tre studi indipendenti sono concordi nel dimostrare che la combinazione di questi due anticorpi a elevata concentrazione e caratterizzati da siti di legame diversi mantiene un’attività neutralizzante contro la variante Omicron a un livello tale da continuare a fornire benefici. Quest’arma può quindi integrare il percorso vaccinale dei più fragili”.
Tixagevimab più cilgavimab è anche in sperimentazione come potenziale trattamento per i pazienti già colpiti da Covid-19. Lo studio di fase 3 TACKLE ha raggiunto l’endpoint primario dimostrando di ridurre il rischio di progressione della malattia da lieve-moderata a severa o di morte rispetto al placebo in pazienti non ospedalizzati con Covid-19 sintomatici da un periodo pari o inferiore a 7 giorni.
Il fumo ha un impatto negativo sulla risposta ai vaccini anti-Covid? In una revisione della letteratura scientifica fatta dai ricercatori del Coehar, Centro di eccellenza per la riduzione del danno da fumo dell'università di Catania, in collaborazione con le università di Pavia e Milano, emerge che i livelli di anticorpi nei fumatori risultano essere più bassi rispetto ai non fumatori e che la risposta anticorpale indotta dal vaccino tende ad esaurirsi molto più rapidamente in coloro che fumano.
Nell'analisi effettuata, dal titolo 'The effect of smoking on humoral response to Covid-19 vaccines: a systematic review of epidemiological studies', sono stati esaminati un totale di 23 articoli, con un campione di soggetti analizzati che varia da 74 a 3.475 partecipanti e con una proporzione di fumatori studiati tra il 4,2% e il 40,8%. In 17 articoli i fumatori hanno mostrato un titolo anticorpale più basso o un abbassamento più rapido delle IgG indotte rispetto ai non fumatori.
Il risultato dello studio arriva a conferma di un altro dato che era stato già diffuso lo scorso gennaio in una precedente ricerca denominata Vasco che ha dimostrato come gli anticorpi indotti dal vaccino anti Covid-19 diminuiscono più velocemente nei fumatori (https://www.coehar.it/vaccini-covid-19-il-fumo-accelera-la-caduta-degli-anticorpi/).
"Sebbene non siano ben noti i meccanismi alla base del dato anticorpale estrapolato dalla complessità della risposta immunitaria ai vaccini contro il Covid-19, questi risultati sembrano confermare l'ennesimo impatto negativo del fumo sulla salute umana e sulle alterazioni della risposta immunitaria ai vaccini, indebolendo le difese dell'organismo contro le conseguenze cliniche delle infezioni", ha spiegato Pietro Ferrara, medico epidemiologo e ricercatore dell'Università di Pavia. "L'abitudine tabagica- ha aggiunto il fondatore del Coehar, Riccardo Polosa- influenza la proliferazione dei linfociti e delle altre cellule del sistema immunitario, indicando risposte immunitarie difettose. I fumatori rispondono meno ai vaccini e sono dunque più a rischio. Individuare gli elementi che possono influenzare la loro risposta è fondamentale per valutarne efficacia e durata ed eventuali precauzioni terapeutiche. Servono più risposte ma è su questo che stiamo continuando a lavorare". Le tipologie di vaccino analizzate dallo studio sono state differenti, ma per la maggior parte, gli articoli che sono stati presi in considerazione erano focalizzati sulla risposta immunitaria al vaccino Pfizer.
I campioni di sangue per la misurazione del livello di anticorpi sono stati raccolti in diverse fasi dopo la somministrazione di una o entrambe le dosi di vaccino, da 21 giorni fino a 6 mesi dopo l'iniezione. I risultati principali sono stati due: tra i campioni di soggetti fumatori, in ben 17 studi, i risultati hanno mostrato una risposta anticorpale più bassa o un abbassamento più veloce delle immunoglobuline G, le IgG, gli anticorpi specifici prodotti in risposta al vaccino. Sebbene i risultati non permettano di capire se ad influenzare la risposta immunitaria al vaccino sia lo status di fumatori o il numero di sigarette fumate giornalmente, e sebbene le abitudini individuali e le tipologie di cellule studiate influenzino i risultati, i ricercatori hanno riscontrato un impatto negativo del fumo sul numero di anticorpi prodotti dal vaccino.
In conclusione, secondo Riccardo Polosa: "La comprovata minor efficacia dei vaccini sui fumatori riporta all'attenzione mondiale il tema della lotta al fumo di sigarette convenzionali, una pessima abitudine che mette a rischio la vita di milioni di persone. I dati dimostrano che la pandemia ha aumentato, seppur sensibilmente, il numero di fumatori in tutto il mondo. Occorre una risposta immediata sia in campo scientifico, sia in ambito politico perché è solo garantendo facile accesso a percorsi di cessazione che comprendano anche l'utilizzo di strumenti a rischio ridotto per chi non riesce a smettere da solo, che possiamo davvero aiutare i fumatori a smettere".
Pensioni, registrato anche l'effetto della pandemia e delle morti da Covid sugli assegni. Al 1 gennaio 2021 risultavano infatti in pagamento presso l’Inps 423.009 prestazioni previdenziali con durata quarantennale, erogate cioè a persone andate in pensione nel lontano 1980 o ancora prima; l’anno precedente erano 502.327.
Il decremento è del 16%, pari a 79.318 prestazioni eliminate, molte delle quali a causa del nuovo coronavirus, i cui esiti si sono manifestati più severamente nei confronti degli over 65. Lo sottolinea il Nono Rapporto sul Bilancio del sistema previdenziale italiano di Itinerari Previdenziali.
Come evidenzia il Rapporto, il 96,3% dell’eccesso di mortalità registrato nel 2020 ha riguardato persone con età uguale o superiore a 65 anni, per la quasi totalità pensionate e che percepivano in media circa 1,17 pensioni Ivs (invalidità, vecchiaia, superstite -non disponibili i dati sulle prestazioni assistenziali eliminate).
Considerando per compensazione l’erogazione delle nuove reversibilità, la pubblicazione quantifica dunque in 1,11 miliardi di euro il risparmio, tristemente prodotto nel 2020 da Sars-CoV-2 a favore delle casse Inps, e in circa 11,9 miliardi la minor spesa nel decennio (2020-2029).
UIL: "RISPARMI INGENTI SU ANZIANI, ORA ESTENDERE 14ESIMA"
"Il drammatico impatto del Coronavirus sulla mortalità degli anziani ha prodotto un risparmio rilevantissimo per le casse dell’Inps. Secondo i dati di Itinerari previdenziali sono circa 1,11 miliardi nel 2020 e 11,9 miliardi di euro nel decennio. Un risparmio significativo che non viene evidenziato tanto quanto solitamente si fa sul versante dei costi". Così Domenico Proietti, segretario confederale Uil e Carmelo Barbagallo, segretario generale dei pensionati della confederazione, commentano i risultati del Rapporto di Itinerari previdenziali.
"Questo dato rende più che mai realizzabile quello che la Uil e la Uilp propongono da tempo in merito alla necessità di adeguare le pensioni in essere sia recuperando il montante perso in tanti anni di blocco delle rivalutazioni sia con un potenziamento ed estensione della quattordicesima mensilità per le pensioni fino a 1.500 euro", proseguono sollecitando un'azione urgente e immediata " per dare un concreto supporto a milioni di cittadini che sono stati un pilastro per le famiglie italiane in questi anni di crisi".
?
Future Health Pharma GmbH ha presentato a Swissmedic la domanda di omologazione per il vaccino candidato Nuvaxovid* di Novavax. Si tratta del primo vaccino basato sulle proteine per cui viene richiesta un’omologazione in Svizzera.
Novavax, in quanto fabbricante del vaccino, non ha una filiale in Svizzera e pertanto non dispone di un’autorizzazione d’esercizio. L’azienda farmaceutica ha quindi deciso di far pervenire la domanda di omologazione a Swissmedic tramite Future Health. Dopo che il preparato sarà stato omologato, questa azienda comparirà come titolare dell’omologazione.
Future Health ha inoltrato la domanda di omologazione del vaccino tramite l’Agenzia europea per i medicinali (EMA). La domanda è stata presentata nell’ambito della procedura ai sensi dell’art. 13 della legge sugli agenti terapeutici. Questo consente a Swissmedic di tenere conto della valutazione dell’EMA.
La documentazione presentata deve essere identica a quella dell’autorità di riferimento che ha approvato l’omologazione del medicamento. Inoltre, devono essere inoltrati i rapporti d’esame dell’autorità di riferimento. Tenere conto dei risultati delle procedure di omologazione estere deve contribuire a mettere a disposizione dei pazienti svizzeri i medicamenti già omologati all’estero il più rapidamente possibile.
Nuvaxovid* è un vaccino, che contiene la proteina spike del coronavirus. Il corpo riconosce che si tratta di una sostanza estranea. Di conseguenza, il sistema immunitario produce anticorpi ed è meglio preparato a combattere una eventuale infezione. Il vaccino può essere conservato fino a sei mesi in frigoriferi convenzionali, il che è particolarmente vantaggioso dal punto di vista logistico.
Finora Swissmedic ha omologato i vaccini di Pfizer/BioNTech (Comirnaty*), Moderna (Spikevax*) e Johnson & Johnson (COVID-19 Vaccine Janssen*) in Svizzera.
"Il Green pass sta esaurendo il suo scopo principale: spingere i dubbiosi a vaccinarsi, soprattutto gli over 50. E c'è riuscito. Ma prolungarlo con l'idea che possa spingere anche altre fasce d'età la vedo dura.
Inoltre, se si vuole dare un segno di ritorno alla normalità e se abbiamo scelto la strada delle riduzione graduale delle misure, ad esempio lo stop alle mascherine all'aperto, sinceramente mantenere l'obbligo del Green pass oltre il 31 marzo, quando dovrebbe scadere lo stato di emergenza, mi pare davvero anacronistico". Lo afferma all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit), commentando quando affermato da Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute, che in un'intervista ha suggerito di non togliere l'obbligo del certificato verde per tutto il 2022.
Alla domanda se dal punto di vista sanitario potrebbe essere rischioso togliere l'obbligo, Andreoni chiarisce che "dal punto vista scientifico hanno più valenza misure come mascherina e distanziamento. Se quindi abbiamo deciso di allentare su quel fronte, non vedo il senso di mantenere il Green pass per tutto il 2022".
"Il green pass ha esaurito il suo compito di strumento per far vaccinare gli italiani. Mantenerlo oltre il 31 marzo non porterà a far immunizzare di più di quanto fatto fino ad oggi, c'è infatti uno zoccolo duro che non si convince. Rimane uno strumento politico e se il Governo riterrà opportuno estenderlo oltre il 31 marzo sarà solo una decisione politica e non sanitaria. Non di dica il contrario. Andare oltre il 31 marzo è mostrare i muscoli per un gioco che non vale la candela". Così all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'Policlinico San Martino di Genova.
"Dovrebbe essere ragionevole pensare che se le cose vanno come stanno andando, da marzo si può alleggerire il green pass e mantenerlo solo per alcune situazioni, penso per far visita ai propri cari nelle Rsa - prosegue Bassetti - Se poi il prossimo autunno il green pass dovesse servire di nuovo si può riattivarlo, visto che ognuno ha il suo. Ma dire che per ogni cosa ci vuole il green pass non va bene".
Un pool di specialisti per aiutare i pazienti che hanno problemi nella fase successiva al coronavirus, il cosidetto Long Covid, e allo stesso tempo di studiarne le caratteristiche "per capire i bisogni nel futuro anche di altri pazienti che stanno vivendo la realtà della malattia".
All'ospedale Maggiore di Bologna nasce un ambulatorio dedicato per chi è guarito dalla forma più grave del virus, a partire dai pazienti ricoverati una settimana o più nel reparto di terapia intensiva. Dopo la guarigione clinica infatti, alcuni pazienti soffrono di effetti a lungo termine e talvolta gli stessi medici ammettono di "non conoscere" il modo esatto di affrontarlo. È il cosiddetto Long Covid dunque l'oggetto di studio di questo progetto sperimentale, nato da un'idea degli stessi medici dei reparti intensivi, ma partito proprio "dalle richieste dei cittadini, che soffrono di disturbi a lungo terminederivanti da questa grave patologia, di carattere respiratorio, fisiatrico-riabilitativo e anche psicologico". Da qui quindi l'idea di "provare a inventarci un ambulatorio che potesse dare una risposta unica a queste persone, evitando loro di dover organizzare il giro tra più specialisti- sintetizza Lorenzo Giuntoli, anestesista rianimatore del reparto di Terapia intensiva e nelle aree critiche del Maggiore- quindi di provare a costruire un percorso governato e coordinato da quest'ambulatorio che potesse dare ai pazienti le risposte di salute che cercano".
L'attività dell'ambulatorio è iniziata ad agosto e ad oggi ha coinvolto "all'incirca 300 pazienti" tutti curati nel bacino dell'Ausl di Bologna, e per il momento "stiamo cominciando a vederne alcune decine". L'età media varia da 60 a 70 anni "ma ci sono anche più giovani, sui 40 anni". Il tutto comincia con una visita congiunta con quattro specialisti: fisiatra, pneumologo, psicologo e anestesista rianimatore. In questa fase iniziale ancora sperimentale "cerchiamo noi i pazienti e chiediamo la disponibilità di entrare in questo percorso- prosegue Giuntoli- se accettano, e la maggior parte lo ha fatto di buon grado, fissiamo un appuntamento e li vediamo in maniera congiunta". In questa prima visita "si fa il punto sulla qualità della vita percepita dal paziente. Tutto parte da un questionario, da lì si individuano le necessità, poi il paziente viene 'agganciato' dai servizi dell'Ausl, a seconda delle necessità". Quindi si organizza "un percorso fisiatrico-fisioterapico o un percorso di day hospital pneumologico, o quant'altro fosse necessario".
Ma quali sono nello specifico i disturbi a lungo termine? Si va dalle "difficoltà a camminare, alla fragilità nelle attività della vita quotidiana. Alzarsi o vestirsi diventano problemi, e anche fatica, stanchezza, difficoltà di concentrazione sono elementi comuni", spiega Laura Simoncini, direttrice di Medicina riabilitativa e neuroriabilitazione dell'ospedale. In questo modo "riscontriamo i dati della letteratura, quindi delle pubblicazioni che sono già state analizzate: circa il 40% dei pazienti a distanza di mesi presentano esiti neurologici che vanno dal lieve al molto disabilitante, come l'impossibilità a camminare o ad essere autonomi nella vita quotidiana". Ma c'è anche l'aspetto psicologico che viene considerato tra gli strascichi più impattanti nel dopo malattia.
"Disturbi d'ansia, disturbi depressivi e sintomatologia post traumatica da stress. Dai racconti che arrivano dai pazienti sono legati a sogni vissuti all'interno della terapia intensiva", aggiunge Elisa Righini, psicoterapeuta del dipartimento Emergenza e urgenza interaziendale. I pazienti parlano di"esperienze, vissute quasi come una lucida realtà, e che durante il ricovero hanno fatto fatica a dissociare dalla vera esperienza reale. C'è chi sogna battaglie, chi rituali satanici, chi terrorismo... la coscienza molto spesso ha creato 'mostri' importanti da dover combattere", elenca Righini. Secondo gli esperti, la causa di queste sensazioni potrebbe essere causata dalla condizione di isolamento "non solo dalle famiglie ma anche di mancanza di esperienza relazionale con gli operatori, tra distanze e vestizioni". Non a caso, "tra le esperienze più positive che i pazienti raccontano ci sono quel po' di relazioni che sono riusciti ad agganciare con gli operatori, quando sono riusciti a entrare in contatto con le famiglie, con le videochiamate, ma anche con le visite, che abbiamo cercato di mantenere più possibile. Riuscire a entrare in contatto, anche per un attimo, ha dato loro una motivazione maggiore nel cercare di farcela. Questo ci sta ancora di più incoraggiando a valorizzare questi aspetti", conclude Righini.