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Le persone vaccinate, che sono state infettate dalle prime sottovarianti di Omicron, hanno una protezione quattro volte maggiore rispetto alle persone vaccinate che non sono state infettate. Questi risultati fanno parte di uno studio che sarà pubblicato oggi sulla prestigiosa rivista scientifica New England Journal of Medicine.
Lo studio pubblicato ora è stato condotto da Luís Graça, capogruppo presso l'Instituto de Medicina Molecular João Lobo Antunes (iMM) e Professore Ordinario presso la Facoltà di Medicina dell'Università di Lisbona, e da Manuel Carmo Gomes , Professore Associato di Aggregazione presso il Facoltà di Scienze dell'Università di Lisbona (Ciências ULisboa). Entrambi i ricercatori sono membri della Commissione tecnica sulla vaccinazione contro COVID-19 (CTVC) del Direção Geral de Saúde (DGS).
Si tratta di uno dei primi studi al mondo ad analizzare la probabilità di infezione con la sottovariante attualmente in circolazione nelle persone vaccinate, stimando il grado di protezione conferito dalle infezioni con varianti precedenti e utilizzando dati del mondo reale.
“Le persone vaccinate, che sono state infettate dalle sottovarianti di Omicron BA.1 e BA.2, hanno una protezione contro l'infezione dalla sottovariante BA.5, in circolazione da giugno, circa quattro volte maggiore rispetto alle persone vaccinate, che non sono state infettate in nessun momento”, esordisce Luís Graça, co-leader dello studio. “Le infezioni nel 2020 e nel 2021, che si sono verificate attraverso l'infezione con varianti precedenti del virus SARS-CoV-2 (lignaggio ancestrale, varianti alfa e delta) conferiscono anche protezione contro l'infezione per la variante più recente di Omicron, sebbene questa protezione non sia così elevata come quella degli individui infettati dalle varianti BA.1 e BA.2, all'inizio del 2022”, ribadisce Luís Graça.
“Questi risultati sono molto importanti perché i vaccini adattati in fase di sviluppo e valutazione clinica si basano sulla sottovariante BA.1 del virus, che era una variante dominante nelle infezioni a gennaio e febbraio 2022. Finora non si sapeva quale fosse il grado di protezione di questa sottovariante rispetto alla 5 in circolazione. Questi risultati mostrano che questa protezione è molto significativa e ci consente di anticipare il beneficio del vaccino adattato”, aggiunge Luís Graça sulla pertinenza dello studio.
Per svolgere questo studio, i ricercatori hanno avuto accesso al registro dei casi di COVID-19 a livello nazionale portoghese. “Abbiamo utilizzato il registro nazionale portoghese dei casi di COVID-19 per ottenere informazioni su tutti i casi di infezioni da SARS-CoV-2 nella popolazione di età superiore ai 12 anni residente in Portogallo. La variante virale di ciascuna infezione è stata determinata considerando la data di infezione e la variante dominante in quel momento. Abbiamo considerato insieme le infezioni causate dalle prime varianti di Omicron BA.1 e BA.2”, spiega Manuel Carmo Gomes. “Con questi dati abbiamo analizzato la probabilità che una persona, che era stata precedentemente infettata, fosse reinfettata con l'attuale variante, il che ci ha permesso di calcolare la percentuale di protezione fornita da precedenti infezioni”, spiega João Malato, dottorando nel gruppo di Luís Graça e primo autore dello studio.
“Questo studio dimostra, nel periodo di tempo analizzato, che l'infezione pregressa nelle persone vaccinate (la cosiddetta immunità ibrida) continua a proteggere dalle varianti note per la loro capacità di eludere la risposta immunitaria, come quella attualmente dominante ”, sottolinea Válter Fonseca, coautore di questo studio. e coordinatore del CTVC del DGS.
Questo lavoro è stato svolto presso l'iMM e il Centro de Estatística e Aplicações da Universidade de Lisboa della Facoltà di Scienze dell'Università di Lisbona, in collaborazione con il DGS. E' stato finanziato dal programma di ricerca e innovazione Orizzonte 2020 dell'Unione europea, dalla Fundação para a Ciência ea Tecnologia (FCT, Portogallo) e dal National Institute of Health.
New England Journal of Medicine: "Risk of BA.5 infection in individuals exposed to prior SARS-CoV-2 variants". DOI: 10.1101/2022.07.27.22277602
Antonio Caperna
Nella strategia anti-Covid per l'autunno e l'inverno in arrivo, "è prioritario il secondo booster di vaccino ai più vulnerabili, compresi gli anziani, gli immunocompromessi e le persone con patologie pregresse. Stiamo anche esortando i paesi a somministrare il vaccino antinfluenzale insieme al vaccino Covid-19, quando possibile".
Lo ha sottolineato il direttore dell'Organizzazione mondiale della sanità OMS per l'Europa, Hans Kluge, facendo il punto sulle emergenze di salute pubblica nella regione europea e sugli interventi da mettere in campo nei prossimi mesi.
"Nel giro di poche settimane - avverte Kluge - si prevede che la regione europea raggiungerà i 250 milioni di casi confermati di Covid-19 dall'inizio della pandemia due anni e mezzo fa. Abbiamo fatto grandi passi avanti nell'affrontare la pandemia. Ma il virus sta ancora circolando ampiamente, continua a mandare le persone in ospedale e a causare troppe morti prevenibili: circa 3.000 solo nell'ultima settimana, un terzo del totale registrato a livello mondiale. Il virus si sta ancora evolvendo - chiosa - per eludere le nostre contromisure. Con l'avvicinarsi dell'autunno e dell'inverno, prevediamo un aumento dei casi, con o senza una recrudescenza dell'influenza stagionale in Europa". Da qui l'appello per la quarta dose ai fragili e per la vaccinazione contestuale contro le due malattie infettive.
Intanto l'Agenzia europea del farmaco Ema ha iniziato a valutare la richiesta di autorizzazione per una versione bivalente del vaccino anti-Covid Comirnaty* di Pfizer-BioNTech, adattata per coprire il ceppo originario di Sars-CoV-2 e le sottovarianti Omicron 4 e 5 (BA.4/5). Lo annuncia l'ente regolatorio Ue via Twitter.
Resta ancora aperta la partita per i rimborsi delle spese Covid alle Regioni. Perché il miliardo stanziato nell'ultimo decreto Aiuti "non basta" e perché è ancora tutto da definire il riparto delle risorse.
Un ragionamento che "dovremo fare col nuovo Governo". A spiegarlo è Raffaele Donini, assessore alla Sanità dell'Emilia-Romagna e coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle Regioni. "Il decreto Aiuti ha stanziato un miliardo per il Fondo sanitario nazionale- ricorda Donini, questa mattina a Bologna a margine di una conferenza stampa nella sede dell'Ausl- e la possibilità di computare a bilancio anche il payback dei dispositivi medici, che però è ancora da conquistare". Quindi "siamo ancora lontani dalla meta- rimarca l'assessore- soprattutto le Regioni che hanno speso tanto per il Covid, che non ha colpito tutti allo stesso modo".
Ad oggi, quindi, le Regioni hanno "ancora la necessità di rimborsi per le spese Covid- ribadisce Donini- il decreto Aiuti ha mosso i primi passi, ma non ha completato l'azione di rimborso". Ora però "dovremo capire come questo miliardo in più per il Fondo sanitario nazionale verrà suddiviso- avverte l'assessore- dal riparto deciso all'unanimità dalle Regioni, è probabile che si torni a proporre una suddivisione delle risorse per popolazione. Ma se l'Emilia-Romagna ha il 7,5% della popolazione italiana, di spese Covid abbiamo avuto ben di più.
Quindi è un ragionamento che dovremo fare col nuovo Governo appena si insedierà". E aggiunge: "Aspettiamo coloro che avranno la responsabilità di governare questo Paese affinché pongano in maniera netta la sanità al centro delle politiche nazionali".
Con «Spikevax Bivalent Original/Omicron (mRNA-1273.214)» Swissmedic concede l’omologazione temporanea al primo vaccino anti-COVID-19 contenente acido ribonucleico messaggero (mRNA) contro due varianti del coronavirus.
Gli studi hanno dimostrato che la vaccinazione di richiamo con questo vaccino bivalente produce concentrazioni di anticorpi contro le varianti Omicron più elevate rispetto alla vaccinazione di richiamo con Spikevax®, il vaccino anti-COVID-19 originale di Moderna, con effetti collaterali comparabili. Il vaccino booster viene utilizzato secondo le raccomandazioni di vaccinazione ufficiali elaborate dalla Commissione federale per le vaccinazioni (CFV) e dall’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).
Dall’accurato esame dei documenti della domanda, presentati su base continua, è risultato che il vaccino soddisfa i requisiti di sicurezza, efficacia e qualità. Il comitato scientifico di esperti esterno HMEC (Human Medicines Expert Committee) condivide questa valutazione degli esperti di Swissmedic. Il vaccino recentemente omologato viene somministrato alla dose di 0,5 ml (50 microgrammi). Contiene 25 microgrammi di mRNA-1273 (Spikevax originale) e 25 microgrammi di mRNA mirato alla variante Omicron (BA.1). Gli studi hanno evidenziato che, rispetto al vaccino originale, fornisce una risposta immunitaria più forte contro le varianti Omicron BA.1 e BA.4/5. L’effetto protettivo del vaccino bivalente contro il virus SARS-CoV-2 originale (tipo di Wuhan), misurato in termini di concentrazione di anticorpi, è equivalente all’effetto del vaccino originale (Spikevax®).
Il profilo di effetti collaterali di Spikevax Bivalent Original/Omicron era simile a quello osservato dopo la somministrazione della seconda dose (100 microgrammi) o della vaccinazione di richiamo (50 microgrammi) del vaccino originale. Non sono stati rilevati nuovi segnali di sicurezza. Come per tutti i medicamenti di nuova immissione sul mercato, i titolari delle omologazioni devono continuare a fornire costantemente a Swissmedic informazioni sulla sicurezza, l’efficacia e la qualità dei propri vaccini anti-COVID-19 omologati. Swissmedic continua a monitorare attentamente i benefici e i rischi di tutti i vaccini per la prevenzione della malattia COVID-19 in Svizzera e a livello internazionale.
A pochi giorni dal rientro a scuola, arrivano le nuove regole anti-covid su mascherine, tamponi e Dad per l'anno 2022-2023.
"Alla riapertura delle scuole a settembre non sarà previsto l'obbligo di mascherine. Successivamente vedremo in base all'evoluzione della situazione epidemiologica", ha affermato il ministro della Salute Roberto Speranza,aggiungendo: "Questo non vuol dire che non possa essere usata, il mancato obbligo non comporta che passi il messaggio che la mascherina sia inutile".
"La mascherina si utilizza quando necessario. Se mi trovo in un posto senza areazione e al chiuso, anche se non c'è l'obbligo la uso. Non è vietato usarla, è uno strumento utile, uno scudo per evitare di prendere il Covid", ha sottolineato. "Autunno e inverno sono notoriamente i mesi più difficili sul fronte della pandemia - ha affermato ancora il ministro - Ma ribadisco che i vaccini che la scienza ci ha dato sono assolutamente efficaci".
Scuola e covid, cosa cambia
"Il personale a rischio di sviluppare forme severe di Covid-19 utilizza i dispositivi di protezione respiratoria del tipo Ffp2 e i dispositivi per la protezione degli occhi forniti dalla scuola in base alle indicazioni del medico competente", prevede il vademecum inviato alle scuole dal ministero dell'Istruzione. "Anche il personale che ha la volontà di proteggersi con un Dpi può usare un dispositivo di protezione respiratoria del tipo Ffp2 e dispositivi per la protezione degli occhi", si aggiunge.
"Al momento le persone risultate positive al test diagnostico per SARS-CoV-2 sono sottoposte alla misura dell’isolamento. Per il rientro a scuola è necessario l’esito negativo del test (molecolare o antigenico) al termine dell’isolamento", si legge ancora.
È consentita la permanenza a scuola a bambini e studenti con sintomi respiratori di lieve entità ed in buone condizioni generali, che non presentano febbre. Come si legge sul sito del ministero dell'istruzione "nei bambini la sola rinorrea (raffreddore) è condizione frequente e non può essere sempre motivo di non frequenza o allontanamento dalla scuola in assenza di febbre". Quindi "gli studenti possono frequentare in presenza, indossando mascherine chirurgiche/FFP2 fino a risoluzione dei sintomi ed avendo cura dell’igiene delle mani e dell’osservanza dell’etichetta respiratoria".
Per accedere ai locali scolastici non sono previsti controlli sullo stato di salute, ad es. misurazione della temperatura corporea. "Ma, se durante la permanenza a scuola, il personale scolastico o il bambino/alunno presenti sintomi indicativi di infezione da SARS-CoV-2 viene ospitato nella stanza dedicata o area di isolamento, appositamente predisposta e, nel caso dei minori, devono essere avvisati i genitori", si legge ancora tra le Faq. "A titolo esemplificativo, rientrano tra la sintomatologia compatibile con COVID-19: sintomi respiratori acuti come tosse e raffreddore con difficoltà respiratoria, vomito (episodi ripetuti accompagnati da malessere), diarrea, perdita del gusto, perdita dell’olfatto, cefalea intensa", viene ricordato.
Gli alunni positivi non potranno però utilizzare la Dad: "La normativa speciale per il contesto scolastico legata al virus SARS-CoV-2, che consentiva tale modalità, cessa i propri effetti con la conclusione dell’anno scolastico 2021/2022", si legge nelle faq del documento.
"Alla riapertura delle scuole a settembre non sarà previsto l'obbligo di mascherine. Successivamente vedremo in base all'evoluzione della situazione epidemiologica".
Per gli alunni fragili sono previste misure di tutela particolari? "I genitori degli alunni/bambini, che a causa del virus SARS-CoV-2 sono più esposti al rischio di sviluppare sintomatologie avverse, comunicano all’Istituzione scolastica tale condizione in forma scritta e documentata, precisando anche le eventuali misure di protezione da attivare durante la presenza a scuola. A seguito della segnalazione ricevuta, l’Istituzione scolastica valuta la specifica situazione in raccordo con il Dipartimento di prevenzione territoriale ed il pediatra/medico di famiglia per individuare le opportune misure precauzionali da applicare per garantire la frequenza dell’alunno in presenza ed in condizioni di sicurezza".
Moderna ha presentato oggi una causa per violazione di brevetto contro Pfizer e BioNTech presso il tribunale distrettuale degli Stati Uniti per il Distretto del Massachusetts e il Tribunale regionale di Düsseldorf in Germania.
"Moderna- si legge in una nota- ritiene infatti che Comirnaty*, il vaccino anti Covid-19 di Pfizer e BioNTech, violi i suoi brevetti sulla tecnologia mRNA, depositati tra il 2010 e il 2016". "Stiamo intentando queste cause- ha affermato l'amministratore delegato di Moderna, Stéphane Bancel- per proteggere l'innovativa piattaforma tecnologica mRNA che abbiamo sperimentato e brevettato durante il decennio precedente la pandemia di Covid-19, investendo miliardi di dollari nella sua creazione". "Questa piattaforma fondamentale, che abbiamo iniziato a costruire nel 2010, insieme al nostro lavoro brevettato sui coronavirus nel 2015 e nel 2016- ha aggiunto- ci ha permesso di produrre un vaccino Covid-19 sicuro e altamente efficace in tempi record dopo lo scoppio della pandemia. Mentre lavoriamo per combattere le sfide sanitarie che vanno avanti, Moderna sta utilizzando la nostra piattaforma tecnologica mRNA per sviluppare medicinali in grado di curare e prevenire malattie infettive come l'influenza e l'Hiv, nonché malattie autoimmuni e cardiovascolari e forme rare di cancro".
Molto dure anche le parole di Shannon Thyme Klinger, Chief Legal Officer di Moderna. "Riteniamo che Pfizer e BioNTech abbiano copiato illegalmente le invenzioni di Moderna- ha detto- e abbiano continuato a utilizzarle senza autorizzazione". "Moderna- è inoltre riportato nella nota- ritiene che Pfizer e BioNTech abbiano copiato due caratteristiche chiave delle tecnologie brevettate di Moderna che sono fondamentali per il successo dei vaccini mRNA".
"Quando è emerso il Covid-19- tiene a informare il testo- né Pfizer né BioNTech avevano il livello di esperienza di Moderna nello sviluppo di vaccini mRNA per malattie infettive e hanno seguito consapevolmente l'esempio di Moderna nello sviluppo del proprio vaccino".
"Riconoscendo la necessità di garantire un accesso continuo a questi vaccini salvavita, Moderna non sta cercando di rimuovere Comirnaty* dal mercato e non chiede un'ingiunzione per impedirne la futura vendita. Inoltre, Moderna non chiede danni relativi alle vendite di Pfizer nei paesi AMC 92 e non chiede danni per le vendite di Pfizer in cui il governo degli Stati Uniti sarebbe responsabile per eventuali danni. Coerentemente con la promessa di brevetto di Moderna, la Società non chiede nemmeno il risarcimento per attività avvenute prima dell'8 marzo 2022", si legge nella nota dell'azienda.
"Moderna ritiene che Pfizer e BioNTech abbiano copiato due caratteristiche chiave delle tecnologie brevettate di Moderna che sono fondamentali per il successo dei vaccini mRNA. Quando è emerso il COVID-19, né Pfizer né BioNTech avevano il livello di esperienza di Moderna nello sviluppo di vaccini mRNA per malattie infettive e hanno seguito consapevolmente l'esempio di Moderna nello sviluppo del proprio vaccino.
Innanzitutto, Pfizer e BioNTech hanno condotto quattro diversi vaccini candidati nei test clinici, che includevano opzioni, che avrebbero evitato il percorso innovativo di Moderna. Pfizer e BioNTech, tuttavia, alla fine hanno deciso di procedere con un vaccino che ha la stessa identica modifica chimica dell'mRNA al suo vaccino di Spikevax*. Gli scienziati di Moderna hanno iniziato a sviluppare questa modifica chimica che evita di provocare una risposta immunitaria indesiderabile quando l'mRNA è stato introdotto nel corpo nel 2010 e sono stati i primi a convalidarlo negli studi sull'uomo nel 2015.
In secondo luogo, e ancora, nonostante abbiano molte opzioni diverse, Pfizer e BioNTech hanno copiato l'approccio di Moderna, per codificare la proteina spike a lunghezza intera in una formulazione di nanoparticelle lipidiche per un coronavirus. Gli scienziati di Moderna hanno sviluppato questo approccio quando hanno creato un vaccino per il coronavirus che causa la sindrome respiratoria mediorientale (MERS) anni prima della comparsa del COVID-19.
Nessuno dei diritti di brevetto che Moderna sta cercando di far valere riguarda la proprietà intellettuale generata durante la collaborazione di Moderna con il National Institutes of Health per combattere il COVID-19. Quella collaborazione è iniziata solo dopo che le tecnologie brevettate in questione qui hanno avuto successo negli studi clinici nel 2015 e nel 2016."
C'è attesa in Ue per l'approvazione dei primi vaccini anti-Covid aggiornati a Omicron che dovrebbe arrivare l'1 settembre, data in cui l'agenzia europea del farmaco Ema ha annunciato che si terrà la riunione straordinaria del Comitato per i medicinali a uso umano Chmp, per valutare le domande di Pfizer e Moderna.
I vaccini che potranno essere autorizzati in quella data sono vaccini bivalenti che includono il ceppo originario del virus, quello di Wuhan, e Omicron 1, la prima versione (oggi soppiantata) della variante di Sars-CoV-2 dominante. La stessa tipologia è già stata approvata in Uk, primo Paese al mondo a dare l'ok a uno dei nuovi booster, quello di Moderna. E c'è dibattito sulle scelte che dovrebbero fare gli enti regolatori in questo contesto: puntare sui vaccini con Omicron 1, che sono più avanti nel percorso regolatorio, oppure sui vaccini adattati a Omicron BA.4-5, quindi mirati alla versione di Sars-CoV-2 attualmente più diffusa, anch'essi in corsa?
L'Ema approverà intanto i booster con Omicron 1 ma, a quanto apprende l'Adnkronos Salute, anche in Ue si dovrebbe passare subito dopo a valutare anche il vaccino Pfizer che include Omicron 5. Anche questo è un bivalente, che mantiene quindi nella composizione il ceppo di Wuhan. E sembra che l'obiettivo a cui si aspira sia riuscire ad avere il via libera anche per questi booster durante il mese di settembre, in modo da essere nei tempi per le campagne vaccinali d'autunno-inverno. Va capita, però, la fattibilità di questa deadline.
In ogni caso, come emerso da un'analisi esplorativa citata dall'ente regolatorio britannico (Mhra), i vaccini bivalenti contenenti Omicron 1 sembrerebbero generare una buona risposta immunitaria contro tutte le sottovarianti Omicron, inclusa Omicron 5, e coprirebbero dunque meglio dei prodotti attualmente disponibili in termini di risposta anticorpale.
Se questo è l'orientamento europeo, come si stanno muovendo invece gli Usa? Anche Oltreoceano le richieste di autorizzazione ai booster aggiornati sono arrivate sul tavolo dell'ente regolatorio Fda. A presentarle nei giorni scorsi sia Pfizer che Moderna, ma per vaccini bivalenti mirati a Omicron BA.4-5. L'intenzione della Fda è quella di approvarli quanto prima, senza aspettare dati clinici specifici. Un'opzione che "potrebbe essere presa in considerazione anche in Ue", spiegano fonti, "ma solo dopo attenta analisi di tutti i dati clinici generati con diversi vaccini che includono diverse varianti come Beta e Delta".
Anche negli Usa sul tema c'è confronto fra gli esperti. Le aziende hanno presentato dati preclinici, e alcuni hanno obiettato che i dati sugli animali sono troppo preliminari e che le autorità regolatorie dovrebbero attendere i risultati degli studi clinici sull'uomo. Ma lo stesso immunologo Anthony Fauci, il super esperto che ha ispirato la risposta Usa alla pandemia, ha affermato che l'utilizzo dei dati sugli animali "non è niente di diverso da come facciamo sempre" per l'aggiornamento del vaccino antinfluenzale ogni anno, come riporta online il 'New York Times'. Anche Peter Marks, direttore del Center for biologics evaluation and research della Fda, ha evidenziato che fra le prove che si prenderanno in considerazione c'è pure l'ampia mole di dati sui vaccini esistenti e una serie di precedenti studi sull'uomo con formulazioni specifiche di vaccini per varianti.
Sia Moderna che Pfizer hanno al momento presentato dati clinici da studi sull'uomo sui vaccini adattati a Omicron 1. E Moderna ha spiegato di aver iniziato la sperimentazione umana sul nuovo vaccino Omicron 4-5 questo mese, mentre Pfizer ha annunciato che uno studio clinico, che esaminerà la sicurezza, la tollerabilità e l'immunogenicità del vaccino bivalente Omicron BA.4/BA.5 negli over 12, dovrebbe partire sempre questo mese. Secondo i media Usa, i dati iniziali di tali studi sono attesi entro la fine dell'anno.
La Fda, segnala ancora il 'New York Times', deciderà se autorizzare le dosi aggiornate senza chiedere una raccomandazione al suo gruppo consultivo esterno di esperti, passo che di solito compie prima di rendere disponibili nuovi vaccini. Marks ha argomentato la decisione affermando che una riunione di fine giugno del comitato in questione sulla necessità di rivedere i vaccini aveva fornito alle autorità regolatorie "tutto ciò di cui avevamo bisogno", votando a favore di un aggiornamento dei vaccini finalizzato a farli agire meglio contro Omicron, ma senza prendere in considerazione formulazioni specifiche.
L’utilizzo delle mascherine nella pratica sportiva è inutile. A dirlo è lo studio “Covid-19 e Attività Sportiva in Età Giovanile”, proposto dallo IEO - Istituto Europeo di Oncologia di Milano in collaborazione con UISP – Unione Italiana Sport Per tutti Lombardia e recentemente pubblicato sulla rivista Int J Environ Res Public Health.
Lo studio ha dimostrato come le mascherine utilizzate durante l’attività sportiva non hanno alcun impatto sulla diffusione del SARS-CoV-2. Questi risultati possono essere spiegati con il fatto che la mascherina utilizzata può bagnarsi o sporcarsi, aumentando forse la proliferazione di colonie fungine e batteriche, come osservato anche in un recente studio, pubblicato su Scientific Report, rivista del gruppo Nature. Per questo L'American Academy of Pediatrics ha sconsigliato l'uso delle mascherine durante l'attività sportiva.
Lo studio ha inoltre dimostrato che, tra le misure preventive utilizzate nei Centri Sportivi, il triage e il divieto di utilizzare spogliatoi e docce sono stati i più efficaci. Precedenti studi hanno dimostrato che il periodo sintomatico è quello con la più alta probabilità di infezione, suggerendo così di evitare di praticare sport con febbre o altri sintomi importanti per prevenire efficacemente la diffusione di SARS-CoV-2.
E’ stata inoltre esclusa l’ipotesi che il Covid-19 potesse essere diffuso dai giovani atleti (solitamente a basso rischio di malattia grave) ai familiari conviventi più fragili. I risultati suggeriscono che nessun aumento del rischio di infezione da SARS-CoV-2 in famiglia potrebbe essere attribuito alla partecipazione di giovani atleti alle attività sportive. La paura
che i giovani atleti potessero essere veicolo di infezione con i famigliari è stato uno dei motivi principali della chiusura delle attività sportive negli scorsi anni. E’ stata invece osservata una probabilità significativamente più bassa di essere positivi al SARS-CoV-2 per i soggetti che avevano praticato sport in Centri/Società Sportive organizzati rispetto a quelli che non avevano praticano sport. Questo risultato può essere parzialmente spiegato da un miglioramento del sistema immunitario in seguito all'attività sportiva che ha protetto gli atleti sani dall’ infezione grave da Covid-19 e ad un maggior controllo e monitoraggio degli allenamenti all’interno di queste realtà rispetto ad altri contesti di attività sociali.
La ricerca ha indagato sia i rischi connessi ai contagi da SARS-CoV-2, sia i cambiamenti legati alle misure di contenimento, in particolare la chiusura delle attività sportive, per capire che impatto abbiano avuto sulla vita quotidiana e il benessere psicofisico di bambini e giovani dai 6 ai 25 anni. Lo studio, anche grazie alla partnership con società sportive e associazioni sportive quali UISP Lombardia, CSI, FIN Veneto e FIGC, ha avuto oltre 2000 adesioni da tutta Italia. Se da un lato la chiusura delle attività sportive non è apparsa utile per limitare il diffondersi dei contagi, dall’altro queste chiusure, unite alla pandemia in atto, hanno modificato radicalmente lo stile di vita della popolazione, in particolare dei giovani e delle persone più fragili. Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ritengono particolarmente importante lo svolgimento di attività fisica per un corretto sviluppo e una migliore salute generale, in particolare nei bambini e ragazzi.
“I dati forniti dallo studio IEO ci aiutano a capire come gestire il mondo dello sport durante le prossime ondate di Covid-19 e anche nell’eventualità di future nuove pandemie – spiega Geraldina Contristano, presidente di UISP Lombardia – Grazie a questo studio sappiamo quali sono i protocolli di prevenzione efficaci e quali invece risultino invece non funzionali. Tra questi ultimi sappiamo esserci il lockdown dello sport.”
“Le evidenze scientifiche riportate dalla ricerca ci permettono di capire come numerose scelte passate siano state inutili per il contenimento del virus. – afferma Antonio Iannetta, dirigente di UISP – Il mondo dello sport è stato gravemente colpito in questi anni, ora serve un nuovo passo per valorizzare e sostenere un settore fondamentale per le politiche pubbliche della salute rivolte al benessere dei giovani cittadini italiani.”
“Lo stile di vita, che va dall’attività fisica alle abitudini alimentari, sono elementi chiave nella salute delle persone che influenzano tutte le patologie croniche, incluse quelle oncologiche, per cui è fondamentale acquisire buone abitudini fin dall’infanzia. – afferma Sara Raimondi, epidemiologa allo IEO e primo nome dell’articolo - Il nostro studio ha evidenziato come la chiusura delle attività sportive abbia portato ad un aumento del peso corporeo e abbia ridotto la percentuale di bambini e ragazzi che avevano un adeguato livello di attività fisica rispetto alle raccomandazioni dell’OMS."
photo credit DR. SRIRAM SUBRAMANIAM, UBC
I ricercatori dell'Università della British Columbia hanno scoperto una vulnerabilità chiave in tutte le principali varianti del virus SARS-CoV-2, comprese le sottovarianti BA.1 e BA.2 Omicron recentemente emerse.
La debolezza può essere presa di mira neutralizzando gli anticorpi, aprendo potenzialmente la strada a trattamenti universalmente efficaci in tutte le varianti.
I risultati, pubblicati oggi su Nature Communications, utilizzano la microscopia crioelettronica (crio-EM) per rivelare la struttura a livello atomico del punto vulnerabile sulla proteina spike del virus, nota come epitopo. Il documento descrive ulteriormente un frammento di anticorpi chiamato VHAb6 che è in grado di attaccarsi a questo sito e neutralizzare ogni variante principale.
"Questo è un virus altamente adattabile, che si è evoluto per eludere la maggior parte dei trattamenti anticorpali esistenti, così come gran parte dell'immunità conferita dai vaccini e dalle infezioni naturali", afferma il dottor Sriram Subramaniam, professore alla facoltà di medicina dell'UBC e autore senior dello studio. “Questo studio rivela un punto debole, che è irestacostante tra le varianti e può essere neutralizzato da un frammento di anticorpi. Prepara così le basi per la progettazione di trattamenti pan-varianti, che potrebbero potenzialmente aiutare molte persone vulnerabili”.
Identificazione delle chiavi principali COVID-19
Gli anticorpi sono prodotti naturalmente dal nostro organismo per combattere le infezioni, ma possono anche essere prodotti in laboratorio e somministrati ai pazienti come trattamento. Sebbene siano stati sviluppati diversi trattamenti con anticorpi per COVID-19, la loro efficacia è diminuita di fronte a varianti altamente mutate come Omicron.
“Gli anticorpi si attaccano a un virus in un modo molto specifico, come una chiave che entra in una serratura. Ma quando il virus muta, la chiave non si adatta più", afferma il dottor Subramaniam. "Stiamo cercando chiavi principali, anticorpi che continuano a neutralizzare il virus anche dopo ampie mutazioni".
La "chiave principale" identificata in questo nuovo documento è il frammento anticorpale VHAb6, che si è dimostrato efficace contro le varianti Alpha, Beta, Gamma, Delta, Kappa, Epsilon e Omicron. Il frammento neutralizza SARS-CoV-2, attaccandosi all'epitopo sulla proteina spike e impedendo al virus di entrare nelle cellule umane.
La scoperta è l'ultima di una collaborazione di lunga data e produttiva tra il team del Dr. Subramaniam all'UBC e i colleghi dell'Università di Pittsburgh, guidati dai Dottori Mitko Dimitrov e Wei Li. Il team di Pittsburgh ha esaminato grandi librerie di anticorpi e testato la loro efficacia contro COVID-19, mentre il team UBC ha utilizzato la crio-EM per studiare la struttura molecolare e le caratteristiche della proteina spike.
Concentrandosi sui punti deboli del COVID-19
Il team dell'UBC è famoso in tutto il mondo per la sua esperienza nell'uso della crio-EM per visualizzare le interazioni proteina-proteina e proteina-anticorpo a una risoluzione atomica. In un altro articolo pubblicato all'inizio di quest'anno su Science , sono stati i primi a riportare la struttura della zona di contatto tra la proteina spike di Omicron e il recettore delle cellule umane ACE2, fornendo una spiegazione molecolare per la maggiore forma fisica virale di Omicron.
Mappando la struttura molecolare di ciascuna proteina spike, il team ha cercato aree di vulnerabilità che potrebbero informare i nuovi trattamenti.
"L'epitopo, che descriviamo in questo documento, è per lo più rimosso dai punti caldi per le mutazioni, motivo per cui le sue capacità sono preservate attraverso le varianti", afferma il dottor Subramaniam. "Ora che abbiamo descritto in dettaglio la struttura di questo sito, si apre un intero nuovo regno di possibilità di trattamento".
Il dottor Subramaniam afferma che questa vulnerabilità chiave può ora essere sfruttata dai produttori di farmaci e, poiché il sito è relativamente privo di mutazioni, i trattamenti risultanti potrebbero essere efficaci contro le varianti esistenti e persino future.
“Ora abbiamo un quadro molto chiaro di questo punto vulnerabile del virus. Conosciamo ogni interazione che la proteina spike fa con l'anticorpo in questo sito. Possiamo lavorare a ritroso da questo, utilizzando un design intelligente, per sviluppare una serie di trattamenti con anticorpi", afferma il dottor Subramaniam. "Avere trattamenti ampiamente efficaci e resistenti alle varianti sarebbe un punto di svolta nella lotta in corso contro COVID-19".
Nature Communications , Doi: 10.1038/s41467-022-32262-8
Antonio Caperna
Sono oltre 5,3 milioni i nuovi casi di Covid-19 registrati globalmente nella settimana dal 15 al 21 agosto, il 9% in meno rispetto alla settimana precedente. Ancora più deciso il calo delle morti, -15%, con circa 14.000 decessi segnalati. Questi i dati dell'aggiornamento epidemiologico settimanale dell'Organizzazione mondiale della sanità.
Al 21 agosto 2022, a livello globale sono stati segnalati 593 milioni di casi confermati di Covid-19 e 6,4 milioni di decessi.
A livello regionale, il numero di nuovi casi segnalati settimanali è diminuito o è rimasto stabile in tutte e sei le regioni Oms. In particolare, la regione africana segna un -25%, la regione europea -20% e le Americhe -18%. A riportare il maggior numero di decessi settimanali sono gli Stati Uniti (2.714, comunque in calo del 13%), Giappone (1.624, -1%), Brasile (1.105, -26%), Italia (677, -26%) e Australia (490, -9%).
Fare sport fa bene, lo dice la scienza. Negli anni centinaia di studi hanno messo in luce un ampio ventaglio di possibili effetti benefici.
L'ultimo ha a che fare con il virus protagonista della pandemia di Covid. L'ipotesi suggerita da una ricerca spagnola pubblicata online sul 'British Journal of Sports Medicine' è che un'attività fisica regolare sia collegata a un minor rischio di infezione da Sars-CoV-2 e gravità della malattia che ne consegue.
La migliore protezione? Deriverebbe da "150 minuti settimanali di attività fisica moderata o 75 minuti di movimento con un'intensità vigorosa", spiegano gli autori nello studio, Yasmin Ezzatvar dell'università di Valencia e colleghi. Già precedenti lavori hanno suggerito che l'attività fisica può avere questo effetto scudo contro le infezioni respiratorie, in parte per via della capacità di rafforzare il sistema immunitario. I ricercatori hanno provato ad approfondire il legame con Covid, che è al momento "poco compreso", ma "probabilmente coinvolge sia fattori metabolici che ambientali", affermano gli esperti, che hanno cercato di quantificare la soglia di attività fisica che potrebbe essere necessaria per ridurre i rischi di infezione e quelli associati ricovero e morte in ospedale.
Gli autori hanno cercato in 3 importanti database degli studi pertinenti pubblicati tra novembre 2019 e marzo 2022 e, da una quota iniziale di 291, hanno scremato e riunito i risultati di 16 lavori. Gli studi hanno incluso un totale di 1,8 milioni di adulti, poco più della metà dei quali (54%) erano donne. L'età media dei partecipanti era 53 anni. La maggior parte degli studi esaminati sono studi osservazionali e sono stati condotti in Corea del Sud, Inghilterra, Iran, Canada, Regno Unito, Spagna, Brasile, Palestina, Sudafrica e Svezia.
L'analisi dei dati aggregati ha mostrato che, nel complesso, coloro che includevano un'attività fisica regolare nella loro routine settimanale avevano un rischio inferiore dell'11% di infezione da Sars-CoV-2; un rischio inferiore del 36% di ricovero ospedaliero; un rischio inferiore del 44% di malattia grave da Covid e un rischio inferiore del 43% di morte per Covid rispetto ai loro coetanei fisicamente inattivi.
L'effetto protettivo massimo si è verificato a circa 500 minuti Met (Metabolic Equivalent of Task) - parametro che esprime la quantità di energia (calorie) consumata per minuto di attività fisica - a settimana, dopodiché non ci sono stati ulteriori miglioramenti. Questa quantità equivale appunto a 150 minuti di attività di intensità moderata, o 75 minuti di intensità vigorosa. Lo studio ha tuttavia delle limitazioni: per esempio riguarda solo le varianti Beta e Delta di Sars-CoV-2 e non Omicron, il che potrebbe indebolire i risultati. Inoltre non è escluso il peso di fattori confondenti sui risultati.
Ma ci sono spiegazioni biologiche plausibili per la correlazione che sembra emergere, evidenziano dall'altro lato gli esperti. L'esercizio fisico regolare di intensità moderata può aiutare ad aumentare le risposte antinfiammatorie del corpo, così come la forma cardiorespiratoria e muscolare, e questi fattori possono spiegare gli effetti benefici sulla gravità di Covid, ipotizzano i ricercatori. "I nostri risultati - concludono - evidenziano gli effetti protettivi di impegnarsi in una sufficiente attività fisica come strategia di salute pubblica, con potenziali benefici per ridurre il rischio di Covid grave. Data l'eterogeneità e il rischio di bias", di distorsioni nei risultati, "sono ora necessari ulteriori studi con metodologia standardizzata".
"La nuova variante del Covid Centaurus sarebbe più capace di aderire alle cellule del corpo umano e dunque potenzialmente più pericolosa". È quanto emerso da uno studio dell'Università dell'Insubria, che ha pubblicato il primo articolo in assoluto sugli effetti molecolari delle nuove mutazioni del SARS-CoV-2, uscito il 15 agosto sull'European Journal of Internal Medicine.
Il lavoro è nato dalla stretta collaborazione tra Fabio Angeli, professore di Malattie dell'apparato cardiovascolare dell'Insubria e direttore della Cardiologia di Ics Maugeri di Tradate, Martina Zappa, bioteconologa del Dottorato in Medicina clinica e sperimentale e medical humanities dell'Ateneo, e Paolo Verdecchia, uno dei più affermati ricercatori italiani in ambito cardiovascolare. La ricerca ha dimostrato che le mutazioni di Omicron Centaurus (BA.2.75), la cosiddetta variante indiana del Covid, rendono il virus ancora più "adesivo" ai recettori delle nostre cellule rispetto alle precedenti varianti e, in particolare, a Omicron 5".
Così si legge nella nota diffusa dall'Università degli Studi dell'Insubria. Spiega Fabio Angeli: "La maggiore capacità di Centaurus nel legarsi ai recettori del nostro organismo, i cosiddetti Ace2, apre nuovi scenari pandemici e identifica questa variante come possibile dominante a livello mondiale. Sono ancora da verificare i suoi effetti in termini di aggressività, ma l'aumentata capacità di legarsi alle nostre cellule e la successiva paralisi dei recettori Ace2, che hanno un ruolo fondamentale nel regolare le nostre capacità vitali, ci fanno supporre anche una verosimile aumentata capacità nel creare danni al nostro organismo; questo sottolinea quanto sarà cruciale la nuova campagna vaccinale ed il ripristino delle misure di protezione individuale", conclude.
European Journal of Internal Medicine: https://doi.org/10.1016/j.ejim.2022.08.009
Tempi di incubazione diversi per il Covid a seconda della variante. Il periodo si è accorciato in questi anni di pandemia, passando dai 5 giorni di Alfa ai 3,4 giorni dell'era Omicron.
Lo rivela un'analisi di diversi studi, pubblicata su 'Jama Network Open'. La revisione, condotta da ricercatori di Pechino, ha esaminato i dati di 142 studi, con 8.112 pazienti coinvolti. La maggior parte dei lavori riportava anche il tempo trascorso per sviluppare la malattia.
Il periodo di incubazione medio di Covid-19 è risultato di 5 giorni per i casi causati dalla variante Alfa; 4,50 giorni per la variante Beta, 4,41 giorni per la variante Delta e 3,42 per Omicron. L'incubazione media è stata di 7,43 giorni tra i pazienti più anziani (più di 60 anni), 8,82 giorni tra i bambini e ragazzi fino ai a 18 anni, e 6,99 giorni sia in caso di malattia non grave sia di Covid grave.
I risultati di questo studio - evidenziano gli autori - suggeriscono che Sars-CoV-2 si è evoluto ed è mutato continuamente durante la pandemia, producendo varianti con trasmissione e virulenza differenti. L'identificazione del periodo di incubazione delle diverse varianti è un fattore chiave per determinare il periodo di isolamento.
"Siamo il Comitato Nazionale Familiari Vittime del Covid e Anchise - comitato famiglie RSA RSD, i familiari di quei poveri martiri che hanno pagato il prezzo più alto di una gestione quantomeno approssimativa della pandemia, frutto di 25 anni di tagli alla sanità che hanno ridotto il nostro sistema sanitario in condizioni disastrose.
Siamo gli invisibili, quelli che non sono scesi in piazza, quelli che non sono stati mai presi in considerazione dai media, quelli che nella narrazione del governo, della normalità, dell'andrà tutto bene non erano contemplati, perché rovinavano l'immagine di efficienza e ottimismo che si voleva trasmettere. E così anche l'opinione pubblica ha scelto di ascoltare la narrazione accomodante e rassicurante, guardandoci con pietà e finta compassione come degli sfortunati, vittime di un virus letale". Inizia con questi toni severi la lettera che Luca Merico, presidente del Comitato Nazionale Familiari Vittime del Covid, invia ai candidati delle elezioni chiedendo tra i primi impegni del nuovo governo una commissione d'inchiesta sulla gestione della pandemia e sui danni da vaccino.
"Sono troppi gli errori, le disattenzioni, le carenze che hanno portato alla morte i nostri cari e che sono state archiviate come morti covid, quando invece dovevano essere ascritte alla voce malasanità. Noi tutti abbiamo denunciato gli ospedali, descrivendo e allegando dettagliatamente quanto successo. Così non si può dire delle cartelle cliniche che erano (e sono) spesso molto fantasiose, con cancellazioni, fogli mancanti, fogli di altri pazienti, o addirittura fatte sparire, così come molti degli oggetti di valore che i pazienti covid portavano con sé (anelli, collane, smartphone).
Tutto ciò, in un paese normale, avrebbe dovuto scatenare un terremoto nella sanità, ma così non è stato, perché con lo stato d'emergenza e lo scudo penale, la maggior parte degli avvocati non ha neanche provato a fare causa contro gli ospedali, e solo pochi coraggiosi come noi lo hanno fatto. Per elencare alcune delle criticità emerse, potremmo parlare dei contagi ospedalieri che avvengono ancora a distanza di anni dall'inizio della pandemia, potremmo parlare del famigerato 'Protocollo Vigile attesa e Tachipirina' che tanti morti ha causato. Più in generale possiamo parlare del rapimento di tanti pazienti, sottratti alla vista e all'assistenza dei propri cari in nome di un'emergenza che era ben strana, dato che riguardava solo gli ospedali. Non si poteva fare assistenza ai propri cari ma gli stadi erano pieni, le discoteche erano piene, i ristoranti erano pieni e così via", prosegue il presidente in un altro passaggio della missiva che denuncia le "disumane morti...di centinaia di migliaia di persone in completa solitudine".
Il Comitato non risparmia nemmeno la Chiesa che, come si legge in altro passaggio della lettera, "non ha speso una parola sulla pratica barbara di smaltimento delle salme. E colpevoli sono anche i vari cantanti, attori, influencer che si sono spesi per ogni causa possibile ma non hanno osato mettersi contro la narrazione del governo, anzi, hanno assecondato le scelte del governo prestando i loro volti per spot e campagne varie, salvo fare polemiche ad personam (si pensi alla famosa nonna di Fedez), che alzavano piccole nuvole di polvere senza però scalfire il sistema marcio che dal 2020 in poi ha mietuto centinaia di migliaia di vittime evitabili".
Ed ecco le richieste che il Comitato avanza per il prossimo governo: - "Istituire una commissione di inchiesta a 360 gradi sulla gestione della pandemia" e una commissione tecnico-scientifica, atta a verificare i danni derivanti da vaccino e long covid"; - "Il lavoro degli enti inquirenti non sia in alcun modo intralciato con stati di emergenza fasulli o scudi penali, e che le verità processuali siano aderenti alle verità fattuali senza nessuna attenuante"; - "I familiari delle vittime Covid ricevano sostegno psicoterapeutico gratuito per tutto il tempo necessario a rendere la loro vita più accettabile. Il bonus psicologo rientra in quella logica della lotteria per la quale qualcuno vince e qualcuno perde. Chiediamo inoltre, laddove sia necessario, un sostegno economico a quelle famiglie che, avendo perso la principale fonte di sostentamento, si sono ritrovate ad affrontare, oltre al dolore atroce, anche problemi pratici di natura economica";
- Scuse ufficiali dalle istituzioni e gesti concreti, che commemorino e ricordino i nostri martiri. Un semplice parchetto alla periferia di Bergamo, un concerto arrangiato e due parole del sindaco di Bergamo sono un insulto, non una commemorazione. Ai nostri cari dovranno essere intitolate strade e piazze e la Giornata della Memoria dovrà essere una giornata di lutto nazionale, quel lutto collettivo che non è mai stato elaborato, ma solo rimosso dalla parola normalità";
- "Una riforma della sanità pubblica, che permetta a tutti di curarsi in sicurezza, avendo vicino i propri cari, in ambienti confortevoli, con personale sanitario, che non sia costretto a fare l'eroe lavorando 15 ore, con il rischio (poi verificatosi) di andare in burnout o di sbagliare terapia determinando la morte del paziente. Inoltre, chiediamo l'abolizione della legge Gelli4 e l'imposizione di protocolli che riducono l'uomo ad una macchina costruita in serie. Ogni medico dovrà essere libero di applicare le cure adatte ad ogni singolo paziente in base alle specificità dello stesso". Conclude il presidente del Comitato: "Ciò che ci tiene in vita è la voglia di giustizia e verità, e andremo fino in fondo. Anche se ci vorranno quarant'anni, noi continueremo a lottare con ancora maggior determinazione".
Numerosi progetti di ricerca per lo sviluppo di vaccini contro SARS-CoV-2 sono stati avviati in risposta alla pandemia. In una recente pubblicazione su “npj vaccines”, rivista del gruppo “Nature Portfolio”, i team di ricerca dell’Istituto di Virologia e Immunologia (IVI) e dell’Università di Berna descrivono i risultati di un vaccino sperimentale contro la COVID-19, che usa il virus della stomatite vescicolare (VSV) come vettore virale.
Il lavoro svolto dimostra che nei topi l’immunizzazione intramuscolare con vaccini COVID-19, basati sul vettore VSV, induce forti risposte anticorpali contro la proteina spike del SARS-CoV-2 solo se il vettore è integrato con la glicoproteina G del VSV.
Un vaccino sperimentale a vettore virale contro la COVID-19, basato sul virus della stomatite vescicolare (VSV), codificante l’antigene spike del SARS-CoV-2, era già stato sviluppato negli Stati Uniti e in Israele. Sebbene gli esperimenti preclinici iniziali avessero mostrato risultati promettenti nei criceti siriani, non erano state rilevate risposte immunitarie adeguate all’immunizzazione sulle persone volontarie e quindi l’ulteriore sviluppo del progetto era stato abbandonato. I gruppi di ricerca guidati da Gert Zimmer e Charaf Benarafa dell'IVI e dell'Università di Berna hanno studiato più a fondo questa piattaforma vaccinale vettoriale e sono riusciti a vincere la sfida di sviluppare un potenziale vaccino contro la COVID-19 basato sul vettore VSV e in grado di ottenere prestazioni superiori.
È stato scoperto che se il vettore virale viene integrato con la glicoproteina G del VSV l’immunizzazione intramuscolare produce elevati titoli di anticorpi neutralizzanti specifici per l’antigene spike anche dopo una singola immunizzazione. Utilizzando questo vaccino ottimizzato, i topi immunizzati sono risultati completamente protetti dall’infezione nasale con una dose letale di SARS-CoV-2 e parzialmente protetti dalla variante Delta di SARS-CoV-2.
E ora cosa succede?
Dopo questo successo, ottenuto sui modelli animali in fase preclinica, la formulazione migliorata di questo potenziale vaccino contro la COVID-19 sviluppato dall’IVI potrà entrare nella fase degli studi clinici, per valutarne la sicurezza e l’efficacia su volontari. Gert Zimmer, capogruppo del Dipartimento di Virologia, ha affermato: «In questo lavoro, il vaccino a vettore virale basato sul VSV somministrato per via intramuscolare ha dimostrato di riuscire a proteggere i topi dalla malattia grave, ma non ha bloccato completamente la replicazione del virus nel tratto respiratorio. Ciò non sorprende, visto che la vaccinazione per via intramuscolare non induce una sufficiente immunità mucosale. Solo l’induzione di risposte immunitarie a livello locale contribuirà a bloccare il SARS-CoV-2 nei siti di replicazione primaria del virus, impedendone la trasmissione». Pertanto, il lavoro futuro si concentrerà anche su regimi di immunizzazione in grado di innescare un’immunità mucosale forte e duratura nei confronti del SARS-CoV-2.
Questa scoperta potrebbe essere applicabile ad altre malattie oltre alla COVID-19.
Il virus della stomatite vescicolare (VSV) rappresenta una potente tecnologia vaccinale a vettore virale, che può essere sfruttata in altre malattie causate da virus, quali il coronavirus MERS, l’HIV-1, il virus dell’epatite C o dell’influenza A. Un vaccino VSV è già stato approvato contro la febbre emorragica di Ebola.
La tecnologia descritta nel presente lavoro contribuirà certamente a migliorare la produzione, la somministrazione e la sicurezza dei vettori virali a base di VSV per tutte queste patologie. Inoltre, per quanto riguarda il virus SARS-CoV- 2, questa tecnologia potrà essere usata per integrare gli approcci vaccinali esistenti al fine di migliorarne l’efficacia.
Le persone guarite da Covid-19 devono affrontare un maggior rischio di sviluppare disturbi neurologici e psichiatrici fino a anni dopo l'infezione. E' quanto emerge da un maxi studio pubblicato su 'The Lancet Psychiatry', condotto su oltre 1,25 milioni di persone con diagnosi di Covid alle spalle.
Paul Harrison, autore principale dell'Università di Oxford Regno Unito, ha esaminato con i colleghi le cartelle cliniche dei partecipanti e hanno osservato in particolare un rischio più elevato di condizioni come psicosi, demenza, l'ormai nota 'nebbia cognitiva', convulsioni, nei due anni dopo Covid, rispetto ad altre infezioni respiratorie. E' stato rilevato anche un aumento del rischio di ansia e depressione negli adulti, ma scompare entro due mesi dall'infezione e, nell'arco dei due anni successivi tale rischio non sembra essere più probabile che dopo altre infezioni respiratorie.
La variante Delta è risultata essere associata a più disturbi rispetto alla precedente variante Alfa. Omicron appare associata a rischi neurologici e psichiatrici simili a quelli di Delta. Ai bambini, evidenziano gli autori, era più probabile che venissero diagnosticate condizioni come convulsioni e disturbi psicotici, ma la probabilità della maggior parte delle diagnosi post Covid era inferiore rispetto agli adulti. Alla luce dei risultati, i ricercatori chiedono maggiori risorse e supporto per gli operatori sanitari nella diagnosi e nella gestione di questi disturbi.
Un precedente studio dello stesso gruppo aveva già evidenziato questo rischio aumentato di problemi post Covid che colpiscono anche la mente. Ma finora non erano disponibili dati su larga scala per un periodo di tempo più lungo e non c'era un'analisi di come il rischio cambia con l'emergere di nuove varianti. "I risultati" dell'ultimo studio "hanno importanti implicazioni per i pazienti e i servizi sanitari - spiega Harrison - in quanto suggeriscono che è probabile che nuovi casi di disturbi neurologici legati all'infezione da Covid si verifichino anche per molto tempo dopo che la pandemia si sarà calmata. Il nostro lavoro evidenzia anche la necessità di ulteriori ricerche per capire perché ciò accade e cosa si può fare per prevenire o curare queste condizioni".
Lo studio ha analizzato i dati su 14 diagnosi neurologiche e psichiatriche, raccolte da cartelle cliniche elettroniche per lo più dagli Stati Uniti in un periodo di 2 anni. Sono state trovate 1.284.437 persone che avevano avuto un'infezione da Sars-CoV-2 confermata a partire dal 20 gennaio 2020 e sono state incluse nello studio. Fra queste 185.748 bambini e ragazzi di età inferiore a 18 anni. I guariti da Covid sono stati abbinati a un numero uguale di pazienti con un'altra infezione respiratoria come gruppo di controllo.
Fra i risultati è emerso per esempio che negli over 65 con Covid contratto fino a due anni prima, si è verificata una maggiore incidenza di 'nebbia cerebrale' (1.540 casi ogni 10.000 persone), demenza (450 casi ogni 10.000 persone) e disturbi psicotici (85 casi per 10.000 persone) rispetto a coloro che in precedenza avevano una diversa infezione respiratoria (1.230 casi su 10.000 per 'nebbia cerebrale', 330 casi su 10.000 per demenza e 60 casi su 10.000 per disturbo psicotico). Fra i bambini sono stati osservati invece 260 casi di convulsioni ogni 10.000 bambini per il gruppo Covid e 130 casi ogni 10.000 per il gruppo di controllo, e 18 casi di disturbi psicotici ogni 10.000 bambini per il gruppo Covid contro 6 casi ogni 10.000 per il gruppo di controllo, nel biennio successivo al contagio.
Sulla mancata riduzione della quarantena per i positivi al Covid asintomatici "c'è il rischio di essere in ritardo, perché non si può pensare di arrivare in autunno, quando ci sarà una possibile ripresa dei contagi, con queste misure di isolamento. Finiamo per paralizzare il Paese".
Così all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, ricordando che "sono passate ormai 3-4 settimane da quando avevo detto che sarebbe stato il caso di fare una quarantena 'light'". "L'immobilismo del ministero della Salute su questo fronte danneggia soprattutto gli italiani", avverte.
"Rischiare di tenere a casa in autunno tante persone asintomatiche non è come farlo a luglio o agosto, c'è il rischio reale che tanti servizi fondamentali si blocchino", rimarca l'infettivologo che rilancia la necessità "di cambiare ora le regole o comunque di discuterne e arrivare ad aggiornare le misure per i primi giorni di settembre". Quali potrebbero essere i nuovi parametri? "Si posso ridurre i giorni di isolamento, basandosi molto sulla personalizzazione della quarantena - risponde Bassetti - quando finiscono i sintomi faccio un tampone e se negativo si può uscire. Oppure - conclude - alle fine dei sintomi, dopo 48 ore, a prescindere dal risultato del test si può uscire".
Scienziati dello Scripps Research Institute americano hanno scoperto nei macachi anticorpi 'pan-coronavirus', "efficaci contro molte diverse varianti di Sars-CoV-2", ma anche "contro altri virus Sars come Sars-CoV-1, il patogeno altamente letale responsabile dell'epidemia del 2003".
Lo studio, pubblicato su 'Science Translational Medicine', indica che "alcuni animali sono sorprendentemente più capaci di produrre questo tipo di anticorpi anti 'virus pan-Sars' rispetto agli esseri umani", offrendo ai ricercatori "indizi su come sviluppare vaccini migliori".
"Se riusciamo a progettare vaccini che suscitino risposte" immunitarie "ampie, simili a quelle viste" nel nuovo lavoro, "questi potrebbero garantire una protezione maggiore contro il virus" di Covid-19 "e le varianti di preoccupazione", afferma l'autore senior Raiees Andrabi, ricercatore del Dipartimento Scripps di Immunologia e Microbiologia.
Gli anticorpi 'jolly' individuati nello studio riconoscono una porzione della proteina virale Spike relativamente più conservata, ossia presente in molti virus Sars differenti e meno incline a mutare nel tempo. Un elemento che gli autori ritengono utile per la messa a punto di "vaccini di prossima generazione", che siano "capaci di offrire una protezione aggiuntiva contro le varianti emergenti di Sars-CoV-2 e contro altri virus Sars".
Nello studio scimmie macaco rhesus sono state immunizzate con la proteina Spike di Sars-CoV-2, l''uncino' che il virus usa per agganciare e infettare le cellule bersaglio. Sono state somministrate due dosi, secondo una strategia simile a quella adottata con i vaccini anti-Covid a mRna. Diversamente da quanto accade nell'uomo dopo la somministrazione di questi prodotti, si è visto però che i macachi sviluppavano un'ampia risposta anticorpale neutralizzante contro il virus, comprese varianti come Omicron.
Incuriositi da questa netta differenza, gli scienziati hanno deciso di approfondire la struttura dei 'super anticorpi' dei macachi, scoprendo che riconoscono una regione di Spike diversa da quella a cui mirano la maggior parte degli anticorpi umani: un'area maggiormente conservata, appunto, collocata più lateralmente sul bordo del punto di legame tra Spike e il recettore Ace2 delle nostre cellule.
Si tratta di una zona "importante, comune a più virus Sars, e che finora è stata solo raramente bersaglio di anticorpi umani", evidenzia il co-autore senior dello studio Ian Wilson, a capo del Dipartimento Scripps di Biologia integrata strutturale e computazionale, che suggerisce l'opportunità di studiare "strategie aggiuntive da sfruttare per convincere il nostro sistema immunitario a riconoscere questa particolare regione del virus".
Il gene del macaco che codifica per questi super anticorpi neutralizzanti anti-Sars - rimarcano inoltre gli autori - è Ighv3-73, diverso dal gene Ighv3-53, che regola la risposta immunitaria dell'uomo, che è potente, ma con uno spettro molto più ristretto.
Secondo i ricercatori, averlo capito potrebbe aiutare a progettare vaccini, o combinazioni vaccino-adiuvante, che inducano una protezione più ampia contro Sars-CoV-2 e le sue numerose varianti.
"Dal nostro studio - commenta il co-autore senior Dennis Burton, alla guida del Dipartimento Scripps di Immunologia e Microbiologia - emerge che i macachi hanno un gene anticorpale, che offre loro una maggiore protezione contro i virus Sars. Questa osservazione pone un nuovo obiettivo ai nostri sforzi sul fronte vaccini, che potremmo essere in grado di centrare utilizzando approcci avanzati di progettazione proteica".
Restare senza fiato dopo aver fatto solo due rampe di scale, con un cuore che pulsa a 120 battiti al minuto. Anche questo è un lascito del long Covid, che si associa a un'ampia gamma di problemi duraturi, dal diabete al danno polmonare persistente, dai rischi sul sistema cardiovascolare al danno cerebrale.
Sarah Wulf Hanson, dell'Institute for Health Metrics and Evaluation dell'Università di Washington a Seattle, ha utilizzato i dati di uno studio condotto su 150.000 veterani, guariti da un'infezione acuta (Studio Va), per stimare a quanti attacchi di cuore e ictus è stato associato il SARS-CoV-2. Nel 2020, le complicazioni dopo il Covid-19 hanno causato negli Stati Uniti 12.000 ictus in più e 44.000 attacchi di cuore in più, numeri che sono saliti a 18.000 ictus e 66.000 attacchi di cuore nel 2021. Questo significa che il Covid-19 potrebbe aver aumentato i tassi di infarto di circa l'8% e di ictus di circa il 2%.
La domanda che ricorre tra gli studiosi - approfondita in un articolo della rivista Nature - è per quanto tempo persiste il rischio di infarto, ictus, o di altri eventi cardiaci, dopo essere guariti dal Covid? Secondo l'epidemiologo Ziyad Al-Aly, a capo dello Studio VA, per alcune condizioni, come il gonfiore del cuore e i coaguli di sangue nei polmoni, infarti e ictus, il rischio è aumentato di almeno 20 volte nell'anno successivo all'infezione. Anche le persone che non erano state ricoverate in ospedale hanno visto aumentare di un +8% il tasso di rischio di attacchi di cuore e di +247% quello di infiammazione cardiaca. Il Covid-19 può alterare, quindi, in modo permanente la salute di alcune persone.
Nel Regno Unito, Gerry McCann, specialista in imaging cardiaco presso l'Università di Leicester, ha scoperto che solo un quarto delle persone ricoverate in ospedale si sente completamente guarito un anno dopo l'infezione. Ma in che modo il virus danneggia il cuore? L'effetto che il SARS-CoV-2 ha sul cuore potrebbe essere correlato alla proteina chiave che il virus usa per entrare nelle cellule, ACE2, che si trova sulla superficie di decine di tipi di cellule umane. Questo, spiega Al-Aly, gli dà "accesso e permesso ad entrare in quasi tutte le cellule del corpo". E quando il virus entra nelle cellule endoteliali, che rivestono i vasi sanguigni iniziano i problemi cardiovascolari. I coaguli di sangue si formano naturalmente per curare i danni causati mentre il corpo elimina l'infezione. Questi coaguli possono ostruire i vasi sanguigni, causando danni lievi come il dolore alle gambe, o gravi come un infarto. Uno studio basato su oltre 500.000 casi di Covid-19 ha rilevato che le persone che erano state infettate avevano un rischio maggiore del 167% di sviluppare un coagulo sanguigno nelle due settimane successive all'infezione, rispetto alle persone che avevano avuto l'influenza.
In Germania i Laender potrebbero tornare ad imporre l'uso obbligatorio della mascherina a partire dal prossimo ottobre, come mezzo di protezione contro il Covid. E' quanto prevede un progetto di legge per la protezione dai contagi presentato dai ministeri della Salute e della Giustizia tedeschi.
Secondo il progetto di legge, le mascherine continueranno ad essere obbligatorie a bordo di autobus, treni e aerei. Si imporrà di nuovo l'obbligo di usare la mascherina e la realizzazione di test negli ospedali e nelle case di riposo.
D'altra parte, ciascun Land potrà decidere se imporre o meno l'uso obbligatorio della mascherina in altri luoghi pubblici. Tuttavia, negli eventi culturali e sportivi e nei ristoranti ci saranno eccezioni per le persone guarite, vaccinate o che siano reduci da un test negativo. Il progetto prevede anche che ciascuno Stato potrà prescrivere la realizzazione di test anti Covid nelle scuole, negli asili nido e nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo. L'obbligo di mascherina nelle scuole è contemplato solo nel caso in cui non ci sia altro modo per fare lezione in presenza, ma solo a partire da un certo grado.
Il testo segnala anche che, se un Land teme un possibile collasso del sistema sanitario o di altre infrastrutture critiche, deve contemplare l'obbligo di mascherina in eventi all'aria aperta, in cui non sia possibile mantenere la distanza di sicurezza interpersonale. In questo caso, non dovrebbero esserci eccezioni per le persone che presentino un test, siano vaccinate oppure guarite. Le misure previste potranno applicarsi dal primo ottobre 2022 al 7 aprile 2023. Le proposte verranno analizzate dal governo, prima di passare al vaglio del Parlamento tedesco.
"Se a settembre-ottobre dovesse esserci una nuova ondata Covid dovremmo essere pronti al ritorno di misure di contenimento e anche dell'obbligo della mascherina, anche a scuola e al chiuso". Lo sottolinea all'Adnkronos Salute Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).
"E' chiaro che nell'attuale situazione epidemiologica non mi sembra il caso di mettere in atto misure restrittive - spiega Andreoni - Ma il virus circola molto, la possibilità che arrivino altre varianti è elevata e i decessi sono ancora molto elevati. Ecco che dobbiamo farci trovare preparati, quando, con il cambio della situazione climatica, il virus troverà una situazione ambientale più favorevole con il ritorno della vita sociale al chiuso. Quindi - aggiunge - oltre a mantenere una attività di sequenziamento del virus sarà necessario nel caso di una impennata della curva adottare in tempi stretti anche le misure che fino a qualche mese fa abbiamo sopportato per il bene delle comunità".
Quanto al vaiolo delle scimmie, Andreoni spiega che "sta sostanzialmente colpendo solo la popolazione maschile e in stragrande maggioranza la categoria 'Msm', ovvero i maschi che fanno sesso con altri maschi. Quindi questa categoria è ad alto rischio di contrarre l'infezione, ecco che qualsiasi misura di prevenzione la dobbiamo individuare in questa fascia e ha poco senso allargarla a tutta la popolazione. Nel caso della vaccinazione contro il vaiolo delle scimmie, come sta avvenendo già in altri paesi europei, offrirei il vaccino a chi pensa di essere più a rischio. Questa azione sarebbe opportuna per bloccare l'ulteriore diffusione della malattia".
"Ad oggi casi gravissimi di vaiolo delle scimmie sono pochissimi e ci sono stati solo 8 decessi nel mondo, di cui 5 in Africa - ricorda Andreoni - E' una malattia che si sta diffondendo a livello planetario, anche se in Italia abbiamo poco più di 500 casi, ma che non ha una grandissima letalità e sappiamo gestirla". E' stato l'Oms ad indicare nella categoria Msm quella più a rischio di contrarre il vaiolo delle scimmie, "occorre un contatto molto stretto a livello cutaneo per potersi infettare - dice Andreoni - quindi mi pare opportuno avviare anche una campagna di comunicazione, in chiave vaccinazione, per chi corre maggior pericolo, spiegando che non basta usare il profilattico durante i rapporti sessuali, perché comunque ci sarebbe lo stesso la trasmissione del virus".
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In Italia continua a crescere la sottovariante Omicron 5 di Sars-CoV-2, ormai predominante, e compare anche BA.2.75, il sottolignaggio di Omicron 2 ribattezzato dai social 'Centaurus'. E' quanto emerge dai dati diffusi dall'Istituto superiore di sanità, nell'ambito del monitoraggio settimanale Iss-ministero Salute sull'andamento di Covid-19.
Nell'ultima settimana di campionamento disponibile (18-24 luglio) - riporta l'Iss - si evidenzia la seguente distribuzione delle varianti circolanti: Omicron 100%, di cui BA.5 86,0%, BA.4 11,6%, BA.2 1,6%, BA.1 0,8%. Si segnala, inoltre, una sequenza riconducibile al lignaggio BA.2.75 (settimana di campionamento 11-17 luglio).
INCIDENZA E RICOVERI - "Si conferma una fase epidemica di transizione. L'incidenza è molto elevata, ma in diminuzione da 2 settimane, con una riduzione della velocità di trasmissione a valori prossimi o inferiori alla soglia epidemica. Si osserva una tendenza alla stabilizzazione nei tassi di occupazione dei posti letto in area medica e terapia intensiva" è il bilancio del monitoraggio settimanale Covid dell'Istituto superiore della sanità e del ministero della Salute.
"In questa fase - si legge - si ribadisce la necessità di continuare a rispettare le misure comportamentali individuali e collettive previste/raccomandate, l'uso della mascherina, aerazione dei locali, igiene delle mani, ponendo attenzione alle situazioni di assembramento. L'elevata copertura vaccinale, il completamento dei cicli di vaccinazione e il mantenimento di una elevata risposta immunitaria attraverso la dose di richiamo, con particolare riguardo alle categorie indicate dalle disposizioni ministeriali, rappresentano strumenti necessari a mitigare l’impatto soprattutto clinico dell'epidemia".
REINFEZIONI - Continua a crescere la percentuale di reinfezioni Covid-19 sul totale casi segnalati, che passa al 12,6%. La settimana scorsa la quota di reinfezioni era al 12%.
REZZA - "Continua lentamente a diminuire il numero di nuovi casi di Covid-19 nel nostro Paese, con un tasso di incidenza che raggiunge i 727 casi per 100mila abitanti". Anche se il valore dell'incidenza è "ancora elevato" si registra "una leggera tendenza alla diminuzione". A fronte di ciò, però, bisogna "mantenere dei comportamenti ispirati alla prudenza. Ma soprattutto, ricordiamo l'importanza per le persone che hanno più di 60 anni e per quelle più fragili di effettuare la quarta dose di vaccino per proteggersi dalle forme più gravi di malattia". Così il direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza, in un video di commento ai dati del monitoraggio settimanale Ministero-Istituto superiore di sanità (Iss).
Rezza ricorda come "anche l'indice Rt mostra una tendenza alla diminuzione: siamo ormai molto vicini all'unità. Il tasso di occupazione dei posti letto nei reparti di area medica e di terapia intensiva" da parte di pazienti Covid "è rispettivamente al 17% e al 4,1%, quindi notiamo una sostanziale stabilizzazione rispetto alla settimana precedente".
Sono circa 5 mila le persone con 80 o più anni che nelle ultime tre settimane si sono annunciate per una seconda dose di richiamo per il COVID-19. Conclusa questa fase, il dispositivo cantonale verrà ora nuovamente adeguato con la chiusura del Centro di Tesserete.
Continuerà a essere possibile la vaccinazione al Centro cantonale di Quartino – anche in modalità walk-in e anche per la vaccinazione di base e di richiamo – e negli studi medici che offrono questa possibilità.
Tenendo conto della diffusione della variante Omicron BA.4 e BA.5 in Svizzera nei mesi estivi, l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e la Commissione federale per le vaccinazioni (CFV) hanno aggiornato, all’inizio del mese di luglio, le raccomandazioni di vaccinazione per l’estate 2022, consigliando un’ulteriore vaccinazione di richiamo anche alle persone con 80 o più anni. L’obiettivo è di aumentare la loro protezione vaccinale dai decorsi gravi.
In Ticino sono circa 5 mila le persone con 80 o più anni che nelle ultime tre settimane hanno già ricevuto o che riceveranno a breve la seconda dose di richiamo. Continua a essere possibile iscriversi per ricevere la dose di richiamo al Centro cantonale di Quartino tramite la piattaforma online www.ti.ch/vaccinazione oppure chiamando la hotline cantonale 0800 128 128 (attiva sette giorni su sette, dal lunedì alla domenica dalle 8:00 alle 17:00). A Quartino tornerà a essere possibile vaccinarsi, anche per la vaccinazione di base e di richiamo, in modalità «walk-in», ossia senza la necessità di fissare un appuntamento, durante i giorni e gli orari di apertura indicati sulla pagina web. Il Centro cantonale di Tesserete terminerà invece la propria attività il prossimo il 31 luglio 2022.
Sarà ancora possibile vaccinarsi negli studi medici che aderiscono alla campagna di vaccinazione (l'elenco è presente sul sito web cantonale). Si consiglia in questo caso di prendere contatto direttamente con il proprio medico.
Le autorità ricordano che la vaccinazione aumenta la protezione contro un decorso grave della malattia, ma non esclude la possibilità di un contagio. La vaccinazione non sostituisce perciò le altre misure di protezione personali come la mascherina, l’igiene delle mani e il distanziamento fisico. In caso di sintomi compatibili, si raccomanda a tutta la popolazione di farsi testare e di evitare contatti in particolare con persone vulnerabili.
Uno studio su incidenza del vaccino e fattori di rischio condotto su 60mila operatori sanitari di 12 centri europei dimostra il ruolo protettivo svolto dal ciclo vaccinale composto da due dosi. È quanto emerge dalla ricerca a cui ha preso parte anche un gruppo di ricercatori dell'Università degli studi di Bari, composto da Luigi Vimercati (coordinatore del gruppo di ricerca di Bari), Silvio Tafuri, Luigi De Maria, Pasquale Stefanizzi, Antonio Caputi, Stefania Sponselli.
Dallo studio, pubblicato sulla rivista internazionale Vaccines (MDPI), emerge in modo significativo che tra i circa 6.000 operatori sanitari del Policlinico di Bari vaccinati si sia registrato il più basso numero di infezioni, pari allo 0,6% a fronte di un valore medio complessivo osservato nell'intera coorte in esame pari all'1,2%. La protezione offerta dal vaccino è risultata inoltre più elevata nei soggetti, che avevano contratto l'infezione in epoca antecedente al vaccino, nonché nelle fasce di età più avanzate. Il rischio di infezione post-vaccino poi, si riduce di circa il 20% per ogni decade di età aggiuntiva. La ricerca va avanti e si sta concentrando sull'analisi del rischio di infezione nei soggetti sottoposti alla dose booster di vaccino anti-covid.
Il governo austriaco annuncerà a breve la revoca dell'obbligo di quarantena per le persone contagiate dal Covid. Lo ha riferito l'agenzia di stampa Apa, precisando che nel corso della giornata sarà emesso un decreto con le nuove disposizioni.
La principale novità del decreto è il fatto che le persone positive, che non si malate, possono lasciare la loro abitazione. Dovranno, tuttavia, indossare la mascherina Ffp2 a meno che non si trovino all'aperto e a una distanza di due metri dalle altre persone. E' vietato loro, inoltre, fare visita a ospedali, case di cura e strutture per disabili. Il ministro della Salute austriaco, Johannes Rauch, e il ministro del Lavoro, Martin Kocher, hanno in programma di presentare ufficialmente il loro "piano di gestione delle varianti" in una conferenza stampa.