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- Nelle persone con COVID-19 lieve o moderato, le cellule epiteliali hanno mostrato una maggiore attivazione dei geni coinvolti nelle risposte antivirali, in particolare i geni stimolati dall'interferone di tipo I, un allarme molto precoce che raduna il sistema immunitario più ampio.
- Nelle persone che hanno sviluppato un grave COVID-19, che richiedeva ventilazione meccanica, le risposte antivirali sono state notevolmente attenuate. In particolare, le loro cellule epiteliali avevano una risposta silenziata all'interferone, nonostante ospitassero elevate quantità di virus. Allo stesso tempo, i loro tamponi avevano un numero maggiore di macrofagi e altre cellule immunitarie che stimolano le risposte infiammatorie.
- Indagine Covid, 80% Italiani disponibile a vaccinarsi, 50% favorevole all' obbligo
- prima rilevazione (15.000 casi), interviste quotidiane dal 6 aprile al 7 luglio 2020;
- seconda rilevazione (3.000 casi), interviste nel periodo natalizio, dal 21 al 31 dicembre 2020;
- terza rilevazione (8.213 casi), interviste quotidiane dal 17 marzo al 6 giugno 2021. Questa fase è ricerca è stata resa possibile da un finanziamento della Fondazione Cariplo.
- La grande maggioranza degli italiani è disponibile a vaccinarsi, oltre l’80%.
- La disponibilità a vaccinarsi è in continua crescita: a dicembre 2020, il 60% dichiarava di essere disponibile a vaccinarsi, a giugno si è raggiunto l’85% (molti di questi già vaccinati).
- I contrari al vaccino sono invece una minoranza che si è ridotta ulteriormente in questi mesi: a dicembre erano il 12%, oggi sono solo il 5%, mentre la percentuale di chi è poco disponibile a vaccinarsi passa da circa il 10% di marzo a circa il 6% di giugno.
- I più propensi a vaccinarsi sono gli anziani over 65 e i giovani nella fascia 18-24. Le fasce d’età centrali (25-54 anni) sono quelle in cui c’è un maggior numero di indecisi o contrari al vaccino. Più del 10% dichiara di essere poco o per niente disponibile a fare il vaccino anti COVID-19.
- Tra gli scettici, la principale preoccupazione riguarda gli effetti collaterali, anche se il numero è in diminuzione. A dicembre circa il 16% degli intervistati era preoccupato per gli effetti collaterali, oggi il 5%.
- Sono invece pochi quelli contrari ai vaccini per principio, solo il 3% del popolazione maggiorenne.
- Cresce il consenso per l’obbligatorietà del vaccino. Oggi più del 50% degli italiani è a favore, a dicembre solo il 40%. I progressi del piano vaccinale sembrano quindi produrre maggiore consenso per l’obbligatorietà dei vaccini anti COVID-19, visti i positivi effetti sulla riduzione dei contagi.
- La maggior parte degli italiani non ha dubbi sulla sicurezza del vaccino e si fida della comunità scientifica (oltre il 60%).
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Decidere i ricoveri dei pazienti con sintomi da COVID-19 anche sulla base dell’osservazione diretta e non solo attraverso criteri prognostici; non utilizzare nelle fasi iniziali farmaci steroidei, utili invece nelle fasi evolutive della malattia; privo di evidenze l’uso di idrossiclorochina, sia per i pazienti curati a casa che per quelli ospedalizzati; sì all’uso degli anticorpi monoclonali nei pazienti non ricoverati ad elevato rischio di progressione della malattia, mentre non è raccomandato l’uso sui pazienti ricoverati.
Sono alcune delle raccomandazioni contenute nelle prime Linee Guida Italiane per la gestione dei pazienti adulti con COVID-19 al di fuori delle terapie intensive, messe a punto dalla Società Italiana di Terapia Antinfettiva (SITA) e dalla Società Italiana di Pneumologia (SIP) e appena pubblicate sulla rivista Infectious Diseases and Therapy.
Le Linee Guida, basate sulla revisione sistematica di 279 studi clinici condotta per circa un anno, mettono alcuni punti fermi – con diversi gradi di evidenza scientifica – sulle più importanti questioni sulle quali la comunità scientifica si confronta da quando è esplosa la pandemia: quando si rende necessario il ricovero; quali terapie vanno somministrate ai pazienti non ricoverati e ospedalizzati; qual è l’effettiva efficacia di alcune terapie sulle quali si è molto dibattuto in questi mesi.
«Queste Linee Guida, le prime emanate a livello nazionale, sono il contributo che l’Italia mette a disposizione della comunità scientifica internazionale per la gestione del COVID-19: a diciotto mesi dall’inizio dell’epidemia, per la prima volta medici e Istituzioni possono avvalersi di una serie di raccomandazioni che scaturiscono dall’analisi della letteratura scientifica internazionale sulle principali strategie terapeutiche – afferma Matteo Bassetti, Presidente SITA, Professore ordinario di Malattie Infettive, Dipartimento di Scienza della Salute, Università degli Studi di Genova e Direttore Clinica Malattie Infettive, Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova – le nostre due Società scientifiche hanno lavorato secondo una logica multidisciplinare - con il coinvolgimento di infettivologi, pneumologi, rianimatori e farmacologi - approccio fondamentale per la gestione di questa malattia e consolidato da tutte le strutture ospedaliere. Ora ci auguriamo che queste Linee guida possano essere tradotte come Linee Guida istituzionali dalle autorità sanitarie».
Il documento della SITA e della SIP risponde a 10 domande chiave sulla gestione del COVID-19 che abbracciano tutto il percorso di cura dei pazienti al di fuori delle terapie intensive, dalla scelta sull’invio in ospedale, alle terapie da somministrare a casa o in ospedale fino ai criteri per la dimissione dall’ospedale.
«Questo documento è il frutto della collaborazione tra le nostre Società scientifiche e conferma il lavoro comune svolto in questi mesi da infettivologi e pneumologi sul campo, per contrastare l’emergenza Covid-19 – afferma Francesco Blasi, Presidente SIP, Professore di Medicina Respiratoria, Dipartimento di Fisiopatologia e Trapianti, Università degli Studi di Milano e Direttore di Medicina Interna, Unità Respiratoria e Centro Fibrosi Cistica Adulta, Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico Milano – le nostre Linee Guida si basano su una metodologia stringente, che ha prodotto raccomandazioni facilmente leggibili per il loro peso relativo e che, oltre alla loro coerenza intrinseca, sono allineate con le indicazioni delle Istituzioni come Agenas e Ministero della Salute e risultano in linea con le conoscenze attuali e le indicazioni di altre Società scientifiche».
Per quanto riguarda la scelta di ospedalizzare i pazienti, sulla base delle evidenze a oggi disponibili nessun criterio prognostico, come ad esempio il PSI-Pneumonia Severity Index, permette di prevedere in quali casi il ricovero si renda necessario per controllare il rischio di progressione della malattia. Per questo, le Linee Guida raccomandano che l’ospedalizzazione sia decisa anche considerando criteri osservabili direttamente dal medico, come ad esempio saturazione di ossigeno uguali o inferiore a 92%, una frequenza respiratoria superiore a 30 atti respiratori al minuto, dispnea a riposo.
Pazienti non ricoverati: no a idrossiclorochina, antivirali e steroidi, sì ad anticorpi monoclonali
Nel caso di pazienti curati a casa, le Linee Guida sconsigliano l’uso di idrossiclorochina, non suffragato da evidenze, e di corticosteroidi, in quanto ostacolo alla risposta infiammatoria che contrasta la replicazione virale nella fase iniziale della malattia. Non è raccomandato l’uso di antivirali, mentre gli antibiotici vanno utilizzati come trattamento empirico solo in caso di sospetta co-infezione o superinfezione batterica.
Il documento convalida invece l’uso degli anticorpi monoclonali neutralizzanti nei pazienti non ricoverati con malattia lieve/moderata a rischio di progressione entro 10 giorni dall’insorgenza dei sintomi (mentre non si ritiene utile la somministrazione di anticorpi monoclonali nei pazienti già ricoverati).
Pazienti ricoverati: ok a steroidi, immunomodulatori non steroidei e anticoagulanti. No al plasma iperiummune
Per i pazienti ricoverati, via libera per l’uso di immunomodulatori non steroidei come tocilizumab e baricitinib (in aggiunta a remdesivir), rispettivamente, nei pazienti ospedalizzati che non rispondono al trattamento con farmaci steroidei e una saturazione inferiore a 92% e nei pazienti che richiedono supporto respiratorio non in trattamento con steroidi.
I farmaci steroidi, sconsigliati nelle fasi iniziali, si sono dimostrati molto utili nelle fasi evolutive di malattia, quando l’eccessiva risposta infiammatoria prevale sull’azione del virus e porta una quota di pazienti verso le condizioni di maggiore gravità. Le Linee Guida raccomandano desametasone alla dose di 6 mg/die nei pazienti che presentino insufficienza respiratoria e necessità di supporto di ossigeno.
Tra gli antivirali viene consigliato solo l’uso di remdesivir nei pazienti ricoverati con necessità di supporto respiratorio, mentre una forte raccomandazione è rivolta a escludere l’uso di lopinavir/ritonavir e idrossiclorochina. Sconsigliato l’uso routinario di antibiotici nei pazienti ricoverati, salvo in caso di comprovata infezione batterica.
Forte anche la raccomandazione per l’uso in profilassi degli anticoagulanti nei pazienti ospedalizzati, in quanto nella maggior parte degli studi risulta associato a un’effettiva riduzione della mortalità.
Al momento non supportato dagli studi clinici l’utilizzo di plasma o di immunoglobuline iperimmuni e quindi non raccomandato se non all’interno di studi clinici randomizzati.
Valutazione positiva per la ventilazione meccanica non invasiva (NIV) e per la CPAP (pressione continua positiva delle vie aeree) nei pazienti ospedalizzati con insufficienza respiratoria, anche se si rendono necessari studi randomizzati per valutare il peso di questo intervento.
Le Linee Guida saranno aggiornate dalle due Società scientifiche sulla base delle nuove evidenze che si renderanno disponibili o per valutare altri aspetti cruciali nella gestione del COVID-19, come gli effetti a lungo termine della malattia.
La Corte Superiore di Giustizia della Catalogna (TSJC) ha approvato il decreto del governo che estende il coprifuoco per altre due settimane in 176 comuni catalani, tredici in più rispetto ad oggi, e interesserà oltre sei milioni di catalani, l'80% della popolazione.
I magistrati hanno dato l'avallo giudiziario a questa misura che sarà applicata nei comuni con un'incidenza della pandemia pari o superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti, ha spiegato il TSJC. La soglia di incidenza si è inasprita rispetto alle settimane precedenti, quando era fissata a 400 casi ogni 100.000 abitanti.
Quindi è stato autorizzato il divieto di mobilità tra l'1:00 e le 6:00 del mattino richiesto dal governo fino al 20 agosto. I giudici hanno anche avallato la proroga di 14 giorni della limitazione degli incontri a 10 persone e la chiusura di tutte le attività alle 00:30, restrizioni che il Governo prevede di estendere per tutta l'estate. Igualada (Barcellona), El Vendrell (Tarragona), Salt and Roses (Girona) sono le quattro aree più grandi che entrano questa settimana nell'elenco dei comuni in cui ci sarà il coprifuoco.
Due cambiamenti: durerà due settimane e non sette giorni come prima. Inoltre, sono cambiati i criteri per includere un comune nel coprifuoco, ovvero un'incidenza di 250 casi ogni 100.000 abitanti negli ultimi sette giorni e non più 400, riporta edDiario. "Se le circostanze e i dati stanno cambiando, sarà necessario soddisfare queste richieste", affermano i giudici, che fanno riferimento nella loro ordinanza al rapporto sanitario fornito dalla Generalitat che, nonostante qualche "velato pronunciamento ottimista", rivela la "situazione epidemiologica" in cui si trova la Catalogna a causa dell'estensione della variante delta, il 62% più contagiosa.
Si intravede però una luce, dato che in Catalogna gli indicatori epidemiologici registrano un altro leggero calo. Anche negli ospedali scendono i ricoveri ordinari e nelle terapie intensive (Ucis) per il secondo giorno consecutivo. Nelle ultime 24 ore sono stati dichiarati 3.359 contagi con 916.656 i positivi dall'inizio della pandemia. Gli ospedali hanno registrato 68 ricoveri in meno (2.080) e 576 in Ucis (5 in meno).
La Sicilia divisa in quattro fasce di rischio in base al numero di contagi associato alla percentuale di popolazione che ha completato il ciclo vaccinale. È questo il punto centrale, spiega una nota della Regione, del parere elaborato dal Comitato tecnico scientifico per l'emergenza Covid in Sicilia, per proporre un modello operativo territoriale finalizzato a interventi di mitigazione e contenimento della pandemia da Sars-CoV-2.
L'adesione alla campagna vaccinazione diventa un parametro ulteriore per la valutazione dello scenario epidemico a livello locale e, dunque, per stabilire restrizioni più o meno forti. Secondo il Cts, sono da collocare in zona ad "alto rischio" i comuni e le province in cui è elevato l'indice di contagio (maggiore di 250 casi su centomila abitanti), ma la copertura vaccinale è inferiore al 70 per cento di tutta la popolazione o inferiore all'80 per cento della popolazione over 60. Il documento, ancora la nota, analizza la situazione attuale in Sicilia. La progressiva estensione della campagna vaccinale ha determinato una riduzione dell'ospedalizzazione, sebbene in uno scenario di diffusione crescente dei contagi. Inoltre, la Sicilia attualmente è tra le regioni con casistica giornaliera e tassi di incidenza settimanale più alti (ad oggi supera i 95 casi su centomila abitanti) sebbene permanga nella fascia più a basso rischio con rifermento all'occupazione dei posti letto.
La curva epidemica è sostenuta attualmente dalle fasce d'età giovanili, sia per la maggiore propensione alla mobilità e ai contatti interpersonali, sia perché tra i ragazzi si registrano attualmente i più bassi livelli di copertura vaccinale. Il calo di ospedalizzazione in presenza di una crescente circolazione virale ha comportato una revisione dei criteri per l'assegnazione delle "zone" alle regioni da parte della Cabina di regia nazionale presso il ministero della Salute, tenendo conto anche del parametro dell'occupazione dei posti letto e non solamente dell'incidenza dei contagi. Il Cts, pertanto, nel documento rimarca che "è necessario accelerare i tempi per raggiungere un'elevata copertura vaccinale e il completamento dei cicli di vaccinazione per prevenire ulteriori recrudescenze di episodi di aumentata circolazione del virus, sostenute da varianti emergenti con maggiore trasmissibilità e anche a causa della presenza di focolai causati dalla variante virale "delta" in Italia e delle attuali coperture vaccinali".
"È opportuno - scrive il Comitato presieduto da Salvatore Scondotto - rispettare misure e comportamenti per limitare l'ulteriore diffusione della circolazione virale. Ad oggi - ribadisce il Cts - il vaccino è l'unica arma efficace nella lotta contro la pandemia da Sars-CoV-2, grazie alla riduzione della contrazione/trasmissione del virus, dello sviluppo di sintomaticità e/o malattia, della riduzione dell'ospedalizzazione e della mortalità ma, soprattutto, grazie al potenziale sviluppo di un'immunità di gregge".
Alla luce dell'attuale situazione epidemiologica, sulla scorta del monitoraggio dei dati è possibile immaginare, per una migliore strategia di prevenzione e contenimento dell'infezione, uno schema di valutazione decisionale che si adatti dinamicamente a una serie di parametri tra cui: incidenza cumulativa settimanale; percentuale di vaccinati sulla popolazione generale e a rischio; rapporto tra contagi-ospedalizzazione-posti letto dei soggetti Covid-19 positivi; andamento dei ricoveri in relazione alle pubblicazioni casistiche nazionali e internazionali. Resta fermo, a parere del Cts, che "l'unico parametro di riferimento scientificamente attendibile per la limitazione della circolazione e della diffusione del virus e, soprattutto per il contenimento dei suoi effetti negativi sulla salute del singolo e della collettività, è la vaccinazione completa (doppia dose o monodose secondo vaccino somministrato)".
"Alla luce delle evidenze scientifiche in tema di politiche di mobilità sicura (quarantena, doppio tampone e certificato verde come per esempio il modello inglese) - aggiunge il Cts - un qualsiasi modello di contenimento della diffusione dell'infezione e dei suoi effetti più gravi sulla salute del cittadino non può prescindere oggi da misure di mobilità razionale in contesti di insufficienti percentuali di vaccinazione".
Nel dettaglio, il modello proposto, oltre alla zona ad "alto rischio", prevede: il "medio rischio" (maggiore di 150, ma inferiore a 250 contagi ogni centomila abitanti, con una copertura vaccinale inferiore al 70 per cento di tutta la popolazione o inferiore all'80 per cento degli over 60); il "basso rischio" (tra 150 e 250 contagi ogni centomila abitanti con una copertura vaccinale maggiore del 70 per cento di tutta la popolazione o maggiore dell'80 per cento degli over 60, ovvero da 50 a 150 contagi per centomila abitanti con una copertura vaccinale superiore al 60 per cento della popolazione o al 70 per cento per gli over 60); il "bassissimo rischio" (inferiore ai 50 contagi per centomila abitanti e una copertura vaccinale maggiore del 70 per cento). Pertanto sono a rischio di provvedimenti restrittivi di maggiore intensità quei comuni in cui, al superamento della soglia stabilita di casi settimanali in rapporto alla popolazione residente, si dovesse anche registrare una scarsa partecipazione della popolazione alla campagna vaccinale.
In aggiunta, in condizioni di difficoltà delle operazioni di "contact tracing" da parte del dipartimento di Prevenzione dell'Asp competente, suggerite dai numerosi focolai di minime dimensioni presenti nelle province siciliane, si conferma "la necessità, qualora si rilevino condizioni di rischio aumentato, di introdurre ulteriori misure di contenimento".
Con l'avvio della stagione turistica estiva, i Carabinieri dei Nas, d'intesa con il ministero della Salute, hanno realizzato una campagna di controlli negli stabilimenti balneari e relativi esercizi di ristorazione, bar e ulteriori servizi forniti a favore dei vacanzieri, ubicati delle aree costiere marittime e dei laghi, eseguendo, sino ad oggi, 886 controlli.
Le attività, condotte su tutto il territorio nazionale, hanno riguardato, in particolare, la verifica sull'attuazione delle misure di contenimento alla diffusione da Covid-19 (corretto distanziamento degli ombrelloni, uso di dispositivi di protezione individuale e mascherine facciali, presenza di dispenser per la disinfezione delle mani dei sistemi per la rilevazione della temperatura corporea e delle informazioni per la clientela, etc.).
I militari dei Nas hanno rilevato 258 situazioni di irregolarità (il 29% degli obiettivi ispezionati), determinando anche l'emissione di provvedimenti di chiusura e sospensione di 21 attività, a causa di gravi carenze igienico sanitarie riscontrate nelle aree adibite alla ristorazione, alla preparazione dei pasti e alla conservazione degli alimenti.
Sono state deferite 17 persone all'Autorità giudiziaria e 217 a quella amministrativa, eseguendo il sequestro di oltre 1,3 tonnellate di prodotti alimentari e materie prime destinati alla preparazione dei pasti, principalmente riconducibili a prodotti a base di pesce, per un valore complessivo di circa 77 mila euro.
Le 351 violazioni complessive contestate, per un ammontare di sanzioni pari a 202 mila euro, hanno riguardato numerosi episodi di inosservanza alla normativa per la prevenzione della diffusione epidemica, come l'assenza di cartellonistica informativa per gli avventori e la mancanza delle periodiche pulizie e sanificazioni. In molti casi, sono stati scoperti alimenti, pronti per la somministrazione alla clientela, in cattivo stato di conservazione, scaduti di validità, privi di qualsiasi indicazione utile a stabilirne le origini e la tracciabilità o sottoposti ad arbitrarie procedure di congelamento, senza seguire le corrette procedure stabilite dai piani di autocontrollo.
Inoltre, talune violazioni hanno interessato carenze igieniche e strutturali degli ambienti e dei locali adibiti alla preparazione e somministrazione dei pasti, spesso rimediati in spazi ristretti, privi dei minimi requisiti per garantire condizioni ottimali di funzionamento, interessati da sporco pregresso e non sottoposti alle manutenzioni ordinarie e straordinarie.
I controlli dei Carabinieri Nas proseguiranno allo scopo di garantire la salute dei cittadini e la sicurezza del consumatore.
Tra le operazioni più rilevanti:
NAS POTENZA La titolare di uno stabilimento balneare ubicato in Policoro (MT), con annessa attività di bar pizzeria, è stata sanzionata per aver mantenuto l'attività in gravi carenze igienico-strutturali, per aver detenuto alimenti privi di documentazione attestante la tracciabilità. L'attività di ristorazione, a causa delle carenze igieniche accertate è stata oggetto di chiusura con sequestro di 20 kg di alimenti. Il valore di quanto vincolato ammonta a 200.000 euro circa. Sempre in Policoro, il Nas ha effettuato un controllo presso un altro stabilimento che ha determinato la chiusura di un deposito di alimenti abusivo il cui valore ammonta a 50.000 euro circa.
NAS DI PESCARA Dal controllo di due stabilimenti balneari, ubicati a Pescara ed Ortona (CH), con annesse attività di ristoro, sono risultate gravi carenze igienico-sanitarie e, in un caso, l'attivazione abusiva di un deposito di alimenti. Le criticità riscontrate hanno determinato rispettivamente la sospensione delle attività di ristorazione e la chiusura del magazzino.
In Francavilla al Mare (CH), a seguito di ulteriore controllo eseguito in un altro stabilimento balneare con annessa attività di somministrazione, è stata segnalata la titolare per aver detenuto per la successiva somministrazione alimenti scaduti di validità, privi di tracciabilità e congelati abusivamente.
Sequestrati kg 22 di alimenti non idonei al consumo umano i quali sono stati avviati alla distruzione.
NAS SALERNO Sanzionati i legali responsabili di due distinti stabilimenti balneari, entrambi con annessa attività di ristorazione, ubicati nel comune di Pontecagnano-Faiano (SA), risultati interessati da carenze igienico-strutturali. In uno di essi, si è proceduto alla chiusura di un'area adibita abusivamente al lavaggio di materiale a contatto con gli alimenti, mentre nell'altro sono state accertate violazioni alle disposizioni per il contenimento del Covid-19, tra le quali la mancata sanificazione periodica.
Complessivamente sono stati sequestrati kg 35 di alimenti non tracciati, per un valore di 500 euro circa.
NAS LIVORNO Il legale responsabile di uno stabilimento balneare di Marina di Pisa, con annessa attività ricettiva, è stato deferito all'A.G. per aver alloggiato ospiti in 6 chalet di proprietà, omettendo di comunicare la loro presenza all'Autorità di P.S..
Il medesimo Nucleo, nel comune di Vecchiano (PI), ha segnalato all'Autorità amministrativa il legale responsabile di uno stabilimento balneare, con annessa attività di ristorazione, per aver mantenuto il deposito di alimenti in precarie condizioni igienico sanitarie, con esfoliazione d'intonaco, discontinuità nella pavimentazione e sporco pregresso e diffuso in tutto l'ambiente.
L'Asl competente, ad esito delle risultanze rilevate dal Nas, ha disposto l'immediata chiusura del locale con sospensione dell'attività di ristorazione. Il valore di quanto vincolato ammonta ad oltre 100.000 euro circa.
NAS TARANTO L'ASL competente, a seguito di pregressa ispezione effettuata dai Carabinieri del NAS di Taranto, ha disposto la chiusura di due strutture mobili adibite a deposito di alimenti e bevande annesse a uno stabilimento balneare sito in Ostuni (BR), poiché erano stati attivate in assenza di autorizzazione ed erano prive degli essenziali requisiti igienico sanitari e strutturali.
NAS SASSARI Denunciati i titolari di due chioschi-bar ubicati entrambi ubicati in prossimità delle spiagge del comune di Porto Cervo per aver detenuto complessivamente 85 kg circa di prodotti ittici, carnei e pane risultati in cattivo stato di conservazione poiché congelati arbitrariamente e tenuti in contenitori non destinabili al contatto con gli alimenti.
NAS TORINO Denunciato il titolare di uno stabilimento balneare, con annessa attività di ristorazione, ubicato nel comune di Lesa (NO), sulle rive del lago Maggiore, poiché ritenuto responsabile non aver indicato sul menù preparazioni alimentari e pietanze congelate all'origine.
NAS DI POTENZA Segnalato all'Autorità Sanitaria ed Amministrativa il titolare di uno stabilimento balneare, ubicato in Scansano Jonico (MT) poiché ritenuto responsabile di aver condotto l'annessa attività di bar ristorante in locali interessati da carenze-igienico strutturali e detenuto prodotti ittici e carnei privi di documentazione attestante l'origine/provenienza. Sequestrati kg 40 di alimenti per un valore complessivo di 800 euro circa.
NAS PALERMO È stato deferito il gestore di uno stabilimento balneare ubicato sulla costa agrigentina poiché ritenuto responsabile di aver detenuto, nel locale adibito ad infermeria, una bombola di ossigeno scaduta di validità.
NAS CATANZARO Deferito il legale rappresentante di uno stabilimento balneare sito in Vibo Valentia per aver detenuto 120 kg di prodotti ittici congelati in cattivo stato di conservazione. Inoltre, è stata disposta la chiusura di un locale adibito a deposito alimenti gravato da carenze igienico-sanitarie e strutturali.
NAS CAGLIARI Segnalato alla competente Autorità Amministrativa e sanitaria il legale rappresentante di uno stabilimento balneare sito in Sant'Anna Arresi (CA), per aver omesso di comunicare al locale comune la presenza presso il proprio chiosco di ambienti ed attrezzature destinati alla preparazione e somministrazione di alimenti. I locali venivano sottoposti a sequestro amministrativo.
La Lombardia si attiva per preservare la didattica in presenza. La giunta regionale ha approvato una delibera che estende l'offerta dei test antigenici rapidi anche alla fascia 6-13 anni, quella non coperta dalle vaccinazioni (e quindi più esposta al virus).
Chi lo richiede potrà effettuare gratuitamente nelle farmacie e nei centri delle Asst due tamponi al mese, uno ogni 15 giorni. "Andiamo ad allargare l'offerta che già nei mesi scorsi abbiamo previsto per gli studenti dai 14 ai 19 anni", spiega la vicepresidente Letizia Moratti. L'iniziativa, che partirà il 23 agosto, si prolungherà fino a quando il quadro pandemico lo renderà necessario, in ogni caso fino a ottobre. Come osserva l'assessora al Welfare, "un'attività di questo tipo rivolta alla popolazione scolastica può rivelarsi fondamentale sulla strada del controllo e della prevenzione".
L'attività di testing negli ultimi mesi, facilitando l'individuazione precoce delle catene di trasmissione, ha infatti contribuito a limitare la diffusione dei contagi. Secondo i dati forniti dalla Regione, nel periodo febbraio-maggio 2021 per la fascia di età 14-19 anni sono stati eseguiti 258.601 tamponi; per la classe di età 11-13 anni, 127.813 tamponi; per la fascia 6-10 anni, 171.169 test. Nello stesso periodo si sono registrati 19.708 casi tra gli over 14, 12.099 tra la fascia 11-13 anni e 9.264 e tra la fascia 6-10 anni. "In vista dell'avvio del nuovo anno scolastico- commenta in conclusione l'assessore regionale all'Istruzione Fabrizio Sala- questa possibilità aiuta i ragazzi e le famiglie a tenere monitorata la situazione visto che i giovanissimi non sono ancora vaccinati".
Visite nelle strutture per anziani e disabili 7 giorni su 7 per un massimo di 45 minuti. In una circolare inviata dal ministero della Salute al coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle Regioni, Raffaele Donini, "si richiama l'attenzione sull'opportunità di assicurare a un familiare dell'ospite della struttura, purché munito delle certificazioni verdi Covid, l'accesso alle residenze sanitarie assistenziali e alle residenze per persone con disabilità tutti i giorni della settimana, anche i festivi, garantendo al contempo che la visita si svolga in un tempo congruo al bisogno di assistenza, di durata possibilmente sino a 45 minuti".
Obiettivo della circolare, firmata dall'Ufficio legislativo del dicastero, è assicurare "l'applicazione uniforme sul territorio nazionale" delle norme che regolano le viste nelle residenze per anziani (Rsa) e per persone con disabilità (Rsd), dopo "diverse e numerose richieste di chiarimento pervenute relativamente alle modalità di accesso/uscita degli ospiti e visitatori presso le strutture di ospitalità e lungodegenze". Nel testo si invitano gli assessorati regionali a "effettuare controlli a campione sull'applicazione di tutte le misure, protocolli e linee guida adottati in materia" e a "garantire la massima diffusione delle indicazioni operative a tutte le strutture del Servizio sanitario nazionale".
"Quanto alla possibilità di prevedere quale requisito di accesso alle predette strutture l'esecuzione di tamponi antigenici rapidi anche da parte delle persone in possesso della certificazione Covid ad altro titolo", si raccomanda di "valutare tale misura precauzionale con la massima cautela - si legge nella circolare - onde evitare che possa rappresentare una limitazione non giustificata al diritto di visita".
Infine, "con riferimento alle uscite temporanee degli ospiti dalla strutture residenziali", nel testo si rammenta che "è sufficiente che tali soggetti siano muniti delle certificazioni verdi Covid-19, senza che sia necessario dopo il rientro ricorrere a specifiche misure di isolamento se non in casi particolari rimessi alle decisioni delle direzioni sanitarie".
Le misure introdotte lo scorso autunno con il DPCM del 3 novembre 2020 per mitigare l’epidemia di COVID-19 in Italia hanno permesso di ridurre la trasmissibilità (Rt) di SARS-COV-2 del 13-19% in zona gialla, del 27-38% in zona arancione e del 36-45% in zona rossa.
È questo il risultato principale di uno studio congiunto tra Fondazione Bruno Kessler, Istituto Superiore di Sanità e INAIL pubblicato sulla rivista Nature Communications.
Lo studio ha evidenziato come la zona gialla sia stata efficace nello stabilizzare l’incidenza dei casi, portando l’Rt a valori intorno ad 1, mentre le zone arancione e rossa hanno prodotto una sostanziale riduzione di incidenza abbassando l’Rt a valori tra 0.80 e 0.93 (zona arancione) e tra 0.74 e 0.83 (zona rossa). Nell’insieme, le misure hanno ricondotto l’epidemia sotto controllo in 85 province su 107 entro 3 settimane dalla loro introduzione, evitando nello stesso periodo complessivamente circa 25.000 ricoveri, ovvero oltre metà dei 44.000 effettuati. Gli effetti positivi sulla riduzione dei ricoveri, tuttavia, sono ancora più significativi se osservati su tempi più lunghi, in virtù della riduzione nell’incidenza di infezione ottenuta con le misure.
Per la ricerca sono stati utilizzati i dati della sorveglianza integrata e quelli sulla mobilità pubblica, elaborati con dei modelli matematici per quantificare l’associazione tra le misure e il cambiamento nell’R(t) tra la settimana 30 ottobre-5 novembre, prima dell’introduzione delle ‘zone’, e quella 19-25 novembre, quando l’effetto si può considerare stabilizzato.
Lo studio ha inoltre evidenziato che anche la più restrittiva delle zone ha prodotto riduzioni delle attività sociali significativamente minori rispetto al lockdown della primavera 2020: ad esempio, a fronte di un tempo medio passato in casa dagli italiani di circa 16 ore al giorno in tempi pre-pandemici (dato Istat), nelle zone rosse si è stimato un tempo di 18.7 ore al giorno contro le circa 20.3 durante il lockdown.
I sintomi dell'infezione precoce da COVID-19 differiscono tra i gruppi di età e tra uomini e donne, secondo una nuova ricerca del King College di Londra.
Queste differenze sono più evidenti tra i gruppi di età più giovani (16-59 anni) rispetto ai gruppi di età più avanzata (60->80 anni) e gli uomini hanno sintomi diversi rispetto alle donne nelle prime fasi dell'infezione da COVID-19.
Il documento, pubblicato su Lancet Digital salute e condotto da ricercatori del King College di Londra analizza i dati da ZOE COVID Symptom Study tra il 20 aprile e il 15 ottobre 2020. Le persone coinvolte sono state inviatate a fare il test alla comparsa di nuovi sintomi, grazie ad un'iniziativa congiunta con il Dipartimento della Salute e dell'Assistenza Sociale. I ricercatori hanno modellato i primi segni di infezione da COVID-19 e hanno rilevato con successo l'80% dei casi, valutando i sintomi auto-riferiti in 3 giorni.
I ricercatori hanno confrontato la capacità di prevedere i primi segni di infezione da COVID-19, utilizzando gli attuali criteri diagnostici del Servizio sanitario nazionale del Regno Unito e un modello di processo gaussiano gerarchico. Si tratta di modello di apprendimento automatico, che è stato in grado di incorporare alcune caratteristiche della persona colpita, come età, sesso e condizioni di salute, e ha mostrato che i sintomi dell'infezione precoce da COVID-19 sono diversi tra i vari gruppi.
Sono stati esaminati 18 sintomi, che avevano rilevanza diversa per la diagnosi precoce in diversi gruppi. Quelli più importanti per la diagnosi precoce in generale includevano perdita dell'olfatto, dolore toracico, tosse persistente, dolore addominale, vesciche ai piedi, dolore agli occhi e dolore muscolare insolito. Tuttavia, la perdita dell'olfatto ha perso significato nelle persone di età superiore ai 60 anni e non era rilevante per i soggetti di età superiore a 80. Altri sintomi precoci come la diarrea erano fondamentali nei gruppi di età più avanzata (60-79 e >80). La febbre, pur essendo un sintomo noto della malattia, non era una caratteristica precoce della malattia in nessun gruppo di età.
Gli uomini avevano maggiori probabilità di segnalare mancanza di respiro, affaticamento, brividi e brividi, mentre le donne avevano maggiori probabilità di segnalare perdita dell'olfatto, dolore al petto e tosse persistente.
Sebbene questi modelli siano stati generati nell'app ZOE COVID Symptom Study, i modelli sono stati replicati nel tempo e quindi validi anche su chi non ha partecipato al progetto. Sebbene i modelli siano stati utilizzati sul primo ceppo del virus e sulle varianti Alpha, i risultati chiave suggeriscono che i sintomi della variante Delta e delle varianti successive differiranno anche tra i gruppi di popolazione.
“Le persone sanno che i primi sintomi sono di vasta portata e possono sembrare diversi per ogni membro di una famiglia o di un nucleo familiare -afferma Claire Steves, autrice principale dello studio- Le linee guida per i test potrebbero essere aggiornate, per consentire di raccogliere i casi prima, soprattutto di fronte a nuove varianti altamente trasmissibili. Ciò potrebbe includere l'utilizzo di test rapidi ampiamente disponibili per le persone con uno di questi sintomi non fondamentali”.
“Attualmente, nel Regno Unito, vengono utilizzati solo pochi sintomi per raccomandare l'autoisolamento e ulteriori test -aggiunge la dott.ssa Liane dos Santos Canas, prima autrice del King's College di Londra- Con un numero maggiore di sintomi e solo dopo alcuni giorni di malessere, utilizzando l'intelligenza artificiale, possiamo rilevare meglio i casi positivi al COVID-19. Speriamo che un tale metodo venga usato per incoraggiare più persone a sottoporsi a test il prima possibile per ridurre al minimo il rischio di diffusione”.
"Come parte del nostro studio, siamo stati in grado di identificare che il profilo dei sintomi dovuti al COVID-19 differisce da un gruppo all'altro -sottolina il dottor Marc Modat,- Ciò suggerisce che i criteri per incoraggiare le persone a sottoporsi al test dovrebbero essere personalizzati, utilizzando informazioni individuali come l'età. In alternativa, si potrebbe prendere in considerazione un insieme più ampio di sintomi, in modo da tenere conto delle diverse manifestazioni della malattia nei diversi gruppi”.
Early detection of COVID-19 in the UK using self-reported symptoms: a large-scale, prospective, epidemiological surveillance study. The Lancet Digital Health. DOI 10.1016/S2589-7500(21)00131-X
Antonio Caperna
Come possono i pipistrelli coesistere con i virus, compresi vari tipi di coronavirus, senza soffrire delle malattie? I ricercatori del Center for Complexity & Biosystems dell'Università di Milano hanno studiato questa interessante questione e hanno scoperto che il successo nel tenere a bada i virus deriva dalle variazioni di temperatura corporea caratteristiche dei pipistrelli.
I pipistrelli sono rappresentati da più di 1.400 specie, circa un quarto di tutte le specie di mammiferi, popolano ogni tipo di habitat e sono gli unici mammiferi capaci di combattere in modo prolungato. Alcune specie di pipistrelli sono capaci di andare in letargo durante la stagione invernale, quando la temperatura diminuisce, le prede sono scarse e il fabbisogno di cibo può facilmente superare le risorse disponibili. Durante il giorno, la maggior parte dei pipistrelli diminuisce la propria attività ed entra in torpore per cacciare all'alba quando la temperatura esterna è più bassa e il cibo è più abbondante.
In un articolo appena pubblicato sul Journal of Royal Society Interface, i ricercatori del CC&B guidati da Caterina La Porta, docente di patologia generale presso il Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano e Stefano Zapperi, docente di fisica teorica presso il dipartimento di Fisica della stessa università, hanno dimostrato che le peculiari variazioni della temperatura corporea dei pipistrelli sono al centro della loro non convenzionale coesistenza con i virus. Utilizzando un modello minimo di interazione virus-ospite e analizzando i dati sperimentali della letteratura, i ricercatori sono stati in grado di valutare il contributo del torpore quotidiano nel mantenimento delle infezioni virali croniche nei pipistrelli.
"Abbiamo dimostrato che il torpore quotidiano contribuisce anche a una riduzione della risposta immunitaria, prevenendo i rischi correlati ad una infiammazione cronica" spiega Caterina La Porta. "Il nostro modello di interazione tra virus e risposta immunitaria presenta interessanti caratteristiche matematiche che mostrano come un attrattore quasi periodico non caotico rende il sistema più robusto contro le perturbazioni del ciclo sonno/veglia", conclude Stefano Zapperi.
Nel caso dell'infezione da coronavirus le gestanti si difendono meglio poiché "attivano una specifica risposta che difende dalla tempesta citochinica responsabile dei sintomi più gravi e dei decessi da Covid-19".
Lo dice uno studio scientifico dell'azienda ospedaliera universitaria di Modena e dell'Ateneo di Modena e Reggio Emilia pubblicato sulla rivista internazionale Nature Communications. I ricercatori modenesi Sara De Biasi, Domenico Lo Tartaro e Lara Gibellini, guidati dai professori Fabio Facchinetti e Andrea Cossarizza, hanno infatti identificato i meccanismi molecolari e cellulari, che il sistema immunitario delle donne gravide attiva per tenere sotto controllo l'infezione da Sars-CoV-2. L'articolo, dal titolo "Endogenous control of inflammation characterizes pregnant women with asymptomatic or paucisymptomatic Sars-CoV-2 infection", è uscito il 29 luglio.
Per studiare le molecole presenti nel plasma e le cellule del sangue coinvolte nella risposta immunitaria, i ricercatori hanno usato un originale approccio bioinformatico di "biologia dei sistemi" (system biology), che ha permesso di valutare le interazioni tra 62 molecole solubili plasmatiche (citochine primarie e secondarie) e le cellule presenti nel sangue periferico, si spiega. Queste ultime sono state studiate con un nuovissimo metodo di citometria di massa, messo a punto dai modenesi insieme al gruppo americano di Andrew Quong e Clare Rogers della Fluidigm di San Francisco. Questo metodo permette l'identificazione di oltre 270 miliardi di tipi cellulari diversi tra loro.
Dallo studio è emerso come siano pochissimi i parametri immunologici che presentano alterazioni simili a quelle delle pazienti non gravide affette dall'infezione da Sars-CoV-2. In questa comparazione, l'unica variazione era la presenza nel sangue di granulociti immaturi, cellule chiave del processo infiammatorio, le cui funzioni devono ancora essere chiarite. Al contrario, il livello plasmatico di alcune molecole con attività antinfiammatoria (come l'interleuchina (IL)-1RA, e le IL-10 e IL-19) era decisamente aumentato, mentre quello di molecole pro-infiammatorie (IL-17, il PD-L1 e il D-dimero) era ridotto. I tassi di interleuchina-6, la citochina chiave dell'infiammazione causata dal virus, sono rimasti invece invariati.
"In gravidanza il sistema immunitario lavora in modo particolare per permettere lo sviluppo del feto. In caso di infezione da coronavirus, le gestanti attivano una risposta specifica e nuova, che, proprio come un potente soffio di vento, spazza via la nota 'tempesta citochinica', responsabile dei sintomi più gravi e dei decessi legati al Covid-19", spiega Fabio Facchinetti, direttore della Struttura Complessa di Ostetricia e Ginecologia dell'Aou Modena. "Sono molto orgoglioso del fatto che il nostro gruppo sia stato il primo a studiare così nei dettagli l'assetto immunologico di queste pazienti" aggiunge Andrea Cossarizza, ordinario di Patologia e Immunologia all'Unimore. Lo studio è iniziato nel momento più caldo della pandemia ed è proseguito per diversi mesi, aggiunge. L'analisi bioinformatica dei dati prodotti dai ricercatori ha permesso di identificare alcuni meccanismi endogeni di regolazione della risposta infiammatoria che vengono messi in atto per controbilanciare la risposta stessa.
L'analisi ha consentito di capire come questi meccanismi servano verosimilmente per evitare all'organismo l'insorgenza di gravi danni. Di conseguenza, le molecole identificate nelle gestanti come responsabili del controllo immunitario potrebbero rappresentare nuovi e originali strumenti o bersagli terapeutici.
Per il direttore generale dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Claudio Vagnini, "passi avanti di questa portata in un momento storico di pandemia globalizzata sono possibili solo grazie alla sinergia tra elementi singoli che si completano tra loro: la clinica e la ricerca, l'ospedale universitario e l'Università degli Studi, la tenacia del lavoro quotidiano e il rispetto verso il dato scientifico". Infine il rettore di Unimore Carlo Adolfo Porro, sottolinea che lo studio "conferma, da un lato, l'alto valore scientifico dei nostri ricercatori e delle nostre ricercatrici e, dall'altro, l'attenzione che le rispettive istituzioni pongono ai temi direttamente connessi alla crisi pandemica. Siamo certi che questi eccellenti contributi nel campo della ricerca potranno essere strumenti fondamentali che permetteranno di incrementare ulteriormente le nostre conoscenze sui meccanismi di questa grave patologia".
Un totale di 54 società scientifiche in Catalogna, che riuniscono circa 26.000 professionisti, hanno rilasciato una dichiarazione per esprimere la loro "preoccupazione per l'accelerazione della quinta ondata di Covid-19", dovuta alla variante Delta e le ricadute su ospedali e centri di cure primarie (CAP).
La dichiarazione, rivolta "soprattutto ai giovani e alle persone non vaccinate", è stata letta oggi in una conferenza stampa dal Direttore delle malattie infettive dell'Ospedale del Mar (Barcellona), Juan Pablo Horcajada: "Questa epidemia è cambiata, non è più come a Wuhan; colpisce i giovani, non voglio essere allarmista ma più della metà degli ammessi sono sotto i 50 anni. A El Mar è stato ricoverato un giovani di 17 anni", ha detto Horcajada, che è anche presidente della Società catalana di malattie infettive e microbiologia clinica, riporta ElPeriodico. I ricoveri, infatti, stanno interessando in particolare i giovani che non hanno ancora ricevuto il vaccino e le persone che lo hanno rifiutato.
Il comunicato di questa società avverte che "la mortalità è di nuovo in aumento" a causa del Covid-19, che sta colpendo "altri pazienti" con altre patologie che non vengono curate come dovrebbero. "Trasmettiamo la nostra allerta perché, pur essendo favorevoli all'aumento delle restrizioni, vogliamo invocare la responsabilità personale. Una società matura non ha bisogno di obblighi o divieti per capire le cose. Il contagio si sta diffondendo nuovamente agli anziani. Questo è un grande chiamata a fermare questa quinta ondata tra tutte", ha letto l'infettologo.
Insieme a Horcajada, il Segretario della Sanità Pubblica della Catalogna, Carmen Cabezas, ha evidenziato che, tra i ricoverati negli ospedali per Covid-19 dal 1 luglio, il 63,5% non era vaccinato, il 10% aveva una sola dose e il 26% entrambe. Lo stesso nelle unità di terapia intensiva (Ucis): in questo mese di Luglio il 73% non era vaccinato, il 12% aveva una dose e il 15% tutte e due. "E la maggior parte di quelli ammessi senza vaccinazione ha l'età in cui viene offerta la vaccinazione", ha sottolineato Cabezas.
Sebbene la mortalità da Covid-19 in questa ondata sia in crescita, è comunque inferiore rispetto ad altre ondate. Adesso si registra una media di sei decessi giornalieri per coronavirus (anche se ieri si è raggiunta la preoccupante cifra di 58), mentre nella quarta ondata la media è stata di 12 decessi giornalieri; nella terza 48; nella seconda 45; e nella prima 191. "La curva della pandemia ha iniziato a piegare, quindi speriamo di avere numeri migliori ogni giorno", ha detto Cabezas, che ha previsto che i ricoveri in Ucis continueranno a crescere "questa settimana e la prossima", ma dopo "dovrebbe andare giù".
Questo mercoledì in Catalogna ci sono 2.243 persone con Covid negli ospedali, di cui 549 in Ucis. Il ministro della Salute, Josep Maria Argimon, ha detto oggi in Parlamento che ad agosto si raggiungerà il picco di 700 pazienti in Ucis, cifra che è stata raggiunta nella terza ondata, dopo Natale, la più mortale dopo la prima.
Il vaccino ha abbassato l'età media dei ricoverati negli ospedali e nell'Ucis, poiché gli anziani sono i più immunizzati. L'età media dei ricoverati è scesa da 71 a 53 anni. Nell'ucis, dal 63 al 31.
Come ha detto Cabezas, la Spagna è tra i paesi al mondo "che hanno somministrato il maggior numero di vaccini". Il “quarto Paese al mondo”, secondo il responsabile della Medicina Preventiva dell'Hospital Clínic, Antoni Trilla, presente alla conferenza stampa.
In Catalogna, il 68% di coloro che hanno più di 18 anni ha già effettuato la doppia dose e, in Spagna, il 61%. Inoltre, la pandemia sta già diminuendo in Spagna, come nel Regno Unito e nei Paesi Bassi. Sono i tre Paesi europei "dove la variante Delta ha avuto un effetto molto evidente".
Covid e variante Delta, in Usa mascherine al chiuso anche per i vaccinati, per prevenire un'ulteriore diffusione della variante nel Paese. E' quanto raccomandano i Centers for Disease Control and Prevention (CDC), che hanno aggiornato le linee guida sui dispositivi di protezione, spiegando come anche le persone vaccinate debbano indossarli al chiuso quando si trovano in aree con rischio di trasmissione "sostanziale" e "alta" del virus, e cioè quasi i due terzi di tutte le contee statunitensi. A riportare la notizia è la Cnn, che cita il briefing CDC con la stampa.
"Negli ultimi giorni ho visto nuovi dati scientifici provenienti da recenti indagini sull'epidemia che mostrano come la variante Delta si comporti in modo diverso rispetto ai ceppi passati del virus che causano il Covid-19", ha spiegato il direttore dei CDC, la dottoressa Rochelle Walensky.
"Questi nuovi dati sono preoccupanti e sfortunatamente meritano un aggiornamento delle nostre raccomandazioni", ha detto ancora, continuando: "Questa non è una decisione che abbiamo preso alla leggera".
A confermare l'arrivo dell'aggiornamento era stata in giornata la portavoce della Casa Bianca, Ken Psaki. "Il presidente è stato informato questa mattina dal dottor Anthony Fauci", ha affermato.
Psaki non aveva rivelato nel dettaglio le raccomandazioni dei Cdc, rinviando al loro prossimo annuncio. Le nuove indicazioni seguono l'aumento dei casi in tutto il paese, dove le infezioni sono triplicate nelle ultime due settimane a causa del diffondersi della variante Delta. "Siamo ancora nel pieno di una pandemia intenti a combattere un virus in continua evoluzione", ha commentato Psaki.
Quasi 99 morti per Covid 19 su 100 dallo scorso febbraio non avevano terminato il ciclo vaccinale, e fra quelli che invece lo avevano completato si riscontra un'età media più alta e un numero medio di patologie pregresse maggiori rispetto alla media. E' quanto emerge da un approfondimento contenuto nel report periodico sui decessi dell'Istituto superiore di sanità.
Fino al 21 luglio sono stati 423 i decessi per Covid in vaccinati con ciclo completo e rappresentano l'1,2% di tutti i decessi Sars-CoV-2 positivi avvenuti dallo scorso 1 febbraio (in totale 35.776 decessi), scelto come data indice perché corrisponde alle 5 settimane necessarie per il completamento del ciclo vaccinale a partire dall'inizio della campagna di immunizzazione.
L'analisi è basata su un campione di 70 cartelle cliniche dei 423 decessi Sars-CoV-2 positivi avvenuti fino al 21 luglio 2021 in vaccinati con ciclo vaccinale completo (16,5%).
Rispetto alla totalità dei decessi per cui sono state analizzate le cartelle cliniche - riferisce l'Iss - nel campione dei deceduti con ciclo vaccinale completo l'età media risulta decisamente elevata (88,6 vs. 80 anni). Inoltre, il numero medio di patologie osservate in questo gruppo di decessi è di 5,0 (mediana 5, deviazione standard 2,2), molto più elevato rispetto ai decessi della popolazione generale. Dopo l'insufficienza respiratoria acuta, le sovrainfezioni sono le complicanze maggiormente diffuse nelle persone decedute con ciclo vaccinale completo. Terapia antibiotica e steroidea sono le terapie più utilizzate su questi pazienti.
"I risultati qui presentati - si legge nel report - possono avere due possibili spiegazioni. In primis, i pazienti molto anziani e con numerose patologie possono avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all'infezione da Sars-CoV-2 e alle sue complicanze pur essendo stati vaccinati. In secundis, questo risultato può essere spiegato dal fatto che è stata data priorità per la vaccinazione alle persone più anziane e vulnerabili e che quindi questa rappresenta la popolazione con maggiore prevalenza di vaccinazione a ciclo completo alla data in cui è stata eseguita questa valutazione".
Pubblicato sulla rivista Scientific Reports (Nature.com) un articolo, “Metastable states in plateaus and multi-wave epidemic dynamics of Covid-19 spreading in Italy”, che introduce un nuovo indice alternativo in grado di descrivere in maniera quantitativa la dinamica della pandemia da Covid-19.
Gli autori dello studio appartengono al Gruppo di ricerca Covid-19 coordinato da RICMASS, a cui contribuiscono ricercatori di Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Infn e dell’Università di Camerino.
“La dinamica della diffusione di Covid-19 nelle regioni italiane è accuratamente descritta mediante un nuovo indice, alternativo ai noti parametri Rt (tasso di riproduzione) e Td (tempo di raddoppio) comunemente utilizzati, identificato dopo gli studi effettuati durante la prima ondata”, spiega Giampietro Ravagnan dell’Istituto di Farmacologia Traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ift) coautore del lavoro con Gaetano Campi dell'Istituto di cristallografia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ic), Antonio Valletta dell'Istituto di microelectronica e microsistemi (Cnr-Imm) e Antonio Bianconi (Cnr-Ic e Ricmass), Augusto Marcelli (Infn) e Andrea Perali (Univesità di Camerino).
“L’algoritmo per la determinazione dell'Indice RICMASS (RIC-index) è stato testato durante la seconda ondata. Come risulta dalla ricerca, esso fornisce un approccio quantitativo in grado di descrivere la dinamica della pandemia attraverso l’espansione dello spazio dei parametri, ovvero monitorando l'evoluzione della coppia delle variabili Td Rt comunemente usate”, aggiunge Campi.
Td indica il tempo impiegato dal numero di individui infetti per raddoppiare, e viene estratto dalle curve cumulative dei casi totali. Il numero riproduttivo Rt indica invece il numero medio di contagiati per singolo caso positivo in un dato intervallo temporale di osservazione e viene estratto dalle curve del numero di contagi attivi.
“Entrambi evolvono nel tempo indipendentemente mentre il singolo RIC-index = ln(Rt/Td)-2 da un’informazione diretta della velocità di crescita. I dati dell'evoluzione temporale del RIC-index sono disponibili sul sito www.superstripes.net, aggiornati settimanalmente, descrivono l’andamento per le regioni italiane e per i paesi europei: come evidenziato dal grafico (in allegato), l’algoritmo ha mostrato il successo della campagna di vaccinazione in Italia e anticipato l’emergere della incidenza della variante Delta a metà luglio osservata prima nel Regno Unito e in Portogallo”, conclude Bianconi.
“Questo nuovo approccio fisico-matematico appare quindi estremamente utile per predire l’evoluzione di Covid-19 in Europa, soprattutto oggi che si configura una situazione senza precedenti, con la competizione tra: velocità di realizzazione del piano vaccinale nazionale, europeo e globale; velocità di trasmissione della variante Delta; possibile emergere di una nuova variante, data l’assenza di una politica di tracciamento efficace”.
Dopo il 31 dicembre 2021, il CDC ritirerà la richiesta alla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per l'autorizzazione all'uso di emergenza (EUA) del CDC 2019-Novel Coronavirus (2019-nCoV) Real-Time RT-PCR Diagnostic Panel, il test introdotto per la prima volta nel febbraio 2020 solo per il rilevamento di SARS-CoV-2.
CDC fornisce questo avviso in anticipo ai laboratori clinici per avere il tempo sufficiente per selezionare e implementare una delle tante alternative autorizzate dalla FDA.
Il panel di riferimento della FDA SARS-CoV-2 consente un confronto più preciso delle prestazioni analitiche di diversi test di diagnostica molecolare in vitro (IVD) destinati a rilevare SARS-CoV-2. Il pannello di riferimento contiene materiale di riferimento comune, indipendente e ben caratterizzato a disposizione degli sviluppatori di test di amplificazione a base di acidi nucleici SARS-CoV-2 (NAAT) per i quali è stata richiesta l'autorizzazione all'uso di emergenza (EUA).
In preparazione a questo cambiamento, CDC raccomanda ai laboratori clinici e ai siti di test che hanno utilizzato il test CDC 2019-nCoV RT-PCR di selezionare e iniziare la transizione a un altro test COVID-19 autorizzato dalla FDA. Il CDC incoraggia i laboratori a prendere in considerazione l'adozione di un metodo multiplex che possa facilitare il rilevamento e la differenziazione di SARS-CoV-2 e virus influenzali. Tali test possono facilitare i test continui sia per l'influenza che per SARS-CoV-2 e possono risparmiare tempo e risorse mentre ci dirigiamo verso la stagione influenzale. I laboratori e i centri di analisi devono convalidare e verificare il dosaggio selezionato all'interno della loro struttura prima di iniziare i test clinici.
Visita il sito Web della FDA per un elenco dei metodi diagnostici COVID-19 autorizzati. Per un riepilogo delle prestazioni dei metodi molecolari autorizzati dalla FDA con un panel di riferimento della FDA, visita questa pagina.
Il primo incontro del corpo con SARS-CoV-2, il virus alla base del COVID-19, avviene nel naso e nella gola, o rinofaringe. Un nuovo studio sulla rivista Cell suggerisce che le prime risposte in questo campo di battaglia aiutano a determinare chi svilupperà una malattia grave e chi se la caverà con una lieve o nulla.
Basandosi sul lavoro pubblicato lo scorso anno sull'identificazione delle cellule sensibili al SARS-CoV-2, un team di ricerca del Boston Children's Hospital, del MIT e del Centro medico dell'Università del Mississippi ha mappato in modo completo l'infezione da SARS-CoV-2 nel rinofaringe. Ha ottenuto campioni dai tamponi nasali di 35 adulti con COVID-19 da aprile a settembre 2020, che vanno da lievemente sintomatici a gravemente malati. Il team ha anche ricevuto tamponi da 17 soggetti di controllo e da 6 pazienti intubati ma non affetti da COVID.
"Il motivo per cui alcune persone si ammalano più di altre è stato uno degli aspetti più sconcertanti di questo virus fin dall'inizio- afferma il dr. José Ordovás-Montañés, del Boston Children's, co-investigatore senior dello studio con il dr. Bruce Horwitz, del Boston Children's, il dott. Alex K. Shalek, del MIT e la dr.ssa Sarah Glover, dell'Università del Mississippi- Molti studi alla ricerca di predittori di rischio hanno cercato firme nel sangue, ma forse non è proprio il posto giusto dove cercare".
Il primo campo di battaglia del COVID-19: il rinofaringe
Per avere un quadro dettagliato di ciò che accade nel rinofaringe, i ricercatori hanno sequenziato l'RNA in ogni cellula, una cellula alla volta. (Per avere un'idea di tutto il lavoro che ciò ha comportato, ogni tampone del paziente ha prodotto una media di 562 cellule.) I dati sull'RNA hanno permesso al team di individuare quali cellule erano presenti, quali contenevano RNA proveniente dal virus - un'indicazione di infezione - e quali geni le cellule stavano accendendo e spegnendo in risposta.
E' stato subito chiaro che le cellule epiteliali, che rivestono il naso e la gola subiscono importanti cambiamenti in presenza di SARS-CoV-2. Le cellule si diversificavano in generale per tipologia. C'è stato un aumento delle cellule secretorie e caliciformi, che producono muco. Allo stesso tempo, c'era una sorprendente perdita di cellule ciliate mature, che spazzano le vie aeree, insieme a un aumento di quelle immature (che forse stavano cercando di compensare).
Il team ha trovato l'RNA di SARS-CoV-2 in una vasta gamma di tipi di cellule, comprese cellule ciliate immature e sottotipi specifici di cellule secretorie, cellule caliciformi e cellule squamose. Le cellule infette, rispetto alle cellule "vicine" non infette, avevano più geni attivati, ??che sono coinvolti in una pronta risposta all'infezione.
Una risposta immunitaria precoce fallita
La scoperta chiave è arrivata quando il team ha confrontato i tamponi nasofaringei di persone con diversa gravità della malattia COVID-19:
"Tutti i malati di COVID-19 grave hanno avuto una risposta attenuata all'interferone nelle prime fasi delle loro cellule epiteliali e non sono mai stati in grado di aumentare la difesa- afferma Ordovás-Montañés- Avere la giusta quantità di interferone al momento giusto potrebbe essere il punto cruciale nel trattare con SARS-CoV-2 e altri virus".
Aumentare le risposte all'interferone nel naso?
Come passo successivo, i ricercatori hanno in programma di indagare su cosa stia causando la risposta mutata all'interferone nel rinofaringe, come le prove suggeriscono potrebbe verificarsi anche con le nuove varianti. Esploreranno anche la possibilità di aumentare la risposta all'interferone nelle persone con infezioni precoci da COVID-19, magari con uno spray nasale o gocce.
"È probabile che, indipendentemente dalla causa, le persone con una risposta attenuata all'interferone saranno suscettibili a future infezioni oltre il COVID-19- conclude afferma Ordovás-Montañés- La domanda è: Come rendere queste cellule più reattive?"
Antonio Caperna
Il piano vaccinale è iniziato a gennaio e oggi più di metà della popolazione italiana ha ricevuto la prima dose di vaccino. Quale è stata la reazione dei cittadini italiani a questo sforzo volto alla salvaguardia della salute pubblica e individuale?
A questa e altre domande fornisce una risposta il rapporto di ricerca del progetto ResPOnsE Covid-19, che giunge con questa nuova analisi alla sua terza fase.
L’indagine globale, coordinata da Cristiano Vezzoni e da Antonio Chiesi, è a cura del laboratorio SPS TREND “Hans Schadee”, presso il dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Statale di Milano. Le analisi presentate nel rapporto considerano i dati di tre rilevazioni:
I PRINCIPALI RISULTATI DELLA TERZA RILEVAZIONE
“Questi dati sono in netto contrasto con il peso che è attribuito alle posizioni no-vax nel dibattito pubblico” commenta Cristiano Vezzoni, autore dello studio.
Il rapporto completo è disponibile online alla pagina: https://spstrend.unimi.it/
I test su un'intera città italiana mostrano che i livelli di anticorpi rimangono alti nove mesi dopo l'infezione da SARS-CoV-2, sia sintomatica che asintomatica.
Ricercatori dell'Università di Padova e dell'Imperial College di Londra hanno testato oltre l'85% dei 3.000 residenti di Vo', in provincia di Padova, a febbraio/marzo 2020 per l'infezione da SARS-CoV-2 e li hanno testati ancora a maggio e novembre 2020 per gli anticorpi contro il virus.
Il team ha scoperto che il 98,8% delle persone infette a febbraio/marzo ha mostrato livelli rilevabili di anticorpi a novembre e non c'era alcuna differenza tra le persone che avevano subito sintomi di COVID-19 e quelle che erano state asintomatiche. I risultati sono pubblicati oggi su Nature Communications .
I livelli di anticorpi sono stati monitorati utilizzando tre "saggi": test che rilevano diversi tipi di anticorpi , che rispondono a diverse parti del virus. I risultati hanno mostrato che mentre tutti i tipi di anticorpi avevano un certo declino tra maggio e novembre, il tasso di decadimento era diverso a seconda del test.
Il team ha anche riscontrato casi di aumento dei livelli di anticorpi in alcune persone, suggerendo potenziali re-infezioni con il virus, fornendo una spinta al sistema immunitario.
"Non abbiamo trovato prove che i livelli di anticorpi tra le infezioni sintomatiche e asintomatiche differiscano significativamente, suggerendo che la forza della risposta immunitaria non dipende dai sintomi e dalla gravità dell'infezione- afferma l'autrice principale, la dott.ssa Ilaria Dorigatti, del Centro MRC per l'analisi globale delle malattie infettive e dell'Abdul Latif Jameel Institute for Disease and Emergency Analytics (J-IDEA) dell'Imperial- Tuttavia, il nostro studio mostra che i livelli di anticorpi variano, a volte notevolmente, a seconda del test utilizzato. Ciò significa che è necessaria cautela quando si confrontano le stime dei livelli di infezione in una popolazione ottenuta in diverse parti del mondo con test diversi e in tempi diversi. ."
"I test di maggio hanno dimostrato che il 3,5 % della popolazione Vo' era stato esposto al virus, anche se non tutti questi soggetti erano a conoscenza della loro esposizione, data la grande frazione di asintomatici- aggiunge il prof. Enrico Lavezzo, dell'Università di Padova- Tuttavia, al follow-up, che è stato eseguito circa 9 mesi dopo l'epidemia, abbiamo scoperto che gli anticorpi erano meno abbondanti, quindi dobbiamo continuare a monitorare la persistenza degli anticorpi per periodi di tempo più lunghi".
Il team ha anche studiato lo stato di infezione dei membri delle singole famiglie, per stimare la probabilità che un membro infetto trasmetta l'infezione all'interno della stessa. Il loro modello suggerisce che c'era una probabilità di circa 1 su 4 che una persona infetta da SARS-CoV-2 trasmetta l'infezione a un membro della famiglia e che la maggior parte della trasmissione (79%) sia causata dal 20% delle infezioni.
Questa scoperta conferma che ci sono grandi differenze nel numero di casi secondari generati da persone infette, con la maggior parte delle infezioni che non generano ulteriori infezioni e una minoranza delle infezioni che generano un gran numero di infezioni.
Le grandi differenze nel modo in cui una persona infetta può contagiare gli altri nella popolazione suggeriscono che i fattori comportamentali sono fondamentali per il controllo dell'epidemia e il distanziamento fisico, oltre a limitare il numero di contatti e indossare la maschera, continua ad essere importante per ridurre il rischio di trasmissione la malattia, anche in popolazioni altamente vaccinate.
Il set di dati del team, che include i risultati delle due campagne di test PCR di massa condotte a febbraio e marzo e l'indagine sugli anticorpi condotta a maggio e poi di nuovo a novembre, ha anche permesso loro di distinguere l'impatto di varie misure di controllo.
Hanno dimostrato che, in assenza di isolamento dei casi e brevi lockdown, la sola tracciabilità manuale dei contatti non sarebbe stata sufficiente per sopprimere l'epidemia.
"Il nostro studio mostra anche che il tracciamento manuale dei contatti, cioè la ricerca di individui positivi sulla base di contatti, avrebbe avuto un impatto limitato sul contenimento dell'epidemia, se non fosse stato accompagnato da uno screening di massa", sottolinea il prof. Andrea Crisanti, responsabile del progetto, del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Imperial e del Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova.
"E' chiaro che l'epidemia non è finita, né in Italia né all'estero- conclude Dorigatti- Andando avanti, penso che sia di fondamentale importanza continuare a somministrare le prime e seconde dosi di vaccino nonché rafforzare la sorveglianza compresa la tracciabilità dei contatti. Incoraggiare la cautela e limitare il rischio di contrarre SARS-CoV-2 continuerà ad essere essenziale".
Antonio Caperna
La Confederazione ha stipulato con l’azienda GlaxoSmithKline SA un contratto per la prenotazione di un medicamento promettente contro il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2). Si tratta dell’anticorpo monoclonale Sotrovimab.
Su raccomandazione della Swiss National COVID-19 Science Task Force, l’Ufficio federale della sanità pubblica ha stipulato un ulteriore contratto per l’accesso a dosi di anticorpi monoclonali per il trattamento della COVID-19 in pazienti che presentano un rischio elevato di decorso grave della malattia.
Si tratta di 3000 dosi dell’anticorpo Sotrovimab, sviluppato da GlaxoSmithKline in partenariato con l’azienda VIR Biotechnology. L’anticorpo è stato scoperto dall’azienda ticinese Humabs BioMed di Bellinzona.
Gli anticorpi monoclonali sono anticorpi clonati in coltura, che vengono iniettati per via endovenosa al paziente allo scopo di neutralizzare il virus. Gli studi clinici di GlaxoSmithKline mostrano che questi trattamenti possono offrire una protezione efficace contro le forme gravi della malattia.
Il medicamento non è stato ancora omologato ma, dopo un adeguamento dell’ordinanza 3 COVID-19 che dovrà ancora avvenire, potrebbe essere utilizzato per il trattamento di pazienti affetti da COVID-19 già nel corso della procedura di omologazione, che verrebbe avviata in seguito alla presentazione di una domanda in tal senso. La Confederazione si farà carico dei costi dei trattamenti nel settore ambulatoriale, finché non saranno rimborsati dall’assicurazione malattie obbligatoria.
Scendono sotto 1,5 milioni gli italiani, che durante l'estate hanno deciso di trascorrere una vacanza all'estero, dove in molti Paesi si registra una ripresa dei contagi con disagi e difficoltà per il rientro dei vacanze.
E' quanto emerge dall'analisi della Coldiretti su dati Istat, dai quali si evidenzia che la stragrande maggioranza degli italiani all'estero resterà in Europa. A preoccupare - sottolinea la Coldiretti - è comunque la ripresa dei contagi che sta interessando le piu' gettonate mete turistiche con nuove limitazioni e vincoli agli spostamenti. Spagna, Olanda nei Paesi Bassi, a Cipro e a Malta sono colorate di rosso e rosso scuro sulla mappa del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc) sull'incidenza del Covid ma i contagi - precisa la Coldiretti - sono aumentati anche nel sud della Francia, passato al giallo insieme a Irlanda, Belgio e alcune zone di Svezia, Finlandia e Danimarca.
Criticità per i turisti italiani - precisa la Coldiretti - sono segnalate anche in Grecia e l' Ecdc prevede un forte rimbalzo del numero di casi di Covid-19 nelle prossime settimane, con quasi cinque volte piu' casi giornalieri entro il primo agosto a causa della variante Delta e dell'allentamento delle restrizioni. Una situazione di difficoltà sotto osservazione delle autorità in Italia dove - sottolinea la Coldiretti - è già in vigore la quarantena per gli arrivi dall'Inghilterra e si sta valutando se si renderà necessario prevederla anche per chi arriva da Spagna e Portogallo o da Paesi a rischio. Lo stesso ministero degli Esteri - riferisce la Coldiretti - ha emesso un avvertimento sui rischi di una vacanza fuori dai confini, ricordando a tutti coloro che intendano recarsi all'estero, indipendentemente dalla destinazione e dalle motivazioni del viaggio di considerare che qualsiasi spostamento, in questo periodo, puo' comportare un rischio di carattere sanitario" e che nel caso in cui si risultasse essere positivi al test per il coronavirus o contatti di una persona positiva vanno seguite le norme disposte dalle autorita' locali.
Il risultato è che gli italiani hanno deciso per la quasi totalità di rimanere nei confini nazionali ma c'è addirittura un italiano su tre (33,3%) che - sottolinea la Coldiretti - ha scelto di fare una vacanza a chilometri zero restando all'interno della propria regione. Scegliere di rimanere all'interno dei confini nazionali non è solo una scelta prudente ma - conclude la Coldiretti - anche un importante contributo al sostegno dell'economia e dell'occupazione nazionale in un settore, come quello turistico duramente, colpito dalla pandemia Covid.
“Questo anno e mezzo di pandemia ha determinato dei rallentamenti nello sviluppo dei bambini. Ad esempio, abbiamo notato che i bimbi nati nel primo lockdown sono un po’ indietro negli schemi posturo-motori, quelli che avevano due anni durante il confinamento sono un po’ indietro sulle competenze sociali che avrebbero dovuto sviluppare.
"Tutta la popolazione generale ha avuto una tendenza all'ansia sociale e uno stato di iper allerta, di continua vigilanza di cui ancora non si conosce la portata delle conseguenze. È quello che chiamo il fiume carsico, la cui fuoriuscita la vedremo tra qualche tempo". Lo afferma Claudio Mencacci, psichiatra e co-presidente della Società italiana di neuro-psicofarmacologia (Sinpf), che interpellato dalla Dire spiega come il distanziamento e l'estrema precarietà di questi mesi di pandemia abbiano inciso su ampie fasce di popolazione.
L'ansia sociale e la fobia sociale sono ormai presenti anche in coloro che non soffrono di introversione o si sottraggono all'esposizione sociale. "É stato stimolato in tutti noi l'erroneo distanziamento sociale, un vero e proprio evitamento- afferma il professore- perché il messaggio è chiaro: l'altro può rappresentare il pericolo. Però un conto è l'evitamento e l'invito a non incontrarsi, un altro è la sofferenza per ansia e fobia sociale nelle persone, che già avevano paure o timori di apparire goffi, non ben accetti, facilmente criticabili, che già provavano vergogna".
L'esposizione per "lunghi periodi alla paura può indurre a modificazioni epigenetiche e produrre disturbi di ansia- avverte Mencacci- abbiamo infatti visto una crescita dei disturbi panici e dell'ansia sociale". Gli adolescenti, il genere femminile e le persone più anziane sono state più esposte all'ansia sociale: "I giovani soprattutto perché più sensibili nei confronti del giudizio e delle critiche altrui, e perché è mancato loro un luogo di interazione, uno spazio di confronto e apprendimento. Questa situazione li ha posti in una condizione di maggiore sofferenza". Altrettanto per le donne, aggiunge Mencacci: "Il genere femminile è stato soggetto a numerose minacce, come la perdita del lavoro, e a sovraccarichi di impegni anche familiari che hanno condotto a un maggior isolamento".
Riconoscere queste condizioni significa guardare al loro ritorno funzionale e clinico, spiega il presidente Sinpf: "Se l'ansia sociale o la vergogna sono così intense da far perdere occasioni di incontro, lavoro, socialità- aggiunge- siamo di fronte ad una sintomatologia che impatta pesantemente sulla qualità di vita delle persone. Un esempio è la classica paura di fare l'esame, che supera l'aspetto fisiologico e diventa evitamento. Lo stesso per la depressione: che non è demoralizzazione o tristezza ma perdita di interesse, piacere, con una intensità e una durata nel tempo. Quando non sono più condizioni transitorie ma disturbi che impattano sull'aspetto funzionale della nostra vita", sottolinea Mencacci.
"Mi arrabbio un po' quando leggo che ci sono 400 medici che rifiutano il vaccino, confondendo gli operatori sanitari con i medici. I medici dipendenti del Ssn non vaccinati sono una sparuta minoranza: lo 0,1-0,2% di 130mila.
I pochi che non se lo fanno sono mossi da pregiudizi che non tengono assolutamente conto della realtà dei fatti, e possono avere contribuito a creare un'aria di titubanza nei pazienti". Lo ha detto Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed, intervenuto ai microfoni della trasmissione 'L'Italia s'è desta' su Radio Cusano Campus. Riguardo al provvedimento del governo francese nei confronti degli operatori sanitari non vaccinati, ha aggiunto: "La Francia ha seguito le tracce dei nostri provvedimenti. In Italia non c'è un obbligo vaccinale, bensì un'idoneità al servizio.
La sicurezza delle cure è diventata parte costituente del diritto alla salute, quindi se un medico non vuole vaccinarsi non ha nessun obbligo, soltanto che diventa non idoneo al servizio, soprattutto nei reparti e nei servizi in cui è a contatto con il pubblico. Se un medico o un infermiere non è idoneo al servizio deve essere spostato in altre mansioni, ove possibile. Se non fosse possibile una declinazione ad altre mansioni scatta un meccanismo simile a quello approvato da Macron: una sospensione dal servizio".
Infine, sulla possibilità di trasmissione del virus anche con il vaccino. "Sono i grandi numeri che danno la sicurezza, che poi vi possa essere una remota possibilità di trasmissione del virus anche con il vaccino non v'è dubbio, ma non è questo un motivo valido per rifiutare il vaccino. Il vaccino va fatto perché proteggiamo noi stessi e gli altri" ha concluso Palermo.
Il vaccino russo Sputnik V contro Covid-19 "ha prodotto titoli neutralizzanti protettivi contro le nuove varianti" di Sars-CoV-2 tra cui "Alpha (B.1.1.7), Beta (B.1.351), Gamma P.1 (identificata per la prima volta in Brasile), Delta (B.1.617.2) e B.1.617.3 (trovate in India per la prima volta) e varianti endemiche di Mosca B.1.1.141 e B.1.1.317".
Lo annunciano in una nota il Gamaleya National Research Center of Epidemiology and Microbiology e il Russian Direct Investment Fund (Rdif). La ricerca alla base di questi risultati è stata pubblicata sulla rivista 'Vaccines'. "Ad oggi Sputnik V è stato registrato in 67 Paesi in tutto il mondo con una popolazione totale di oltre 3,5 miliardi di persone", evidenziano dal centro Gamaleya.
Afferma Alexander Gintsburg, direttore del Gamaleya: "I nostri studi hanno dimostrato forti risultati di Sputnik V contro le nuove varianti di Sars-CoV-2". Oggi lo Sputnik V "è uno dei vaccini più efficaci contro le varianti già note e quelle più recenti del coronavirus, grazie al suo approccio unico che prevede l'utilizzo di due diversi vettori adenovirali come meccanismo di azione".
La metodologia usata dal Gamaleya per lo studio si basa "sulla valutazione dell'attività di neutralizzazione del virus (Vna) che utilizza il virus vivo e che fornisce i dati più affidabili ed è il gold standard", si precisa nella nota.
Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato il decreto che autorizza alla temporanea distribuzione, fino al 31 gennaio 2022, dell’anticorpo monoclonale Sotrovimab di GlaxoSmithKline per il trattamento dei pazienti affetti dal virus SARS-CoV-2.
Alla base del decreto, le valutazioni emerse dalla Commissione Tecnico Scientifica dell’AIFA sulle evidenze scientifiche, i profili di efficacia e di sicurezza del Sotrovimab.
Nel decreto anche la proroga al 31 gennaio 2022 dell’autorizzazione alla temporanea distribuzione degli altri anticorpi monoclonali già attualmente utilizzabili.