- Covid Italia, variante indiana (delta) al 16,8% e inglese (alfa) al 74,92%
E’ ancora la variante Alfa, la cosiddetta “variante inglese”, la più diffusa in Italia con una percentuale del 74,9% sul numero di casi.
Tuttavia, sebbene i dati di giugno non siano ancora consolidati, dalle prime segnalazioni di sequenziamenti eseguiti, si segnala un aumento, in percentuale, dei casi di variante Kappa e Delta, la cosiddetta “indiana” e un suo sottotipo, che passano dal 4,2% nel mese di maggio, al 16,8% del mese di giugno (dati estratti al 21 del mese).
Sono queste le prime segnalazioni delle ultime settimane, monitorate dal Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 dell’ISS, in attesa della flash survey che fotograferà la situazione nel nostro Paese poiché garantirà la rappresentatività del campione.
“Dalla nostra sorveglianza epidemiologica – dice Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento Malattie Infettive dell’ISS – emerge un quadro in rapida evoluzione che conferma come anche nel nostro Paese, come nel resto d’Europa, la variante Delta del virus stia diventando prevalente. Con la prossima flash survey avremo una stima più precisa della prevalenza”.
Questi dati, contenuti nel terzo bollettino dell’ISS “Prevalenza e distribuzione delle varianti di SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica in Italia”, riguardano 31.158 casi di infezione da SARS-CoV-2 con genotipizzazione tramite sequenziamento (2.732 in più rispetto al precedente rapporto del 6 giugno) e indicano come in Italia, grazie alla piattaforma per la sorveglianza genomica delle varianti di SARS-CoV-2 (I-Co-Gen), sviluppata dall’ISS e attiva dalla fine di aprile, stia aumentando rapidamente la capacità di sequenziamento dei ceppi virali circolanti. Ad oggi il modulo, dedicato all'analisi e condivisione dei dati di sequenziamento del SARS-CoV-2 a livello nazionale, conta più di 5.000 sequenze.
Il report evidenzia inoltre che la percentuale dei casi sequenziati sia in crescente aumento passando in maniera costante dallo 0,5% dei casi diagnosticati a gennaio, al 2,5% dei casi diagnosticati nella prima metà di giugno, secondo i dati disponibili in piattaforma.
I dati del bollettino:
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La variante di SARS-CoV-2 prevalente in Italia è risultata essere la variante alfa (lignaggio B.1.1.7) con prevalenza al 74,9% che è anche la più diffusa a livello globale. Sebbene presenti una trasmissibilità più elevata rispetto ad altre varianti diffuse in Italia, ci sono evidenze che i vaccini in uso mantengano la loro efficacia nel prevenire casi di malattia ed infezione dovuti a questa variante.
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La variante gamma (lignaggio P.1) ha una diffusione maggiore in alcune Regioni/PPAA italiane, con prevalenza complessiva pari al 6,5%.
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La prevalenza di altre varianti del SARS-CoV-2 di interesse per la sanità pubblica è <1% in Italia, ad eccezione della variante eta (lignaggio B.1.525, 1,2 %).
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Casi associati a varianti kappa e delta (lignaggio B.1.617.1/2) sono complessivamente pochi nel periodo gennaio-giugno, tuttavia si segnala un recente rapido aumento nella frequenza e diffusione di queste segnalazioni sul territorio nazionale dovuto a diversi focolai. Inoltre, la maggior parte di essi appartengono alla variante delta.
Info:
- Impatto del COVID nella lotta all'epatite C (HCV) negli Stati Uniti #ILC2021 #EASL2021
Gia nel 2019 gli Stati Uniti (USA) non erano sulla buona strada per raggiungere gli obiettivi di eliminazione dell'OMS, a causa della crescente incidenza e degli ostacoli al trattamento.
Nel 2020, la pandemia di COVID-19 ha interrotto i servizi HCV a livello globale, con il 25% in meno di pazienti iniziati al trattamento rispetto all'anno precedente.
I ricercatori hanno aggiornato un modello di Markov precedentemente convalidato, per stimare la morbilità e la mortalità correlate all'HCV negli Stati Uniti. Sono stati sviluppati tre scenari per limitare i possibili esiti per il recupero dell'HCV sulla scia della pandemia. Questi includevano 1) interruzioni del trattamento a lungo termine; 2) ritorno alle previsioni di trattamento pre-COVID-19; 3) Raggiungere gli obiettivi dell'OMS attraverso un aumento del trattamento e la riduzione del danno.
Sarah Blach della CDA Foundation negli Stati Uniti ha riferito che dal 2014-2019, circa 1,2 milioni di pazienti sono stati trattati per HCV, portando a una riduzione >50% dei casi di carcinoma epatocellulare (HCC) e una riduzione >65% dei decessi correlati al fegato da HCV ( LRDs) nel 2019 rispetto al 2014.
Negli scenari modellati, tra 780.000 e 2,3 milioni di pazienti (cumulativi) sarebbero iniziati al trattamento dal 2021-2030. Gli obiettivi dell'OMS (scenario 3) potrebbero essere raggiunti negli Stati Uniti curando almeno 240.000 pazienti all'anno e aumentando l'accesso ai programmi di riduzione del danno. Rispetto allo scenario 1, gli scenari 2 e 3 potrebbero evitare rispettivamente 19.400 LRD e 9.500 casi di HCC e 33.200 LRD e 24.900 casi di HCC.
- Sintomi Long Covid per riattivazione del virus Epstein-Barr
La riattivazione del virus di Epstein-Barr (EBV), risultante dalla risposta infiammatoria all'infezione da coronavirus, può essere la causa di lunghi sintomi COVID precedentemente inspiegabili - come affaticamento, nebbia cerebrale ed eruzioni cutanee - che si verificano in circa il 30% dei pazienti, dopo il recupero da infezione iniziale da COVID-19.
La prima prova, che collega la riattivazione dell'EBV al COVID lungo, così come un'analisi della lunga prevalenza della malattia, è delineata in uno studio, pubblicato sulla rivista Pathogens.
«Abbiamo eseguito test anticorpali EBV su pazienti COVID-19 guariti, confrontando i tassi di riattivazione dell'EBV tra le persone con e senza Long Covid- spiega Jeffrey E. Gold e di World Organization e autore principale dello studio dell'Organizzazione Mondiale- La maggior parte di quelli con sintomi da COVID lungo era positiva per la riattivazione dell'EBV mentre nel gruppo di controllo si fermavano solo il 10%».
I ricercatori hanno esaminato in maniera casuale 185 pazienti, guariti da COVID-19 e hanno scoperto che il 30,3% aveva sintomi a lungo termine coerenti con il Long COVID, dopo il recupero iniziale dall'infezione da SARS-CoV-2. Ciò includeva diversi pazienti con casi COVIDinizialmente asintomatici, che in seguito hanno sviluppato sintomi della durata di mesi. I ricercatori hanno quindi scoperto, in un sottogruppo di 68 pazienti COVID selezionati casualmente tra quelli intervistati, che il 66,7% dei soggetti ‘Long’ era positivo per la riattivazione dell'EBV in base alla diffusione dell'antigene precoce, rispetto a uno su dieci dei controlli era positivo per la riattivazione dell'EBV in base alla diffusione di immunoglobuline specifiche per l’antigene.
La riattivazione del virus di Epstein-Barr probabilmente si verifica contemporaneamente o subito dopo l'infezione da COVID-19. Secondo i ricercatori questa scoperta apre nuove possibilità per la diagnosi e il trattamento a lungo termine del COVID. Infatti potrebbe essere prudente testare i pazienti appena positivi per il coronavirus con prove di riattivazione di EBV, indicata da test positivi per EBV EA-D IgG, EBV VCA IgM o siero EBV DNA. In questo modo i pazienti positivi potrebbero essere trattati precocemente, per ridurre l'intensità e la durata della replicazione dell'EBV, frenando lo sviluppo del COVID lungo.
«Se questo studio sarà supportato da altre ricerche- conclude il prof. Lawrence S. Young, virologo presso l'Università di Warwick – sarà migliorata la diagnosi di questa condizione e si potrebbe pensare al valore terapeutico delle terapie antivirali con EBV».
Antonio Caperna
Info:
- COVID, autunno a rischio per chi non si vaccina. Appello degli specialisti
"L'autunno sarà temibile per i non vaccinati, non tanto per la collettività che potrà contare su una popolazione vaccinata e servizi sanitari che saranno in grado di rispondere, non sovraccaricarti.
Sarà un problema di vulnerabilità individuale. Avremo una stagione diversa rispetto allo scorso anno: più serena per i vaccinati. E per l'Italia sarà più gestibile, anche con la variante Delta" di Sars-CoV-2.
E' la previsione che l'Adnkronos Salute ha raccolto da Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute per l'emergenza coronavirus e docente di Igiene all'università Cattolica di Roma.
"Rispetto all'autunno scorso - ribadisce Ricciardi - la situazione è molto cambiata. La differenza la fanno le tante persone vaccinate, soprattutto nelle fasce più vulnerabili. Servirà sicuramente mantenere il controllo, perché la variante Delta è più contagiosa. Ma se arriveremo a ottobre con una copertura vaccinale più elevata di adesso, saremo più sicuri".
Contro le variante del coronavirus, "l'obiettivo ora deve essere arrivare ad ottobre con l'80% degli italiani vaccinato. Altrimenti saranno guai". Sottolinea Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, commentando le parole del premier Mario Draghi che sui vaccini ai minori ha sostenuto che "il problema è vedere se ora è questa la priorità. E la priorità al momento è cercare di vaccinare tutti gli over 50. Questo è l'obiettivo principale in vista dell'autunno".
"Solo con più persone vaccinate nei prossimi due mesi, compresi gli adolescenti e i ragazzi over 12, e meglio sarà. Le priorità non esistono più, dobbiamo puntare alla vaccinazione di massa. Chi ha più di 50 o 60 anni doveva già essere immunizzato, va bene quindi l'appello di Draghi. Non facciamoci però trovare impreparati, anche solo avere il 5% della popolazione non vaccinato sarebbe gravissimo e difficile da affrontare", spiega Bassetti.
"Io lunedì mattina alle 8 vaccinerò i miei due figli di 12 e 16 anni con tanta tanta convinzione - ricorda - Spero di dare un segnale perché dobbiamo vaccinare tutti altrimenti le varianti ci metteranno in difficoltà".
Info:
- Covid, bambini 12 -15 anni possono vaccinarsi in Svizzera
A inizio giugno, Swissmedic ha omologato in Svizzera il vaccino anti-COVID-19 di Pfizer/BioNTech per gli adolescenti tra i 12 e i 15 anni.
Sulla base dei dati relativi all’omologazione, l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e la Commissione federale per le vaccinazioni (CFV) hanno completato la strategia di vaccinazione e le raccomandazioni per la somministrazione di vaccini a mRNA. L’UFSP e la CFV raccomandano la vaccinazione a tutti gli adolescenti tra i 12 e i 15 anni, che intendono farsi vaccinare per proteggersi da un’infezione.
Le esperienze acquisite durante la pandemia di COVID-19 hanno dimostrato che bambini e adolescenti corrono un rischio esiguo di ammalarsi in modo grave di COVID-19. La maggior parte delle infezioni assume un decorso asintomatico o blando. Tuttavia, anche ai giovani va data la possibilità di proteggersi grazie alla vaccinazione.
Per questo motivo, dopo l’omologazione da parte di Swissmedic, l’UFSP e la CFV raccomandano la vaccinazione anti-COVID-19 anche agli adolescenti tra i 12 e i 15 anni che desiderano farsi vaccinare. La vaccinazione è raccomandata specialmente ai giovani la cui salute è già fortemente compromessa da una malattia cronica e che desiderano scongiurare, quanto più possibile, ulteriori infezioni. Inoltre, la vaccinazione è importante per coloro che convivono con persone immunodepresse. Di conseguenza, la strategia di vaccinazione è stata adeguata e le raccomandazioni per la somministrazione di vaccini a mRNA sono state completate con l’aggiunta del «Gruppo target 6», di cui fanno parte gli adolescenti di età compresa tra i 12 e i 15 anni.
Sulla base delle proprietà dei vaccini attualmente note e dei dati fin qui disponibili per questa fascia d’età in termini di tolleranza e sicurezza, nonché del basso carico di malattia, prima di fissare un appuntamento per la vaccinazione occorre effettuare un’analisi rischi-benefici individuale con i genitori o con un’altra persona di fiducia e in seguito decidere se e quando procedere con la vaccinazione.
Stesso schema di vaccinazione degli adulti
Finora, per gli adolescenti dai 12 anni in su l’unico vaccino omologato in Svizzera è quello di Pfizer/BioNTech; secondo studi clinici effettuati sulla fascia d’età in questione, l’efficacia di questo vaccino sfiora il 100 per cento. Agli adolescenti che avevano preso parte agli studi clinici era stata somministrata la stessa dose di vaccino inoculata agli adulti. La risposta immunitaria ottenuta è risultata paragonabile a quella delle persone di età compresa tra i 16 e i 25 anni che avevano partecipato agli studi clinici. Anche gli effetti collaterali erano quelli già noti: nella maggior parte dei casi, i giovani hanno manifestato dolori nella sede d’iniezione, spossatezza, mal di testa, brividi, dolori muscolari, febbre o dolori articolari. Si è osservato che, di norma, gli effetti collaterali durano da uno a tre giorni e possono essere più accentuati dopo la seconda dose.
Vaccinazione gratuita per gli adolescenti dai 12 anni in poi
Anche per i giovani a partire dai 12 anni la vaccinazione anti-COVID-19 sarà gratuita. Spetta ai Cantoni decidere dove offrire la vaccinazione per questa fascia d’età. L’UFSP sostiene i Cantoni con materiale informativo rivolto agli specialisti vaccinanti, ai genitori e ai giovani che desiderano farsi vaccinare.
L’approvvigionamento di vaccini è garantito
Per il 2021 la Svizzera dispone di una quantità di vaccini sufficiente per consentire anche agli adolescenti di farsi vaccinare. Anche per il 2022 acquisterà vaccini sufficienti per offrire a tutta la popolazione una vaccinazione di richiamo laddove questa fosse necessaria.
Info:
- COVID. REALTA' VIRTUALE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE MISURANO IL DISTANZIAMENTO FISICO
È totalmente Made in Italy "Inter-Homines", il software che monitora in tempo reale il mantenimento del distanziamento sociale. Lo fa non solo ricorrendo all'intelligenza artificiale: il programma, infatti, è stato testato grazie anche alla realtà virtuale dei più avanzati videogame al ritmo di milioni di immagini, e altrettante casistiche, per simulare quanto può succedere nella vita reale.
Utile per spazi aperti o chiusi, il software è stato progettato nel laboratorio AlmageLab dell'Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia (Unimore), da un team coordinato da Rita Cucchiara, una delle massime esperte a livello internazionale di intelligenza artificiale. Fra le sue peculiarità, il nuovo programma vanta la capacità di adattarsi agli impianti di videosorveglianza già esistenti: quindi, viene considerata una soluzione ideale sia per gli ambienti chiusi, dagli ospedali ai musei passando per aziende, aeroporti e fiere, sia per i luoghi all'aperto come le piazze, in occasione di eventi o le aree della movida, oppure gli impianti sciistici e gli stadi. L'obiettivo raggiunto infatti, non cambia: "Da una parte si riduce il rischio di contagio e dall'altra aumenta il senso di sicurezza delle persone all'interno dell'area controllata", spiegano gli esperti al lavoro sul software.
Non a caso, il software è già attivo. Viene utilizzato, ad esempio, all'ingresso del Policlinico di Modena e in alcune sedi comunali della città emiliana aperte al pubblico. Inter-Homines, inoltre, nasce lungo un asse che tiene unite Emilia e Veneto: è stato infatti progettato nel laboratorio AlmageLab di Unimore, grazie al team di Cucchiara, mentre lo sviluppo invece è stato affidato alla startup innovativa, e comunque spin-off Unimore, GoatAl. E questo in collaborazione con ForteSecurGroup, azienda veneta che offre servizi di sicurezza aziendale, dalla videosorveglianza alla consulenza e formazione, e grazie al processo di ingegnerizzazione di Spin Automazioni: "La pandemia- spiega Alessia Forte, presidente del Cda di ForteSecurGroup- ha cambiato il mondo in cui viviamo. Proprio ora, nel momento in cui stiamo cercando di riappropriarci della nostra normalità, diventano necessari strumenti per poter vivere in sicurezza il futuro che ci attende".
Info:
- Il vaccino COVID-19 non danneggia la placenta in gravidanza
Un nuovo studio della Northwestern Medicine sulla placenta di pazienti, che hanno ricevuto il vaccino COVID-19 durante la gravidanza non ha trovato prove di lesioni, aggiungendo alla crescente letteratura che i vaccini COVID-19 sono sicuri in gravidanza.
“La placenta è come la scatola nera di un aereo. Se qualcosa va storto con una gravidanza, di solito vediamo cambiamenti nella placenta, che possono aiutarci a capire cosa è successo- afferma l'autore corrispondente Dr. Jeffery Goldstein, assistente professore di patologia presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine e patologo della Northwestern Medicine -Da quello che possiamo dire, il vaccino COVID non danneggia la placenta".
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Obstetrics & Gynecology. A conoscenza degli autori, è il primo studio ad esaminare l'impatto dei vaccini COVID sulla placenta.
"Abbiamo raggiunto una fase nella distribuzione del vaccino in cui stiamo assistendo a esitazioni vaccinali, e questa esitazione è pronunciata per le persone in gravidanza", ha affermato la coautrice dello studio, la dott.ssa Emily Miller, medico di medicina materno fetale della Northwestern Medicine e assistente professore di ostetricia e ginecologia presso Feinberg. "Il nostro team spera che questi dati, sebbene preliminari, possano ridurre le preoccupazioni sul rischio del vaccino per la gravidanza".
Gli autori dello studio hanno raccolto placente da 84 pazienti vaccinati e 116 pazienti non vaccinati che hanno partorito al Prentice Women's Hospital di Chicago e hanno esaminato patologicamente le placente intere e microscopicamente dopo la nascita. La maggior parte dei pazienti ha ricevuto vaccini – Moderna o Pfizer – durante il terzo trimestre.
Lo scorso maggio, Goldstein, Miller e collaboratori della Northwestern e dell'Ann & Robert H. Lurie Children's Hospital di Chicago hanno pubblicato uno studio che ha rilevato che le placente di donne risultate positive al virus COVID-19 durante la gravidanza hanno mostrato segni di lesioni (flusso sanguigno anomalo tra la madre e bambino in utero). Le pazienti in gravidanza che vogliono essere vaccinate per evitare di contrarre la malattia dovrebbero sentirsi sicure nel farlo, ha detto Miller.
"Stiamo iniziando a passare a un quadro di protezione dei feti attraverso la vaccinazione, piuttosto che dalla vaccinazione", ha affermato Miller.
Ad aprile, gli scienziati hanno pubblicato uno studio che mostra che le donne incinte producono anticorpi COVID dopo la vaccinazione e li trasferiscono con successo ai loro feti.
"Fino a quando i bambini non possono essere vaccinati, l'unico modo per ottenere gli anticorpi COVID è dalla madre", ha detto Goldstein.
Il ruolo della placenta nel sistema immunitario
La placenta è il primo organo che si forma durante la gravidanza. Svolge funzioni per la maggior parte degli organi del feto mentre si stanno ancora formando, come fornire ossigeno mentre i polmoni si sviluppano e nutrirsi mentre si sta formando l'intestino.
Inoltre, la placenta gestisce gli ormoni e il sistema immunitario e dice al corpo della madre di accogliere e nutrire il feto piuttosto che rifiutarlo come un intruso estraneo.
"Internet ha amplificato la preoccupazione che il vaccino possa innescare una risposta immunologica che induca la madre a rifiutare il feto", ha detto Goldstein. "Ma questi risultati ci portano a credere che ciò non accada".
Gli scienziati hanno anche cercato un flusso sanguigno anomalo tra la madre e il feto e problemi con il flusso sanguigno fetale, entrambi riportati in pazienti in gravidanza che sono risultati positivi al COVID.
Il tasso di queste lesioni era lo stesso nei pazienti vaccinati come per i pazienti di controllo, ha detto Goldstein. Gli scienziati hanno anche esaminato le placente per l'intervillosite istiocitica cronica, una complicazione che può verificarsi se la placenta è infettata, in questo caso, da SARS-CoV-2. Sebbene questo studio non abbia riscontrato alcun caso in pazienti vaccinati, è una condizione molto rara che richiede una dimensione del campione più ampia (1.000 pazienti) per distinguere tra pazienti vaccinati e non vaccinati.
Altri autori dello studio nordoccidentale includono il dott. Elisheva Shanes e Chiedza Mupanomunda. Anche la dottoressa Leena B. Mithal e Sebastian Otero del Lurie Children's Hospital sono autori dello studio.
Lo studio è stato finanziato da The Friends of Prentice, lo Stanley Manne Children's Research Institute, il National Institute of Biomedical Imaging and Bioengineering (numero di concessione K08EB030120) e l'Istituto nazionale di allergie e malattie infettive (numero di concessione K23AI139337), parte degli Istituti nazionali di Salute.
Info:
- Covid Africa. OMS, +52% contagi e +32% morti in una settimana
In Africa i casi di Covid sono aumentati del 52% solo nell'ultima settimana e i decessi sono cresciuti del 32%. E ci aspettiamo che le cose possano solo peggiorare", anche considerando che "meno del 2% della popolazione africana è stata vaccinata".
Un allarme specifico sulla situazione del continente è stato lanciato oggi in conferenza stampa dal direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus. "I vaccini donati per l'anno prossimo - ha avvertito - arriveranno troppo tardi per coloro che muoiono oggi, o sono infetti oggi, o a rischio oggi".
"I nostri obiettivi globali - ha ribadito il Dg - sono vaccinare almeno il 10% della popolazione di ogni Paese entro settembre, almeno il 40% entro la fine di quest'anno e il 70% entro la metà del prossimo. Queste sono le tappe fondamentali che dobbiamo raggiungere insieme per porre fine alla pandemia di Covid-19".
"Più della metà di tutti i Paesi e delle economie ad alto e medio-alto reddito - ha osservato il numero uno dell'Oms - hanno somministrato dosi sufficienti per vaccinare completamente almeno il 20% della loro popolazione", mentre "solo 3 Paesi su 79 a reddito basso e medio-basso hanno raggiunto lo stesso livello".
- Fumo e Covid, Rapporto annuale 2020 del Fondo per la prevenzione del tabagismo
Il 2020 è stato una pietra miliare per l’FPT e questo per due eventi salienti: l’entrata in vigore della revisione dell’ordinanza sul fondo per la prevenzione del tabagismo e la definizione della strategia del Fondo per gli anni a venire. Per il resto, l’anno in esame è stato fortemente condizionato dal nuovo coronavirus.
Anche il Fondo per la prevenzione del tabagismo si è occupato del pericoloso virus avviando provvedimenti appropriati e accogliendo due domande di finanziamento per progetti sulla tematica del rapporto tra la COVID-19 e il fumo. Sebbene i dati disponibili su questa correlazione siano ancora pochi, gli studi
sinora condotti indicano che i fumatori che si infettano con il virus tendono ad avere un decorso della malattia più grave rispetto ad altre persone.
È noto che il consumo di tabacco aumenta il rischio di contrarre molte malattie non trasmissibili (MNT) – per esempio i fumatori si ammalano 17 volte più spesso di cancro del polmone – e che addirittura è l’unico fattore di rischio che accomuna le cinque MNT più frequenti. Perché il fumo riveste un ruolo importante per la COVID-19? Secondo l’ultima indagine, in Svizzera, il 97 per cento delle persone decedute a causa di un’infezione da coronavirus aveva almeno una malattia pregressa e precisamente una delle MNT menzionate. Per questo motivo, i fattori di rischio come il consumo di tabacco che influenzano la portata della pandemia di COVID-19 devono essere esaminati con attenzione.
Dalla pandemia è emerso un insegnamento chiaro: per ridurre l’incidenza delle MNT e quindi delle malattie pregresse che condizionano il decorso di un’infenzione da coronavirus dobbiamo rafforzare la prevenzione. Una popolazione sana è più resistente alle malattie trasmissibili. Una «prevenzione pandemica» di questo tipo produce effetti significativi e a lungo termine, e permette anche di contenere i costi di future pandemie.
Eppure, sia sulla gestione della pandemia causata dal coronavirus sia sulla prevenzione del tabagismo spirano gli stessi venti contrari. Dato che una prevenzione efficace non gode ancora di un sostegno unanime, in lettere del lettore o commenti, molti cittadini hanno stabilito un collegamento tra la pandemia di COVID-19 e l’epidemia di tabagismo. Ogni anno, hanno osservato, il fumo miete
9500 vite. Il loro obiettivo non è certo mettere sui due piatti della bilancia il numero di vittime del coronavirus e quello delle vittime del fumo, bensì richiamare l’attenzione sull’aspetto per alcuni deprecabile e per altri confortante di questo «confronto»: mentre i primi sottolineano l’estrema frammentarietà delle misure di prevenzione del tabagismo rispetto a quelle messe in campo contro la pandemia di COVID-19, i secondi mettono in evidenza tutto ciò che nella lotta contro la pandemia è (diventato) possibile per intervenire rapidamente contro una minaccia mortale. Secondo Dr. Rüdiger Krech, direttore della promozione della salute presso l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a Ginevra, ora è il momento di sostenere le persone che vogliono smettere di fumare, implementando nella prevenzione del tabagismo gli strumenti che si sono rivelati promettenti nella lotta contro la pandemia, ossia: la salute come primo obiettivo, la sorveglianza della malattia, l’accesso diretto al sistema sanitario, una società civile forte e una comunicazione chiara.
Il mio auspicio è che i Governi e i Parlamenti attuino misure efficaci anche per quanto riguarda la prevenzione del tabagismo. L’FPT fa la sua parte svolgendo i compiti che gli sono stati attribuiti per ridurre il consumo di tabacco e di conseguenza il numero di decessi evitabili. In questo modo contribuisce anche, in ultima analisi, a ridurre le conseguenze sanitarie delle pandemie.
Peter Blatter, Direttore del Fondo per la prevenzione del tabagismo
- Via libera alla Certificazione verde COVID-19 in Italia. Info numero verde
Prende il via in Italia la Certificazione verde COVID-19, il documento gratuito, in formato digitale e stampabile, che facilita in Italia la partecipazione ad eventi pubblici (come fiere, concerti, gare sportive, feste in occasione di cerimonie religiose o civili), l’accesso alle residenze sanitarie assistenziali e lo spostamento in entrata e in uscita da territori eventualmente classificati in "zona rossa" o "zona arancione". Tutto sarà implementato da oggi al 28 giugno.
La certificazione, frutto del lavoro congiunto di Ministero della Salute, Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministro per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale, in collaborazione con la Struttura Commissariale per l'emergenza Covid-19 e con il supporto del partner tecnologico Sogei, contiene un QR Code, che ne verifica autenticità e validità . Il documento attesta una delle seguenti condizioni: la vaccinazione contro il Covid-19, l’esito negativo di un tampone antigenico o molecolare effettuato nelle ultime 48 ore o la guarigione dall’infezione. A tutela dei dati personali, il QR Code della certificazione andrà mostrato soltanto al personale preposto per legge ai controlli.
Con l’attivazione della piattaforma nazionale realizzata e gestita da Sogei, a partire da giovedì 17 giugno, i cittadini potranno iniziare a ricevere le notifiche via email o sms con l’avviso che la certificazione è disponibile e un codice per scaricarla su pc, tablet o smartphone. L’invio dei messaggi e lo sblocco delle attivazioni proseguirà per tutto il mese di giugno, e sarà pienamente operativo dal 28 giugno, in tempo per l’attivazione del pass europeo prevista per il 1° luglio.
La Certificazione verde COVID-19 si potrà visualizzare, scaricare e stampare su diversi canali digitali:
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sul sito dedicato www.dgc.gov.it
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sul sito del Fascicolo Sanitario Elettronico Regionale www.fascicolosanitario.gov.it/fascicoli-regionali
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sull’App Immuni
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e presto sull’App IO
In caso di difficoltà , o indisponibilità , nell’uso di strumenti digitali, saranno coinvolti medici di medicina generale, pediatri di libera scelta e farmacisti che hanno accesso al sistema Tessera Sanitaria. Dal 1° luglio la Certificazione verde COVID-19 sarà valida come Eu digital COVID certificate e renderà più semplice viaggiare da e per tutti i Paesi dell'Unione europea e dell’area Schengen.
Per tutte le informazioni è disponibile il sito www.dgc.gov.it
e il Numero Verde della App Immuni 800.91.24.91, attivo tutti i giorni dalle ore 8 alle ore 20
Info:
- Covid. Solo 33% efficacia del cocktail AZD7442 (anticorpi tixagevimab e cilgavimab) di Astrazeneca. Studio Storm Chaser
Il farmaco al banco di prova era una combinazione di anticorpi a lunga durata d'azione, AZD7442. L'azienda farmaceutica AstraZeneca ha però affermato che lo studio 'Storm Chaser' non ha raggiunto l'obiettivo principale: l'endpoint primario della prevenzione post-esposizione di Covid-19 sintomatico, rispetto al placebo.
Nella popolazione complessiva dello studio, AZD7442 ha ridotto il rischio di sviluppare Covid-19 sintomatico del 33% rispetto al placebo. Il che non era statisticamente significativo, è stato spiegato facendo il punto sul trial che ha riguardato adulti non vaccinati di età pari o superiore a 18 anni con esposizione confermata a un caso di Sars-CoV-2 negli ultimi 8 giorni.
Ma Myron Levin, University of Colorado School of Medicine (Stati Uniti), ricercatore principale dello studio, ha affermato che i risultati di Storm Chaser hanno suggerito che l'AZD7442 può essere utile nella prevenzione dei sintomi di Covid-19 in individui non già infetti. Mene Pangalos, Executive Vice President, BioPharmaceuticals R&D, ha affermato che anche se lo studio non ha raggiunto l'endpoint primario contro la malattia sintomatica, è incoraggiato dalla protezione osservata nei partecipanti negativi alla Pcr dopo il trattamento con la combinazione.
Storm Chaser è uno studio multicentrico di fase III, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo che valuta la sicurezza e l'efficacia di una singola dose da 300 mg di AZD7442 rispetto al placebo per la prevenzione post-esposizione di Covid-19. La sperimentazione è stata condotta in 59 siti in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Un totale di 1.121 partecipanti sono stati randomizzati per ricevere una singola dose intramuscolare della combinazione di anticorpi (749 persone) o un placebo (372).
AZD7442 è una combinazione di due anticorpi Laab (Long Acting AntiBody): tixagevimab (AZD8895) e cilgavimab (AZD1061), derivati da cellule B donate da pazienti convalescenti dopo infezione con il virus Sars-CoV-2.
- COVID. SIGG, CON PANDEMIA PIU' ABUSI SU ANZIANI, 1 SU 5 VITTIMA MALTRATTAMENTI
"Angherie, abbandono, ma anche negligenza, truffe finanziarie e maltrattamenti psicologici e fisici, che avvengono soprattutto fra le mura domestiche, a opera di familiari o badanti. Durante i mesi della pandemia gli anziani sono stati ancora più fragili di fronte agli abusi, perché costretti a passare ancora più tempo con i loro aggressori e a dipendere ancora di più dagli altri per le cure quotidiane".
Così, i maltrattamenti sono cresciuti in modo esponenziale: lo segnalano gli esperti della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) che, in occasione della Giornata Mondiale della consapevolezza del maltrattamento agli anziani del 15 giugno, hanno realizzato un Manifesto per prevenire e combattere questo fenomeno, che sarà presentato durante uno dei webinar informativi dedicati alla consapevolezza e la prevenzione dei maltrattamenti.
I geriatri sottolineano "che durante la pandemia molti fattori di rischio si sono esacerbati: la precarietà economica, gli ambienti domestici sovraffollati, l'accesso limitato a servizi e supporto esterni hanno reso più difficili le condizioni di vita degli anziani a casa mentre nelle Residenze Sanitarie Assistenziali la riduzione del personale a causa di malattia o quarantena, le condizioni di lavoro stressanti e la sospensione delle visite dei familiari hanno acuito l'isolamento dei residenti e aumentato il rischio di abbandono".
"Il fenomeno della violenza sugli over 65 è ampiamente sottostimato, ma deve tornare all'attenzione di tutti perché con la pandemia è ulteriormente aumentato- spiega Francesco Landi, presidente SIGG- Un'indagine condotta di recente negli Stati Uniti e pubblicata sull'American Journal of Geriatric Psychiatry ha dimostrato che un anziano su cinque ha subito abusi in questi mesi, con un aumento dell'84% delle stime di prevalenza rispetto al periodo pre-pandemico e picchi di incremento che vanno dal +114% delle truffe finanziarie al +237% dei maltrattamenti fisici: in questi difficili mesi gli anziani, categoria fragile di fronte al coronavirus, sono stati alla mercé degli abusi perché spesso costretti a stare in quarantena più a lungo e per questo ancora più isolati e con minori possibilità di chiedere aiuto.
La maggior parte dei maltrattamenti avviene fra le mura domestiche ad opera di persone di fiducia come badanti, vicini di casa, parenti e operatori assistenziali, in due terzi dei casi membri della famiglia come il coniuge o i figli: le difficoltà innescate dalla pandemia, che hanno colpito reti familiari e sociali già meno ampie e forti rispetto al passato, hanno così aumentato la probabilità degli anziani di essere vittime di abbandono e disattenzioni come denutrizione, disidratazione, scarsa igiene, indumenti indecorosi". Per contrastare gli abusi e condividere una nuova coscienza dei diritti e delle responsabilita`, la SIGG propone perciò un Manifesto per la prevenzione e la consapevolezza dei maltrattamenti sugli anziani.
"Il maltrattamento agli anziani si deve e si può prevenire- riprende Anna Castaldo, membro consiglio direttivo SIGG e coordinatore del gruppo di lavoro sul maltrattamento anziani- in casa e anche nelle residenze assistenziali la persona fragile viene spesso vissuta come un peso e posta nelle condizioni di 'non disturbare': i cambiamenti fisici, comportamentali emotivi a volte attribuiti alla progressione di malattia possono essere dovuti ad abusi, negligenze, sfruttamento. Riconoscere questi casi e i fattori di rischio che possono aumentarne la probabilità è importante per la prevenzione e il trattamento: ciascuno di noi può fare molto perché aumenti la consapevolezza collettiva del problema e per riconoscere casi di abuso, familiari e caregiver possono ridurre il rischio di compiere un abuso informandosi su come chiedere aiuto e supporto.
Ma la prevenzione passa innanzitutto da una riscoperta del valore dell'anziano e dalla consapevolezza che l'invecchiamento è una parte del ciclo di vita in cui devono permanere rispetto, dignità, accesso ad attività educative, culturali, spirituali, economiche; a ogni anziano devono essere date risposte ai bisogni fondamentali di cibo, sicurezza, protezione e accesso alle cure. Senza però dimenticare di fornire sostegno alle famiglie e ai caregiver che si prendono cura delle care persone anziane. Cioè una prevenzione multidimensionale, che tenga conto anche delle persone a rischio di compiere un abuso" conclude Castaldo.
Info:
- La Svizzera toglie la mascherina all' aperto. Riaprono le discoteche con il certificato Covid
Lunedì 28 giugno 2021, il Consiglio federale intende procedere a ulteriori allentamenti. Tra questi, la revoca dell’obbligo della mascherina all’aperto, l’aumento del numero di persone consentito per tavolo nei ristoranti e la riapertura delle discoteche per le persone in possesso di un certificato COVID.
È inoltre previsto di allentare le limitazioni della capienza imposte a negozi, strutture per il tempo libero e impianti sportivi e di semplificare e uniformare le regole per le manifestazioni. Nella sua seduta dell’11 giugno 2021 il Consiglio federale ha posto in consultazione queste e altre proposte. La decisione definitiva sarà presa il 23 giugno.
Il numero di nuovi casi, le ospedalizzazioni e il tasso d’occupazione dei letti nei reparti di terapia intensiva con pazienti COVID-19 sono in netto calo. Considerata l’evoluzione positiva della situazione e il buon andamento della campagna vaccinale, il Consiglio federale pianifica una nuova, importante fase di riapertura prima delle vacanze estive e intende prendere una decisione definitiva il 23 giugno prossimo, quando potranno essere valutate anche le conseguenze della quarta fase di riapertura scattata il 31 maggio.
Conformemente al modello a tre fasi, è previsto anche l’impiego del certificato COVID. Per le grandi manifestazioni e le discoteche sarà obbligatorio. Limitando l’accesso alle persone in possesso di un certificato COVID, gli organizzatori di manifestazioni con meno di 1000 persone, le strutture sportive, culturali e per il tempo libero e i ristoranti potranno allentare le misure di protezione. In settori della vita quotidiana come i trasporti pubblici, il commercio al dettaglio o gli eventi privati, invece, il certificato COVID non potrà essere impiegato.
Revoca dell’obbligo della mascherina all’aperto
L’obbligo della mascherina sarà revocato nelle aree esterne delle strutture accessibili al pubblico, delle strutture per il tempo libero, delle stazioni ferroviarie e delle fermate di tram e autobus, come pure sui ponti esterni dei battelli e sulle seggiovie.
L’obbligo generale della mascherina sarà revocato anche sul lavoro. I datori di lavoro saranno ancora responsabili della protezione dei lavoratori e dovranno decidere dove e quando sarà necessario indossarla. Nelle strutture in cui i dipendenti non possono mantenere la distanza prescritta da clienti o ospiti, per esempio nei ristoranti o nei negozi, l’obbligo della mascherina resterà in vigore.
Nel settore della formazione, il Consiglio federale intende revocare l’obbligo della mascherina per il livello secondario II. Le regole da adottare nei licei, nelle scuole specializzate e nelle scuole professionali torneranno a essere di competenza dei Cantoni.
Allentamento delle limitazioni della capienza
Negozi, strutture per il tempo libero e impianti sportivi dovranno poter sfruttare maggiormente la loro capienza. Le regole saranno uniformate: nei locali in cui si può indossare la mascherina basteranno quattro metri quadrati per persona. Nelle strutture in cui non è possibile indossare la mascherina, per esempio nelle piscine coperte, andranno invece calcolati dieci metri quadrati per persona. Questa disposizione permetterà di riaprire i parchi acquatici a tutti i visitatori.
Ristoranti: all’esterno nessun limite per i gruppi
All’interno dei ristoranti saranno consentite sei persone per tavolo invece di quattro. Resterà in vigore l’obbligo di consumare stando seduti. All’esterno non vigeranno più limiti per i gruppi di ospiti e sarà revocato l’obbligo di consumare stando seduti. All’interno, chi si muove dovrà indossare la mascherina. Dovranno continuare a essere registrati i dati di contatto di tutti gli avventori.
Riapertura di discoteche e sale da ballo
Le discoteche e le sale da ballo potranno riaprire se limiteranno l’accesso alle persone in possesso di un certificato COVID valido. Potranno essere contemporaneamente presenti al massimo 250 persone. Non sarà più obbligatorio indossare la mascherina ma dovranno essere registrati i dati di contatto di tutti gli ospiti.
Manifestazioni con certificato: semplificazione e uniformazione delle regole
Il Consiglio federale aveva già deciso alla fine di maggio che a partire da luglio, con l’impiego del certificato COVID, sarebbero state di nuovo consentite le grandi manifestazioni. Ora propone diversi adeguamenti. L’obbligo della mascherina sarà limitato a chi si muove al chiuso e sarà uniformato il numero massimo di partecipanti: 3000 al chiuso e 5000 all’aperto, indipendentemente dall’obbligo o meno di stare seduti. Sarà inoltre consentito in ogni caso l’utilizzo di due terzi della capienza.
Manifestazioni senza certificato: 1000 persone sedute, 250 in piedi
Per le manifestazioni che non impiegano il certificato COVID varrà quanto segue: se il pubblico è seduto, come al cinema, a teatro o alle partite di calcio, saranno consentiti 1000 spettatori; se invece i presenti si muovono, come ai matrimoni o ai concerti senza posti a sedere, saranno consentiti al massimo 250 partecipanti. Potrà essere utilizzata fino a metà della capienza del luogo. Questi limiti varranno tanto al chiuso quanto all’aperto. Al chiuso si dovrà indossare la mascherina e rispettare la distanza prescritta. Le manifestazioni di ballo resteranno vietate. Per le consumazioni varranno regole specifiche secondo la situazione.
Per eventi in strutture accessibili al pubblico sarà consentito quanto è già consentito nella sfera privata: se nella cerchia familiare e di amici si incontreranno non più di 30 persone al chiuso o 50 all’aperto, si potrà rinunciare a misure di protezione, per esempio all’uso della mascherina, al rispetto della distanza prescritta o all’obbligo di stare seduti a una festa di compleanno in un ristorante.
Attività sportive o culturali amatoriali: aumento della capienza consentita al chiuso
Per la partecipazione ad attività sportive di gruppo saranno revocati i limiti di rispettivamente 50 persone all’aperto e quattro al chiuso. Al chiuso resterà obbligatorio indossare la mascherina e mantenere la distanza prescritta. Se non è possibile mantenere la distanza (p. es. negli sport di squadra) o indossare la mascherina (p. es. negli sport di resistenza o nelle prove con strumenti a fiato) vigerà una limitazione della capienza a dieci metri quadrati per persona. Concerti di cori saranno di nuovo consentiti anche al chiuso.
Test fai da te anche nelle drogherie e nel commercio al dettaglio
I test fai da te validati potranno essere venduti anche nelle drogherie e nel commercio al dettaglio. La consegna di cinque test fai da te al mese a carico della Confederazione resterà tuttavia riservata alle farmacie e sarà limitata alle persone che non sono ancora state vaccinate o non hanno mai contratto il virus.
Decisione sulla durata dell’efficacia della vaccinazione
Stando a diversi studi, la durata della protezione garantita dai vaccini omologati in Svizzera è molto probabilmente superiore a sei mesi. Sulla base della valutazione della Commissione federale per le vaccinazioni, il 23 giugno il Consiglio federale prenderà una decisione in materia. La decisione è importante per diverse regolamentazioni, in particolare per il certificato COVID.
Info:
- CANCRO E COVID, UN MILIONE DI CASI NON DIAGNOSTICATI IN EUROPA
Un milione di casi di cancro potenzialmente non diagnosticati, 100 milioni di test di screening non eseguiti, 1 persona su 2 con potenziali sintomi di cancro non inviata alla diagnosi, 1 malato di cancro su 5 ancora senza il trattamento chirurgico o chemioterapico necessario: questi i numeri dell’impatto del Covid-19 sul cancro in Europa, secondo lo studio appena pubblicato dalla European Cancer Organisation (ECO).
Sulla base di questi dati ECO lancia in questi giorni Time to Act, una campagna europea per sollecitare l’opinione pubblica, i pazienti oncologici e gli operatori sanitari a impegnarsi, ognuno nel suo ambito, per garantire che il Covid non continui a minare la lotta contro il cancro. L’Istituto Europeo di Oncologia partecipa attivamente all’iniziativa.
“Re-immaginare i servizi oncologici, ricostruirli meglio ed in maniera più intelligente è uno dei 7 punti del piano d’azione di Time to Act su cui IEO si è particolarmente concentrato – dichiara Roberto Orecchia, Direttore Scientifico IEO- L ’esempio tipico è il potenziamento delle televisite, ove possibile, o la ristrutturazione degli spazi interni ed esterni dell’ospedale, che ha ampliato le aree di attesa a disposizione di pazienti e accompagnatori , raddoppiando gli spazi per garantire il distanziamento sociale. O ancora la gestione accurata e puntuale delle vaccinazioni sia al personale IEO che ai pazienti, un’attività fondamentale e destinata a protrarsi nel tempo. E soprattutto l’aggiornamento costante delle tecnologie per ottenere la massima rapidità e precisione sia nella diagnosi che nelle terapie.
Lo sviluppo in quest’area è stato ed è trasversale: dalla diagnostica, potenziata con nuove TAC e TAC-PET, ad una nuova Anatomia Patologica, alla Ricerca, dove sono state create nuove infrastrutture riconvertendo alcuni laboratori agli studi Covid, fino alla terapia, che presto si avvarrà di un vaccino terapeutico contro i linfomi follicolari, delle terapie cellulari con CAR-T e, entro due anni, dei protoni.”
“Bisogna contrastare la sensazione dei pazienti oncologici di essere stati dimenticati e messi da parte durante la pandemia con un’offerta di presa in carico ancora migliore del periodo pre-covid. In realtà gli ambulatori sono stati chiusi poche settimane e comunque le terapie non procrastinabili sono state sempre garantite in sicurezza. Ma la comprensibile paura del contagio, legata alla fragilità del malato di cancro, ha tenuto lontani i pazienti dagli ospedali per molti mesi, e ancora oggi molti tendono a rimandare gli screening e la diagnosi precoce. È fondamentale aiutare la popolazione a superare queste paure se vogliamo impedire che il Covid metta un freno alla lotta contro il cancro “conclude Orecchia. Per informazioni su Time To Act: TimeToAct (europeancancer.org)
Info:
- COVID, IN ITALIA I PRIMI DUE TRAPIANTI AL MONDO DA DONATORE POSITIVO A RICEVENTI NEGATIVI. NESSUNA INFEZIONE
Sono stati realizzati in Italia i primi due trapianti al mondo da donatori deceduti positivi al Sars- Cov-2 su riceventi negativi e privi di anticorpi. In entrambi i casi i pazienti hanno ricevuto un nuovo cuore e nessuno dei due ha contratto il Covid-19 dopo il trapianto.
Il primo intervento è stato eseguito a fine aprile scorso al Policlinico Sant’Orsola di Bologna su un uomo di 64 anni, mentre il secondo è stato realizzato a metà maggio all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma su un ragazzo di 15 anni.
I due riceventi, affetti da cardiopatie severe, erano in lista d’attesa urgente nazionale e hanno ottenuto l’organo grazie a una deroga concessa dal Centro nazionale trapianti ai due ospedali rispetto al programma sperimentale del Cnt: il protocollo attualmente in vigore, infatti, consente di effettuare trapianti di organi salvavita provenienti da donatori risultati positivi al coronavirus e deceduti per altre cause, ma solo su riceventi positivi al momento del trapianto o già immunizzati per malattia pregressa o per vaccinazione.
“Nei casi trattati al Sant’Orsola e al Bambino Gesù la gravità delle condizioni cliniche dei pazienti ha spinto le equipe mediche dei due centri a chiederci l’autorizzazione al trapianto anche se i riceventi erano privi di anticorpi”, spiega il direttore del Cnt Massimo Cardillo. “Abbiamo attivato immediatamente le procedure di sorveglianza infettivologica e abbiamo valutato per entrambi i pazienti che il rischio di morte o di evoluzione di gravi patologie connesse al mantenimento in lista di attesa fosse superiore all'eventuale trasmissione di patologia dal donatore. Il decorso post- trapianto ci ha dato ragione e i riceventi ora stanno bene e sono tornati a casa”.
Dall’attivazione, nel dicembre scorso, del protocollo sperimentale, il primo a livello internazionale di questo tipo, sono stati realizzati diciannove trapianti da donatori con Sars-Cov-2. A parte i due trapianti di cuore del Sant’Orsola e del Bambino Gesù, gli altri diciassette interventi hanno riguardato il fegato e sono stati effettuati esclusivamente su pazienti che avevano già avuto il Covid-19, nessuno dei quali ha subito una reinfezione dopo aver ricevuto il nuovo organo.
Sono otto gli ospedali che hanno partecipato finora al programma sperimentale: la maggior parte degli interventi (otto) è stata realizzata dal Centro trapianti di fegato dell’Ospedale Molinette di Torino, mentre gli altri sono stati eseguiti all’Ismett di Palermo, al Sant’Orsola di Bologna, all’Ospedale Niguarda di Milano, al Policlinico di Bari e a Roma presso il San Camillo, il Policlinico Tor Vergata e il Bambino Gesù. Sono sedici, invece, gli ospedali dove sono state effettuate le donazioni di organi, con il supporto di otto coordinamenti regionali della Rete nazionale trapianti: cinque in Piemonte (Alessandria, Cuneo, Domodossola, Torino, Novara), tre in Toscana (Empoli, Massa e Pistoia), due in Lombardia (Brescia e Lecco), due in Puglia (Bari e Lecce) e uno per regione in Abruzzo (Teramo), Lazio (Roma Bambino Gesù) Liguria (Genova) e Sicilia (Catania).
Info:
- Covid in Svizzera, si preferiscono i vaccini a mRna
Difficilmente il vaccino anti Covid di Johnson&Johnson verrà utilizzato in maniera massiccia per immunizzare la popolazione. Stando al Consiglio federale, nella sua risposta scritta a una domanda di Marco Romano (Centro/TI), i vaccini che si basano sul mRNA si sono dimostrati più efficaci nonché sicuri.
Rispetto ai preparati di Moderna e Pfizer/BioNtech, i vaccini a vettore virale come quello evocato dal consigliere nazionale, "sono meno efficaci". Per questo, in Svizzera, "al momento sono previsti al massimo come alternativa per le persone che non possono o non vogliono essere vaccinate con un vaccino a mRNA".
Per coprire questo fabbisogno, precisa l'esecutivo, si stanno vagliando varie opzioni, prima fa tutte il vaccino di AstraZeneca, non ancora omologato in Svizzera, "ma per il quale è stato stipulato un contratto per la fornitura di 5,3 milioni di dosi". Nella sua domanda, oltre a mettere in rilievo i vantaggi del vaccino di J&J in merito a somministrazione e conservazione, Romano si chiedeva se il governo fosse intenzionato a sottoscrivere un contratto d'acquisto per mettere questo prodotto a disposizione del professionisti della salute.
Info:
- Covid, aspirina non aumenta la sopravvivenza dei pazienti ricoverati
L'Aspirina non aumenta la sopravvivenza dei pazienti ricoverati in ospedale per Covid-19, secondo uno studio denominato 'Recovery', che ha valutato, fra diverse terapie, anche gli effetti della somministrazione dell'antinfiammatorio non steroideo a base di acido acetilsalicilico in malati Covid ospedalizzati.
I pazienti con Covid-19 hanno infatti un rischio aumentato di trombosi, e l'Aspirina viene ampiamente somministrata in altre patologie per prevenire la formazione di coaguli nei vasi sanguigni.
Tra novembre 2020 e marzo 2021 il trial ha coinvolto quasi 15mila pazienti ricoverati per Covid-19. I malati sono stati suddivisi random in due gruppi: 7.351 ricevevano 150 milligrammi di Aspirina una volta al giorno, 7.541 le abituali terapie previste. Gli autori hanno così osservato che il gruppo trattato con Aspirina ha avuto una degenza ospedaliera di 8 giorni contro 9 del gruppo controllo, e che nel braccio Aspirina è stato dimesso vivo entro 28 giorni il 75% contro il 74%. Per ogni mille pazienti trattati con il farmaco, circa 6 in più hanno avuto un evento di sanguinamento maggiore e circa 6 in meno un evento tromboembolico.
"I dati mostrano che, nei pazienti ricoverati con Covid-19, l'Aspirina non è stata associata a riduzioni di mortalità a 28 giorni, o di rischio di passare alla ventilazione meccanica invasiva o di decesso - afferma Peter Horby, infettivologo del Nuffield Department of Medicine dell'università di Oxford, co-coordinatoore dello studio - Sebbene l'aspirina fosse associata a un piccolo aumento della probabilità di essere dimessi vivi, questo non sembra essere sufficiente a giustificarne l'impiego diffuso nei ricoverati per Covid".
"C'è stata una forte indicazione che la formazione di coaguli nel sangue possa essere responsabile del deterioramento della funzione polmonare e della morte nei pazienti con Covid grave - osserva Martin Landray, epidemiologo dello stesso dipartimento e co-coordinatore del trial - L'Aspirina è poco costosa e ampiamente utilizzata in altre malattie per ridurre il rischio di trombosi, quindi delude che non abbia avuto un impatto importante su questi pazienti. Questo è il motivo per cui i grandi studi randomizzati sono così importanti: stabilire quali trattamenti funzionano e quali no".
Info:
- Covid, il certificato vaccinale in 2 App per la Svizzera
Dal 7 giugno 2021 l’app «COVID Certificate» è scaricabile gratuitamente da Apple App Store e da Google Play Store. Permette in seguito di scansionare con la fotocamera il codice QR presente sul certificato COVID e di salvarlo sul dispositivo mobile. In tal modo, i dati non vengono salvati in un sistema centralizzato.
La data dell?introduzione può variare da un Cantone all'altro. Informazioni dettagliate saranno pubblicate gradualmente sulle pagine web dei Cantoni. Tra i primi c'è il Ticino.
Nell’app «COVID Certificate» si possono salvare più certificati COVID, per esempio vari risultati negativi di test o i certificati dei familiari. L’app indica inoltre la durata di validità del certificato COVID e la sua data di scadenza in Svizzera.
La scelta è di stampare il certificato COVID oppure esibire la versione elettronica utilizzando l’app. Per la verifica del vcertificato personale può esser chiesto di provare l' identità mediante un documento di ricnoscimento con foto (p. es. carta d?identità o passaporto).
Per poter verificare l’autenticità e la validità del certificato COVID, è messa a disposizione anche l’app «COVID Certificate Check». A tale scopo si scansiona il codice QR sul certificato cartaceo o mediante l’app «COVID Certificate», verificando la firma elettronica ivi contenuta. Con questa procedura, il controllore vede nell’app «COVID Certificate Check» il nome e la data di nascita del titolare del certificato e se questo è valido. Quindi si può verificare il nome e la data di nascita con un documento d’identità (p.es. passaporto o carta d’identità), assicurandosi in tal modo che il certificato sia stato effettivamente emesso a nome della persona.
Nel corso della procedura di controllo, l’app non salva dati su sistemi centralizzati né nell’app «COVID Certificate Check».
Come l’app «COVID Certificate», anche l’app «COVID Certificate Check» sarà messa a disposizione gratuitamente su Apple App Store e su Google Play Store non appena l’utilizzo sarà disciplinato dalle autorità.
Viaggiare con il certificato COVID: entrata in altri Paesi
Un certificato COVID valido per la Svizzera non rappresenta alcuna garanzia per entrare in altri Paesi. Ogni Paese definisce le proprie norme d’entrata e ha la competenza di adeguarle costantemente in funzione dell’evoluzione della situazione epidemiologica.
È quindi possibile che alcuni Paesi adottino norme d’entrata più severe di quelle svizzere, come avvenuto finora. Pertanto, prima di ogni viaggio dovreste informarvi sulle norme d’entrata consultando il sito web ufficiale del Paese di destinazione.
Per viaggiare nello spazio UE, il seguente sito web fornisce una prima panoramica sulle norme adottate dai singoli Paesi dell’UE: https://reopen.europa.eu/it/
Fino a quando è valido il certificato COVID?
La durata di validità cambia a seconda che vi sia stato somministrato un vaccino anti-COVID-19, siate guariti dalla malattia o risultiate negativi al test. Potrà inoltre variare in funzione delle conoscenze scientifiche più recenti.
Per persone vaccinate
Per persone guarite
- La validità del certificato inizia dall’undicesimo giorno successivo a quello del risultato positivo di un test e ha una durata di 180 giorni a partire dal risultato del test.
Per persone il cui test è risultato negativo
- Test PCR: 72 ore dal momento in cui è stato prelevato il campione
- Test antigenico rapido: 24 ore dal momento in cui è stato prelevato il campione
Anche l’UE sta attualmente mettendo a punto una soluzione analoga, il «certificato COVID digitale UE». Il certificato COVID svizzero sarà compatibile con il «certificato COVID digitale UE».
Info:
- COVID, I GIOVANI POSSONO DECIDERE DA SOLI IN SVIZZERA SE FARSI VACCINARE
I bambini a partire dai 12 anni, purché capaci di discernimento, possono scegliere se farsi vaccinati o meno contro il Covid-19. Secondo l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), la capacità di discernimento va esaminata caso per caso.
Gli adolescenti tra i 12 e i 18 anni sono considerati capaci di discernimento a condizione che siano mentalmente sani e pienamente coscienti, scrive il Dipartimento federale dell'interno in risposta a una domanda della consigliera nazionale Martina Bircher (UDC/AG).
Le raccomandazioni dell'UFSP non differiscono da quelle in vigore per altri vaccini o altre procedure che riguardano l'integrità fisica di una persona, ha precisato. In genere non stabiliscono a priori che il consenso dei genitori non sia necessario per gli adolescenti dai 12 ai 18 anni. Se un minore è capace di discernimento, può però fare a meno del consenso dei suoi genitori o tutori legali.
L'Ufsp rammenta la procedura per le vaccinazioni effettuate nell'ambiente scolastico, come la vaccinazione HPV (papillomavirus umano). Queste possono essere effettuate solo con il permesso dei genitori.
Se il bambino non è d'accordo con i suoi rappresentanti legali, il servizio interessato contatta le parti. In caso di disaccordo, l'adolescente può essere vaccinato contro il parere dei genitori se è capace di discernimento.
- Neoplasie ematologiche associate a una maggiore mortalita' nei pazienti con Covid #ASCO21
Nuovi dati del National COVID Cohort Collaborative (N3C) hanno confermato diversi fattori associati a una maggiore mortalità per tutte le cause per i pazienti con cancro e COVID-19. "Coerentemente con la letteratura precedente, l'età avanzata, il sesso maschile, l'aumento delle comorbilità e le neoplasie ematologiche sono state associate a una maggiore mortalità nei pazienti con cancro e COVID-19", ha affermato la prof.ssa Noha Sharafeldin, dell'Università dell'Alabama a Birmingham, che ha presentato i risultati sugli esiti di COVID-19 nei pazienti con cancro ( Abstract 1500 ) durante il meeting annuale ASCO 2021.
Utilizzando la coorte N3C, la prof.ssa Sharafeldin e colleghi hanno esaminato la più grande coorte rappresentativa a livello nazionale di pazienti con cancro e COVID-19 negli Stati Uniti fino ad oggi. Valutando un campione di oltre 370.000 pazienti adulti affetti da cancro, lo studio ha mostrato che non vi era alcuna differenza nella probabilità di sopravvivenza tra pazienti positivi al COVID-19 (14,7%) e negativi nei primi giorni dopo una diagnosi di COVID-19. Tuttavia, a partire da 30 giorni e oltre, sono state riscontrate differenze di sopravvivenza.
A 90 giorni, la probabilità di sopravvivenza era del 35% per i pazienti positivi al COVID-19 e del 50% per i pazienti negativi al COVID-19. In un modello di Cox aggiustato, la positività al COVID-19 era significativamente associata alla mortalità, con un rapporto di rischio (HR) di 1,20 (p <0,001). Parlando dei risultati dello studio, la dottoressa Anna Lee, dell'MD Anderson Cancer Center dell'Università del Texas, ha definito i risultati "interessanti. Nell'ultimo anno, abbiamo visto che la pandemia di COVID-19 ha amplificato le disparità preesistenti, specialmente per i pazienti con cancro". Le analisi corrette dello studio hanno mostrato che la positività al COVID-19 ha aumentato il rischio di morte per i pazienti di età pari o superiore a 65 anni (HR 1,99), per gli uomini, per quelli con tumori multisito (HR 1,25) o neoplasie ematologiche (HR 1,15) e per quelli con un numero crescente di comorbilità.
Inoltre, la recente assunzione di terapia citotossica ha aumentato il rischio di mortalità (HR 1,52), mentre la ricezione di terapia mirata o immunoterapia non lo ha fatto. Il Dr. Lee ha discusso i risultati nel contesto, facendo riferimento al diverso accesso alle cure attraverso l'Affordable Care Act e i programmi di espansione di Medicaid. "La copertura assicurativa può influenzare non solo l'accesso alle cure, ma anche le disparità nella qualità delle cure, che, a loro volta, possono influire sulla sopravvivenza", ha affermato la prof.ssa Lee.
"I pazienti non assicurati hanno maggiori probabilità di presentarsi in stadi più avanzati e hanno meno probabilità di ricevere una terapia diretta contro il cancro, che alla fine può tradursi in un aumento della mortalità per cancro". Uno studio recente ha rilevato che la pandemia di COVID-19 ha aumentato l'impatto dell'opzione di espansione Medicaid dell'Affordable Care Act. 1 Se i 14 stati rimanenti che hanno rifiutato l'espansione avessero ampliato l'ammissibilità nel 2020, nel 2020 4,4 milioni di persone in meno sarebbero state senza assicurazione.
"Poiché più stati stanno espandendo Medicaid, ci si aspetta che si vedano miglioramenti nel cancro e negli esiti di COVID-19", ha aggiunto la prof.ssa Lee. Nello studio N3C, i tipi più comuni di tumori maligni primari rappresentati erano tumori della pelle (15%), cancro al seno (14%), cancro alla prostata (12%), tumori ematologici (12%) e tumori multisito (11%). Lo studio ha anche mostrato che la durata media della degenza per i pazienti ricoverati positivi al COVID-19 era di 6 giorni, con il 7% dei pazienti che muoiono durante il ricovero iniziale per COVID-19. Inoltre, anche la residenza negli Stati Uniti meridionali (HR 1,34) o occidentali (HR 1,70) era associata a un aumento del rischio di mortalità. La razza nera o afroamericana (13% della coorte N3C) era associata a un ridotto rischio di mortalità per tutte le cause (HR 0,82). Il fumo non era associato al rischio di mortalità.
la prof.ssa Lee ha discusso i risultati nel contesto, facendo riferimento al diverso accesso alle cure attraverso l'Affordable Care Act e i programmi di espansione di Medicaid. "La copertura assicurativa può influenzare non solo l'accesso alle cure, ma anche le disparità nella qualità delle cure, che, a loro volta, possono influire sulla sopravvivenza", ha concluso la prof.ssa Lee.
"I pazienti non assicurati hanno maggiori probabilità di presentarsi in stadi più avanzati e hanno meno probabilità di ricevere una terapia diretta contro il cancro, che alla fine può tradursi in un aumento della mortalità per cancro". Uno studio recente ha rilevato che la pandemia di COVID-19 ha aumentato l'impatto dell'opzione di espansione Medicaid dell'Affordable Care Act. 1 Se i 14 stati rimanenti che hanno rifiutato l'espansione avessero ampliato l'ammissibilità nel 2020, nel 2020 4,4 milioni di persone in meno sarebbero state senza assicurazione.
- IL VACCINO ANTI COVID NON DANNEGGIA LA PLACENTAÂ
Un nuovo studio della Northwestern University sulla placenta, dopo la vaccinazione per Covid in gravidanza, non ha trovato prove di lesioni, aggiungendo alla crescente letteratura che i vaccini anti Covid sono sicuri in gravidanza.
«La placenta è come la scatola nera di un aereo. Se qualcosa va storto con una gravidanza, di solito vediamo cambiamenti nella placenta, che possano aiutarci a capire cosa sia successo. In questo caso non ci sono danni», spiega il prof. Jeffery Goldstein, docente di patologia presso la Northwestern University Feinberg School of Medicine e l’autore dello studio, pubblicato su Obstetrics & Gynecology .
Si tratta della prima ricerca che esamina l'impatto dei vaccini anti Covid sulla placenta. «Abbiamo raggiunto una fase nella distribuzione del vaccino, in cui stiamo assistendo ad una certa esitazione, in particolare in gravidanza- aggiunge la prof.ssa Emily Miller, medico di medicina materno fetale della Northwestern Medicine e coautrice dello studio- Il nostro team spera che questi dati, anche se preliminari, possano ridurre le preoccupazioni sul rischio della vaccinazione per questa categoria di donne». Gli autori dello studio hanno raccolto la placenta da 84 donne vaccinate e 116 non vaccinate che hanno partorito al Prentice Women's Hospital di Chicago; la maggior parte ha ricevuto i vaccini Moderna o Pfizer durante il terzo trimestre. «Le donne che vogliono essere vaccinate per evitare di contrarre la malattia dovrebbero sentirsi sicure nel farlo anche in gravidanza- aggiunge Miller –Inoltre stiamo iniziando a passare a un quadro di protezione dei feti proprio attraverso la vaccinazione, piuttosto che dalla vaccinazione».
Ad aprile, gli scienziati hanno pubblicato uno studio che mostra che le donne incinte producono anticorpi contro il coronavirus, dopo la vaccinazione e li trasferiscono con successo ai loro feti: «Fino a quando i bambini non possono essere vaccinati, l'unico modo per ottenere gli anticorpi per il virus è proprio dalla madre», evidenzia Goldstein.
Il ruolo della placenta nel sistema immunitario
La placenta è il primo organo che si forma durante la gravidanza. Svolge compiti per la maggior parte degli organi del feto mentre si stanno ancora formando, come fornire ossigeno mentre i polmoni si sviluppano e nutrirsi mentre si forma l'intestino. Inoltre, la placenta gestisce gli ormoni e il sistema immunitario e dice al corpo della madre di accogliere e nutrire il feto piuttosto che rifiutarlo come un estraneo. «Internet ha amplificato la preoccupazione che il vaccino possa innescare una risposta immunologica, che induca la madre a rifiutare il feto -sottolinea Goldstein -Ma questi risultati ci portano a credere che non succeda».
Gli scienziati hanno anche cercato un flusso sanguigno anormale tra la madre e il feto e problemi con il flusso sanguigno fetale, entrambi segnalati in pazienti in gravidanza che sono risultate positive al Covid, tuttavia il tasso di queste lesioni era lo stesso sia nei pazienti vaccinati sia nel gruppo di controllo. Gli scienziati hanno anche esaminato la placenta per l'intervillite istiocitica cronica, una complicazione che può verificarsi se la placenta è infettata, in questo caso, da SARS-CoV-2. Sebbene questo studio non abbia trovato alcun caso in pazienti vaccinati, è una condizione molto rara che richiede un campione di dimensioni maggiori (mille pazienti), per distinguere tra pazienti vaccinati e non vaccinati.
Antonio Caperna
Info:
- Il vaccino anti-COVID di Pfizer/ BioNTech approvato in Svizzera per i giovani
Swissmedic approva l’estensione dell’indicazione di «Comirnaty®» per i giovani dai 12 ai 15 anni: Swissmedic ha esaminato attentamente la domanda di estensione dell’indicazione presentata da Pfizer il 7 maggio 2021. Swissmedic estende l’omologazione ordinaria temporanea del vaccino di Pfizer/BioNTech per la prevenzione della malattia da coronavirus per i giovani dai 12 ai 15 anni.
Swissmedic ha esaminato la domanda di estensione dell’indicazione nell’ambito di una procedura di valutazione progressiva accelerata. I risultati dello studio in corso sui giovani sono stati presentati e valutati. Il vaccino deve essere somministrato due volte, come per le persone di età superiore ai 16 anni. Durante lo studio clinico, il vaccino ha dimostrato un’efficacia di quasi il 100 per cento nella fascia di età considerata. I giovani partecipanti allo studio hanno ricevuto la stessa dose degli adulti e la reazione immunitaria è stata paragonabile a quella dei partecipanti più anziani (dai 16 ai 25 anni).
Anche gli effetti collaterali in questa fascia di età sono stati analoghi a quelli notificati durante gli studi clinici concernenti i giovani dai 16 ai 25 anni e gli adulti. I sintomi più frequenti sono stati dolore al sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, brividi, dolori muscolari, febbre o dolori articolari. Gli effetti collaterali, che sono durati generalmente da uno a tre giorni, possono essere più pronunciati dopo la seconda dose.
Info:
- Coronavirus, il Consiglio federale adotta l’ ordinanza sui certificati COVID
I primi certificati COVID per le persone vaccinate, guarite o testate saranno emessi come previsto nel mese di giugno. Nella seduta del 4 giugno 2021 il Consiglio federale ha adottato l’ordinanza sui certificati COVID, che costituisce la base legale per l’emissione degli stessi. Oltre alla forma e al contenuto dei certificati, disciplina le competenze della Confederazione e dei Cantoni relative all’emissione, le direttive per la loro verifica nonché la compatibilità con il «certificato digitale COVID dell’UE». L’ordinanza entra in vigore il 7 giugno 2021.
L’Ufficio federale dell’informatica e della telecomunicazione (UFIT) istituisce un sistema per l’emissione e la verifica dei certificati COVID. Con l’ordinanza concernente i certificati attestanti l’avvenuta vaccinazione anti-COVID-19, la guarigione dalla COVID-19 o il risultato di un test COVID-19 (ordinanza sui certificati COVID-19), il Consiglio federale crea la base legale per l’emissione di tali documenti. I certificati saranno emessi in formato cartaceo ed elettronico. Entrambe le varianti contengono le informazioni necessarie sotto forma sia di testo leggibile senza mezzi ausiliari sia di codice QR al fine di impedire la loro falsificazione. Sono inoltre corredate di una firma elettronica della Confederazione, che consente una verifica sicura del certificato, durante la quale non vengono trasmessi né salvati dati personali. Affinché presentino un elevato livello di sicurezza, i sistemi per i certificati COVID sono attualmente sottoposti, nell’ambito di un test pubblico di valutazione della sicurezza, a un test di robustezza eseguito da esperti e persone interessate. I primi certificati saranno emessi a tappe a partire dal 7 giugno 2021 e messi a disposizione della popolazione al più tardi entro la fine di giugno.
Stretta collaborazione tra la Confederazione e i Cantoni
I Cantoni definiscono le istituzioni del settore sanitario che potranno emettere certificati COVID. Designano come emittenti personale specializzato (nei centri di vaccinazione e centri di test, negli ospedali e studi medici, nelle farmacie ecc.) che provvederà all’emissione dei certificati su richiesta delle persone vaccinate, guarite o testate e risultate negative. La Confederazione mette a disposizione un sistema per l’emissione, la verifica e la revoca dei certificati COVID, che permette la connessione ai sistemi informatici esistenti (ad es. i sistemi usati nell’ambito della vaccinazione e dei test) in modo che sia possibile anche emettere certificati digitali. Essa coadiuva i Cantoni nell’introduzione della soluzione e dei relativi adeguamenti a livello organizzativo.
Conservazione e verifica dei certificati COVID
Il sistema comprende in particolare l’applicazione «COVID Certificate» per la conservazione e l’applicazione «COVID Certificate Check» per la verifica dei certificati. Entrambe saranno messe gratuitamente a disposizione negli app store ufficiali di Google e Apple. Grazie all’applicazione «COVID Certificate», i titolari di un certificato COVID possono portare con sé la versione digitale ed esibirla in qualsiasi momento. Il certificato COVID che si trova nell’applicazione è equiparato a quello in formato cartaceo. Con l’applicazione «COVID Certificate Check» è possibile verificare i certificati COVID detenuti su carta o nell’applicazione «COVID Certificate»: la persona che effettua la verifica può visualizzare soltanto il nome, il cognome, la data di nascita e l’indicazione della validità del certificato COVID.
Protezione dei dati e compatibilità con l’UE
Il sistema per l’emissione di certificati che l’UFIT mette a disposizione tiene conto degli aspetti legati alla protezione dei dati. I dati personali non sono salvati a livello centrale dall’Amministrazione federale e quelli necessari per la firma elettronica del certificato vengono cancellati dal sistema della Confederazione non appena il certificato è stato generato e trasmesso. Inoltre, la soluzione della Confederazione è compatibile con il sistema previsto dall’UE, ovvero il «certificato digitale COVID dell’UE», e permette il riconoscimento reciproco dei certificati.
Introduzione a tappe a partire dal 7 giugno 2021
L’ordinanza sui certificati COVID-19 entra in vigore il 7 giugno 2021. A partire da questa data il sistema di certificazione sarà introdotto gradualmente ed entro fine giugno sarà operativo in tutta la Svizzera. L’ordinanza si basa sull’articolo 6a della legge COVID-19, che attribuisce al Consiglio federale la competenza di stabilire i requisiti del documento che certifica l’avvenuta vaccinazione anti-COVID-19, la guarigione da un’infezione da cororavirus o il risultato negativo del test COVID-19. Non costituiscono oggetto dell’ordinanza le circostanze in cui deve essere esibito un certificato COVID, ad esempio per partecipare a una manifestazione, né la conseguente eventuale revoca di restrizioni. I Cantoni sono stati consultati sul progetto di ordinanza e informati degli aspetti tecnici dei certificati COVID già prima della consultazione.
Info:
- TUMORI, A CAUSA DEL COVID IN UN ANNO – 11% DI NUOVE DIAGNOSI #ASCO21
Ad oltre un anno dall’inizio della pandemia la situazione in Italia risulta molto difficile per gli oltre 3 milioni di persone che vivono con un tumore. Si stima che nel 2020, rispetto al 2019, le nuove diagnosi di tumore sono diminuite dell’11%. I nuovi trattamenti farmacologici si sono ridotti del 13% mentre gli interventi chirurgici hanno fatto registrare un -18%.
“Ora che la maggioranza dei pazienti oncologici è stata vaccinata contro il Covid e messa così in sicurezza è tempo di tornare a investire e a promuovere la lotta contro il cancro”. E’ questo l’appello lanciato dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) in occasione dell’avvio del Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), che si svolge in forma virtuale dal 4 all’8 giugno. “Ci sono stati numerosi ritardi o posticipazioni per gli esami diagnostici e di follow up – afferma Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM -. Il rischio reale e concreto è quello di registrare un forte aumento dei tumori diagnosticati ad uno stadio più avanzato. La priorità deve essere la ripresa su tutto il territorio nazionale degli esami e dei trattamenti. Stiamo ancora riscontrando casi di pazienti che non si presentano nelle nostre strutture per ricevere prestazioni sanitarie. Dobbiamo quindi ribadire con forza che adesso gli ospedali italiani sono assolutamente luoghi sicuri e che il personale sanitario è stato vaccinato. Il rischio di contrarre il Coronavirus è molto ridotto, praticamente vicino allo zero. Al contrario le patologie oncologiche sono sempre molto pericolose e prima dell’inizio della pandemia causavano ogni anno oltre 180mila decessi. Un dato che potrebbe aumentare anche per colpa del Covid-19 e delle sue conseguenze nefaste sull’intero sistema sanitario nazionale”.
“Anche la prevenzione secondaria deve essere rilanciata dopo il brusco stop che ha registrato nei primi mesi della pandemia – prosegue Saverio Cinieri, Presidente Eletto AIOM -. Lo scorso anno abbiamo avuto oltre due milioni e mezzo di esami di screening in meno rispetto al 2019 e bisogna perciò avviare un piano di recupero per questi esami che sono di fondamentale importanza. E’ necessario un impegno straordinario, ad esempio, attivando anche nei fine settimana gli operatori sanitari per svolgere le mammografie per la diagnosi precoce del carcinoma mammario. Per quanto riguarda invece la ricerca del sangue occulto nelle feci per l’individuazione del tumore del colon-retto si può prevedere il coinvolgimento dei farmacisti. Infine non va trascurata anche la promozione di stili di vita sani che da sempre vede l’impegno della nostra Società Scientifica con campagne rivolte all’intera popolazione. Alcuni comportamenti scorretti come il fumo o l’abuso di alcol sono aumentati negli ultimi mesi anche a causa del Coronavirus”.
Il titolo del congresso ASCO 2021 è “Equity: Every Patient, Every Day, Everywhere”. “Equità: per ogni paziente, ogni giorno e ovunque è davvero un diritto fondamentale per ogni persona che deve affrontare un’esperienza difficile e dolorosa come il cancro – conclude Beretta -. Deve essere garantito nonostante le grandi difficoltà che milioni di uomini e donne stanno affrontando. Negli ultimi anni nel nostro Paese abbiamo assistito, in ambito oncologico, ad enormi progressi dovuti principalmente all’introduzione di nuovi trattamenti e all’aumento del numero di diagnosi precoci. Lo dimostrano chiaramente i tassi di sopravvivenza a cinque anni che erano più alti rispetto alla media europea per molte neoplasie. Non possiamo permetterci di sciupare questi grossi successi e chiediamo un intervento delle istituzioni nazionali e locali per continuare a poter erogare i livelli d’assistenza precedenti all’avvento del Covid-19”.
- Covid, stop al tampone sul confine Italia /Svizzera
"I cittadini svizzeri, residenti entro i 60km dal confine, potranno venire in Italia per 24 ore senza doversi sottoporre al tampone. È un risultato al quale ho lavorato molto e che finalmente dà il giusto respiro all'economia di frontiera. Ringrazio il Ministro della salute per la collaborazione dimostrata", lo scrive il senatore Alessandro Alfieri del PD sul proprio profilo Facebook.
"I cittadini italiani potranno entrare in Svizzera con le stesse modalità.
L'ordinanza entra in vigore già da oggi. Sono molto contento di questo risultato che é importante per il nostro commercio, i servizi e per chi ha affetti che oltrepassano il confine. Non é stato facile, fino a ieri notte ho lavorato insieme ai tecnici del Ministero e l'obiettivo è stato raggiunto per il bene del nostro territorio. Questo risultato è figlio della tenacia dei rappresentanti istituzionali del Partito Democratico dei territori di frontiera".
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