- Modifiche ECG prevedono rischi di morte per Covid e influenza
Secondo un nuovo studio del Mount Sinai Hospital, cambiamenti specifici e dinamici negli elettrocardiogrammi (ECG) dei pazienti ospedalizzati con COVID-19 o influenza possono aiutare a prevedere in anticipo il peggioramento dello stato di salute e anche la morte.
Il lavoro, pubblicato online su American Journal of Cardiology, mostra che le forme d'onda di restringimento nei test possono essere utilizzate per aiutare a identificare meglio i pazienti ad alto rischio e fornire loro un monitoraggio e un trattamento più aggressivi.
“Il nostro studio mostra che le forme d'onda ridotte sugli ECG nel corso della malattia COVID-19 possono essere uno strumento importante per gli operatori sanitari, che si prendono cura di questi pazienti, consentendo loro di cogliere rapidi cambiamenti clinici durante la loro degenza in ospedale e intervenire più rapidamente. Con i casi di COVID-19 e i ricoveri, che continuano a crescere di nuovo, gli ECG possono essere utili per gli ospedali da utilizzare, quando si prendono cura di questi pazienti prima che le loro condizioni peggiorino drasticamente- afferma l'autore senior Joshua Lampert, MD, collega di Elettrofisiologia cardiaca al Mount Sinai Hospital- Questo è particolarmente utile nei sistemi sovraccarichi, poiché non c'è attesa per il ritorno delle analisi del sangue e questo test può essere eseguito dalla maggior parte del personale sanitario. Inoltre, l'ECG può essere fatto al momento di altre cure al letto del paziente, eliminando la potenziale esposizione di un altro operatore sanitario al COVID-19"
L'ECG è un test non invasivo, che registra l'attività elettrica del cuore. È ampiamente utilizzato per la diagnosi di malattie cardiovascolari e aritmie o ritmo cardiaco anormale. Piccoli cerotti, chiamati elettrodi, vengono posizionati su braccia, gambe e petto e collegati tramite fili a una macchina, che trasforma i segnali elettrici del cuore in linee ondulate.
I ricercatori hanno effettuato un'analisi retrospettiva degli ECG su 140 pazienti ricoverati con COVID-19 attraverso il Mount Sinai Health System a New York City tra il 7 marzo e il 12 aprile 2020 e li hanno confrontati con 281 ECG di pazienti con influenza A o influenza confermata in laboratorio B ricoverato al Mount Sinai Hospital tra il 2 gennaio 2017 e il 5 gennaio 2020.
I ricercatori hanno esaminato tre punti temporali dell'ECG per ciascun paziente: una scansione di base eseguita entro un anno prima del ricovero in ospedale per COVID-19 o influenza (e disponibile nei registri del Monte Sinai), una al momento del ricovero ospedaliero e gli ECG di follow-up eseguiti durante ricovero.
Hanno misurato manualmente l'altezza della forma d'onda QRS, una misura dell'attività elettrica dei ventricoli, le principali camere del cuore, su tutti gli elettrocardiogrammi; i cambiamenti in questa attività elettrica potrebbero essere un segno che i ventricoli stanno fallendo. I ricercatori hanno analizzato gli ECG di follow-up dopo il ricovero ospedaliero e hanno analizzato i cambiamenti nelle forme d'onda in base a una serie di criteri, che hanno sviluppato chiamati ampiezza LoQRS (LoQRS), per identificare una contrazione del segnale elettrico sull'ECG. LoQRS è stato definito dall'ampiezza del QRS, che misura meno di 5 mm alle braccia e alle gambe o meno di 10 mm quando misurata sulla parete toracica, nonché una riduzione relativa dell'altezza della forma d'onda in entrambe le posizioni di almeno il 50%.
Cinquantadue pazienti COVID-19 nello studio non sono sopravvissuti e l'analisi mostra che il 74% di quei pazienti aveva LoQRS. Le loro forme d'onda ECG QRS sono diventate più piccole circa 5,3 giorni dopo il ricovero in ospedale e sono morti circa due giorni dopo, che è stato trovato il primo ECG anormale.
Dei 281 pazienti con influenza studiati, LoQRS è stato identificato nell'11% di essi. Diciassette pazienti con influenza sono morti e LoQRS era presente nel 39% di questi casi. I pazienti con influenza hanno soddisfatto i criteri LoQRS una mediana di 55 giorni dal loro ricovero in ospedale e il tempo mediano alla morte è stato di sei giorni da quando è stato identificato LoQRS. Nel complesso, questi risultati mostrano che i pazienti con influenza hanno seguito un decorso meno virulento della malattia rispetto ai pazienti con COVID-19.
“Quando si tratta di prendersi cura dei pazienti COVID-19, i nostri risultati suggeriscono che potrebbe essere utile non solo per gli operatori sanitari controllare un ECG, quando il paziente arriva per la prima volta in ospedale, ma anche ECG di follow-up durante la loro degenza ospedaliera per valutare per LoQRS, in particolare se il paziente non ha compiuto progressi clinici profondi. Se LoQRS è presente, il team potrebbe prendere in considerazione l'escalation della terapia medica o il trasferimento del paziente in un ambiente altamente monitorato come un'unità di terapia intensiva (ICU) in previsione di un peggioramento della salute", conclude il dott. Lampert.
The American Journal of Cardiology: "Prognostic Value of Electrocardiographic QRS Diminution in Patients Hospitalized With COVID-19 or Influenza".
Antonio Caperna
- Covid, piu' 3 milioni di over 50 senza vaccino
Vaccino anti-Covid, mancano all'appello ancora 3 milioni di over 50. E' quanto emerge dal report settimanale della Struttura del Commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, pubblicato sul sito del Governo. Nella fascia d'età 50-59, la percentuale degli immunizzati è pari a 79,36%. Tra i 60-69enni ha completato il ciclo vaccinale l'85,42%.
Tra gli over 80, invece, il 92,55% ha completato il ciclo vaccinale anti-Covid. Sono esattamente 4.223.086 le persone immunizzate sul totale della popolazione over 80 pari a 4.562.910. Nella fascia di età tra i 70 e i 79 anni, ha completato il ciclo vaccinale l'89,56%.
Tra il personale scolastico ci sono ancora 90.392 persone senza prima dose o dose unica di vaccino anti-Covid pari a circa il 5,86% del totale. Per quanto riguarda il personale sanitario il 94,53% è immunizzato.
Dal 20 al 23 settembre sono state somministrate, in media, 80.500 prime dosi al giorno, mentre, negli stessi giorni della settimana precedente, dal 13 al 16 settembre, ne sono state inoculate in media 60.700, registrando un’inversione di tendenza pari a + 32,5%. A riferire i dati è il commissario straordinario per l'emergenza Covid, Francesco Paolo Figliuolo, confermando il trend positivo delle prime dosi sostenuto dai dati degli ultimi giorni.
I differenziali positivi di prime dosi si addensano maggiormente nelle fasce di età tra i 30 e i 59 anni, in particolare: +79% per la fascia 50-59 anni, +62% per la fascia 40-49 anni e +41% per la fascia 30-39 anni.
Proseguono, inoltre, le somministrazioni di seconde dosi e dosi uniche per il completamento dei cicli vaccinali, a tassi pressoché costanti rispetto alla media del mese di settembre, con oltre 159.500 inoculi al giorno. Da inizio campagna sono state effettuate oltre 83,5 milioni di somministrazioni. Il numero dei vaccinati ammonta a oltre 41,7 milioni, pari a oltre il 77,2% della popolazione over 12, mentre il numero di persone che ha ricevuto almeno una somministrazione è di oltre 44,6 milioni, pari a oltre l’82,7%.
Informazioni:
- Ingresso confine Svizzera, modulo di notifica del test Covid dopo 4-7 giorni
Il Dipartimento della sanità e della socialità informa che sul sito web www.ti.ch/coronavirus è ora disponibile il modulo per segnalare il risultato del secondo test dopo l’entrata in Svizzera per le persone non vaccinate e non guarite.
Conformemente a quanto previsto dal Consiglio federale, a partire da lunedì 20 settembre, queste persone devono disporre di un test negativo all'entrata in Svizzera e rifare un test tra il quarto e il settimo giorno dopo l'ingresso, presentando il relativo certificato al Cantone.
Per chiunque entri in Svizzera – indipendentemente dal domicilio, dallo stato vaccinale, dal Paese di provenienza e dal mezzo di trasporto utilizzato – è necessario compilare il Passenger Locator Form (SwissPLF), disponibile alla stessa pagina.
Da entrambi gli obblighi sono esentate alcune categorie, in particolare i lavoratori frontalieri e le persone provenienti dalle regioni di confine.
I moduli e le informazioni sono reperibili alla pagina www.ti.ch/entrata (link disponibile anche in inglese www.ti.ch/entry).
Maggiori informazioni sul sito dell'UFSP:
Informazioni:
- Ricerca, pronazione dei pazienti migliora i casi gravi di Covid. Protocollo Universita' di Bristol
Sul Journal of Frailty and Aging è stato pubblicato un nuovo protocollo per il posizionamento prono, una tecnica comunemente usata per trattare i pazienti affetti da COVID-19 in difficoltà respiratoria, accendendoli in avanti per aumentare il flusso di ossigeno ai polmoni.
I ricercatori dell'Università di Bristol in collaborazione con i medici del Royal United Hospital di Bath, hanno condotto una revisione della letteratura sulla manovra per sviluppare un protocollo standard per il trattamento adiuvante, che può essere utilizzato per i pazienti COVID-19 ad alto rischio di morire in trattamento nei normali reparti ospedalieri.
Usato per alleviare l'ipossia (basso livello di ossigeno nel sangue) dagli anni '70, il proning è associato al miglioramento degli esiti in coloro che soffrono di distress respiratorio ed è comunemente usato durante l'anestesia e nei pazienti intubati e ventilati. Tuttavia, nonostante il suo utilizzo da diversi decenni, i medici hanno una guida limitata sull'uso ottimale della manovra e sul monitoraggio necessario.
Un team multidisciplinare con esperienza nella cura degli anziani con infezione acuta da COVID-19 e con sede nel gruppo di ricerca sull'invecchiamento e il movimento nelle Scienze della salute della popolazione di Bristol ha cercato di progettare un mezzo con cui il posizionamento alternativo delle persone con gravi infezioni polmonari potrebbe migliorare i loro livelli di ossigeno. Hanno esaminato cinque studi che fornivano dettagli sulla tecnica che prevedeva l'assistenza ai pazienti sdraiati sul davanti. Questa procedura è ampiamente utilizzata negli ambienti di terapia intensiva, ma i livelli di esperienza, familiarità e personale spesso ne precludono l'uso nei normali ambienti del reparto NHS.
Due dei cinque studi hanno testato il protocollo in pazienti con ventilazione non invasiva e tre hanno descritto un protocollo ma non lo hanno testato sui pazienti. Utilizzando i dati di questi cinque articoli e delle linee guida cliniche pertinenti, lo studio ha dimostrato che, oltre ad essere conveniente, quando i pazienti sono in posizione prona, la loro ossigenazione migliora notevolmente. Sebbene gli studi non abbiano fornito prove conclusive per suggerire un consenso sulla durata ottimale nella popolazione COVID-19, gli studi, che hanno confrontato la durata, mostrano una tendenza verso periodi più lunghi di maggiore beneficio.
"Lavorando in prima linea durante la pandemia, ho purtroppo visto morire un gran numero di anziani in particolare, a seguito di una grave infezione da Covid-19- afferma la dottoressa Emily Henderson, Consulente Onorario Geriatra presso il Royal United Hospital Bath e Senior Lecturer presso l'Università di Bristol e autore senior dello studio -Il posizionamento prono viene spesso utilizzato negli ambienti di terapia intensiva ed è stata una strategia di successo che abbiamo sperimentato durante la pandemia. Siamo rimasti colpiti dalla poca ricerca che ci fosse per guidare chi potesse trarre beneficio da questo e come potesse essere adottato nella pratica in modo sicuro. Siamo lieti di aver sviluppato un protocollo per questo potenziale trattamento adiuvante. Non vediamo l'ora di esplorare se questo, oltre ai trattamenti farmacologici che vengono sviluppati e testati in ampi studi, possa migliorare la sopravvivenza e i risultati.
"Il posizionamento prono per le persone con Covid-19 è un'opzione promettente, ma c'è molto da considerare prima e durante la procedura conclude Danielle Brazier, fisioterapista accademica presso l'Università di Bristol- Abbiamo progettato un protocollo semplice per guidare i medici che si prendono cura delle persone con infezione da Covid-19. È stato fantastico lavorare con un team multidisciplinare di accademici e clinici per sviluppare questa guida”.
Antonio Caperna
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Prone Positioning of Older Adults with COVID-19: A Brief Review and Proposed Protocol by D. Brazier, N. Perneta, F.E. Lithander, E.J. Henderson in the Journal of Frailty and Aging.
- UN CEROTTO CON MICROAGHI PER VACCINARE CONTRO IL COVID
Photo credit: adattato da ACS Nano 2021, DOI: 10.1021/ACSNANO.1C03252
Più di 2 miliardi di persone in tutto il mondo sono completamente vaccinate contro il COVID-19. Tuttavia, molti di coloro che vivono in paesi con risorse limitate non sono stati in grado di ottenere vaccini, in parte perché in queste aree mancano strutture di trasporto e stoccaggio a temperatura controllata.
I ricercatori del Centro nazionale di nanoscienze e tecnologia di Pechino con i colleghi del Dognfang Hospital di Pechino, della Sungkyunkwan University in Repubblica di Korea e dell'Università di Uppsala in Svezia hanno sviluppato un cerotto con microaghi, che rilascia un vaccino a DNA anti COVID-19 nella pelle, causando forti risposte immunitarie nelle cellule e nei topi. È importante sottolineare che il cerotto può essere conservato per oltre 30 giorni a temperatura ambiente, scrivono sulla rivista ACS Nano.
Ad oggi, la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha autorizzato tre vaccini per l'uso durante la pandemia di COVID-19: uno a base di proteine ??e due a RNA. Tutti devono essere mantenuti refrigerati o congelati, il che limita la loro distribuzione in aree remote o con risorse limitate. Inoltre, i vaccini devono essere somministrati da un operatore sanitario come iniezione intramuscolare. Poiché le cellule immunitarie non si trovano tipicamente nei muscoli, gli scienziati hanno studiato vari modi per fornire vaccini nella pelle, che contiene molte Cellule Presentanti l'Antigene (APC) e potrebbe quindi generare una risposta immunitaria più forte. Hui Li, Guangjun Nie, Hai Wang e colleghi volevano sviluppare un cerotto con microaghi, che erogasse in modo efficiente un vaccino COVID-19 sotto la pelle, causando un'immunità potente e duratura senza la necessità di una catena del freddo o iniezioni dolorose.
I ricercatori hanno basato il loro vaccino sul DNA, che è più facile da produrre rispetto all'RNA o alle proteine. È anche più stabile dell'RNA. Tuttavia, negli studi clinici, i vaccini a DNA per via intramuscolare sono stati limitati nella loro efficacia in quanto, a differenza di RNA o proteine, il DNA deve trovare la sua strada all'interno del nucleo cellulare al lavoro. Consegnando il vaccino nella pelle ricca di APC piuttosto che nei muscoli, i ricercatori hanno ritenuto di poter aumentare le possibilità che il DNA entri nel nucleo di una Cellula Presentante l'Antigene (APC).
Per realizzare il loro sistema di consegna, il team ha collegato sequenze di DNA che codificano la proteina spike SARS-CoV-2 o la proteina nucleocapside alla superficie delle nanoparticelle non tossiche. All'interno delle nanoparticelle c'era un adiuvante, una molecola che aiuta a stimolare una risposta immunitaria. Quindi, i ricercatori hanno rivestito un cerotto con microaghi con le nanoparticelle del vaccino. La piccola porzione rettangolare conteneva 100 microaghi biodegradabili, ciascuna meno di 1/10 del diametro del corpo cilindrico di un ape, che potrebbe penetrare indolore strato esterno della pelle.
I ricercatori hanno testato il sistema sui topi, dimostrando che il cerotto con microaghi che codifica per la proteina spike ha causato forti risposte anticorpali e delle cellule T, senza effetti collaterali osservabili. Poiché i cerotti vaccinali possono essere conservati a temperatura ambiente per almeno 30 giorni senza perdere efficacia, potrebbe essere uno stumento importante per lo sviluppo di vaccini Covid-19 con un'accessibilità globale.
ACS Nano: Separable Microneedle Patch to Protect and Deliver DNA Nanovaccines Against COVID-19. DOI 10.1021/acsnano.1c03252
Antonio Caperna
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- Spray anti Covid con gli anticorpi di Lama
Un tipo unico di minuscolo anticorpo, prodotto dai lama, potrebbe fornire un nuovo trattamento di prima linea contro il Covid-19, che può essere assunto dai pazienti come un semplice spray nasale.
La ricerca, condotta dagli scienziati del Rosalind Franklin Institute nel Regno Unito, ha dimostrato che i nanocorpi, una forma più piccola e semplice di anticorpo generata da lama e cammelli, possono colpire efficacemente il virus SARS-CoV-2 che causa il Covid-19.
Hanno scoperto che le corte catene delle molecole, che possono essere prodotte in grandi quantità in laboratorio, hanno ridotto significativamente i segni della malattia da Covid-19, quando somministrate a modelli animali infetti.
I nanoanticorpi, cioè anticorpi a dominio singolo, si legano strettamente al virus SARS-CoV-2, neutralizzandolo nella coltura cellulare, e potrebbero fornire un'alternativa più economica e più facile da usare agli anticorpi umani, prelevati da pazienti guariti dal Covid-19. Gli anticorpi umani sono stati un trattamento chiave per i casi gravi durante la pandemia, ma in genere devono essere somministrati per infusione attraverso un ago in ospedale.
Public Health England ha descritto la ricerca come dotata di "un potenziale significativo sia per la prevenzione che per il trattamento di Covid-19", aggiungendo che i nanoanticorpi "sono tra gli agenti neutralizzanti SARS-CoV-2 più efficaci che abbiamo mai testato".
"I nanoanticorpi hanno una serie di vantaggi rispetto agli anticorpi umani- afferma il professor Ray Owens, capo della produzione di proteine ??presso il Rosalind Franklin Institute e autore principale della ricerca- Sono più economici da produrre e possono essere somministrati direttamente alle vie aeree attraverso un nebulizzatore o uno spray nasale, quindi possono essere autosomministrati a casa piuttosto che aver bisogno di un'iniezione. Questo potrebbe avere benefici in termini di facilità d'uso da parte dei pazienti, ma porta anche il trattamento direttamente al sito di infezione nel tratto respiratorio”.
Il team di ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communication, è stato in grado di generare i nanoanticorpi, iniettando una porzione della proteina spike SARS-CoV-2 in un lama chiamato Fifi, che fa parte della struttura di produzione di anticorpi presso l'Università di Reading.
La proteina spike si trova all'esterno del virus ed è responsabile del legame con le cellule umane in modo che possa infettarle.
Sebbene le iniezioni non abbiano fatto ammalare Fifi, hanno attivato il suo sistema immunitario, per combattere la proteina del virus generando nanocorpi contro di essa. Dal lama è stato quindi prelevato un piccolo campione di sangue e i ricercatori sono stati in grado di purificare quattro nanoanticorpi, in grado di legarsi al virus Covid-19.
Essi sono stati quindi combinati insieme in catene di tre per aumentare la loro capacità di legarsi al virus. Questi sono stati poi prodotti in cellule in laboratorio.
Il team ha scoperto che tre catene di nanoanticorpi sono state in grado di neutralizzare sia le varianti originali del virus Covid-19 che la variante Alpha identificata per la prima volta nel Kent, nel Regno Unito. Una quarta catena di nanoanticorpi è stata in grado di neutralizzare la variante Beta identificata per la prima volta in Sud Africa.
Quando una delle catene di nanoanticorpi – nota anche come trimero – è stata somministrata a criceti infetti da SARS-CoV-2, gli animali hanno mostrato una marcata riduzione della malattia, perdendo molto meno peso dopo sette giorni rispetto a quelli che non erano stati trattati. I criceti che hanno ricevuto il trattamento con nanoanticorpi avevano anche una carica virale inferiore nei polmoni e nelle vie aeree dopo sette giorni rispetto agli animali non trattati.
"Poiché possiamo vedere ogni atomo del nanoanticorpo legato allo spike, capiamo cosa rende questi agenti così speciali- aggiunge il professor James Naismith, direttore del Rosalind Franklin Institute, che ha contribuito a guidare la ricerca- I risultati sono il primo passo verso lo sviluppo di un nuovo tipo di trattamento contro il Covid-19, che potrebbe rivelarsi prezioso man mano che la pandemia. Anche se i vaccini si sono dimostrati straordinariamente efficaci, non tutti rispondono alla vaccinazione e l'immunità può svanire negli individui in momenti diversi - prosegue- Avere farmaci in grado di curare il virus sarà ancora molto importante, soprattutto perché non tutto il mondo viene vaccinato alla stessa velocità e rimane il rischio che emergano nuove varianti in grado di aggirare l'immunità vaccinale".
In caso di successo e approvazione, i nanoanticorpi potrebbero fornire un trattamento importante in tutto il mondo, "in quanto sono più facili da produrre rispetto agli anticorpi umani e non hanno bisogno di essere conservati in celle frigorifere", sottolinea il professor Naismith.
Il team di ricerca, che comprende scienziati dell'Università di Liverpool, dell'Università di Oxford e di Public Health England, ora spera di ottenere finanziamenti in modo da poter condurre ulteriori ricerche necessarie per prepararsi agli studi clinici sull'uomo.
Per il professor Miles Carroll, vicedirettore del National Infection Service, Public Health England (PHE), "sebbene questa ricerca sia ancora in una fase iniziale, apre significative possibilità per l'uso di trattamenti efficaci con nanoanticorpi per COVID-19. Questi sono tra gli agenti neutralizzanti SARS-CoV-2 più efficaci che abbiamo mai testato al PHE. Riteniamo che la struttura e la forza uniche dei nanoanticorpi contribuiscano al loro significativo potenziale sia per la prevenzione che per il trattamento di COVID-19 e non vediamo l'ora di lavorare in modo collaborativo per portare avanti questo lavoro negli studi clinici".
“Utilizzando le proprietà uniche dei nanoanticorpi dei lama, questa ricerca potrebbe portare a una nuova importante forma di trattamento per Covid-19 che è più economica da produrre e più facile da somministrare -prosegue il dottor Andrew Bourne, direttore delle partnership presso EPSRC- È una vivida illustrazione dell'impatto che può avere la ricerca di scoperta a lungo termine all'avanguardia delle scienze fisiche e della vita, intrapresa presso il Rosalind Franklin Institute”.
"Gli studi preclinici sui nanoanticorpi nei criceti sono estremamente incoraggianti e suggeriscono che potrebbero essere efficaci nel trattamento della malattia COVID-19 e aiutare prevenire l'infezione. Avere terapie come questa sarà importante per le popolazioni che non sono vaccinate o dove la vaccinazione è inappropriata o inefficace”, rimarca il professor James Stewart, coautore e professore di virologia molecolare presso l'Università di Liverpool.
I ricercatori, che sono stati finanziati dal Consiglio per la ricerca medica del Regno Unito per la ricerca e l'innovazione e il Consiglio per la ricerca sulle scienze fisiche e ingegneristiche, l'EPA Cephalosporin Fund e Wellcome, sperano anche che la tecnologia dei nanobody che hanno sviluppato possa formare una cosiddetta "tecnologia della piattaforma" che può essere rapidamente adattato per combattere altre malattie.
"Quando in futuro emergerà un nuovo virus, la tecnologia generica che abbiamo sviluppato potrebbe rispondere a questo, il che sarebbe importante in termini di produzione di nuovi trattamenti il ??più rapidamente possibile", concludeil professor Owens.
Nature Communications: A potent SARS-CoV-2 neutralising nanobody shows therapeutic efficacy in the Syrian golden hamster model of COVID-19 DOI 10.1038/s41467-021-25480-z
Antonio Caperna
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- Vaccino anti Covid e sclerosi multipla, è italiano il più grande studio al mondo
Nei pazienti con sclerosi multipla (SM) sottoposti alla doppia dose di vaccino anti-COVID, alcuni farmaci riducono gli anticorpi specifici. Lo dimostra per la prima volta una ricerca italiana che ha coinvolto 35 centri nazionali per la SM, coordinati dall’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino e dall’Università degli Studi di Genova, appena pubblicata sulla prestigiosa rivista EBioMedicine.
Lo studio è stato cofinanziato da AISM con la sua Fondazione (FISM). Dopo un mese dalla seconda dose, la maggior parte dei pazienti vaccinati con Moderna o con Pfizer ha una copertura anticorpale elevata contro COVID-19. La percentuale si riduce in chi è trattato con fingolimod (93%), rituximab (64%) e ocrelizumab (44%). In tutti i pazienti, senza distinzione di età, sesso e tipo di terapia, è stato osservato che Moderna determina livelli anticorpali 3.2 volte più alti rispetto a Pfizer. Questo è il primo grande studio che analizza la vaccinazione anti-COVID nell’ambito della SM e i suoi risultati gettano le basi per la gestione dei pazienti neurologici fragili in trattamento con farmaci che inibiscono il sistema immunitario.
“La sclerosi multipla è una malattia autoimmune, in cui il sistema immunitario aggredisce la mielina che riveste i nervi provocandone un progressivo malfunzionamento cui segue nel tempo la comparsa di disabilità - spiega la prof.ssa Maria Pia Sormani, del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Genova, coordinatrice principale dello studio – “In Italia ne soffrono circa 130.000 persone, con una incidenza di circa 3.600 nuovi casi all’anno e in tre casi su quattro si tratta di donne. Al momento non esistono cure definitive, ma terapie che consentono di rallentare il decorso della malattia e quindi la comparsa di disabilità, motorie e non solo, soprattutto modulando l’attività delle cellule del sistema immunitario”.
LO STUDIO
I pazienti con SM sono stati inseriti nella categoria dei ‘pazienti fragili’ con vaccinazione anti-COVID prioritaria; tuttavia finora, a eccezione di risultati preliminari arrivati da Israele, primo paese al mondo ad aver avviato la campagna vaccinale, non era noto l’effetto dei vaccini sui pazienti con SM. La ricerca italiana ha coinvolto 780 pazienti con SM, suddivisi in 12 gruppi in base al tipo di terapia ricevuta, che si sono sottoposti volontariamente alla vaccinazione anti-COVID, 594 con Pfizer e 186 con Moderna. “Il dosaggio degli anticorpi anti-COVID è avvenuto dopo 4 settimane dalla seconda dose del vaccino, quando cioè si dovrebbe avere la più alta produzione di anticorpi – precisa Sormani - I risultati dimostrano che fingolimod, rituximab e ocrelizumab, inibiscono la produzione di anticorpi in seguito alla vaccinazione contro il COVID-19. Nei pazienti trattati con tutti gli altri farmaci i livelli sono normali. Inoltre, i pazienti vaccinati con Moderna hanno livelli di anticorpi di oltre 3 volte maggiori rispetto a quelli ottenuti con il vaccino Pfizer”.
“Lo studio prosegue con il completamento della raccolta dei campioni sui 2.000 pazienti arruolati e la valutazione del follow up clinico – aggiunge Sormani - Il nostro obiettivo infatti è prima di tutto verificare che le persone con SM non sviluppino il COVID in forma severa, in particolare quelli che hanno prodotto bassi livelli anticorpali”.
“Non sappiamo ancora – prosegue Antonio Uccelli, neuroimmunologo e Direttore Scientifico del San Martino - se la riduzione di anticorpi contro il COVID si traduca in una minore efficacia del vaccino. A questo proposito è fondamentale monitorare clinicamente i pazienti e studiare la risposta al vaccino mediata da altri tipi di cellule immunitarie, per esempio i linfociti T, che potrebbe garantire comunque una protezione sufficiente”.
L’ALLEANZA COVID-19 E SM
La Fondazione Italiana Sclerosi Multipla ha finanziato questo studio nell’ambito della Alleanza italiana di ricerca promossa con il “Registro Italiano Sclerosi Multipla”, la Società Italiana di Neurologia (SIN) con il Gruppo di Studio Sclerosi Multipla (il network di tutti i Centri Sclerosi Multipla italiani) e l’Associazione Italiana di Neuroimmunologia (AINI): insieme hanno sottoscritto un’Alleanza per promuovere un’agenda di ricerca sull’impatto dell’infezione da COVID-19 nelle persone con SM e, in particolare, la relazione tra COVID-19 e farmaci modificanti la malattia e vaccinazione.
“Questa alleanza è fondamentale perché sta dando impulso a studi più approfonditi per chiarire questi ulteriori quesiti scientifici che ci daranno a breve il quadro completo utile a prendere tempestive decisioni cliniche” spiega la Dott.ssa Paola Zaratin, Direttore Scientifico della FISM.
“Questo prestigioso studio condotto dal San Martino e dall’Università di Genova con la rete italiana dei Centri SM si colloca in questo piano di ricerca utile a capire come le terapie influenzino l'infezione da SARS-CoV-2 in persone con sclerosi multipla e come SARS-CoV-2 stesso influenzerà la sclerosi multipla. Un’emergenza che vede il mondo della ricerca fare i suoi importanti passi per debellare questo virus e per questo noi della FISM, grazie al contributo di tutti i cittadini, diamo tutto il nostro sostegno finanziando in maniera prioritaria questo filone di studi su cui l’alleanza ha già individuato le priorità strategiche di ricerca” dichiara Mario Alberto Battaglia, presidente della FISM.
Lo studio è stato un grande successo della rete italiana dei centri SM, che in modo compatto e rapido si è unita per raccogliere dati importanti da rendere pubblici velocemente per l’intera comunità mondiale. “Tutti hanno fatto uno sforzo che va al di là dei propri “doveri istituzionali”, dal personale infermieristico che si è prestato a fare prelievi extra, al personale amministrativo che ha accelerato le pratiche per avere le approvazioni necessarie allo studio, alla FISM che ha rapidamente finanziato lo studio, aiutando capillarmente i centri coinvolti, a tutti i neurologi che spesso hanno fatto personalmente i prelievi e inserito i dati durante i week end, fino ai pazienti che volontariamente sono tornati, un mese dopo la vaccinazione, per sottoporsi al prelievo” precisa Irene Schiavetti, ricercatrice dell’Università di Genova e co-responsabile del coordinamento dello studio e della raccolta dati.
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- Vaccino anti Covid per bambini 5-11 anni entro Halloween?
"Il vaccino per i bambini dai 5 agli 11 anni entro Halloween in USA". E' la previsione del noto immunologo Anthony Fauci, ripresa dal presidente della Federazione medici pediatri (Fimp), Paolo Biasci : "I risultati" sul vaccino di Pfizer-BioNTech "sono molto confortanti - afferma -. Del resto finora il vaccino aveva dato nelle sperimentazioni esiti sempre molto soddisfacenti.
Nella fascia d'età 12-18 anni - ricorda il pediatra - aveva dato dei risultati sia in termini di sicurezza sia in termini di efficacia molto elevati, e questo chiaramente è stato il presupposto per andare avanti con le sperimentazioni nelle età dei più piccoli, con risultati molto importanti".
"Adesso - sottolinea Biasci al'Adnkronos Salute - sappiamo che dovranno lavorare le agenzie regolatorie, sia la Fda negli Stati Uniti che l'Ema in Europa, e credo che nel giro di poche settimane avremo una approvazione all'uso definitiva. Forse sono un po' ottimista e dobbiamo esserlo sempre - raccomanda - ma spero che per Halloween potremmo farcela a iniziare a vaccinare la fascia di età tra dai 5 agli 11 anni che fino ad oggi è rimasta esclusa, ma che potremo recuperare".
Che si tratti di Halloween o di Natale comunque, "è consigliabile fare il vaccino ai bimbi", raccomanda il presidente Fimp. Quanto all'adesione da parte delle famiglie, "molto - ritiene - dipenderà dalla strategia. Credo che con i più piccoli sarà ancora più importante una vaccinazione personalizzata, quindi il rapporto fiduciario tra pediatra di libera scelta e famiglia sarà fondamentale per rispondere a tutti i chiarimenti o ai dubbi, ma anche per quanto riguarda un'accoglienza più personalizzata".
"Non pensiamo a una vaccinazione negli hub, ma pensiamo a una vaccinazione nelle strutture della pediatria di base che garantiscono un'accoglienza più familiare - suggerisce Biasci - Questo penso che sarà un elemento, dal punto di vista organizzativo, che dovremo ancor più mettere in campo".
"Sicuramente - prosegue il pediatra - vedere i volti sorridenti, soddisfatti degli adolescenti che si stanno vaccinando e che si sono vaccinati negli ultimissimi tempi, in prospettiva della scuola, della ripresa dei contatti, della ripresa delle attività sportive, credo sia stato un segnale fondamentale anche per i genitori, perché chiaramente leggevano negli occhi dei loro ragazzi una specie di senso di liberazione, di un ritorno a una nuova normalità. E credo che anche questi aspetti debbano essere presi in considerazione perché sono fondamentali".
Se dunque gli adolescenti stanno aderendo "con il sorriso" alla campagna vaccinale contro Covid-19, il presidente Fimp aupisca che accada altrettanto anche con i bambini. Un dolcetto/vaccino/scherzetto? "Sarebbe una bellezza, perché no? Con loro - chiosa Biasci - la fantasia non manca mai".
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- VACCINI ANTI COVID. BAMBINO GESU’, AL VIA LA TERZA DOSE PER I PAZIENTI FRAGILI
Al via oggi all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù la somministrazione della terza dose del vaccino contro il virus Sars-CoV-2 ai pazienti vulnerabili, secondo i criteri dettati a livello nazionale e regionale.
La dose di richiamo è destinata a circa 400 ragazzi e giovani adulti fragili (dai 12 anni in su) seguiti al Bambino Gesù e precedentemente vaccinati presso l’Ospedale Pediatrico della Santa Sede. Verranno via via convocati dall’Ospedale per la somministrazione della terza dose con le stesse modalità delle precedenti.
Si tratta principalmente di ragazze e ragazzi immunodepressi, trapiantati, con insufficienza renale cronica, in dialisi: tutte categorie indicate come prioritarie dalla nuova circolare del Ministero della Salute
«I soggetti fragili sono più esposti al rischio di contrarre tutte le infezioni e rischiano più degli altri di avere forme gravi» sottolinea il prof. Alberto Villani, Direttore del Dipartimento di Emergenza, Accettazione e Pediatria Generale del Bambino Gesù. «È dunque molto importante proteggerli. La terza dose rappresenta la migliore tutela per le categorie vulnerabili».
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- COVID, meno sonno legato a livelli piu' elevati di stress
Mentre il sonno scarso è stato collegato a livelli più elevati di stress durante la pandemia da COVID, secondo un nuovo studio della McGill University, un numero maggiore di adolescenti ha ora effettivamente recuperato la quantità di sonno raccomandata rispetto ai modelli di sonno pre-pandemia.
Le modifiche alle routine quotidiane innescate dai lockdown hanno permesso agli adolescenti di seguire il loro impulso biologico di svegliarsi e dormire più tardi, riducendo la sonnolenza diurna.
Lo studio, pubblicato su Child and Adolescent Psychiatry and Mental Health , esplora il comportamento del sonno pre-pandemia e lo stress durante la pandemia di COVID-19. Secondo i ricercatori, incoraggiare migliori abitudini di sonno potrebbe aiutare a ridurre lo stress degli adolescenti e migliorare la loro capacità di far fronte ai momenti di crisi.
"La pandemia ha dimostrato che ritardare gli orari di inizio della scuola potrebbe aiutare e dovrebbe essere implementato dalle scuole interessate a sostenere la salute mentale dei loro studenti", afferma l'autore principale Reut Gruber, professore ordinario presso il Dipartimento di Psichiatria della McGill University.
Ridurre lo stress favorendo più sonno
Durante la pandemia, il tempo di sveglia e sonno degli adolescenti è cambiato di circa due ore dopo. Molti adolescenti hanno anche dormito più a lungo e hanno avuto meno bisogno di recuperare il sonno perduto durante il fine settimana.
L'eliminazione del pendolarismo mattutino, un orario di inizio della scuola ritardato e la cancellazione delle attività extrascolastiche hanno permesso agli adolescenti di seguire il loro "ritmo biologico ritardato" - o la tendenza naturale a svegliarsi e andare a letto più tardi, spiegano i ricercatori.
Questi cambiamenti hanno significato che gli adolescenti avevano più "ore utilizzabili" durante i giorni feriali per completare i compiti e non dovevano sacrificare il sonno per adempiere ai loro impegni durante la settimana. Risultati simili sono stati riportati in più paesi del mondo durante la pandemia di COVID-19.
Meno sonno legato a livelli più elevati di stress
I ricercatori hanno scoperto una connessione tra la quantità di sonno che gli adolescenti stavano ottenendo prima della pandemia e il loro livello di stress percepito durante la pandemia.
"La durata del sonno più breve e il livello più elevato di eccitazione prima di coricarsi erano collegati a livelli più elevati di stress, mentre un sonno più lungo e un livello più basso di eccitazione prima di coricarsi erano collegati a una riduzione dello stress", afferma Gruber, che è anche il direttore dell'Attenzione, Comportamento e Laboratorio del sonno presso il Douglas Research Centre.
“La tendenza degli adolescenti a non dormire a sufficienza era già una preoccupazione globale prima della pandemia di COVID-19. Ora più che mai è fondamentale affrontare il problema”, afferma la coautrice Sujata Saha, preside della Heritage Regional High School del Riverside School Board. “In tutto il mondo la pandemia ha aumentato i livelli di incertezza e stress psicologico. Si prevede che le elevate sfide di salute mentale di oggi continueranno ben oltre la pandemia stessa”.
“Non dormire abbastanza ed essere eccessivamente stimolati prima di andare a dormire sono cattive abitudini modificabili. Possiamo indirizzare questi comportamenti con misure preventive per ridurre lo stress degli adolescenti di fronte a situazioni opprimenti come la pandemia di COVID-19", afferma Gruber.
A proposito di questo studio
“Pre-pandemic sleep behavior and adolescents’ stress during Covid-19: a prospective longitudinal study” by Reut Gruber, Gabrielle Gauthier?Gagne, Denise Voutou, Gail Somerville, Sujata Saha, and Johanne Boursier was published in Child and Adolescent Psychiatry and Mental Health. DOI: https://doi.org/10.1186/s13034-021-00399-x
Antonio Caperna
- Coronavirus, nuove regole per l’ entrata in Svizzera e su certificato Covid, test, frontalieri, modulo SwissPLF
Il Consiglio federale vuole prevenire un aumento delle infezioni dovuto al rientro dalle vacanze autunnali e ha pertanto deciso nella sua seduta del 17 settembre 2021 che da lunedì 20 settembre 2021 le persone non vaccinate o non guarite dovranno presentare un test negativo all’entrata in Svizzera.
Tra il quarto e il settimo giorno dopo l’arrivo dovranno sottoporsi a un secondo test. Il Consiglio federale ha inoltre definito le modalità per il rilascio del certificato COVID alle persone vaccinate o guarite all’estero.
In vista delle vacanze autunnali e sulla scorta delle esperienze fatte dopo le vacanze estive, il Consiglio federale ha deciso nuovi provvedimenti sanitari di frontiera. I dati dei servizi cantonali di tracciamento dei contatti evidenziano infatti che anche le persone rientrate dopo le vacanze hanno contribuito al preoccupante peggioramento della situazione in Svizzera. Le nuove regole tengono conto del fatto che con la variante Delta, altamente contagiosa, i numeri possono aumentare molto rapidamente in singole regioni. Pertanto, un elenco aggiornato periodicamente dei Paesi a rischio non si presta più per i provvedimenti sanitari di frontiera.
Obbligo del test per le persone non vaccinate o non guarite all’entrata in Svizzera
Chi non è vaccinato o non è guarito dovrà presentare un test negativo (antigenico o PCR) all’entrata in Svizzera, indipendentemente dal Paese da cui proviene e dal mezzo di trasporto usato. Tra il quarto e il settimo giorno dopo l’arrivo in Svizzera dovrà sottoporsi a un secondo test. Questo test sarà a pagamento e il suo risultato dovrà essere trasmesso al servizio cantonale competente. Le persone vaccinate o guarite in possesso di un certificato COVID o di un altro documento che attesti l’avvenuta vaccinazione o guarigione sono esentate dal test.
Obbligo di compilare il modulo di entrata
Tutte le persone che entrano in Svizzera, siano esse vaccinate, guarite o risultate negative a un test, dovranno inoltre compilare il modulo di entrata (Passenger Locator Form, SwissPLF). Questo permetterà ai Cantoni di effettuare controlli a campione per verificare se le persone non vaccinate o non guarite che hanno presentato un test negativo all’entrata in Svizzera si sono sottoposte al secondo test tra il quarto e il settimo giorno dopo l’arrivo.
Test e modulo non obbligatori per i frontalieri
Sono esentati dall’obbligo di sottoporsi al test e di compilare il modulo di entrata le persone che transitano attraverso la Svizzera senza fermarsi, chi trasporta merci o persone a titolo professionale, i frontalieri e le persone provenienti da una regione di confine. In questo modo il Consiglio federale intende tener conto degli stretti rapporti commerciali, sociali e culturali in queste zone. Non sono inoltre soggetti all’obbligo del test i minori di 16 anni.
Controlli in funzione dei rischi
Ogni giorno oltre due milioni di persone e più di un milione di veicoli attraversano le frontiere svizzere. A garanzia dell’osservanza delle nuove regole saranno eseguiti controlli in funzione dei rischi. Chi in dogana non potrà presentare un test negativo dovrà sottoporsi al test immediatamente dopo l’entrata in Svizzera. I Cantoni saranno tenuti a verificare con controlli a campione se le persone non guarite o non vaccinate si siano sottoposte al secondo test. In caso di violazione delle regole potranno essere inflitte multe disciplinari (200 franchi per chi non presenta un certificato di test e 100 franchi per chi non ha compilato il modulo). Le compagnie aeree e le imprese di autolinee a lunga percorrenza dovranno verificare se le persone in entrata abbiano compilato il PLF e dispongano di un certificato COVID o di un certificato di test. L’Amministrazione federale delle dogane e le competenti unità di polizia locali svolgeranno controlli in funzione dei rischi per tutti i generi di traffico transfrontaliero. Tra qualche settimana, il Consiglio federale valuterà le esperienze maturate con l’attuazione delle nuove regole e se necessario le adeguerà.
Disposizioni d’entrata: allineamento allo spazio Schengen
Le disposizioni d’entrata vigenti restano immutate. La Segreteria di Stato della migrazione continua a tenere un elenco dei Paesi a rischio che stabilisce chi può entrare in Svizzera. Tutti gli Stati al di fuori dello spazio Schengen che non figurano sull’elenco continuano a essere considerati a rischio. Ai cittadini di Paesi terzi non vaccinati provenienti da questi Stati si applicheranno dunque ancora le restrizioni vigenti. Quale Stato associato a Schengen, la Svizzera emana le sue disposizioni d’entrata attenendosi per quanto possibile alle decisioni dell’Unione europea. Mediante lo strumento online «Travelcheck» si può verificare quali persone in provenienza da quali Paesi e a quali condizioni possono entrare in Svizzera.
Certificato COVID per persone vaccinate o guarite all’estero
Dal 20 settembre tutte le persone domiciliate o che entrano in Svizzera vaccinate all’estero con un vaccino omologato dall’Agenzia europea per i medicinali potranno richiedere un certificato COVID svizzero. In questo modo si intende garantire la partecipazione alla vita sociale anche alle persone vaccinate o guarite all’estero, per esempio i turisti. Al momento soltanto i certificati dei Paesi che fanno uso del certificato COVID digitale dell’UE sono compatibili con il sistema svizzero.
I documenti potranno essere inviati elettronicamente. Ogni Cantone dovrà definire un organo di contatto cui potranno rivolgersi le persone vaccinate all’estero. Tutti gli organi di contatto cantonali saranno elencati su un sito della Confederazione. Un gruppo di lavoro della Confederazione, in cui saranno rappresentati i dipartimenti federali dell’interno, degli affari esteri e delle finanze, seguirà l’attuazione insieme ai Cantoni e ad altri organi (protezione dei dati). L’obiettivo è una soluzione efficiente, snella e attenta alle esigenze dei clienti. In una fase transitoria che durerà fino al 10 ottobre 2021, per l’accesso a strutture o manifestazioni per le quali vige l’obbligo del certificato saranno riconosciuti tutti i certificati di vaccinazione esteri (p. es. quello dell’OMS).
Come nei Paesi limitrofi, l’accesso al certificato non sarà esteso a tutti i vaccini riconosciutidall’Organizzazione mondiale della sanità. Fanno eccezione gli svizzeri all’estero di ritorno, i cittadini di Stati terzi residenti nell’UE che lavorano in Svizzera, i collaboratori di organizzazioni internazionali, il personale diplomatico accreditato e gli studenti.
Risultati della consultazione
Il Consiglio federale aveva posto in consultazione due varianti di adeguamento delle disposizioni d’entrata: una prevedeva l’obbligo di sottoporsi a un secondo test, l’altra l’obbligo di quarantena. Considerati i risultati della consultazione si è optato per la prima variante, ritenuta più praticabile e meno onerosa per i Cantoni.
- SCUOLA E COVID. UNICEF, BIMBI HANNO PERSO 1,8 TRILIONI DI ORE IN PRESENZA
Si stima che i bambini nel mondo abbiano perso 1,8 trilioni di ore di apprendimento in presenza dall'inizio della pandemia da Covid-19 e i lockdown conseguenti. Come risultato, giovani studenti sono stati tagliati fuori dalla loro istruzione e da altri benefici vitali che la scuola fornisce. A livello globale, circa 131 milioni di studenti in 11 paesi hanno perso tre quarti del loro apprendimento in presenza da marzo 2020 a settembre 2021.
Fra loro, il 59%, circa 77 milioni, ha perso quasi tutto il tempo in presenza dedicato all'istruzione. Circa il 27% dei paesi continuano ad avere scuole completamente o parzialmente chiuse. Inoltre, secondo gli ultimi dati Unesco, oltre 870 milioni di studenti a tutti i livelli attualmente stanno affrontando interruzioni della propria istruzione. Per richiamare l'attenzione su questa crisi dell'istruzione, l'Unicef ha presentato 'No Time to Lose' nella sede centrale delle Nazioni Unite a New York. Il fulcro dell'installazione è un orologio, realizzato in modo da mostrare la lavagna di un'aula vuota, situato nella piazza dei visitatori dell'ONU di fronte all'edificio dell'Assemblea Generale. L'orologio è un contatore in tempo reale, che mostra il crescente numero cumulativo di ore di apprendimento in persona che ogni studente del mondo ha perso e continua a perdere dall'inizio della pandemia.
L'aula vuota è composta da 18 banchi, uno per ogni mese di interruzione dell'istruzione causata dalla pandemia. L'installazione è stata creata in vista dell'apertura del Dibattito Generale della 76esima sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Unga), un momento in cui diversi leader coglieranno l'occasione di tornare nella sede centrale delle Nazioni Unite per la prima volta di persona dall'inizio della pandemia. L'installazione rimarrà allestita fino al 27 settembre, giorno in cui si conclude l'Unga. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha dichiarato che "la prossima settimana le Nazioni Unite apriranno le loro porte a delegazioni da tutto il mondo. Ma in diversi paesi le porte delle scuole rimarranno chiuse per i bambini e i ragazzi".
Guterres ha aggiunto: "Stiamo tagliando fuori un'intera generazione, le loro menti e il loro futuro sono in bilico. Dobbiamo dare la priorità alla riapertura delle scuole e sostenere coloro che sono rimasti indietro durante la pandemia. Non c'è tempo da perdere". Il Direttore Generale dell'Unicef, Henrietta Fore, ha proseguito spiegando che "ogni ora che un bambino passa in aula è preziosa, un'opportunità per espandere i suoi orizzonti e massimizzare il suo potenziale. E con ogni momento che passa, si perdono innumerevoli possibilità". Fore ha infine sottolineato che "1,8 trilioni di ore è un quantitativo di tempo incomprensibile. Ugualmente incomprensibile è stabilire priorità sulla mitigazione degli impatti del Covid-19 che non mettano il futuro dei bambini al primo posto. Possiamo e dobbiamo riaprire le scuole al più presto possibile. Il tempo scorre", ha concluso.
- Covid. Crisanti, green pass utile per aumentare le vaccinazioni ma non e' misura sanitaria
Green pass obbligatorio per tutti i lavoratori dal 15 ottobre, ma per Il professor Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell'università di Padova, il certificato verde "non è una misura sanitaria.
E’ un fantastico strumento per indurre le persone a vaccinarsi, ma non è uno strumento che blinda gli ambienti dal covid. Le persone non possono dire ‘ho il green pass, faccio quello che voglio’: non è così. Israele dimostra che i vaccinati si infettano e trasmettono il virus", ha spiegato ieri sera a Piazzapulita dopo il varo del decreto da parte del governo.
"Se mettiamo i tamponi gratuiti neutralizziamo l’effetto del green pass: sono totalmente contrario al tampone gratuito. Il vaccino ha una capacità di protezione elevatissima e su grandi numeri ha un notevole impatto sulla trasmissione. Il tampone è una misura provvisoria: ci si può infettare il giorno dopo o ci si può infettare il giorno prima con una carica virale che il tampone, dopo 24 ore, non rileva", aggiunge Crisanti toccando altri temi. Come saranno i prossimi mesi? "L’inverno dipende dal numero di persone vaccinate, dalla protezione indotta dal vaccino e dall’eventuale sviluppo di varianti resistenti al vaccino".
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- Forum Permanente sul Sistema Sanitario Nazionale nel post Covid
Ridefinizione del Sistema sanitario nazionale, modernizzazione degli ospedali, rifondazione della medicina territoriale, netta separazione fra ospedali, ambiti di cura e assistenza per pazienti Covid e non Covid, programmi avanzati e strutturati di telemedicina e riavvio degli screening anti-cancro su tutto il territorio. Non solo. Anche campagne di informazione per tranquillizzare i cittadini sulla sicurezza degli ospedali per il ritorno alle cure durante e nel periodo successivo alla pandemia.
Sono le principali proposte concrete d’intervento del “Forum Permanente sul Sistema Sanitario Nazionale nel post Covid” promosso da diverse società scientifiche e costituito da Giordano Beretta(Presidente Associazione Italiana di Oncologia Medica, AIOM), Ivan Cavicchi (Docente di Sociologia dell’Organizzazione Sanitaria e di Filosofia della Medicina), Francesco Cognetti (Coordinatore del Forum e Presidente Fondazione Insieme contro il Cancro), Paolo Corradini (Presidente Società Italiana di Ematologia, SIE), Roberto Gerli (Presidente Società Italiana di Reumatologia, SIR), Ciro Indolfi (Presidente Società Italiana di Cardiologia, SIC), Dario Manfellotto (Presidente Federazione delle Associazioni dei Dirigenti Ospedalieri Internisti, FADOI), Pierluigi Marini (Presidente Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani, ACOI), Vincenzo Mirone (Past President Società Italiana di Urologia, SIU), Giovanni Muriana (Presidente Società Italiana di Chirurgia Toracica, SICT), Fabrizio Pane (Professore Ordinario di Ematologia, Università Federico II di Napoli), Flavia Petrini (Presidente Società Italiana Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, SIAARTI), Francesco Romeo (Presidente ‘Il cuore Siamo Noi – Fondazione Italiana Cuore e Circolazione’), Gioacchino Tedeschi(Presidente Società Italiana di Neurologia, SIN) e Alessandro Vergallo (Presidente Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani Emergenza Area Critica, AAROI – EMAC). Il primo incontro del Forum, che si è svolto recentemente con la partecipazione di Domenico Mantoan (Direttore Generale AGENAS, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), ha condotto alla stesura di un documento programmatico.
“Bastano alcuni numeri per comprendere la portata delle prestazioni ancora da recuperare a causa della pandemia – affermano le società scientifiche nel documento -. Nel 2020 sono stati oltre 1,3 milioni i ricoveri in meno rispetto al 2019, sono saltati anche quelli urgenti (-554.123). I ricoveri di chirurgia oncologica hanno visto una contrazione vistosa ed una diminuzione di circa l’80% dell’attività elettiva. Ridotti del 15% i ricoveri per radioterapia e del 10% quelli per chemioterapia”. Nell’ambito cardiovascolare il calo è stato di circa il 20% (impianti di defibrillatori, pacemaker ed interventi cardiochirurgici rilevanti). Si stima che i ricoveri in area medica (in gran parte riconvertita e dedicata ai ricoveri dei pazienti COVID) per i pazienti cronici complessi e con riacutizzazione, si siano ridotti di circa 600.000 rispetto al 2019.
“Siamo molto preoccupati per l’elevatissima mortalità per Covid registrata nel nostro Paese, la seconda in Europa e nelle primissime posizioni a livello mondiale – continuano le società scientifiche -. È molto elevata anche la mortalità per patologie non Covid, già registrata a carico delle malattie cardiovascolari tempo-dipendenti e destinata nei prossimi mesi e anni ad aumentare significativamente anche per le malattie oncologiche. La ristrutturazione del sistema sanitario deve partire dagli ospedali. In Italia, il numero complessivo di posti letto ordinari per 100 mila abitanti è molto più basso rispetto alla media europea (314 rispetto a 500) e ci colloca al 22esimo posto tra tutti i Paesi europei.
Gli operatori sanitari sono inadeguati per la popolazione del nostro Paese: i medici specialisti ospedalieri sono circa 130mila, 60mila unità in meno della Germania e 43mila in meno della Francia. Anche per le spese sanitarie correnti l’Italia è negli ultimi posti in Europa. Il nostro Paese spende solo l’8,8% del suo PIL per la Sanità, che peraltro include 1,5-2% di contribuzione da parte dei privati cittadini, mentre Paesi come Francia e Germania superano l’11%. Vi è inoltre una vera e propria ‘Questione Meridionale’: gli ospedali del Sud sono i più malandati e rischiano di non poter fornire servizi adeguati ai pazienti. Il Recovery Plan prevede di riservare solo l’8,3% dei fondi alla sanità (18,5 miliardi su 222): 7 miliardi sono per il potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale, 8,6 miliardi (3,9%) per l’aggiornamento tecnologico degli ospedali e la ricerca scientifica. Ma questo non basta. Si pone l’assoluta necessità di ridisegnare il Sistema Sanitario Nazionale anche sulla base delle carenze emerse durante la pandemia ed utilizzando i fondi cospicui, anche se insufficienti, che arriveranno con il Recovery Fund.”.
“Una norma, il Decreto Ministeriale 70 – spiegano le società scientifiche nel documento -, prevede per gli ospedali la conferma della logica di Hub e Spoke chiudendo i piccoli ospedali, sostituiti da nuove strutture del territorio, gli ospedali della comunità, gestiti prevalentemente da infermieri e parzialmente da medici, per assorbire le piccole patologie. Ma su questo tipo di provvedimenti la comunità medico-scientifica ha già dichiarato la sua contrarietà”. Anche nel Recovery Plan, gli ospedali sono considerati come del tutto ancillari rispetto al territorio. “Siamo di fronte a una grave sottovalutazione dei problemi legati all’ospedale – continuano le società scientifiche -. Anche gli investimenti strutturali e tecnologici previsti non tengono conto della complessità e importanza degli ospedali. Chiediamo al Governo di riconsiderare la questione dell’ospedale valutandone i problemi strutturali, organizzativi e funzionali. In buona sostanza, siamo contrari alla concezione di ospedale minimo ‘di prossimità’ e, tantomeno, alla sua gestione delegata agli infermieri.
L’ospedale di comunità rappresenta una concezione obsoleta, eccessivamente semplificante ma, soprattutto, inadeguata a far fronte alle tante e diverse complessità poste in essere dalle domande di salute della medicina moderna. L’ospedale moderno per definizione è una realtà ad alta complessità, che non si governa in modo monocratico ma partecipato, diffuso e decentrato. È necessaria una modernizzazione dei nosocomi italiani, la cui vita media in moltissimi casi ha ben superato ogni limite plausibile, rendendoli spesso inadeguati anche solo ad ospitare le nuove tecnologie. Ed è necessario avviare un’attività straordinaria di informazione e comunicazione rivolta ai cittadini, un vero e proprio ‘Piano Marshall’ per il recupero dei ritardi accumulati negli screening, nelle visite programmate, in quelle di follow-up e negli interventi chirurgici”.
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- 15 giorni di distanza tra vaccino contro influenza e Covid
"La vaccinazione Covid e quella antinfluenzale viaggiano su due binari separati e quindi paradossalmente non ci sarebbe nessun problema a farle insieme. Se pensiamo che si sta lavorando a un vaccino che ha contemporaneamente all'interno il virus dell'influenza e Sars-CoV-2, non c'è nessuna correlazione problematica. Ma ragionevolemente si può pensare di fare le dosi a distanza di un paio di settimane.
Quindi, se una persona fa la terza dose Covid a dicembre, il 15 novembre si può vaccinare con l'antinfluenzale. Ricordo che quest'ultima vaccinazione andrebbe fatta dalla metà di ottobre fino alla metà di dicembre". Lo spiega all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore del reparto di Malattie infettive all'ospedale San Martino di Genova, commentando l'imminente avvio della campagna contro l'influenza stagionale.
"E' molto importante che tutte le persone a rischio si vaccinino contro l'influenza. Sono stato sempre un sostenitore dell'immunizzazione antinfluenzale per tutti, da 0 a 100 anni. Anche perché è evidente che si userà meno la mascherina, sicuramente all'aperto, ma immagino anche in alcuni ambienti chiusi, ed è probabile che il virus tornerà a circolare dopo 2 anni di quasi assenza che ci ha portato anche ad essere 'desensibilizzati' proprio per la bassa circolazione", sottolinea ancora all'Adnkronos Salute.
"Finché il virus circolava ogni anno - osserva l'esperto - sia chi si immunizzava e sia chi faceva la malattia produceva anticorpi. Ora dopo 2 anni di assenza serve attenzione, perché potrebbe colpire soggetti che hanno una minore capacità di difesa immunitaria".
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- Covid Lazio, terza dose anche in farmacia
Per la somministrazione della terza dose del vaccino anti-Covid, "trapiantati e immunodepressi verranno contattati dalle strutture dove sono in carico mentre, quando successivamente sarà aperta anche agli over 80, come sembra che sia, queste persone avranno la stessa metodologia per le prime due dosi, con la novità che potranno prenotarsi, nel Lazio, anche in farmacia".
Lo ha precisato l'assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato, ospite di 'Radio Anch'io' su Rai Radio Uno, rispondendo su come il Lazio si sta organizzando per la somministrazione della terza dose ai fragili.
"Stiamo reclutando i trapiantati di organo solido, che sono circa 5mila, reclutare significa che si stanno contattando uno per uno e si stanno calendarizzando gli appuntamenti che partiranno appena sarà disponibile il nuovo consenso informato e la circolare", ha aggiunto.
Sulle divisioni, anche nella comunità scientifica, sulla necessità di somministrare la terza dose del vaccino anti-Covid, D'Amato ha poi ribadito che "seguiamo le indicazioni che ci vengono dell'autorità, l'Ema l'ha approvata e alcuni paesi come Israele hanno iniziato a fare i rischiami". L'assessore puntualizza poi che è importante in questi casi "l'autonomia della scienza e delle autorità regolatorie,non si fanno le terze dose perché lo chiedo le case farmaceutiche".
D'Amato si è poi detto "favorevole all'estensione del Green pass ai lavoratori del pubblico e del privato". "Il Green pass è uno strumento che ci sta consentendo, nel Lazio, di superare l'80% di vaccinazioni e di arrivare al 90%, una volta raggiunto l'obiettivo come ogni strumento può essere rimesso in discussione. Non è un fine - precisa - ma che invece deve essere quello di immunizzare".
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- Covid, progetto “Sampdoria BioSafe” con tecnologia Biovitae
L’U.C. Sampdoria ha deciso di schierarsi in prima fila nella lotta al Covid-19, e non solo.
La società sportiva genovese ha infatti presentato alla stampa i risultati dei test del progetto “Sampdoria Biosafe” con il quale punta a creare uno standard di sanificazione per tutti gli ambienti del proprio centro sportivo attraverso Biovitae, una rivoluzionaria tecnologia di illuminazione microbicida no UV che propone un’azione di sanificazione continua e passiva.
“Per la Sampdoria - ha detto il dottor Amedeo Baldari, responsabile medico dei blucerchiati - si tratta di un progetto molto interessante. Un ambiente controllato da un punto di vista microbiologico è determinante per poter lavorare in sicurezza per qualsiasi team sportivo.”
“I nostri test - ha precisato il professor Melioli che ha condotto i test - hanno dimostrato che le lampade LED Biovitae sono in grado di controllare la contaminazione microbiologica con grandissima efficacia in qualsiasi tipo di ambiente.”
In particolare:
- Biovitae in ambiente reale è in grado di raggiungere una percentuale di abbattimento della carica microbica superiore all’80%.
- L’inibizione della proliferazione microbica è indipendente dalla presenza di una luce diretta sulla superficie e avviene anche per «luce diffusa».
- La tecnologia no UV Biovitae è un sistema sicuro di controllo delle contaminazioni, un reale valore aggiunto per tutti i tipi di ambiente.
I centri sportivi rappresentano infatti un terreno molto fertile per la diffusione delle infezioni, dalle comuni infezioni respiratorie e gastrointestinali per finire proprio a quelle legate al Coronavirus. Sono infatti ambienti assiduamente frequentati, con forte promiscuità nelle diverse aree, quali spogliatori, ristoranti, servizi igienici con l’impossibilità di poter sempre utilizzare gli ordinari strumenti di prevenzione quali gel, mascherine, ecc..
La Sampdoria ha deciso di offrire a tutti i propri dipendenti la massima garanzia di salute e benessere.E, a seguito di una attenta ricerca sulle varie tecnologie di sanificazione esistenti sul mercato, la scelta è ricaduta su Biovitae.
I risultati dei test condotti da vari laboratori pubblici e privati nel mondo su hanno inequivocabilmente confermato l’efficacia di Biovitae su tutti i batteri e su molte specie virali incluso il Sars-Cov-2 (abbattimento del 99,8% del Coronavirus in pochi minuti).
“Biovitae è il primo e unico dispositivo brevettato e testato efficace su virus e batteri con tecnologia all-in-one che illumina e sanifica.” -racconta Valles – “La nostra sfida è stata quella di inventare un sistema di sanificazione e prevenzione in grado quindi di essere utilizzato durante tutte le attività di
vita quotidiana senza alcun rischio per persone e animali e quando il rischio della carica microbica è più elevato.”
“Ringraziamo la Sampdoria per aver dato fiducia a Biovitae e di permetterci di partecipare ad un progetto così importante che mette al centro la salvaguardia della salute degli atleti e di tutto lo staff tecnico, amministrativo e logistico. Un ulteriore riconoscimento del nostro impegno alla lotta alle infezioni” dichiara Mauro Pantaleo presidente Nextsense.
I prossimi step del progetto “Sampdoria Biosafe” prevedono l’installazione dei dispositivi sanificanti Biovitae nelle strutture sportive e negli altri spazi di proprietà della società (uffici, spazi logistici) e precisamente:
• Locali attuali del Centro Sportivo Mugnaini di Bogliasco (GE) e le altre strutture collegate (CasaSamp, foresteria e uffici Bogliasco) e quelli attualmente in costruzione (piscine, palestre, uffici, spazi tecnici, sale riunioni, ristorante, sala relax, magazzini, ecc) all’interno dell’area del centro sportivo;
• Locali dello stadio Luigi Ferraris di Genova (spogliatoi, lounge, area stampa, altri spazi vari e diversi chiusi)
- Uffici della società presso il grattacielo di Corte Lambruschini in piazza Borgo Pila 3 a Genova
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- SCUOLA, COVID HA CAUSATO LA RIDUZIONE APPRENDIMENTO SCOLASTICO
L'emergenza Covid ha provocato un disagio in età scolare e una riduzione dell'apprendimento da porre in relazione alla mancanza di fiducia da parte degli alunni nelle proprie possibilità e a una minore socializzazione.
È quanto emerso da un progetto pilota sul disagio in età scolare dovuto al Covid-19 portato avanti dal servizio di Medicina scolastica del dipartimento Materno infantile dell'Asp di Enna in collaborazione con la Direzione del Distretto di Agira. Il progetto, curato dalla pedagogista ed educatrice professionale Grazia Amico, nasce dall'idea di osservare più da vicino gli effetti derivanti dall'emergenza sanitaria dovuta alla diffusione da coronavirus sulla didattica a distanza. "Effetti che potrebbero essere causa di cambiamenti comportamentali e di apprendimento", sottolinea una nota dell'Asp di Enna presentando i risultati del progetto che ha visto coinvolti due diversi istituti scolastici di Agira e Leonforte, rispettivamente l'istituto 'G. Giusti Sinopoli' e l'istituto 'N. Vaccalluzzo', diretti da Concetta Ciurca. Il campione preso in esame è stato costituito da 28 classi dalla seconda alla quinta elementare.
Lo strumento di misura è stato rappresentato da un questionario anonimo somministrato agli insegnanti volto ad evidenziare, oltre agli effetti della didattica a distanza sull'apprendimento, eventuali ripercussioni emotivo-relazionale nell'età pediatrica. "Dall'analisi dei questionari si è rilevata una riduzione dell'apprendimento, seppur non omogeneo tra tutte le classi, da porre in relazione alla mancanza di fiducia in se stessi e alla ridotta socializzazione", spiega ancora la nota. "Relazioni significative" emergono in alcune classi tra gli alunni che praticano sport "che non hanno risentito disagi soprattutto dovuti alla mancanza del 'gruppo', mostrando maggiore resilienza".
- Covid. Attenzione a uso farmaci non approvati, non sostituiscono la vaccinazione
Nota AIFA
Grazie all’attività degli Uffici di sanità marittima, aerea e frontaliera (USMAF) del Ministero della Salute, cui competono, tra gli altri, compiti di vigilanza e verifica su alcune specifiche tipologie di importazione di medicinali dall’estero, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha effettuato approfondimenti su alcune richieste sospette di importazione segnalate dagli USMAF, riguardanti il medicinale PARVULAN*.
Tale medicinale, contenente Corynebacterium parvum e privo di autorizzazione all’immissione in commercio in Italia, è legalmente registrato e commercializzato in Brasile, come confermato dall’autorità regolatoria brasiliana ANVISA: le indicazioni terapeutiche autorizzate sono di seguito riportate.
Stimolante dell’immunità innata, coadiuvante nel trattamento di infezioni dermatologiche di origine virale, batterica, fungina e protozoaria, coadiuvante in infezioni sistemiche e locali. Ha un effetto regressivo sulle neoplasie solide. Aiuto nel trattamento dell’erisipela causata da Streptococcus pyogenes. Coadiuvante nel trattamento dell’acne.
Una serie di richieste di importazione del medicinale effettuate ai sensi del DM 11 febbraio 1997 (ovvero, la norma che regolamenta le “Modalità di importazione di specialità medicinali registrate all’estero”, limitatamente ai possibili usi autorizzati per gli stessi), ha determinato la necessità di condurre approfondimenti allo scopo di accertare il quadro di riferimento e l’ammissibilità dell’importazione, in ragione sia dei considerevoli quantitativi oggetto della richiesta, che dell’indicazione terapeutica riportata a supporto dell’importazione, vale a dire il trattamento di pazienti affetti da Herpes Zoster, patologia per la quale, attualmente, risultano essere autorizzati e commercializzati in Italia diversi medicinali (e molecole).
Sulla base delle comunicazioni e delle richieste pervenute da parte dei pazienti, ivi incluse quelle riguardanti le tipologie di vaccino considerate valide ai fini del rilascio del “Green Pass” vaccinale, è stato possibile rilevare un utilizzo del medicinale diverso da quello dichiarato nella richiesta di importazione: il PARVULAN risulterebbe essere proposto fuori indicazioni (off label, quindi al di fuori dei vincoli previsti nel citato DM 11/2/97) come terapia per la prevenzione del COVID-19, in alternativa ai vaccini autorizzati.
La documentazione disponibile è stata sottoposta alla valutazione della Commissione Tecnico Scientifica di AIFA (CTS) che, a seguito di esame dell’istruttoria effettuato nella seduta dello scorso 12 luglio, ha espresso il proprio parere, qui di seguito riportato:
La CTS, esaminata l’istruttoria degli Uffici, ritiene che l’utilizzo del medicinale Parvulan nella profilassi dell’infezione da Sars-COV-2 non sia sostenuto dalle benché minime evidenze di efficacia e sicurezza. Si sottolinea, inoltre, che anche il razionale di tale utilizzo risulta largamente insufficiente, tanto è vero che la Commissione non aveva ritenuto possibile autorizzarne l’uso nemmeno nell’ambito di una sperimentazione clinica.
Il possibile uso del farmaco in sostituzione dei vaccini autorizzati (per i quali sono invece disponibili solidi dati di efficacia e sicurezza) rappresenta pertanto un potenziale pericolo per la salute delle persone a motivo, oltre che del profilo di sicurezza quantomeno incerto, anche dell’ingiustificato senso di protezione che il trattamento potrebbe generare a dispetto della mancanza di un’efficacia documentata.
Alla luce di quanto espresso dalla CTS AIFA rispetto all’utilizzo del PARVULAN, si ritiene fondamentale richiamare l’attenzione dei cittadini tutti sui rischi legati all’assunzione di medicinali non autorizzati per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2 (COVID-19).
Si rammenta come l’attuale campagna vaccinale nazionale preveda un controllo rafforzato sull’intera filiera, a tutela dei pazienti: la somministrazione dei vaccini, limitatamente a quelli autorizzati in Italia per la prevenzione dell’infezione da Sars-COV-2, avviene esclusivamente presso i punti vaccinali ufficiali, individuati da ciascuna Regione.
L’Agenzia ritiene pertanto doveroso invitare i cittadini tutti a diffidare di ogni soluzione alternativa ai vaccini ufficiali, ovvero di ogni vaccino o medicinale che non sia stato sottoposto alle necessarie verifiche da parte delle autorità preposte, e che come tale può rappresentare un rischio per la salute in quanto privo di ogni garanzia rispetto alla reale efficacia nella prevenzione del COVID-19.
Un atteggiamento prudente si rende quanto mai necessario anche alla luce del perdurare dell’emergenza.
Preme in ultimo ribadire quanto sia indispensabile la collaborazione di tutti – privati cittadini, professionisti sanitari, aziende e associazioni – affinché casi sospetti, come quello qui riportato, siano costantemente segnalati ad AIFA allo scopo di porre in atto ogni misura necessaria a tutela della salute pubblica e del singolo.
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- COVID, 'PERSI' 500MILA SCREENING E NON INTERCETTATI 3.300 TUMORI SENO
"Nel 2020, a causa della pandemia, non sono state chiamate agli screening circa 2milioni e 500mila persone e questo ha significato, nell'ambito della chirurgia generale, circa 3.300 tumori di mammella e 1.300 tumori del colon non intercettati".
Lo ha fatto affermato il dottor Marco Scatizzi, direttore dell'Unità operativa complessa di Chirurgia Generale degli Ospedali Santa Maria Annunziata e Serristori di Firenze, e membro del consiglio nazionale dell'ACOI (Associazione dei chirurghi ospedalieri italiani), nel corso di una videointervista rilasciata all'Agenzia Dire.
"Ai 500mila esami di screening non effettuati- ha proseguito Scatizzi- si sono aggiunte le molte migliaia di visite che non abbiamo potuto fare durante la fase pandemica. Di conseguenza questi pazienti non hanno avuto le loro diagnosi e hanno avuto delle malattie ancora presenti, che dovranno essere trattate ma con tutti i ritardi del caso, quindi con problemi importanti e collaterali per la salute".
- Durante la pandemia in tanti, per paura di essere contagiati, hanno preferito non sottoporsi agli esami di controllo. Ma questi esami sono persi per sempre?
"In questo 2021 stiamo riprendendo le attività di screening, ma la fotografia fatta un anno fa non è quella di oggi. Se una persona aveva una malattia tumorale nel 2020, ad oggi l'avrà più avanzata, per cui sono diminuite le chance di curarla. Stiamo ora faticosamente recuperando le attività di chirurgia, prevalentemente oncologica, che ad oggi sono del tutto sospese anche se non in tutta Italia; mentre abbiamo ancora dei grandi ritardi sulle patologie non tumorali, che hanno comunque un impatto importante sulla salute delle persone. Una calcolosi banale della colecisti, per esempio, nell'attesa può diventare una pancreatite acuta. Allora non possiamo dimenticarci di questi pazienti che a casa, in migliaia, stanno aspettando la nostra chiamata per l'intervento chirurgico".
- Ma quale è stato il ruolo dei chirurghi ospedalieri in questa fase?
"L'ACOI ha cercato in tutti i modi di lanciare messaggi attraverso i suoi organi istituzionali: siamo stati i primi, all'esordio pandemico, a dire al ministro e agli organi istituzionali regionali che, bloccando le attività chirurgiche, soprattutto quelle oncologiche, ci sarebbero stati dei danni collaterali. Ma anche gli interventi sulle patologie non oncologiche hanno visto un'enormità di ritardi. Fin da subito abbiamo cercato di sensibilizzare i decisori a prendere in considerazione questi aspetti. E credo che ci stiamo riuscendo".
- "Il Covid ci ha insegnato a investire sulla sanità", ha detto di recente il ministro della Salute, Roberto Speranza. E in effetti per il rilancio del Servizio sanitario nazionale si è passati dai 9 ai 20 miliardi di investimenti. Cosa vi aspettate ora dal governo?
"Gli investimenti sono un dato di fatto, ma bisognerà vedere come verranno spesi questi 11 miliardi in più. Ovviamente ci sarà un forte sviluppo del territorio, che è molto indietro, ma noi siamo fortemente orientati a chiedere al ministro un'attenzione per le strutture ospedaliere e per la chirurgia generale. Dobbiamo recuperare le liste d'attesa che abbiamo maturato in questo anno e mezzo attraverso interventi mirati sulla chirurgia generale, il che vuol dire aumentare la possibilità, da parte delle Regioni, di farci lavorare di più e di assumere personale in più.
Dall'altra parte l'attenzione del ministro e del governo dovrà essere verso il Pnrr e ci aspettiamo, specialmente negli ospedali più in difficoltà, che storicamente sono quelli del meridione, investimenti cospicui in tecnologia, perché il nostro lavoro rispetto a 20 anni fa è molto cambiato. Colgo l'occasione per invitare il ministro e tutto il governo ad ascoltarci, perché noi come società scientifica, conoscendo da una parte la struttura del servizio e dall'altra parte i territori, possiamo dare un contributo importante".
-Dal 17 al 20 ottobre, intanto, si svolgerà a Milano il 39esimo Congresso nazionale dell'ACOI: quali saranno i principali temi trattati?
"Dopo un anno e mezzo di Covid non ne possiamo più dei webinar, quindi rivedersi in una grande kermesse, che vedrà la participation in presenza di 2mila chirurghi, sarà una bella occasione per 'riabbracciare' finalmente i nostri colleghi. Voglio ricordare che, con 5mila iscritti, siamo di gran lunga l'associazione scientifica più rappresentativa in Italia. Naturalmente l'aspetto centrale sarà la scienza e i temi trattati saranno quelli tradizionali: la chirurgia oncologica, la chirurgia d'urgenza e la chirurgia anche nei suoi aspetti relazionali con il sistema, perché ci saranno tavole rotonde e un incontro con il sottosegretario alla Salute Sileri, che vedrà la partecipazione di alcuni importanti organi regionali".
- E dopo il Congresso di Milano, da cosa ripartiranno i chirurghi ospedalieri? Quali sono le vostre priorità?
"Vorremmo 'banalmente' ricominciare a lavorare, vorremmo ricominciare a dare le risposte ai nostri pazienti. Ma vorremmo anche ripartire nella formazione, perché non dobbiamo dimenticare che gli ospedali, nel mondo e in Italia, sono il fulcro fondamentale per creare gli specialisti, cioè coloro che si laureano in medicina e poi vogliono svolgere questa professione.
Dobbiamo rendergli l'orgoglio di svolgerla, dobbiamo formarli e difenderli, ma dobbiamo anche restituire una responsabilità sociale al nostro lavoro. Un'ultima cosa ci tengo a sottolineare: la formazione non è possibile acquisirla solo all'università, ci vogliono gli ospedali e ci vogliono i professionisti che diano il loro contributo di esperienza e di capacità ai giovani. In chirurgia, in particolare, si deve 'saper fare' e per insegnare questo non possiamo prescindere dagli ospedali".
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- COVID. SUPERCOMPUTER ENEA, OLTRE 450MILA ORE CALCOLO PER CONTRASTARE PANDEMIA
Oltre 450.000 ore di calcolo e 3.600 simulazioni numeriche per analisi e misure di contrasto alla pandemia con l'obiettivo di individuare molecole per nuovi farmaci contro il virus SARS-CoV-2, studiarne la propagazione in ambienti chiusi e realizzare barriere fisiche contro il contagio.
Nell'anno della lotta al Covid-19, è stata questa una delle principali attività svolte da CRESCO6, il supercomputer ENEA, al secondo posto in Italia per capacità di calcolo nel campo della ricerca pubblica. Il dato emerge dal report 'ENEA CRESCO in the fight against COVID-19', a cura della Divisione ENEA di Sviluppo di sistemi per l'informatica e l'ICT. In particolare, CRESCO6 è stato utilizzato al 30% in collaborazione con istituzioni di ricerca esterne sul fronte anti-Covid-19 per un valore di ore di calcolo equivalente a circa 600mila euro.
Il 70% delle risorse sono invece state impegnate nel campo ambientale, dell'energia, per l'elaborazione di modelli previsionali sui cambiamenti climatici e l'inquinamento atmosferico, lo studio di nuovi materiali per la produzione e lo stoccaggio delle fonti di energia rinnovabili, simulazioni per la sicurezza delle infrastrutture critiche, biotecnologie, chimica computazionale, fluidodinamica per il settore aerospaziale e sviluppo di codici per la fusione nucleare. CRESCO6 del Centro Ricerche ENEA di Portici (Napoli) è entrato nel 2018 al 420° posto della prestigiosa TOP500 delle infrastrutture di calcolo più potenti al mondo, grazie al raddoppio della potenza arrivata a 1,4 milioni di miliardi di operazioni matematiche al secondo (1.4 PetaFlops).
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- Indagine Covid, bambini e lockdown un anno dopo, dalla resilienza alla resistenza
Possesso e uso di device digitali sempre in aumento e in età più precoce, con conseguente pervasività di questi strumenti nella vita dei bambini in età scolare. Questo i dati di rilievo riscontrati dalla seconda edizione dalla ricerca di Milano-Bicocca, dopo la prima svoltasi a maggio 2020.
Entrambe le edizioni dell'indagine "Bambini e lockdown, la parola ai genitori" sono state condotte dalla Società Italiana delle Cure Primarie Pediatriche (SICuPP Lombardia - Marina Picca, Presidente e coordinatrice scientifica del progetto per i pediatri) con la collaborazione di un gruppo di ricercatori dell'Università di Milano-Bicocca (Paolo Ferri e Chiara Bove docenti del Dipartimento di Scienze umane per la formazione) e della spin off dell'Università di Milano-Bicocca "Bambini Bicocca" (Susanna Mantovani, coordinatrice scientifica).
I ricercatori hanno riproposto a maggio 2021 alle oltre 3.000 famiglie interessate dalla prima indagine, i due questionari online parzialmente differenziati a seconda delle età - bambini di età compresa tra 1-5 anni e bambini dai 6 ai 10 anni – allo scopo di conoscere l'evoluzione del vissuto dei genitori e dei bambini nei mesi successivi al primo lockdown (da settembre 2020 a maggio 2021).
Quasi la totalità (93 per cento) dei rispondenti sono madri con un titolo di studio medio alto con bambini di queste fasce d'età residenti a Milano città e in tutte le province della Lombardia, la regione più colpita dalla pandemia Covid-19.
"Alimentazione e sonno - afferma Marina Picca, Presidente SICuPP Lombardia- continuano a essere messi a dura prova. Rispetto ai dati del 2020 abbiamo osservato un miglioramento, ma persistono elementi di preoccupazione. Un dato nuovo non indagato nella ricerca del 2020 è la presenza di malessere fisico nei bambini soprattutto in età scolare. La persistenza di alcuni comportamenti che testimoniano malessere della salute mentale e fisica destano preoccupazione e impongono la necessità di investire maggiormente nel sostenere i bambini, i genitori e le famiglie".
Bambini da 1 a 5 anni
I genitori hanno registrato in questi mesi una diminuzione dell'irritabilità e dei capricci (63 per cento contro l'81 del 2020), anche se un quarto degli intervistati denuncia un sentimento di tristezza/malinconia nei figli.
Alimentazione e sonno mostrano ancora le decise alterazioni riscontrate l'anno passato: restano sia il dato della riduzione di appetito (oltre il 37 per cento) spesso accompagnata da un aumento del consumo di snack (44 per cento) sia la difficoltà nell'addormentarsi (38,6 per cento) con aumento della frequenza dei risvegli notturni (oltre il 56 per cento).
Bambini da 6 a 10 anni
Un dato nuovo, non indagato nella prima edizione dell'indagine, è la presenza o meno di disturbi di "malessere" fisico nei bambini: ne hanno sofferto circa il 40% dei bambini della scuola primaria (in particolare cefalea, mal di pancia, stanchezza, disturbi agli occhi).
E in famiglia? Soprattutto per l'età della scuola primaria (6-11) è stato osservato un peggioramento del rapporto adulti-bambini (dall'11.4% del 2020 al 21.6% del 2021), dato in controtendenza con la prima rilevazione del 2020. Un dato che testimonia la stanchezza emotiva del sistema-famiglia.
Il digitale si è dimostrato un aspetto sempre più rilevante nella vita dei bambini: il 58, 4 per cento dei bambini 6-10 anni possiede un device personale, percentuale in netto aumento rispetto al primo lockdown (23,5 per cento).
Anche l'età si abbassa: avevano un cellulare il 9,2 per cento dei bambini dagli 1 ai 5 anni, ora lo possiede il 14,5 per cento.
Ne è diretta conseguenza un forte aumento di utilizzo anche fuori dall'uso didattico, in particolare per i bambini 6-10 anni (il 52,5 per cento).
A questo proposito, sottolineano i ricercatori, non pare nemmeno riscontrarsi l'effetto "stanchezza da digitale", anzi è forse ipotizzabile una sorta di assuefazione all'utilizzo dello strumento digitale, che non viene più percepito come un qualcosa di "speciale" e occasionale ma diviene l'interfaccia con cui si fa esperienza della vita, dall'apprendimento allo svago.
«Il digitale, con la pandemia - afferma Paolo Ferri - è divenuto un elemento sempre più presente nella vita dei bambini. Le famiglie lo percepiscono come un elemento "naturale" del loro mondo. Non si può tornare indietro o imporre divieti. Si tratta, invece, di formare i genitori, gli insegnanti e i bambini ad un uso consapevole, critico e creativo dello smartphone. Va, infatti, evitato che lo smartphone si trasformi in una "baby sitter" o peggio in un "dispenser" di stili di vita standardizzati e di prodotti commerciali! Un compito sfidante e complesso per i genitori e per tutti coloro che si occupano professionalmente di bambini»
Il rapporto famiglia-Scuola, infine, come sottolineano i genitori nella quasi totalità, ha ben tenuto: lo dimostra, ad esempio, la percentuale dei bambini di entrambe le fasce d'età che hanno reagito alla nuova chiusura scolastica dell'aprile 2021 con tristezza nel 50% dei più piccoli e 65% dei più grandi.
Il report: Picca, M., Ferri, P., Manzoni, P., Bove, C., Mantovani, S., Cavalli, N. (2021). Bambini e lockdown un anno dopo: la parola ai genitori.
- Astenia e diarrea tra le conseguenze del Long Covid. Studio Policlinico di Milano
Superata la fase più acuta dell'emergenza sanitaria, torna alta l'attenzione sugli effetti del Sars-CoV-2 anche a lungo termine. Numerosi sono infatti i casi di "long Covid", con soggetti che continuano a presentare diversi sintomi una volta terminata l'infezione e risoltasi la fase acuta.
Già all'indomani della prima ondata, era stata appurata la natura multisistemica del Covid-19, che non attacca solo i polmoni ma anche altri organi, tra cui il sistema nervoso, il fegato, il cuore, il pancreas, le articolazioni e la pelle. A questo filone di studi ha contribuito il Policlinico di Milano, già eccellenza nell'ambito della Gastroenterologia, che ha rilevato le conseguenze del Covid-19 a livello intestinale ed extraintestinale nel lungo periodo. Autori dello studio, pubblicato su "Neurogastroenterology and Motility" e tra i pochi italiani selezionati come comunicazione orale al Digestive Disease Week, sono Maurizio Vecchi, professore ordinario e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell'Apparato Digerente - Università degli Studi di Milano, e Guido Basilisco dell'Unità Operativa di Gastroenterologia ed Endoscopia, Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Lo studio, da un lato, tranquillizza i pazienti, perchè gli effetti gastrointestinali a lungo termine sono di severità lieve; dall'altro, sottolinea la possibilità che manifestazioni sia intestinali che extraintestinali possano persistere anche a mesi di distanza.
LO STUDIO DEL POLICLINICO DI MILANO
Già alcuni riscontri in letteratura rilevavano sin dal 2020 come il Sars-CoV-2 potesse colpire anche l'apparato gastroenterico, con almeno il 30% dei pazienti con diarrea o sintomi gastroenterologici nella fase acuta della malattia. Meno noto era quale fosse l'andamento nel tempo di questi sintomi, aspetto rilevante visto che spesso, dopo infezioni batteriche o virali, alcuni di questi disturbi tendono a cronicizzare, anche per anni, talvolta affiancati da sintomi extraintestinali (mal di schiena, mal di testa, debolezza) non spiegati da una specifica alterazione organica, questi ultimi definiti come "somatoformi". Questo andamento caratterizza alcune sindromi funzionali come il colon irritabile o la dispepsia cosidette "post-infettive".
"Abbiamo quindi analizzato, dopo un intervallo di tempo di cinque mesi, i pazienti ricoverati presso il nostro Ospedale per infezione acuta da Covid-19 per capire se i sintomi gastroenterici che caratterizzano le malattie funzionali gastrointestinali, come l'intestino irritabile, e i sintomi somatoformi, come la spossatezza/astenia, possano essere presenti a mesi dall'infezione- spiega Basilisco- Abbiamo studiato 164 pazienti dopo 5 mesi dall'infezione acuta da Covid-19. I risultati sono stati confrontati con quelli di soggetti sani e negativi al Covid-19". I dati dimostrano che "sintomi gastroenterologici sono presenti a distanza dall'infezione, sebbene in forma assai lieve; il sintomo più frequente è la diarrea.
Tra i sintomi extraintestinali molto più frequente è invece l'astenia, che raggiunge valori del 40% tra i soggetti colpiti dal Covid-19. Questi risultati suggeriscono, in linea con la letteratura piu recente, che sia i sintomi che caratterizzano le malattie funzionali gastrointestinali che i sintomi somatoformi possano avere un'origine biologica comune". Il professor Vecchi aggiunge: "La nostra ricerca ha studiato un argomento di notevole interesse, ossia il follow up a lungo termine di pazienti con un'infezione acuta da Covid-19 che nel 30-40% dei casi presentava problemi gastrointestinali, soprattutto diarrea. Altri studi avevano, inoltre, dimostrato casi di pancreatite, clinicamente non sempre evidente, ma riscontrabile dall'alterazione degli enzimi caratteristici del pancreas. Infine, un'altra forte evidenza della relazione tra virus e apparato digerente è il fatto che nell'infezione acuta si verifichi una significativa eliminazione fecale del Sars-CoV-2, probabilmente successiva alla fase iniziale, durante la quale il virus è localizzato nelle vie aeree superiori, prima che giunga negli altri organi e nei tessuti gastrointestinali".
- IN VENETO SUPPORTO PSICOLOGICO POST COVID PER ADOLESCENTI
Le Ulss venete implementeranno le Unità funzionali distrettuali adolescenti (Ufda), ovvero servizi per la presa in carico multidisciplinare dei giovani e delle famiglie che attraversano situazioni di disagio psicologico conseguentemente agli effetti delle misure di contenimento della pandemia.
Lo prevede una delibera della giunta regionale, che dispone la ripartizione tra le Ulss di 2,27 milioni di euro, di cui 651.345 euro per il reclutamento di professionisti sanitari e assistenti sociali e 1,62 milioni per il reclutamento straordinario di psicologi. Alle Ulss tocca individuare almeno un distretto sociosanitario pilota dove avviare l'Ufda. "Le misure di contenimento della diffusione del Coronavirus hanno messo a dura prova la tenuta psicologica individuale e collettiva dei giovani, complicata anche dalla assenza di relazioni indispensabili per la loro crescita in termini di benessere", spiega l'assessore regionale a Sanità e Sociale Manuela Lanzarin.
Non solo c'è stata la chiusura delle attività scolastiche e l'attivazione della didattica a distanza, ma ai ragazzi sono state precluse moltissime altre forme di socializzazione, dallo sport all'attività nelle palestre e nelle strutture natatorie coperte, dalla visione nei cinema all'attività teatrale e altri intrattenimenti culturali, fino allo stesso riunirsi tra amici o altre forme di ricreazione. Una situazione così prolungata da assumere i contorni di un vero patimento".
Di qui l'idea delle equipe multidisciplinari, che possano offrire supporto. I servizi offerti vanno dalla prima valutazione all'ascolto, all'analisi multidimensionale, la consulenza, la presa in carico e la dimissione con follow up. Le ripartizione delle risorse finanziarie è stata fatta in base alla popolazione residente nei territori di competenza delle Ulss, ed in particolare alla Ulss 1 vanno 90.966 euro, alla Ulss 2 409.350 euro, alla Ulss 3 295.642 euro, alla Ulss 4 113.708 euro, alla Ulss 5 113.708 euro, alla Ulss 6 432.092 euro, alla Ulss 7 159.192 euro, alla Ulss 8 227.417 euro e alla Ulss 9 432.092 euro.
- Scuola Ticino, obbligo di mascherina alle Medie fino al 29 ottobre. Facoltativo con certificato Covid
Il Consiglio di Stato, preso atto della situazione epidemiologica, ha deciso di prolungare l'obbligo di indossare la mascherina alle scuole medie e alle scuole speciali ad esse parallele fino al 29 ottobre 2021.
Per gli studenti i l’uso della mascherina nell’istituto scolastico continuerà ad essere obbligatorio fino alle vacanze autunnali, salvo per chi avrà consegnato alla direzione della scuola la dichiarazione firmata dai genitori attestante l’avvenuta vaccinazione o guarigione dalla COVID-19; in questo caso l’uso della mascherina sarà facoltativo nelle aule e nei laboratori, se sono rispettate le distanze, mentre rimarrà obbligatorio nei corridoi, negli spazi comuni interni e all’entrata e uscita da scuola. In qualsiasi circostanza in cui non sono rispettate le distanze l’uso della mascherina rimane raccomandato.
La situazione viene rivalutata costantemente e lo sarà soprattutto in vista della ripresa delle lezioni dopo le vacanze autunnali.
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