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- Aumento positivi in ospedale. Asintomatici o malati Covid?
- Covid, 40% studenti depressi in Svizzera nel 2020. Piu' colpite le donne
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- Covid, miocardite in post vaccinazione giovani maschi supera tasso atteso dei non vaccinati
- Super esperti allo Spallanzani di Roma. Verso l' endemizzazione del COVID-23
- Covid, la campagna vaccinale ha evitato oltre 500mila ricoveri e 150mila morti in Italia
- 5 giorni di isolamento per Covid, presto un decreto in Italia
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- Covid, reintegro sanitari no vax e' segno di pacificazione
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- COVID .FIASO, I PAZIENTI NON CORRONO RISCHI. REINTEGRO MEDICI NO VAX E' ANTICIPAZIONE SCADENZA NATURALE.
- COVID. FOFI, 1.194 FARMACISTI NON VACCINATI VERSO REINTEGRO
- Covid, interazione terapia nirmatrelvir- ritonavir (Paxlovid*). Attenzione a questi farmaci per il cuore. Journal of the American College of Cardiology
- Agenti antiaritmici
- Gli agenti antiaritmici sono usati per gestire il ritmo cardiaco anormale. Molti di questi farmaci vengono metabolizzati in modo tale da aumentare i livelli plasmatici quando somministrati in concomitanza con Paxlovid. Sebbene possa essere possibile iniziare Paxlovid dopo 2-2,5 giorni di interruzione temporanea degli agenti antiaritmici, ciò potrebbe non essere fattibile da un punto di vista pratico. Si consiglia ai medici di prendere in considerazione terapie alternative per il COVID-19 ed evitare la co-somministrazione di questi agenti con Paxlovid. Il sotalolo, un altro agente antiaritmico, viene eliminato per via renale e non interagisce con Paxlovid.
- Antiaggreganti e anticoagulanti
- Gli agenti antipiastrinici sono usati per il trattamento della malattia coronarica, in particolare se un paziente ha ricevuto uno stent. L'aspirina e il prasugrel sono sicuri da somministrare insieme a Paxlovid. C'è un aumentato rischio di coaguli di sangue quando Paxlovid è somministrato insieme a clopidogrel e un aumentato rischio di sanguinamento quando somministrato con ticagrelor. Quando possibile, questi agenti dovrebbero essere passati al prasugrel. Se i pazienti hanno controindicazioni all'assunzione di prasugrel, la co-somministrazione di Paxlovid deve essere evitata e devono essere prese in considerazione terapie alternative per il COVID-19.
- Gli anticoagulanti o i fluidificanti del sangue usati per trattare o prevenire la formazione di coaguli di sangue, come il warfarin, possono essere co-somministrati con Paxlovid, ma richiedono un attento monitoraggio dei fattori di coagulazione nelle analisi del sangue. I livelli plasmatici di tutti gli anticoagulanti orali diretti aumentano se somministrati in concomitanza con Paxlovid, pertanto può essere necessario un aggiustamento della dose o l'interruzione temporanea del trattamento e l'uso di anticoagulanti alternativi.
- Alcune statine
- La somministrazione concomitante di simvastatina o lovastatina con Paxlovid può portare ad un aumento dei livelli plasmatici e alla conseguente debolezza muscolare (miopatia) e rabdomiolisi, una condizione in cui la rottura del tessuto muscolare rilascia una proteina dannosa nel flusso sanguigno. Questi agenti devono essere sospesi prima dell'inizio di Paxlovid. Una riduzione della dose di atorvastatina e rosuvastatina è ragionevole, quando co-somministrati con Paxlovid. Le altre statine sono considerate sicure se somministrate insieme a Paxlovid.
- ranolazina
- La concentrazione plasmatica di ranolazina, usata per trattare l'angina e altri dolori toracici correlati al cuore, aumenta esponenzialmente in presenza di inibitori del CPY450 come Paxlovid, aumentando così il rischio di prolungamento dell'intervallo QT clinicamente significativo e torsione di punta (un tipo di aritmia). La co-somministrazione di Paxlovid è pertanto controindicata. Se si prescrive Paxlovid, si consiglia l'interruzione temporanea della ranolazina.
- Agenti immunosoppressori
- I livelli plasmatici degli agenti immunosoppressori prescritti per i pazienti che hanno subito un trapianto di cuore salgono esponenzialmente a livelli tossici se somministrati in concomitanza con Paxlovid. La riduzione temporanea del dosaggio degli agenti immunosoppressori richiederebbe un monitoraggio frequente e sarebbe logisticamente difficile. Pertanto, in questi pazienti dovrebbero essere considerate terapie alternative per il COVID-19.
- TRAPIANTO DI CUORE, ANCHE DONATORI CON COVID SONO SICURI
- Entrambi i gruppi di donatori di organi ricevevano tassi di morte simili in ospedale ea 30 giorni dal trapianto, nonché tassi simili di complicanze come insufficienza del trapianto (una condizione in cui il corpo rifiuta il nuovo organo) e complicanze polmonari.
- La degenza media in ospedale per coloro che hanno ricevuto un cuore da donatore positivo per COVID-19 è stata di 15 giorni, contro i 17 giorni per i pazienti che hanno ricevuto un cuore da un donatore senza COVID-19;
- Il rigetto d'organo si è verificato nel 2,4% dei riceventi da donatori positivi al COVID-19, rispetto all'1% degli altri;
- Il 96,1% delle persone che hanno ricevuto cuori da donatori positivi al COVID-19 è sopravvissuto ai primi 30 giorni rispetto al 97% di coloro che hanno ricevuto cuori da donatori senza il virus.
- Tra i quattro pazienti morti dopo aver ricevuto un cuore da un donatore positivo al COVID-19, nessuno è morto per cause respiratorie o infezioni.
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Esplode la protesta in Cina contro la politica "zero-Covid" imposta dal governo di Pechino. Manifestazioni di dissenso stanno scoppiando in diverse città e nelle università, compresa Shanghai, dove centinaia di persone hanno cantato "Dimettiti, Xi Jinping! Abbasso il Partito Comunista!".
E, malgrado le misure restrittive, i contagi hanno raggiunto un record dall'inizio della pandemia, con 31.527 casi registrati mercoledì scorso.
A Urumqi, capitale della provincia cinese dello Xinjiang, la folla è scesa in piazza dopo la morte di dieci persone bloccate in un palazzo in fiamme. Video circolati sui social, riferisce la Bbc, mostrano la gente scesa in strada ieri notte, che scandisce slogan, agita i pugni aria e travolge una barriera eretta da addetti della municipalità in tute protettive. Ieri le autorità hanno promesso una graduale uscita dalle misure anti covid, senza accennare alle proteste.
Urumqi è sottoposta a restrizioni anti covid da agosto. Giovedì un incendio in un blocco di appartamenti ha causato dieci morti e nove feriti. Secondo numerosi post online, i soccorsi sono stati resi difficili dalle misure anti covid. Un residente ha raccontato alla Bbc che agli abitanti del palazzo in fiamme è stato impedito di uscire.
Le autorità negano e i riferimenti sui social alle proteste anti lockdown di Urumqi sono state cancellate. Tuttavia oggi è stato annunciata a graduale uscita dal confinamento nelle parti della città considerate a basso rischio di contagio. Lo Xinjiang è abitato dalla minoranza musulmana degli uiguri, che la Cina è accusata di perseguitare. Non è la prima volta che si verificano proteste in Cina contro la politica zero covid adottata dal governo di Pechino.
Il monitoraggio Covid settimanale dell'Iss-ministero della Salute "è totalmente anacronistico e sbagliato. Ci danno dei dati di circolazione virale misurando parametri, Rt, incidenza, senza dirci che tipo di pazienti arrivano in ospedale ma solo che c'è della gente con un tampone positivo.
Questo non vuol dire nulla, un conto un asintomatico trovato per screening in ospedale altro è un paziente che arriva con polmonite e deve essere ricoverato. Sono report che computano numeri. Dire che c'è stato un incremento del 2% di persone in ospedale non vuol dire nulla". Così all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Matteo di Pavia.
"Nel mio reparto ho sicuramente persone con Covid ricoverate ma nessuno sta male come nel 2020-21, ho anche tanti che sono positivi al tampone Covid dopo essere ricoverati - aggiunge - Speravo cambiasse questa politica del tamponamento seriale, ci sta portando di fronte a due pesi e due misure: un soggetto con l'influenza lo mettiamo in un reparto normale e uno con il Covid in un bunker. Oggi non ha senso tutto questo".
Sars-CoV-2 "circola ovunque e sta facendo milioni di contagi e non fa danni. Serve una logica diversa, proteggiamo i più fragili, per questo servono numeri più specifici. Mi auguro - conclude - che la si finisca con i reparti Covid, ma si creino delle bolle dove il paziente entra per specialità, se ha un problema cardiologico va in reparto dove ci sarà una bolla, una stanza separata, per chi ha il Covid. Gli enormi lazzaretti per le persone positivi speso siano finiti".
Covid, 40% studenti depressi in Svizzera nel 2020. Piu' colpit
Nel 2020 la pandemia di COVID-19 e le relative restrizioni hanno alterato la salute psichica di molti studenti delle scuole universitarie.
Una percentuale di loro che spazia dal 30 al 49%, ha riferito di sintomi legati a depressione e ansia o di un senso di solitudine riscontrati più spesso che in tempi normali. La pandemia non ha invece avuto un impatto sulla situazione finanziaria della maggior parte di loro, seppur abbia aggravato quella dei gruppi più vulnerabili. Gli studenti ad averne risentito maggiormente sono in particolare quelli con passato migratorio e quelli dell’area disciplinare Musica, teatro e altre arti. Questi sono i risultati del rapporto tematico sull’indagine presso le persone con diploma di scuola universitaria condotta dall’Ufficio federale di statistica (UST).
La pubblicazione identifica la misura in cui la pandemia di COVID-19 e le relative restrizioni hanno influito sulla situazione finanziaria e sulla salute psichica degli studenti che hanno conseguito il titolo di studio nel 2020. Dai risultati emerge che la metà (49%) di loro riferisce che durante la pandemia ha provato una sensazione di nervosismo, di ansia o di tensione (molto) più spesso che in tempi normali; il 42% un senso di solitudine; il 39% era giù di morale, depresso o disperato più spesso che in tempi normali; il 38% ha dichiarato di non avere interesse o piacere nel fare le cose e il 30% ha affermato di non essere riuscito a smettere di preoccuparsi o a tenere sotto controllo le preoccupazioni.
Salute psichica degli studenti: maggiormente colpiti i più giovani e le donne
Il 43% degli studenti più giovani (fino a 25 anni) sostiene che durante la pandemia si è sentito giù di morale, depresso o disperato più spesso o molto più spesso che in tempi normali. Per gli studenti meno giovani questa percentuale non è altrettanto elevata (tra il 35% e il 26%). L’influsso dell’età è stato constatato anche tra la popolazione residente permanente. Inoltre si riscontrano anche delle differenze in funzione del sesso. Le donne hanno dichiarato di essersi sentite giù di morale, depresse o disperate con maggiore frequenza degli uomini (il 44% contro il 33%).
Supporto psicologico a causa della pandemia raro
Solo il 2,9% degli studenti riferisce di essersi rivolto nel 2020 a un servizio di sostegno psicologico o di consulenza a causa della pandemia, mentre la percentuale di coloro che riferiscono di aver sofferto di disturbi psichici dovuti alla pandemia spazia dal 30 al 49%. Sempre nel 2020, il 9,1% di queste persone ha peraltro consultato un servizio di sostegno psicologico per motivi che esulano dalla pandemia.
Una minoranza di studenti indica di aver avuto nel 2020 più difficoltà finanziarie del solito a causa della pandemia: il 15% riferisce di risorse finanziarie insufficienti, il 6% di fatture pagate in ritardo, il 6% di un saldo negativo sul conto e il 7% di restrizioni riguardanti i beni di prima necessità.
Difficoltà finanziarie: l’influenza del contesto migratorio
Avere un passato migratorio costituisce un fattore di rischio. Il 17% degli studenti di seconda generazione di migranti, il 19% di quelli di prima generazione che hanno frequentato la scuola dell’obbligo in Svizzera e il 23% degli studenti di prima generazione che hanno seguito la scuola dell’obbligo all’estero segnalano una mancanza di risorse finanziarie nel 2020 a causa della pandemia. Questa percentuale si attesta invece all’11% per gli studenti senza passato migratorio.
Nel 2020 solo il 2,5% degli studenti ha ricevuto dalla propria scuola universitaria aiuti finanziari per la pandemia. Le percentuali di altri aiuti eccezionali ricevuti variano dallo 0,5% per borse e prestiti di studio, aiuti finanziari o materiali da parte di amici, compagni di studi o associazioni, al 4,9% per aiuti finanziari o materiali da parte di familiari o del/della partner.
Musica, teatro e altre arti i settori più colpiti
Nel 2020 la situazione finanziaria degli studenti delle scuole universitarie professionali (SUP) dell’area disciplinare Musica, teatro e altre arti si è fortemente degradata a causa della pandemia. Uno studente su due (51%) segnala la mancanza di risorse per far fronte alle spese e uno su cinque (20%) restrizioni riguardanti i beni di prima necessità, a fronte di rispettivamente il 15% e il 7% degli studenti in generale. Il 19,6% di loro ha anche ricevuto un aiuto finanziario eccezionale dalla propria scuola universitaria. Per quanto riguarda la salute psichica, il 53% di loro ha riferito di essersi sentito giù di morale, depresso o disperato più che in tempi normali (contro il 39% degli studenti in generale).
e le donne
"Rispetto al 2021 la situazione epidemiologica è molto cambiata, così come la stessa malattia e si è, quindi, potuto eliminare l'obbligo di vaccinazione per i professionisti sanitari, con una decisione di buon senso e saggezza".
Non rinnega certo l'utilità della vaccinazione contro il Covid - che ha salvato, nel mondo, 20 milioni di vite in un anno, 150mila solo in Italia e ha praticamente azzerato la mortalità tra i medici - il Presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, ascoltato questa mattina in audizione presso la Commissione Giustizia del Senato sulla conversione in Legge del Decreto che, tra le altre disposizioni, ha anticipato al 2 novembre la cessazione dell'obbligo vaccinale per i professionisti sanitari.
Le condizioni che avevano reso necessario tale obbligo, però, sono mutate e bene ha fatto il Governo a eliminarlo, si legge nella nota. "Del resto- ha ricordato Anelli- già lo scorso 22 luglio 2022 il Consiglio nazionale della FNOMCeO, con una mozione approvata all'unanimità, aveva chiesto una revisione legislativa della materia, auspicando quindi di tornare a una gestione ordinaria del rischio biologico e della sicurezza delle cure, lasciando agli Ordini territoriali solo il compito di valutare i comportamenti degli iscritti sotto il profilo deontologico. In considerazione del fatto che gli Ordini, quali enti sussidiari dello Stato, hanno svolto un'opera di supplenza intrisa di non poche responsabilità, senza la quale non sarebbero stati raggiunti gli obiettivi prefissati dalla norma di legge, ad oggi è giusto che essi tornino a svolgere il ruolo di garanti della Professione medica e odontoiatrica che ha nella tutela della salute individuale e collettiva il proprio fondamentale e principale obiettivo". Una decisione, quella del Governo, presa "nel pieno rispetto della legge e della Costituzione".
"Abolire l'obbligo- ha spiegato Anelli- non significa sminuire l'utilità del vaccino. L'obbligo vaccinale si inserisce in un contesto più generale rispetto alla deontologia, che è quello dei diritti previsti dall'articolo 32 della Costituzione secondo cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Quindi il tema dell'obbligo attiene esclusivamente al legislatore che deve valutare se l'interesse legittimo dell'individuo a determinare se sottoporsi o no alla vaccinazione sia o meno prevalente rispetto alla tutela della salute collettiva". Soltanto "marginale", però, secondo la Fnomceo, l'effetto sugli organici degli ospedali e sulla medicina del territorio. "Abbiamo stimato che i medici reintegrati nel Servizio sanitario nazionale sono meno di mille- ha fatto presente Anelli- mentre la carenza è di 20.000 colleghi tra ospedale e territorio. La mancanza di medici in molte regioni italiane è del resto un problema noto e denunciato da tempo".
COME RISOLVERLO? - "Bisogna cambiare paradigma sulla programmazione- ha proposto il presidente Fnomceo- sburocratizzare e rendere attraente la carriera con più risorse e più dignità del lavoro. La programmazione, che spetta alle regioni, è stata impostata in questi anni sulla disponibilità di risorse economiche e non sulla reale esigenza di professionisti. La programmazione invece va fatta sulle reali esigenze e, solo dopo, andranno trovate le risorse. Corretta programmazione, però, non significa solo limitare gli ingressi al percorso formativo: significa anche aumentare i posti letto, e ricalibrare il numero di specialisti e di professionisti sanitari per paziente, per migliorare la qualità dell'assistenza. E su questo vanno stanziate le risorse". "Appare urgente poi- ha continuato- un aggiornamento delle norme che definiscono i limiti economici di riferimento della spesa per il personale entro i quali le aziende sanitarie possono effettuare assunzioni (Monte salari 2004 diminuito dell'1,4%). Ad oggi il fondo è fermo, così come non è ancora stato attivato il corso di formazione specifica in medicina generale 2022-2025. A causa di un eccesso di burocrazia si accumulano ritardi ingiustificati".
"Bisogna rendere più attrattivo il lavoro- ha chiosato- Molti colleghi lasciano per l'estero, dove gli stipendi sono migliori, e molti altri per le cooperative, dove il salario immediato è più alto e non ci sono ordini di servizio, per cui si può organizzare meglio la propria vita privata. Non solo maggiori risorse, dunque, (l'Italia è agli ultimi posti per gli stipendi dei sanitari), ma anche una migliore qualità di vita individuale, che a oggi è 'inaccettabile'. Negli ospedali ci sono turni massacranti per mancanza d'organico, retribuzioni più basse rispetto al resto d'Europa, rischio più alto di contenziosi medico legali e aggressioni, poca flessibilità nell'attività libero professionale. L'organizzazione ospedaliera deve essere, quindi, riformata".
"Spesso tra chi rimane a lavorare nel pubblico- ha evidenziato ancora Anelli- prevale un ragionamento etico, una forma di deontologia che fa accettare i turni lunghi e massacranti, il sacrificio della famiglia. Invece occorre renderlo un lavoro dignitoso. Condividiamo pertanto le preoccupazioni espresse dalla Corte dei Conti nella sua memoria sulla Nota di aggiornamento al Def: il mancato investimento sui professionisti sanitari rappresenta un duro colpo per il Servizio sanitario nazionale. Significa rinviare di un anno soluzioni che potrebbero essere adottate subito per fermare l'emorragia di medici verso il privato e verso l'estero. Di questo passo, il rischio che il sistema salti è molto concreto".
"Il Servizio sanitario pubblico si sta svuotando, sta perdendo la sua linfa vitale, il suo capitale umano" ha continuato Anelli, che ha ricordato anche la recente analisi dell'Istituto Piepoli, secondo la quale un medico italiano su tre, potendo, andrebbe subito in pensione. E, a sognare di appendere al chiodo il camice bianco, è proprio la fetta più giovane della Professione, quella che dovrebbe essere più motivata ed entusiasta: il 25% dei medici tra i 25 e 34 anni e il 31% di quelli tra i 35 e i 44 anni. "Un dato allarmante- ha commentato- che esprime la crisi in cui versa il nostro Servizio sanitario nazionale. Così, i Pronto soccorso, i reparti ospedalieri, la medicina generale diventano sempre meno attrattivi per i professionisti. I reparti e il territorio si svuotano di medici e personale, le liste di attesa si allungano, le disuguaglianze di salute si acuiscono. Non siamo solo noi medici, solo noi operatori a dirlo: lo evidenziano i giudici contabili, lo scontano ogni giorno i cittadini, lo documentano i media. È il momento di invertire la rotta".
"Conosciamo la sensibilità di questo Governo- ha aggiunto- nei confronti delle Professioni sanitarie e la sua volontà di fornire un'assistenza di qualità ai cittadini. Per questo auspichiamo che il Governo e il Parlamento individuino le risorse che sono necessarie, anzi indispensabili e urgenti per sostenere il Servizio sanitario nazionale. Crediamo che puntare sempre di più sulle professioni sia fondamentale e alla vigilia del dibattito parlamentare sulla Legge finanziaria riteniamo che sia doveroso da parte di questa Federazione richiamare la politica a un senso di responsabilità verso il Servizio sanitario nazionale".
"Investire nel Servizio sanitario nazionale oggi- ha concluso Anelli- ci sembra il richiamo più importante che vorremmo rivolgere alla politica. Non servono soltanto interventi normativi: servono in questo momento risorse. Servono ai medici, sempre più preoccupati delle loro condizioni. Servono per i pazienti, che molto spesso si ritrovano senza medici di famiglia e di fronte al problema delle liste di attesa".
Un ampio studio sulle miocarditi post vaccinazione anti-Covid a mRna ha concluso che l'infiammazione del muscolo cardiaco resta rara, ma più frequente nei giovani maschi, specie dopo la seconda dose di vaccino Moderna.
Secondo gli autori del lavoro, pubblicato sul 'Cmaj' (Canadian Medical Association Journal), la tipologia di vaccino, l'età e il sesso dovrebbero quindi essere fattori da considerare. In particolare, scrivono, i dati "supportano l'uso preferenziale del vaccino di Pfizer-BioNTech rispetto a quello di Moderna nelle persone di età compresa tra 18 e 29 anni". Questo anche se, tengono a precisare gli scienziati, "i tassi complessivi di miocardite per 100mila dosi" di vaccino somministrate sono risultati comunque " 2 mln di Spikevax* di Moderna) a persone over 12 dal 15 dicembre 2020 al 10 marzo 2022.
Indagando su chi era stato ricoverato in ospedale o era stato assistito in pronto soccorso per miocardite insorta entro 7 e 21 giorni dalla vaccinazione, gli studiosi hanno osservato a 3 settimane dall'iniezione un tasso di miocardite pari a 1,37 casi su 100mila persone, contro un tasso atteso di 0,39/100mila non vaccinati. I tassi più elevati di miocardite sono stati calcolati nei maschi (2,15/100mila), tra i 18-29enni (2,97/100mila), dopo la seconda dose (2,27/100mila) e nelle persone vaccinate con vaccino Moderna (1,75/100mila). Tra i maschi 18-29enni vaccinati Moderna il tasso era di 22,9/100mila. Dopo la terza dose i tassi di miocardite risultavano più bassi, anche tra i giovani dai 18 ai 29 anni.
Alla luce dei dati raccolti, gli scienziati sostengono pertanto l'opportunità di un uso preferenziale del vaccino di Pfizer-BioNTech rispetto a quello di Moderna nella vaccinazione dei giovani 18-29enni.
I ricercatori ci tengono a ribadire quanto il rapporto rischi-benefici del vaccino anti-Covid penda a favore dei benefici, in ogni fascia d'età. Un'analisi statunitense - ricordano - ha stimano che 11mila casi di Covid-19, 560 ricoveri, 138 ricoveri in terapia intensiva e 6 morti per Covid potrebbero essere prevenuti per ogni milione di secondi dosi di vaccino a mRna anti Sars-CoV-2 somministrate a maschi di età compresa tra 12 e 29 anni, rispetto a 39-47 casi attesi di miocardite dopo vaccinazione anti-Covid.
"I benefici della vaccinazione contro Sars-CoV-2 nel ridurre la gravità di Covid-19, il ricovero e i decessi superano di gran lunga il rischio di sviluppare miocardite. Pertanto la vaccinazione continua di questo gruppo, insieme al monitoraggio degli eventi avversi, compresa la miocardite, dovrebbe rimanere la strategia preferita".
All'Istituto Spallanzani di Roma, alla presenza del ministro della Salute Orazio Schillaci, si è insediato il board internazionale composto dai maggiori esperti sulla pandemia di Covid-19 e sulle malattie infettive. Un 'super team' fortemente voluto dal direttore generale Francesco Vaia e coordinato da Guido Silvestri, pro-rettore alla Emory University di Atlanta, Usa.
Numerosi gli ospiti presenti - informano dall'Istituto nazionale malattie infettive - tra cui appunto il ministro Schillaci e Giorgio Palù, presidente dell'Agenzia italiana del farmaco Aifa.
"Con questo evento e l'insediamento di un così prestigioso board di scienziati - ha dichiarato Vaia - si consolida il percorso di rafforzamento scientifico dello Spallanzani e la sua vocazione internazionale. Si conferma, inoltre, la sua funzione al servizio della persona e delle istituzioni".
Nel corso del meeting è emersa la consapevolezza che ci troviamo in una fase assolutamente nuova, che potremmo oggi definire ‘Covid-23’, in cui il virus, pur persistendo, va verso una fase di endemizzazione.
"Questo convegno è particolarmente importante perché - ha sottolineato il ministro Schillaci - con un board internazionale di altissimo livello, mette l'Irccs Spallanzani del nostro sistema sanitario nazionale al centro della prevenzione di future possibili pandemie, dopo che l'Istituto" nazionale malattie infettive di Roma "è stato un baluardo fondamentale negli anni passati proprio per la lotta a Covid-19. Quindi una continuità nell'eccellenza, testimoniata dall'evento scientifico che oggi andiamo a sviluppare".
"Dopo la lotta alla pandemia" di Covid-19, l'Istituto Spallanzani di Roma vuole diventare "il palcoscenico mondiale per andare veramente 'oltre il cortile', per una visione internazionale e di One Health" ha sottolineato Vaia che festeggia il "grande successo della due giorni internazionale". "Un panel di grandi scienziati internazionali e del nostro Paese - ha spiegato - insieme a noi discuteranno di quali sono stati gli strumenti per combattere questa pandemia e del futuro delle eventuali possibili altre malattie. Un grande successo testimoniato anche dalla presenza molto gradita del ministro Schillaci, che tra l'altro - ha evidenziato - ha assunto impegni a rafforzare il ruolo del ministero della Salute e della ricerca con anche maggiori finanziamenti. Siamo veramente soddisfatti".
"Il direttore Vaia ha fatto benissimo a dare questo profilo internazionale, perché è così che la ricerca può progredire e andare avanti", ha commentato Palù. "Ce la metteremo tutta per compiere dei risultati di grande importanza" l'impegno assunto da Guido Silvestri.
In Italia dal 27 dicembre 2020", giorno di avvio delle vaccinazioni anti-Covid, "al 31 gennaio 2022, i dati consentono di stimare che la campagna vaccinale contro Covid-19 in Italia ha permesso di evitare oltre 500mila ospedalizzazioni, oltre 55mila ricoveri in terapia intensiva e circa 150mila decessi. Questi dati confermano l'importanza della vaccinazione nel prevenire nuove infezioni, ricoveri in terapia intensiva e decessi".
Lo ha ricordato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, rispondendo oggi alla Camera a un'interpellanza urgente.
"Con riferimento alla necessità di ribadire l'importanza della vaccinazione anti Covid-19 per il contrasto all'epidemia, posso con serenità affermare che in nessun momento è stata messa in discussione dal Governo, dal presidente del Consiglio dei ministri e dal sottoscritto. Anche il sottosegretario di Stato" alla Salute, Marcello Gemmato, "le cui dichiarazioni sono state evidentemente decontestualizzate, ha già avuto modo di smentire qualsivoglia malevola interpretazione" ha dichiarato Schillaci.
CAMPAGNA VACCINI - "Anticipo - ha poi annunciato il ministro - che dal 1 dicembre prossimo il mio dicastero, in collaborazione con il Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, avvierà una campagna di comunicazione mediante spot televisivi e radiofonici, da diffondere sia sulle reti Rai che sugli altri network nazionali e locali, per promuovere la vaccinazione anti Covid-19 e la vaccinazione antinfluenzale".
"Nella campagna informativa, che sarà la principale per il periodo dicembre 2022-gennaio 2023 - ha aggiunto - verrà anche ricordato che le due vaccinazioni, quella anti Covid-19 quella antinfluenzale, possono essere eseguite in una sola seduta".
"Questa iniziativa - ha ricordato Schillaci - fa seguito agli ordinari strumenti di comunicazione del ministero della Salute, sia web che social, da sempre finalizzati a promuovere il vaccino anti Covid-19 e in questo periodo anche il vaccino antinfluenzale".
QUARTA DOSE - Facendo il punto sugli ultimi dati disponibili sulla quarta dose, il ministro ha comunicato che "la seconda dose di richiamo" anti-Covid in Italia "è stata somministrata a 4.698.063 persone, pari al 24,57% della popolazione potenzialmente oggetto della seconda dose di richiamo, che ha ultimato il ciclo vaccinale da almeno 4 mesi". Dati dai quali emerge che solo uno su 4 di chi avrebbe potuto accedere al secondo booster lo ha fatto. Per quanto riguarda i bambini, "il 32,27% della popolazione di 5-11 anni ha completato il ciclo vaccinale primario - ha aggiunto il ministro - Sono 1.289.402 soggetti".
Nel complesso, "alla data dello scorso 16 novembre, nel corso dell'attuale campagna vaccinale anti-Covid in Italia sono state somministrate 142.331.373 dosi. Il ciclo vaccinale è stato completato da 48.702.525 persone, pari al 90,20% della popolazione over 12 - ha informato il ministro - La prima dose di richiamo è stata effettuata da 40.316.426 persone, pari all'84,51% della popolazione potenzialmente oggetto di dose addizionale o booster".
MASCHERINE- Quanto alle mascherine, "vorrei ribadire chiaramente che mai questo Governo e mai io ho pensato di abbandonare l'uso delle mascherine negli ospedali e nelle Rsa. Anzi, nella circolare che ho firmato il 31 ottobre scorso ho parlato non solo dell'endemia oggi da Covid-19, ma anche dell'avvicinarsi della stagione influenzale. D'altronde le mascherine sono sempre state un presidio molto utile negli ospedali anche prima della pandemia".
DATI COVID - Sui dati Covid, Schillaci ha precisato "che la raccolta di dati della sorveglianza integrata del Sars-CoV-2, per il monitoraggio della situazione epidemiologica e delle condizioni di adeguatezza dei sistemi sanitari regionali, continua a essere giornaliera come disposto da decreto". "Pertanto, solo la pubblicazione dei dati a partire dal 28 ottobre 2022 avviene con cadenza settimanale, ma i dati sono comunque sempre disponibili e su richiesta ostensibili".
"Attualmente le modalità di gestione e divulgazione delle informazioni rilevate tramite la sorveglianza Covid - ha ricordato - prevedono la pubblicazione settimanale il venerdì degli open data. Il formato dei dati pubblicati sulla piattaforma non varia e viene quindi resa disponibile l'informazione granulare relativa ai dati giornalieri per il periodo relativo ai 7 giorni antecedenti. Questa modalità permette di rendere fruibili i dati sia per la comunità scientifica sia per tutte le organizzazioni che realizzano analisi utilizzando come fonte dati la sorveglianza Covid basata su dati aggregati".
"Ribadisco - ha aggiunto Schillaci - che rimane garantita la possibilità alle autorità competenti di acquisire in qualsiasi momento le informazioni necessarie, anche quotidiane. Tra l'altro ho più volte dichiarato che, qualora ci fossero degli scostamenti significativi sui dati giornalieri, sarei io il primo a darne informazione".
"Concludo - ha detto il ministro - rassicurando gli onorevoli interpellanti che, nel rispetto del mandato che ho recentemente assunto come ministro della Salute, e nel rispetto della mia professione di medico, nessuna mia iniziativa potrà mai pregiudicare il diritto costituzionale garantito alla salute e alla cura di tutti i cittadini italiani".
Per la revisione dell’isolamento dei casi Covid "non ci sarà una semplice ordinanza ma un decreto, perché bisogna modificare una legge quindi ci vorrà qualche giorno".
Lo ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a margine della presentazione a Roma, nella sede del ministero degli Esteri, della Settimana della cucina italiana. "Abbiamo le idee chiare sul protocollo",ha aggiunto Schillaci, “con i 5 giorni di isolamento per gli asintomatici e per chi non ha la malattia virulenta".
I dati Covid settimanali del monitoraggio Iss-ministero della Salute, ha poi spiegato, “registrano un leggero aumento, ma conta la pressione sugli ospedali, in termini di ricoveri ordinari e terapie intensive, ampiamente sotto soglia di preoccupazione”.
"I dati Covid ci sono e non abbiamo oscurato nulla - ha sottolineato Schillaci - Vengono pubblicati di settimana in settimana che vuol dire avere statistica migliore. Forse qualcuno ha interesse a usare i dati Covid del ministero per farci qualcosa che gli ritorna utile di non istituzionale".
"Stiamo preparando la campagna di vaccinazione per la quarta dose" di vaccino anti-Covid, ha aggiunto il ministro della Salute. "Chi c'era prima di noi non ha fatto nessuna campagna. Oggi siamo al 25% di adesione, io sono arrivato da 20 giorni e ho messo su la campagna per la quarta dose e per l'influenza. Solo per chiarezza e senza polemica".
Pfizer e BioNTech annunciano l'avvio dei test clinici di fase 1 su un candidato vaccino anti-Covid a mRna di nuova generazione, potenzialmente efficace contro diverse varianti del coronavirus pandemico. Il prodotto 'jolly' si chiama BNT162b4 ed è stato disegnato per amplificare la risposta delle cellule T della memoria immunitaria e allungare la durata della protezione contro Covid-19.
Il nuovo vaccino sperimentale, spiegano il colosso Usa e il suo partner tedesco, "è composto da un mRna dell'antigene delle cellule T, che codifica per le proteine non-Spike di Sars-CoV-2, altamente conservate in un'ampia gamma di varianti del virus, e sarà valutato in combinazione con il vaccino bivalente aggiornato a Omicron BA.4/BA.5".
Lo studio, condotto negli Usa, ha arruolato circa 180 adulti sani di età compresa tra 18 e 55 anni che hanno ricevuto almeno tre dosi di un vaccino anti-Covid a mRna. Saranno testati diversi dosaggi di BNT162b4, somministrati in combinazione con una dose da 30 microgrammi del vaccino bivalente adattato a Omicron 4 e 5, confrontati con la dose da 30 µg del vaccino bivalente inoculato da solo.
"Il Covid-19 è in calo in molti paesi, tra questi l’Italia. Grazie al lavoro straordinario del personale sanitario, ai vaccini, alla prevenzione, alla responsabilizzazione dei cittadini, la vita è tornata progressivamente alla normalità. Ma la pandemia ha mostrato la grande fragilità delle nostre società dinnanzi a crisi sanitarie inaspettate.
Una situazione di pericolo, che abbiamo il dovere di affrontare in modo strutturale, senza mai cedere alla facile tentazione di sacrificare la libertà dei nostri cittadini in nome della tutela della loro salute". Lo ha detto il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in un passaggio del suo intervento alla seconda sessione plenaria 'Global Health' al G20 di Bali, esordendo nel suo discorso con un vecchio adagio italiano: "La salute è tutto". "Libertà e salute si tengono insieme - ha proseguito -. Perché certamente, se non si ha la salute a nulla serve la libertà. Ma di contro, cos’è la salute senza libertà?
Meloni sottolinea che "il Covid-19 non è l’unica malattia, che dobbiamo affrontare. A causa della pandemia, negli ultimi due anni potremmo aver trascurato altre emergenze. Dobbiamo porvi rimedio. Oggi sono felice di annunciare il nostro nuovo contributo di 185 milioni di euro al Fondo Globale per sconfiggere l’HIV, la tubercolosi e la malaria. E stiamo valutando la possibilità di un ulteriore aumento del nostro contributo". "Con questo nuovo contributo - ha rimarcato il presidente del Consiglio - l’Italia avrà donato più di un miliardo e mezzo di dollari al Global Fund. Siamo tra i primi dieci donatori e continueremo a contribuire alla lotta contro queste tre piaghe".
"Secondo l’Ooms la fine dalla pandemia di Covid è in vista, ma le pandemie non sono finite. Al contrario, gli esperti ci avvertono che potrebbero verificarsi più spesso. Il cambiamento climatico, la distruzione dell’ambiente, l’inquinamento e i viaggi frequenti contribuiscono alla diffusione delle malattie. La Presidenza italiana del G20 si è concentrata lo scorso anno sull’approccio olistico One Health. Esso copre tutti gli aspetti dell’assistenza sanitaria, nel senso più ampio possibile, ed è l’unica soluzione sostenibile nel lungo termine. Ci renderà anche più preparati per le possibili crisi sanitarie dei prossimi anni. Non possiamo permetterci di essere presi di nuovo alla sprovvista".
"Preparazione, prevenzione e risposta alle pandemie richiedono risorse, finanziamenti affidabili e una maggiore capacità di mobilitare fondi - ha rimarcato il premier -. A tal fine, la Joint Finance-Health Task Force, co-presieduta da Italia e Indonesia, ha varato un apposito Financial Intermediary Fund. Il Fondo dovrebbe diventare pienamente operativo entro la fine dell’anno. Quindici paesi donatori e tre charities si sono già impegnati a donare 1,4 miliardi di dollari. L’Italia è il terzo donatore, dopo Stati Uniti e Commissione europea".
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, in collaborazione con l’Istituto nazionale per le malattie infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani, ha messo a punto un test per determinare il livello di anticorpi neutralizzanti anti-SARS-CoV-2 nel sangue umano di individui vaccinati o infettati: identificare il livello di tali anticorpi -denominati nAbs- in grado di bloccare lo sviluppo del virus è, infatti, un importante indice predittivo per ciò che concerne la risposta immunitaria in pazienti affetti da Covid-19 e in persone vaccinate.
“Di norma la presenza di questi anticorpi nel siero viene determinata attraverso il test di microneutralizzazione, nel quale viene utilizzato il virus vivo con capacità infettante: per questo motivo, il test può essere effettuato soltanto in laboratori ad alto indice di sicurezza, identificati come BSL3”, spiega Piergiuseppe De Berardinis, primo ricercatore del Cnr-Ibbc e autore della ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers in Immunology.
Lo studio in oggetto consente, invece, di effettuare analisi in condizioni di contenimento che sono meno rigorose, in ambienti con livelli di biosicurezza (BLS) 1 e 2. “Abbiamo messo a punto un test basato su pseudovirus, difettivi nella replicazione, le cui sequenze possono essere modificate inglobando le mutazioni virali: ciò consente una più rapida verifica dell’attività neutralizzante degli anticorpi nei confronti delle varianti del virus, che destano particolare preoccupazione nella popolazione per il loro grado di infettività”, aggiunge il ricercatore. “Anche i test sierologici effettuati con il metodo ELISA, nei quali una superficie plastica viene rivestita con antigeni virali in grado di rilevare l’eventuale presenza di anticorpi, possono essere svolti in ambienti di quest’ultimo tipo e sono molto utili per la diagnosi, ma non riescono a stabilire se la risposta anticorpale rinvenuta sia effettivamente neutralizzante”.
Tale tecnologia è implementabile per uno screening su larga scala e potrà essere utilizzata anche per pianificare strategie di vaccinazione maggiormente personalizzate. “La recente pandemia da SARS-CoV2 ha ribadito l’importanza dell’immunologia e soprattutto il valore traslazionale di questa scienza, la capacità di trovare un’applicazione clinica alle scoperte scientifiche che avvengono nei laboratori di ricerca: questo studio ne costituisce una ulteriore dimostrazione”, conclude De Berardinis.
Il long Covid colpisce gli asmatici e gli allergici. "L'asma, soprattutto quando è tenuta sotto controllo con l'uso di farmaci appropriati, non è un fattore di predisposizione per la malattia Covid-19 grave (quella, per intenderci, che porta le persone in ospedale e le mette a rischio di vita) - dice all'Adnkronos Salute Mario Picozza, presidente FederAsma & Allergie -.
Tuttavia, alcuni studi, hanno evidenziato come in soggetti asmatici le sequele del Covid-19 (comunemente dette long Covid) possono includere un' esacerbazione dei sintomi asmatici con un conseguente aumento nell'uso di farmaci, soprattutto inalatori, per tenere sotto controllo l'asma".
Mentre sul versante vaccini anti-Covid, sono stati segnalati problemi dopo la vaccinazione per i soggetti asmatici o allergici? "Le reazioni allergiche al vaccino nei pazienti ad alto rischio (precedente reazione anafilattica a qualsiasi farmaco/vaccino; allergia a più farmaci; intolleranza ai farmaci contenenti polietilenglicole o polisorbato 80 e disturbi dei mastociti, tra cui orticaria e angioedema) sebbene siano più molto più frequenti rispetto ai vaccinati Covid-19 nella popolazione generale, sono principalmente lievi e tardive, con maggiore probabilità di colpire le donne", risponde Picozza.
"Le persone ad alto rischio di reazioni allergiche e anafilattiche alla vaccinazione, tra cui quelle con precedente reazione anafilattica a qualsiasi farmaco/vaccino; allergia a più farmaci; intolleranza ai farmaci contenenti polietilenglicole o polisorbato 80 e disturbi dei mastociti, tra cui orticaria e angioedema) sono stati per lo più vaccinati in 'ambiente protetto' presso le strutture ospedaliere pronte per eventuali eventi avversi. Uno studio triestino - prosegue Picozza - ha evidenziato, per queste persone, una frequenza di reazioni allergiche lievi e moderate di circa il 30% (un terzo). Una proporzione circa 80 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Non sembra che altri tipi di allergie o la presenza di asma sia correlata allo sviluppo di eventi allergici alla vaccinazione".
Nel periodo 19 ottobre-1 novembre 2022, l'Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,83 (range 0,77-0,91), in diminuzione rispetto alla settimana precedente e al di sotto della soglia epidemica.
L'indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero diminuisce e si trova sotto la soglia epidemica: Rt=0,84 (0,81-0,87) all' 01/11/2022 vs Rt=0,90 (0,87-0,93) al 25/10/2022. Sono alcuni dei dati principali che emergono dal monitoraggio della Cabina di regia Iss-ministero della Salute sul Covid-19. Resta sostanzialmente stabile l'incidenza settimanale a livello nazionale: 307 ogni 100.000 abitanti (04/10/2022 -10/11/2022) vs 283 ogni 100.000 abitanti (28/10/2022 -03/11/2022).
Il tasso di occupazione in terapia intensiva scende al 2,0% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 10 novembre) vs il 2,4% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 3 novembre). Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale scende al 10,0% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 10 novembre) vs il 10,4% (rilevazione giornaliera Ministero della Salute al 3 novembre).
"Venerdì verrà pubblicato sulla rivista 'Biorxiv' lo studio epidemiologico di Ucbm condotto proprio sulla sottovariante Cerberus. Insieme ai dottori Fabio Scarpa, Stefano Pascarella, Domenico Benvenuto abbiamo analizzato tutte le sequenze disponibili a livello mondiale sulla sottovariante Cerberus.
Da qui, per semplificare, ci siamo resi conto che questa sottovariante non è più contagiosa e temibile di Omicron 5, anzi potremmo azzardare e dire che è 'qualcosa di meno' in termini di contagiosità e sintomatologia". A dirlo in anteprima all'agenzia di stampa Dire è il professor Massimo Ciccozzi, epidemiologo del Campus Bio-Medico di Roma (Ucbm). "Insomma possiamo anche fare a questo punto delle previsioni 'ottimistiche', perchè a livello mondiale il picco della sottovariante Cerberus è stato registrato un mese e mezzo fa. Peraltro sempre in base al quadro attuale Cerberus non è più temibile di Omicron 5 anche a livello di sistema immunitario. Volendo guardare all'evoluzione nei prossimi mesi possiamo ipotizzare che, anche se Cerberus nel tempo dovesse (ad oggi non possiamo dirlo) sostituire Omicron 5, questo non comporterà un enorme aumento del numero dei contagi".
"A dirla tutta sono più preoccupato- prosegue il professore- venendo a cadere regole e norme sull'uso dei dispositivi di protezione di una crescita dei contagi influenzali, perchè dopo diversi anni tra isolamento e regole l'influenza è quasi scomparsa e il nostro sistema immunitario può essere considerato 'naive'". "Ripeto niente allarmismi, il Natale lo passeremo in modo sereno e tranquillamente in famiglia. E' giusto dare un segnale positivo alle persone, che tra pandemia, guerre e caro vita, vivono momenti sfibranti. Basta terrorizzare con modelli matematici predittivi che hanno, ce lo dice l'esperienza sul campo, fallito miseramente. A coloro che hanno previsto che Natale in Italia ci sarà una strage, un sorpasso dei contagi, rispondo che è una previsione non sostenuta dai dati attualmente disponibili".
Su mascherine e alleggerimento delle misure Ciccozzi ha concluso: "Ripeto è giusto che le cose cambiano rispetto alle fase precedenti della pandemia. Guardo con favore l'obbligatorietà delle mascherine in ospedale ed nelle Rsa. Bene anche il bollettino settimanale e non più giornaliero. Le persone non hanno bisogno di questo. Naturalmente il caso è diverso per gli addetti ai lavori che devono potersi aggiornare sui dati del contagio costantemente".
"Dobbiamo guardare avanti". Il reintegro dei sanitari non vaccinati contro Covid-19, anticipato al primo novembre dal 31 dicembre, "è un segno di pacificazione". Lo ha spiegato al Tg5 il ministro della Salute, Orazio Schillaci.
"Le condizioni pandemiche stanno migliorando e abbiamo bisogno di avere questi medici al lavoro nel sistema sanitario nazionale".
VACCINO - "I vaccini sono stati uno strumento indispensabile nella lotta alla pandemia" di Covid-19, sottolinea il ministro della Salute, "e rimangono da raccomandare alle persone fragili, agli anziani e alle persone più deboli".
STIPENDI MEDICI - La carenza di medici in Italia "è un problema importante. I medici vanno gratificati meglio e hanno bisogno di avere uno stipendio adeguato al lavoro che fanno". Oggi "gli stipendi" dei nostri camici bianchi "non sono in linea con quelli europei e mi impegno personalmente a trovare una soluzione a questo problema".
SISTEMI SANITARI - "I cittadini italiani devono avere lo stesso tipo di cure indipendentemente dalla regione dove abitano". Anche relativamente alle liste d'attesa, "dobbiamo impegnarci a offrire più prestazioni su tutto il territorio nazionale". "Mi impegnerò per garantire risorse adeguate al Servizio sanitario nazionale, anche perché la pandemia ha dimostrato quanto sia importante la salute pubblica".
PUGLIA - "Stiamo valutando, perché i tempi per un giudizio finale supererebbero la scadenza naturale del provvedimento, che è quella del 31 dicembre" ha detto, poi, il ministro della Salute Orazio Schillaci a Tg2 Post, rispondendo a una domanda sulla legge regionale della Puglia, in base alla quale rimarrà l'obbligo di vaccino per i medici, e l'eventuale decisione del governo di impugnarla. "Una riflessione su questo va fatta, dati i tempi della giustizia italiana", ha aggiunto.
COVID - "Il covid è stata una lezione per la sanità italiana e mondiale. Oggi dobbiamo guardare oltre al Covid, perché ci sono altre malattie molto importanti, le malattie oncologiche, le malattie cardiologiche, le malattie croniche, le malattie neurologiche, con tanti pazienti che in questi anni purtroppo non hanno avuto cure adeguate e prevenzione adeguata" ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a Tg2 Post evidenziando la necessità di "guardare oltre la pandemia. E il prezzo della pandemia, oltre che sulle vittime che abbiamo contato in tutto questo tempo, è anche il fatto delle ritardate diagnosi".
"Io credo che nei prossimi anni avremo purtroppo un incremento, per esempio, delle malattie oncologiche - ha aggiunto Schillaci - la prevenzione è venuta meno e nelle prime fasi della pandemia, io da medico ho osservato come c'era nei malati oncologici un ritardo nei follow up".
Al via i test clinici sul vaccino unico contro Covid-19 e influenza dell'americana Pfizer e del suo partner tedesco BioNTech.
Le due aziende annunciano l'avvio della fase 1 sul prodotto sperimentale a mRna, che combina in un'unica dose il vaccino antinfluenzale quadrivalente con il bivalente anti-Covid aggiornato alle varianti Omicron 4 e 5.
Lo studio, condotto in Usa, arruolerà 180 partecipanti di età compresa tra 18 e 64 anni e valuterà la sicurezza, la tollerabilità e l'immunogenicità del candidato vaccino '2 in 1'.
Il periodo di osservazione per ogni reclutato sarà di 6 mesi, precisano Pfizer e BioNTech in una nota. L'antinfluenzale usato nel vaccino sperimentale combinato è all'ultimo step dei test clinici (fase 3) ed è mirato contro i 4 ceppi virali indicati nella 'ricetta' vaccinale dell'Organizzazione mondiale della sanità per la stagione 2022-23.
"La flessibilità e la velocità di produzione della tecnologia a mRna hanno dimostrato che è adatta per altre malattie respiratorie", oltre che per l'infezione da coronavirus Sars-CoV-2, sottolinea Annaliesa Anderson, Senior Vice President e Chief Scientific Officer, Vaccine Research and Development di Pfizer. L'azienda, aggiunge, ritiene che un vaccino unico possa "semplificare le pratiche di immunizzazione contro due patogeni respiratori" come gli agenti di Covid-19 e antinfluenzali, favorendo "una migliore diffusione della vaccinazione per entrambe le malattie".
Combinando l'azione anti-Covid e anti-influenza un unico approccio vaccinale, "puntiamo a offrire alle persone una modalità efficiente di immunizzazione contro due gravi malattie respiratorie, con virus in evoluzione e che richiedono quindi l'adattamento del vaccino", afferma Ugur Sahin, Ceo e co-fondatore di BioNTech. "I dati ci forniranno anche maggiori informazioni sul potenziale dei vaccini a mRna rivolti contro più agenti patogeni e questo - auspica l'amministratore delegato - ci aiuterà a sviluppare ulteriormente la nostra pipeline nel settore delle malattie infettive".
Swissmedic è stata informata della comparsa di bolle durante la preparazione del vaccino Comirnaty Bivalent Original/Omicron BA.1. Swissmedic verifica i possibili rischi correlati alle alterazioni osservate. Come misura precauzionale, Swissmedic ha informato i Cantoni e i centri di vaccinazione.
Swissmedic è stata informata da alcuni centri di vaccinazione in merito alla comparsa di bolle durante la preparazione del vaccino Comirnaty Bivalent Original/Omicron BA.1. I flaconcini (vial) del lotto interessato contenevano bolle, dopo essere stati prelevati dal frigorifero. Swissmedic valuta le possibili cause insieme al titolare dell’omologazione e a tal fine analizza dei campioni anche nel proprio laboratorio. Sulla base delle attuali conoscenze sembra che il fenomeno sia più intenso quando le siringhe vengono preparate con diverse ore di anticipo.
Alcuni flaconcini contengono già delle bolle, quando vengono prelevati dal frigorifero. Come misura precauzionale, Swissmedic ha informato i Cantoni e i centri di vaccinazione. Non appena saranno disponibili ulteriori conoscenze, Swissmedic informerà nuovamente sulla situazione e sulle misure da adottare.
Come misura precauzionale e fino a chiarimento delle cause, tutte le siringhe devono essere sottoposte a controllo visivo prima dell’iniezione. Non devono essere somministrati preparati contenenti bolle o particelle. Si raccomanda inoltre di non aspirare il vaccino nelle siringhe con più di 15 minuti di anticipo.
"Se riportiamo la questione su un piano tecnico, siamo semplicemente di fronte all'anticipazione di una scadenza naturale che, comunque, sarebbe arrivata fra un paio di mesi. Una scadenza naturale che, tra l'altro, avviene in un momento diverso della storia della nostra convivenza con il virus".
Così, all'agenzia Dire, il presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore, commenta le scelte dell'esecutivo di reintegrare i medici no vax e di sospendere l'obbligo vaccinale per il personale sanitario. "Se ci saranno problemi - e io mi auguro, anzi sono certo che non capiterà - saranno solo per i sanitari, che hanno rifiutato la vaccinazione, perché è abbastanza chiaro che il problema è esclusivamente legato alla possibilità di infettarsi, purtroppo, per i lavoratori che non hanno aderito alla campagna vaccinale".
"Oltre che quella di organizzare i servizi- aggiunge Migliore- la nostra responsabilità come datori di lavoro è utilizzare tutte le risorse disponibili, e certamente questo è un provvedimento che va in quella direzione. Bisogna, però, farlo correttamente, cercando di valutare bene il rischio che questi lavoratori corrono non essendo vaccinati, anche se per scelta personale". Quindi, "caso per caso, a seconda delle situazioni in cui si troveranno a operare- sottolinea- saranno le direzioni aziendali, tramite la medicina del lavoro, dei servizi che regolano sostanzialmente l'abilità dei sanitari alla manzione, a indicare eventuali limitazioni per i singoli casi nel reinserimento al lavoro. Come è stato in epoca prevaccinale- sottolinea il presidente Fiaso- queste limitazioni, e oggi siamo in un momento diverso, impongono in ogni caso a questi lavoratori l'utilizzo dei dispositivi di protezione. Cercherei davvero di ricondurre il tutto a un fatto tecnico più che a una decisione di carattere politico".
Migliore prosegue spiegando che "di fatto applichiamo le norme che vengono fatte e in questo caso la norma, nei fatti, consente ai sanitari di essere nuovamente iscritti all'Ordine professionale e di essere impiegati nelle aziende sanitarie, chiamate poi a valutare l'esposizione al rischio e a inserirli nel modo corretto all'interno dei reparti e dei servizi".
"Attraverso una valutazione del rischio- precisa- medici e infermieri no vax saranno inseriti laddove verranno identificate quelle situazioni ambientali che ne consentano il pieno utilizzo. E se avviene per il medico, per il professionista o l'operatore sanitario che non ha effettuato la profilassi vaccinale anti Covid, questo accade anche per tutti i lavoratori sottoposti alla sorveglianza sanitaria e che, a seconda del profilo di rischio, vengono utilizzati in modo differente".
"Ad esempio- informa Migliore- gli infermieri che hanno la limitazione al sollevamento dei carichi vengono utilizzati nei reparti pediatrici, dove i pazienti hanno, ovviamente, un peso differente. È una valutazione assolutamente normale per i nostri servizi". "Reparto per reparto- afferma poi- abbiamo un documento ai sensi della normativa sulla tutela dei lavoratori, il documento di valutazione dei rischi, il Dvr, che tiene conto della stratificazione del rischio a esposizione da agenti biologici. È ovvio che, a seconda del rischio differente da reparto a reparto, i lavoratori impiegati sono quelli che possono sostenere il rischio. È altrettanto evidente che questi lavoratori sanitari, medici e infermieri, prima di rientrare al lavoro verranno screenati con una certa periodicità per verificare una eventuale positività al Sars-CoV-2".
A proposito di rischio, Migliore rende noto che "prima di entrare in ospedale, devono essere sottoposti a tampone molecolare e, se positivi, saranno sottoposti a isolamento. Qualora fossero negativi, rientrano a lavoro, utilizzano i dispositivi di protezione individuale e la sorveglianza sanitaria, ovvero la funzione aziendale preposta al corretto uso dei lavoratori, deciderà caso per caso, ovviamente anche in base al profilo complessivo dell'operatore sanitario".
Questo perché, continua Migliore, "bisogna distinguere tra l'operatore sanitario di 20 anni e che non ha altri rischi e un medico o un operatore sanitario che ha, invece, oltre 60 anni. Se quest'ultimo, oltre al rischio biologico dovuto all'esposizione al Sars-CoV-2, ha una patologia cardiovascolare, sarà giustamente tutelato adeguando la sua esposizione alla condizione di salute". "Voglio poi sottolineare- spiega- che i pazienti non corrono rischi, perché nelle nostre strutture vengono utilizzate le procedure che, in ogni caso, mettono al riparo i pazienti fragili dall'esposizione al rischio. Come datore di lavoro penso che il rischio riguardi la tutela di quanti, in maniera a mio avviso antiscientifica e assolutamente non condivisibile, non hanno effettuato la vaccinazione". In conclusione, "oggi la normativa ci consente di utilizzarli e li utilizzeremo adeguatamente nel luogo che garantisce tutti, compresa la possibilità di far sì che questi professionisti contribuiscano all'erogazione di servizi", chiude Migliore.
"Sono 1.194 i farmacisti - pari a circa l'1% del totale dei 100mila iscritti all'Albo - che, al 29 ottobre, risultavano sospesi per inadempimento dell'obbligo vaccinale e che possono tornare ad esercitare a seguito del Decreto legge con il quale il Consiglio dei ministri ha anticipato al 1° novembre la scadenza dell'obbligo di vaccinazione anti-Covid per i professionisti sanitari.
Di questi, oltre la metà (690) ha già ricevuto comunicazione da parte degli Ordini territoriali di appartenenza di revoca della sospensione". È quanto si legge nel comunicato della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI). "Un ringraziamento va agli Ordini provinciali che in questi mesi hanno adempiuto con il massimo rigore alle responsabilità di verifica per garantire la sicurezza di cittadini e operatori, e che ancora in queste ore si stanno adoperando per ottemperare a quanto previsto dalla normativa", dichiara Andrea Mandelli, presidente della FOFI. "Desidero, inoltre, ringraziare i centomila farmacisti italiani che hanno aderito alla vaccinazione dando prova di grande responsabilità- conclude- la stessa dimostrata sin dall'inizio della pandemia durante la quale sono sempre stati in prima linea al servizio dei cittadini".
I pazienti con malattie cardiache con COVID-19 sintomatico sono spesso trattati con nirmatrelvir-ritonavir (Paxlovid*), per prevenire la progressione verso una malattia grave; tuttavia, può interagire con alcuni farmaci prescritti in precedenza.
Un documento di revisione pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology esamina le potenziali interazioni farmacologiche (DDI) tra Paxlovid e i farmaci cardiovascolari comunemente usati, nonché le potenziali opzioni per mitigare gravi effetti avversi.
“La consapevolezza della presenza di interazioni farmacologiche di Paxlovid con i comuni farmaci cardiovascolari è fondamentale. Interventi a livello di sistema integrando le interazioni farmacologiche nelle cartelle cliniche elettroniche potrebbero aiutare a evitare eventi avversi correlati- ha affermato Sarju Ganatra, direttore del programma di cardio-oncologia presso il Lahey Hospital and Medical Center di Burlington, Massachusetts, e autore senior della recensione- La prescrizione di Paxlovid potrebbe essere incorporata in un insieme di indicazioni, che consente ai medici, siano essi di base o specialisti, di escludere consapevolmente qualsiasi controindicazione alla co-somministrazione di Paxlovid. La consultazione con altri membri del team sanitario, in particolare i farmacisti, può rivelarsi estremamente preziosa. La comprensione fondamentale da parte di un operatore sanitario delle interazioni farmacologiche con i farmaci cardiovascolari è fondamentale”.
Paxlovid ha ricevuto l'autorizzazione all'uso di emergenza dalla Food and Drug Administration statunitense nel dicembre 2021 come agente antivirale orale per il trattamento di adulti sintomatici non ospedalizzati con infezione da COVID-19 da lieve a moderata, che sono ad alto rischio di progressione verso una malattia grave. I pazienti con malattie cardiache e altri fattori di rischio, tra cui diabete, ipertensione, malattie renali croniche e fumo, costituiscono una grande parte della popolazione ad alto rischio per la quale Paxlovid è benefico.
Secondo gli autori, Paxlovid ha dimostrato di essere molto efficace nei pazienti con malattie cardiache esistenti, ma ha DDI significativi con i farmaci cardiovascolari comunemente usati, sottolineando l'importanza per tutti i medici di avere familiarità con questi DDI. Poiché le informazioni cliniche relative agli eventi avversi correlati al DDI sono limitate, gli autori hanno utilizzato le conoscenze e i dati esistenti su come le terapie come Paxlovid in genere reagiscono con altri farmaci per fornire indicazioni sulle potenziali interazioni e sulle probabili conseguenze associate in base al grado di interazione.
La revisione fornisce una panoramica approfondita di una varietà di farmaci cardiovascolari usati per trattare molte forme di malattie cardiache. Cinque delle più importanti interazioni farmacologiche cardiovascolari con Paxlovid di cui essere a conoscenza includono:
Gli autori concludono che la consapevolezza e la disponibilità di altre terapie COVID-19 consentono ai medici di offrire opzioni di trattamento alternative ai pazienti che non sono in grado di assumere Paxlovid a causa di DDI.
Journal of the American College of Cardiology: "Cardiovascular Drug Interactions With Nirmatrelvir/Ritonavir in Patients With COVID-19: JACC Review Topic of the Week". DOI: 10.1016/j.jacc.2022.08.800
Antonio Caperna
Secondo un'analisi, che sarà presentata alle Scientific Sessions 2022 dell'American Heart Association, i cuori di donatori positivi al COVID-19 sembrano essere altrettanto sicuri per il trapianto rispetto a quelli di persone senza COVID-19.
L'incontro, che si terrà a Chicago e virtualmente dal 5 al 7 novembre 2022, è il principale appuntamento sui più recenti progressi scientifici, della ricerca e degli aggiornamenti sulla pratica clinica basata sull'evidenza nelle scienze cardiovascolari.
L'analisi include i dati dei primi 84 trapiantati di cuore da donatori positivi al COVID negli Stati Uniti
"Questi risultati suggeriscono che potremmo essere in grado di essere meno titubanti nell'accettare donatori positivi per COVID-19, quando i pazienti hanno un disperato bisogno di un organo per il trapianto di cuore", ha affermato l'autore dello studio Samuel T. Kim, della David Geffen School of Medicine dell'Università della California a Los Angeles.
Le linee guida 2022 dell'American Heart Association/American College of Cardiology/Heart Failure Society of America per la gestione dell'insufficienza cardiaca raccomandano il trapianto di cuore per le persone che progrediscono verso l'insufficienza cardiaca avanzata (stadio D). Questi pazienti presentano sintomi gravi, come mancanza di respiro, affaticamento e gonfiore, che interferiscono con la vita quotidiana e possono portare a ricoveri ricorrenti nonostante ricevano terapie mediche ottimali.
La domanda di trapianti di cuore è raddoppiata negli ultimi 30 anni, da 1.676 trapianti di cuore segnalati negli Stati Uniti nel 1988 a 3.658 riceventi nel 2020 secondo la Heart Disease and Stroke Statistics dell'American Heart Association - 2022 . La United Network for Organ Sharing riporta che più di 3.400 persone negli Stati Uniti stanno aspettando un cuore oggi.
“Nonostante la maggiore necessità di questa operazione, vi è una continua carenza di organi donatori disponibili per le persone che necessitano di trapianto. La pandemia di COVID-19 ha peggiorato le cose con un aumento del tasso di donatori positivi al COVID-19, il che generalmente rende i donatori inadatti al trapianto- ha aggiunto Kim- Tuttavia, negli ultimi mesi diversi centri accademici hanno iniziato a utilizzare cuori di donatori positivi al COVID-19 per il trapianto di cuore e hanno riportato buoni risultati”.
I ricercatori in questo studio hanno analizzato il database United Network for Organ Sharing per tutti i trapianti di cuore di adulti negli Stati Uniti da febbraio 2021 a marzo 2022, che includeva i primi 84 trapianti di cuore da donatore COVID-19 positivi tra 3.289 trapianti di cuore totali. Hanno confrontato i risultati fino a 30 giorni dopo il trapianto tra i pazienti che hanno ricevuto cuori da donatori COVID-19 positivi a quelli che hanno ricevuto cuori da donatori COVID-19 negativi. I ricercatori hanno valutato i tassi di morte in ospedale o entro 30 giorni dall'operazione, le complicanze postoperatorie e la morte per cause specifiche, come infezioni e complicazioni polmonari, che sono note preoccupazioni per le persone che hanno avuto COVID-19.
L'analisi ha rilevato che le differenze negli esiti del trapianto tra i gruppi non erano statisticamente significative. Hanno trovato:
I ricercatori si sono detti sorpresi dai risultati. "In particolare, pensavamo che la morte per cause respiratorie o polmonari sarebbe stata un problema tra i riceventi di cuori di donatori con COVID-19 -ha evidenziato Kim- Tuttavia, non abbiamo trovato tali differenze e, in effetti, questo studio offre prove iniziali che i cuori dei donatori positivi al COVID-19 possono essere sicuri come i cuori senza COVID-19 per il trapianto di cuore".
"Questi risultati forniscono la prova che i risultati erano simili a 30 giorni dopo il trapianto tra i pazienti, che hanno ricevuto cuori di donatori positivi al COVID-19, quindi i potenziali rischi sembrano essere inferiori al previsto- ha aggiunto Eldrin F. Lewis, presidente del Comitato editoriale scientifico dell'Associazione, specialista in insufficienza cardiaca e trapianto cardiaco, e professore di medicina cardiovascolare Simon H. Stertzer e presidente della divisione di medicina cardiovascolare presso la Stanford University- A sua volta, questo può aiutare ad affrontare la carenza di cuori dei donatori per il trapianto e ridurre i tempi di attesa, dal momento che le persone spesso si ammalano man mano che l'insufficienza cardiaca progredisce mentre aspettano che un cuore di un donatore diventi disponibile".
L'impatto dello studio è limitato dalla piccola dimensione del campione e l'analisi potrebbe essere sottodimensionata per rilevare le differenze nelle esperienze di trapianto cardiaco. Sono necessari studi a lungo termine per valutare le condizioni dei pazienti, che ricevono cuori da donatori positivi al COVID-19, oltre i 30 giorni dopo l'intervento chirurgico e il tasso di fallimento precoce dell'innesto.
I coautori sono Mark R. Helmers, MD; Amit Iyengar, MD; D. Alan Herbst, MD; Noè Weingarten, MD; e Pavan Atluri. Lo studio è stato finanziato dalla Divisione di Chirurgia Cardiovascolare del Dipartimento di Chirurgia dell'Università della Pennsylvania.
Antonio Caperna
Una ricerca condotta dall'Università del Queensland ha scoperto che il COVID-19 attiva la stessa risposta infiammatoria nel cervello del morbo di Parkinson.
La scoperta ha identificato un potenziale rischio futuro per condizioni neurodegenerative nelle persone che hanno avuto COVID-19, ma anche un possibile trattamento. Il team UQ è stato guidato dal professor Trent Woodruff e dal dottor Eduardo Albornoz Balmaceda della Scuola di scienze biomediche di UQ e dai virologi della Scuola di chimica e bioscienze molecolari .
"Abbiamo studiato l'effetto del virus sulle cellule immunitarie del cervello, la 'microglia', che sono le cellule chiave coinvolte nella progressione di malattie cerebrali come il Parkinson e l'Alzheimer- afferma il professor Woodruff- Il nostro team ha coltivato la microglia umana in laboratorio e ha infettato le cellule con SARS-CoV-2 e abbiamo scoperto che le cellule si sono effettivamente 'arrabbiate', attivando lo stesso percorso che le proteine ????del Parkinson e dell'Alzheimer possono innescare nella malattia, gli inflammasomi".
Il dottor Albornoz Balmaceda afferma che l'attivazione della via dell'inflammasoma ha innescato un "fuoco" nel cervello, che avvia un processo cronico e prolungato di uccisione dei neuroni.
"È una specie di killer silenzioso, perché non vedi alcun sintomo esteriore per molti anni -sottolinea il dottor Albornoz Balmaceda- Potrebbe spiegare perché alcune persone che hanno avuto COVID-19 sono più vulnerabili allo sviluppo di sintomi neurologici simili al morbo di Parkinson".
L'inflammasoma è un complesso multiproteico citoplasmatico di segnalazione intracellulare, noto come mediatore dell'immunità innata, cioè di quell'immunità naturale, ereditaria, costitutiva e non specifica che è presente fin dalla nascita e che è la prima barriera di difesa immunitaria dell'organismo.
I ricercatori hanno scoperto che la proteina spike del virus era sufficiente per avviare il processo ed era ulteriormente esacerbata quando c'erano già proteine ????nel cervello collegate al Parkinson. "Quindi, se qualcuno è già predisposto al Parkinson, avere il COVID-19 potrebbe essere come versare più carburante su quel 'fuoco' nel cervello- prosegue il professor Woodruff- Lo stesso vale per una predisposizione all'Alzheimer e ad altre demenze, che sono state collegate agli inflammasomi".
Ma lo studio ha anche trovato un potenziale trattamento. I ricercatori hanno somministrato una classe di farmaci inibitori sviluppati da UQ, che sono attualmente in sperimentazione clinica con pazienti con Parkinson. "Abbiamo scoperto che ha bloccato con successo il percorso infiammatorio attivato da COVID-19, essenzialmente spegnendo questo fuoco- illustra il dottor Albornoz Balmaceda -Il farmaco ha ridotto l'infiammazione sia nei topi infetti da COVID-19 che nelle cellule della microglia degli esseri umani, suggerendo un possibile approccio terapeutico per prevenire la neurodegenerazione in futuro".
Il professor Woodruff afferma che mentre la somiglianza tra il modo in cui COVID-19 e le malattie della demenza colpiscono il cervello, significa anche che esiste già un possibile trattamento. "Sono necessarie ulteriori ricerche, ma questo è potenzialmente un nuovo approccio al trattamento di un virus che altrimenti potrebbe avere conseguenze sulla salute a lungo termine". La ricerca è stata co-guidata dal dottor Alberto Amarilla Ortiz e dal Professore Associato Daniel Watterson e ha coinvolto 33 coautori in tutta UQ ea livello internazionale.
DOI: 10.1038/s41380-022-01831-0
Antonio Caperna
"E' anticipata al 1 novembre la scadenza dell'obbligo di vaccinazione Covid. Questo perché il quadro epidemiologico è mutato, in particolare dai dati si vede che impatto su ospedali è limitato e c'è diminuzione contagi e stabilizzazione occupazione ospedali.
A cio' si aggiunge la carenza del personale medico: quindi aver rimesso a lavorare questi medici non vaccinati serve a contrastare la carenza e garantire il diritto alla salute- afferma il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri- ho firmato una ordinanza, che proroga l'obbligo di utilizzo dei dispositivi di protezione delle vie aree nelle strutture sanitarie in relazione non solamente allo scenario del Covid 19 ma al fatto che ci stiamo approssimando alla stagione influenzale. Voglio chiarire molto bene che mai abbiamo pensato di non andare in questa direzione- aggiunge- questa è una scelta condivisa anche con il Primo Ministro. Non c'è alcun ripensamento. Non ho mai dichiarato che non sarei andato in questa direzione".
"Ho voluto un ministro della Sanità cosi perché il tema della scienza non si affronta con un approccio ideologico, ma con evidenze scientifiche a supporto dei provvedimenti. In passato sono stati presi una infinità di provvedimenti che non avevano alla base evidenze scientifiche. Quindi non si replica", ha detto Meloni.
"Se ci saranno nuove varianti siamo pronti a intervenire. Quanto al bollettino dei dati sul Covid, i dati sono raccolti tutti i giorni ma avere una stima settimanale dà un quadro diverso. I dati non sono secretati e sono a disposizione delle autorità competenti", ha detto Schillaci.
Le mestruazioni abbondanti vanno aggiunte alle avvertenze dei vaccini anti-Covid a mRna Comirnaty* di Pfizer e Spikevax* di Moderna come effetto collaterale di frequenza sconosciuta.
E' quanto ha raccomandato venerdì 28 ottobre il Comitato per la farmacovigilanza Prac dell'Agenzia europea del farmaco Ema.
L'indicazione di aggiungere alle informazioni di prodotto quello che viene definito sanguinamento mestruale intenso (cioè caratterizzato da un aumento del volume e/o della durata che interferisce con la qualità della vita a livello fisico, sociale, emotivo e materiale) è legata al fatto che "sono stati segnalati casi di forti emorragie mestruali ,dopo la prima e la seconda dose e dopo il richiamo con Comirnaty e Spikevax", spiega l'ente regolatorio Ue.
Il Prac ha finalizzato la valutazione di questo segnale di sicurezza dopo aver esaminato i dati disponibili, inclusi i casi segnalati durante gli studi clinici, quelli segnalati spontaneamente nel sistema di sorveglianza Eudravigilance e i risultati della letteratura medica. Dopo aver esaminato i dati, "il comitato ha concluso che esiste almeno una ragionevole possibilità che l'insorgenza di forti sanguinamenti mestruali sia causalmente associata a questi vaccini e ha pertanto raccomandato l'aggiornamento delle informazioni sul prodotto". I dati esaminati riguardavano principalmente casi che sembravano "non gravi e di natura temporanea", precisa l'Ema.
"I disturbi mestruali in generale sono abbastanza comuni e possono verificarsi per una vasta gamma di motivi, incluso alcune patologie di base", aggiunge l'agenzia Ue che suggerisce: "Qualsiasi persona che soffra di sanguinamento postmenopausale o sia preoccupata per un cambiamento delle mestruazioni dovrebbe consultare il proprio medico".
Il Comitato Prac ribadisce che "la totalità dei dati disponibili conferma che i benefici di questi vaccini superano di gran lunga i rischi". Quanto alla nuova avvertenza, "gli operatori sanitari e i pazienti sono incoraggiati a continuare a segnalare casi di forti sanguinamenti mestruali alle autorità nazionali. Il Prac - assicura l'Ema - continuerà a monitorare questa problematica e comunicherà ulteriormente se saranno giustificate nuove raccomandazioni".
Il Ministro della Salute Orazio Schillaci, a sei mesi dalla sospensione dello stato d’emergenza e in considerazione dell’andamento del contagio da Covid-19, ritiene opportuno avviare un progressivo ritorno alla normalità nelle attività e nei comportamenti, ispirati a criteri di responsabilità e rispetto delle norme vigenti.
Pertanto, anche in base alle indicazioni prevalenti in ambito medico e scientifico, si procederà alla sospensione della pubblicazione giornaliera del bollettino dei dati relativi alla diffusione dell’epidemia, ai ricoveri e ai decessi, che sarà ora reso noto con cadenza settimanale, fatta salva la possibilità per le autorità competenti di acquisire in qualsiasi momento le informazioni necessarie al controllo della situazione e all’adozione dei provvedimenti del caso.
Per quanto riguarda il personale sanitario soggetto a procedimenti di sospensione per inadempienza all’obbligo vaccinale e l’annullamento delle multe previste dal dl 44/21, in vista della scadenza al prossimo 31 dicembre delle disposizioni in vigore e della preoccupante carenza di personale medico e sanitario segnalata dai responsabili delle strutture sanitarie e territoriali, è in via di definizione un provvedimento che consentirà il reintegro in servizio del suddetto personale prima del termine di scadenza della sospensione.