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Cefalea, astenia, stanchezza, vertigini. Sono i principali sintomi fisici del Long Covid, riscontrati a 18 mesi di distanza dall'infezione.
Sul piano psichico, invece, in diversi casi si registrano ancora ansia, depressione, insonnia. Un quadro che emerge da un ampio studio, che coinvolge oltre duemila pazienti, avviato due anni fa dalla Fondazione Brf Onlus – Istituto per la ricerca scientifica in psichiatria e neuroscienze, come spiega all'Adnkronos Salute il neurologo e psichiatra Armando Piccinni, presidente della Fondazione e docente all'università Unicamillus.
"Due anni fa abbiamo messo a punto - racconta Piccinni - un protocollo di studio, basato su una batteria di quesiti che ci ha permesso di raccogliere informazioni dettagliate, da pazienti che avevano avuto il Covid, attraverso questionari proposti a distanze temporali precise, inizialmente ogni tre mesi per due volte, successivamente ogni 6 mesi. E questo, nel disegno della ricerca, per 3 anni. Ora siamo al secondo anno di osservazione e continuiamo a monitorare i sintomi del Long Covid".
L'indagine "ha riguardato tutti gli organi, con una maggiore attenzione al cervello, che è il nostro specifico settore di studio. Il risultato è stato che, a distanza di 18 mesi, in base ai dati analizzati, esiste una prevalenza, che presto potremo più precisamente quantificare, soprattutto per disturbi come cefalea (in persone che prima non ne soffrivano), astenia, quindi con stanchezza muscolare, e le vertigini". Ma permangono anche altri sintomi come "l'insonnia che è un disturbo invalidante. Per chi ne soffre, tra l'altro, comincia una serie di problemi legati alla ricerca di una soluzione che spesso passa per l'automedicazione con tutte le conseguenze, a partire da una mancata presa in carico da parte del medico che consentirebbe di affrontare il problema all'origine".
Sul piano psichiatrico, invece, i sintomi principali riscontrati, "sono fondamentalmente la depressione e l'ansia". Un altro elemento che emerge è il possibile legame con i problemi cognitivi degli anziani. "Al momento si tratta di un sospetto, perché per avere dati evidenti servirebbe realizzare uno studio con una popolazione di controllo. Sembrerebbe però esserci una tendenza all'aumento dei disturbi cognitivi che andrà verificata. Alla fine dello studio vedremo anche se si confermerà l'aumento disturbi di memoria e la persistenza della cosiddetta 'nebbia cognitiva'".
Secondo i dati delle prime rilevazioni, a tre mesi dall'infezione da Covid il 65% dei volontari presentava almeno uno dei sintomi neuropsicologici; circa il 59% almeno 2; il 54% più di 2 sintomi; il 48% dei soggetti più di 5. Sono stati indagati 30 sintomi neuropsicologici e i più frequenti sono stati difficoltà di concentrazione, accusata da più del 70% appena dopo la malattia e da più del 40% a tre mesi di distanza; sensazione di minore efficienza mentale, circa il 65% l'ha avuta dopo la guarigione, più del 30% a tre mesi; mal di testa, per circa il 60% dopo la guarigione, il 25% ancora dopo 3 mesi. I problemi di riduzione della memoria, hanno interessato circa il 60% dopo la guarigione e più del 30% dopo 3 mesi. I dati sulle fasi successive sono ancora in elaborazione "ma possiamo dire che il trend si conferma. I sintomi principali persistono e a breve avremo una quantificazione puntuale".
Sul Long Covid, continua Piccini, "oggi non esiste un monitoraggio da parte del sistema sanitario pubblico. Il nostro studio si chiuderà tra circa un anno. Faremo un bilancio e ci piacerebbe portare all'attenzione delle Istituzioni, delle società scientifiche, degli organi di governo il fenomeno che evidenzia la presenza di una fetta di popolazione che a distanza di tempo dall'infezione da Covid continua ad avere bisogni di salute elevati. E questo dovrebbe portare a formare équipe, almeno nei grandi ospedali, di medici preparati al riconoscimento e al trattamento del Long Covid che comunque ci accompagnerà per molti anni, visto che il Covid è ancora attivo".
Per stimare la prevalenza delle varianti del virus SARS-CoV-2 circolanti nel Paese si è ritenuto opportuno organizzare ripetute indagini di prevalenza rapide sul territorio nazionale che si aggiungono al flusso di sequenze caricate sulla piattaforma I-Co-Gen dell’Istituto Superiore di Sanità.
A quest’ultima indagine hanno partecipato quasi tutte le Regioni/PPAA e n elevato numero di Laboratori distribuiti sul territorio nazionale. Questa valutazione ha preso in considerazione i campioni notificati dall’15 al 21 gennaio 2024 da analizzare tramite sequenziamento genomico.
La proporzione di sequenziamenti attribuibili alla variante d’interesse JN.1 (discendente di BA.2.86), si conferma in aumento, raggiungendo una prevalenza pari al 77% nella presente indagine (nell’indagine precedente la prevalenza era stata stimata al 38.1%). La diffusione di questa variante è in aumento a livello globale, rappresentando attualmente la variante dominante. In base alle evidenze attualmente disponibili, JN.1 non sembra porre rischi addizionali per la salute pubblica rispetto agli altri lignaggi co-circolanti. Inoltre, si osserva una co-circolazione di altre varianti virali, se pur con valori di prevalenza in netta diminuzione, riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata al 7,3% vs. 30,6% della precedente indagine).
Nell’attuale scenario è necessario continuare a monitorare con grande attenzione, in coerenza con le raccomandazioni nazionali ed internazionali e con le indicazioni ministeriali, la diffusione delle varianti virali, e in particolare di quelle a maggiore trasmissibilità e/o con mutazioni correlate a potenziale evasione della risposta immunitaria.
La variante JN.1 di SarS-Cov-2 continua ad essere predominante, raggiungendo una prevalenza pari al 77%, in base ai dati dell'indagine condotta sui campioni notificati dal 15 al 21 gennaio rispetto al 38.1% della precedente flash survey condotta dall’11 al 17 dicembre.
Lo rende noto l'Istituto superiore di sanità (Iss), sottolineando che la diffusione di questa variante d’interesse - discendente di BA.2.86 - è in aumento a livello globale, rappresentando attualmente la variante dominante. In base alle evidenze attualmente disponibili, JN.1 non sembra porre rischi addizionali per la salute pubblica rispetto agli altri lignaggi co-circolanti".
Inoltre - riferisce l'Iss - si osserva una co-circolazione di altre varianti virali, se pur con valori di prevalenza in netta diminuzione, riconducibili a XBB, ed in particolare alla variante d’interesse EG.5 (prevalenza nazionale stimata al 7,3% vs. 30,6% della precedente indagine).
Nell’attuale scenario - raccomanda l'Istituto "è necessario continuare a monitorare con grande attenzione, in coerenza con le raccomandazioni nazionali ed internazionali e con le indicazioni ministeriali, la diffusione delle varianti virali, e in particolare di quelle a maggiore trasmissibilità e/o con mutazioni correlate a potenziale evasione della risposta immunitaria".
Sul nuovo Piano pandemico 2024-2028, "sento di dover precisare che per affrontare un patogeno ignoto con un tasso altissimo di mortalità potrebbe essere necessario adottare misure restrittive, che dovranno però essere emanate solo se strettamente indispensabili, rimanere eventualmente in vigore per il tempo strettamente necessario ed essere proporzionate sia alla probabilità sia all'entità dell'evento".
Così il ministro della Salute Orazio Schillaci, rispondendo in Senato al Question time a un'interrogazione sulla revisione degli indirizzi in vista dell'adozione del Piano pandemico per il periodo 2024-2028, e se la versione definitiva del Piano tenga conto delle conoscenze apprese dall'esperienza della pandemia da Covid-19 e si ponga quindi in discontinuità rispetto a quanto previsto dal Piano 2021-2023.
"Rispetto alle modalità di assunzione delle decisioni in corso di pandemia - ha precisato Schillaci - qualora non dovesse risultare sufficiente per il governo complessivo della molteplicità di interessi e di settori incisi dall'emergenza sanitaria, la scelta di uno strumento legislativo, attraverso il coinvolgimento del Parlamento, appare il mezzo più idoneo per garantire l'unità di indirizzo dell'azione di governo e di bilanciamento dei molteplici interessi pubblici".
"Rispetto infine al tema della discontinuità - ha concluso il ministro - appare ultroneo rimarcare che il vecchio piano riguardava la risposta ad una eventuale pandemia da virus influenzali A e B, mentre l'attuale piano riguarda la risposta ad una pandemia da patogeni respiratori potenzialmente ignoti. In conclusione, vorrei che consideraste questo Piano pandemico come una strategia preventiva, che ora finalmente abbiamo, per la protezione della nostra comunità. E' progettato per mobilitare ogni risorsa e azione necessaria, in proporzione alla gravità di un'eventuale emergenza, sempre con l'obiettivo supremo di preservare ciò che è più prezioso: la vita, la libertà e il benessere di ogni cittadino italiano".
La bozza "è stata predisposta da un gruppo di lavoro che ha incluso rappresentanti delle Regioni e province autonome, Iss, Aifa, Agenas, Inail, dipartimento della Protezione Civile, Ispettorato Generale della Sanità Militare (Igesan), Centro Nazionale Anti-Pandemico (Cnap) e di esperti designati ed è, quindi, frutto di una lunga ed elaborata discussione che ad oggi ci porta a recepire la gran parte delle integrazioni, osservazioni e modifiche giunte da parte degli interlocutori - ha precisato il ministro -. Il documento è ancora in fase di revisione sia attraverso riunioni con il Coordinamento tecnico della Commissione Salute delle Regioni sia attraverso revisioni interne e con i ministeri coinvolti, anche al fine di adeguare il testo alle osservazioni legittime pervenute".
"Voglio evidenziare che è un piano per la gestione emergenziale di patogeni potenzialmente ignoti e che descrive ed elenca gli strumenti attualmente disponibili di sanità pubblica che potranno essere applicati, in maniera graduata, in rapporto all’entità e la gravità dell’emergenza. La bozza del piano sottolinea l’importanza della collaborazione tra il ministero della Salute, le autorità locali, le istituzioni sanitarie e la popolazione per affrontare efficacemente una pandemia. Grande importanza - ha rimarcato Schillaci - viene data alla comunicazione e all’informazione alla popolazione. Elemento cruciale è lo sforzo di sistematizzazione e valorizzazione delle strutture di coordinamento, dei sistemi di sorveglianza, dei servizi sanitari, tutto in un’ottica di sviluppo armonico delle interazioni tra gli attori coinvolti".
"Il piano non si limita a prevedere eventuali scenari epidemiologici e misure di contenimento, ma, per la prima volta, delinea un potenziamento di servizi indispensabili, quali: i Dipartimenti di prevenzione, l’emergenza-urgenza, la ricerca, la rete dei laboratori di virologia e microbiologia oltre ad una integrazione ospedale-territorio. In merito al vincolo dei tetti di spesa sul personale stiamo lavorando al graduale sblocco e superamento degli stessi. E’ evidente che in caso di pandemia, al fine di garantire la sicurezza e l’assistenza alla popolazione, i tetti verranno riparametrati.
Stiamo ovviamente procedendo alla quantificazione economica relativa al dettaglio dei costi derivanti dall’implementazione degli interventi descritti e all’illustrazione dei criteri di calcolo per la determinazione dell’importo stimato. Questo è un Piano che per la prima volta è aggiornato, puntuale e che si attiene scrupolosamente a criteri tecnico-scientifici e direttive internazionali", ha detto ancora.
Continua inesorabile il calo dei casi Covid in Italia e in diminuzione risultano anche i morti. Nella settimana tra il 18 e il 24 gennaio sono stati registrati 5.810 nuovi casi positivi, il 39,9% in meno rispetto alla settimana precedente, quando erano stati 9.675. I decessi sono stati 203, -21,3% rispetto ai 7 giorni precedenti (258).
E' quanto indica il bollettino settimanale del ministero della Salute.
Scende anche il tasso di positività che nell'ultima settimana monitorata è al 3,6%, 1,7 punti percentuali in meno rispetto alla settimana precedente (5,3%), a fronte di 160.219 tamponi eseguiti (-11,4% rispetto ai 180.932 della settimana precedente.
Il bollettino conferma il calo dei ricoveri. Il tasso di occupazione in area medica al 24 gennaio risulta al 4,3% (2.691 ricoverati), rispetto al 6% (3.723 ricoverati) del 17 gennaio. Mentre il tasso di occupazione in terapia intensiva è pari all'1,4% (121 ricoverati), rispetto al precedente dato dell'1,9% (167 ricoverati).
Crollo dei ricoveri Covid in Italia. I posti letto occupati da pazienti con l'infezione da Sars-CoV-2 sono diminuiti del 37% nell'ultima settimana secondo la rilevazione degli ospedali sentinella della Fiaso (Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere). Si tratta del calo maggiore visto nelle ultime 5 settimane di andamento negativo, spiegano dalla Federazione. E se si guarda agli ospedali pediatrici, è ancora più evidente.
Il dato più evidente, si legge nell'aggiornamento, è il -44% che arriva per i ricoverati 'con Covid', cioè chi è in ospedale per altre cause, ma è risultato positivo al coronavirus. Percentuale in diminuzione del 25% nei ricoveri 'per Covid', cioè coloro che occupano posti letto nelle Malattie infettive o nelle Medicine con sindromi respiratorie e polmonari da riferire all'infezione da Sars-CoV-2. L'età media dei pazienti è di 77 anni e nel 93% dei casi si tratta di soggetti che presentano anche altre patologie. In calo del 23% anche i pazienti Covid ricoverati nelle terapie intensive, con un 40% in meno dei pazienti 'con Covid' in rianimazione. Si tratta in termini assoluti di poche unità per ospedale e qui il profilo è quello di pazienti con età media di 63 anni e altre patologie.
C'è poi il "dato più significativo": -75% è il calo che si registra negli ospedali pediatrici e nei reparti di Pediatria degli ospedali sentinella monitorati dalla Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere. "Non ci sono bambini in terapia intensiva e i pochissimi ricoveri continuano a concentrarsi nella fascia di età tra 0-4 anni", riferisce la Fiaso.
I dati dell'ultimo report Fiaso sui ricoveri Covid-19 in Italia "testimoniano un crollo della circolazione virale del Covid, che ha raggiunto il picco oltre un mese fa e ora scende rapidamente. Questo sta accadendo anche con i virus influenzali, con numeri in calo nelle ultime 2 settimane", sottolinea Giovanni Migliore, presidente della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, commentando il rapporto.
"La riduzione dei contagi - evidenzia - è confermata anche dal crollo dei casi nelle età pediatriche. Fortunatamente anche il rientro a scuola non ha favorito le infezioni", rimarca Migliore.
"Il problema nella gestione dei posti letto ospedaliera - aggiunge - continua a riguardare soprattutto gli anziani. Quando il Covid colpisce queste persone fragili, con patologie pregresse, che magari non hanno fatto il richiamo del vaccino - avverte - continua a fare male".
In merito all'andamento della situazione epidemiologica da Covid-19, nella settimana compresa tra il 4 e il 10 gennaio 2024 si registrano 20.945 nuovi casi positivi, con una variazione di -45,9% rispetto alla settimana precedente (38.737), 355 deceduti, con una variazione di -4,3% rispetto alla settimana precedente (371) e 226.569 tamponi effettuati, con una variazione di -6,6% rispetto alla settimana precedente (242.518).
Il tasso di positività è del 9,2%, con una variazione di -6,7% rispetto alla settimana precedente (16%). È quanto emerge dal monitoraggio Istituto superiore sanità-ministero Salute sull'andamento del Covid-19 in Italia. Il tasso di occupazione in area medica al 10/01/2024 è pari all'8,2% (5.131 ricoverati), rispetto al 10,1% (6.320 ricoverati) del 03/01/2024, mentre il tasso di occupazione in terapia intensiva al 10/01/2024 è del 2,4% (213 ricoverati), rispetto al 2,8% (246 ricoverati) del 03/01/2024. "I dati di questa settimana- commenta il direttore generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute, Francesco Vaia- evidenziano una ulteriore frenata della diffusione del Covid, che si riflette anche sulla riduzione del tasso di occupazione delle strutture ospedaliere, sia in area medica che in terapia intensiva". "Un risultato- sottolinea- che dobbiamo consolidare, continuando a proteggere i più fragili attraverso la vaccinazione che, ricordiamo, è possibile ricevere contemporaneamente a quella anti-influenzale, particolarmente importante visto l'andamento delle ultime settimane. Siamo ancora in tempo". "Rinnoviamo l'invito alle regioni, in particolar modo a quelle che più fanno fatica, a mettere in campo ogni azione organizzativa e di comunicazione, soprattutto sul territorio- conclude Vaia- per evitare il sovraffollamento delle aree di emergenza ospedaliera".
Uno spray nasale agli anticorpi per prevenire il Covid. Un'arma 'jolly' contro diversi mutanti del virus Sars-CoV-2, promettente anche contro l'influenza e altre infezioni.
Lo descrivono su 'Pnas' gli scienziati del Karolinska Institutet svedese. I ricercatori hanno dimostrato, per ora nei topi, che anticorpi IgA geneticamente modificati "possono rafforzare la protezione contro nuove varianti virali. Non sono destinati a sostituire i vaccini", precisa Harold Marcotte, primo autore dello studio, ma potranno offrire una difesa in più per i fragili, per le categorie a più alto rischio "come gli anziani o i pazienti immunocompromessi".
Il lavoro è stato condotto nell'ambito del consorzio di ricerca europeo Atac e grazie a una collaborazione Svezia-Cina che ha coinvolto, tra gli altri, le università di Linköping, di Pechino e di Fudan, gli Istituti di Biomedicina e Salute di Guangzhou, il Peking Union Medical College, l'Istituto di virologia di Wuhan e l'Istituto di zoologia di Kunming. Diversi tipi di anticorpi svolgono funzioni differenti, spiegano gli scienziati. Le immunoglobuline A (IgA) fanno parte del cosiddetto sistema immunitario adattativo e 'abitano' nelle mucose delle vie aeree; se sono assenti, o presenti a livelli bassi, il rischio di infezione aumenta. Gli attuali vaccini anti-Covid stimolano principalmente una risposta anticorpale IgG all'interno dell'organismo e studi precedenti hanno indicato che la loro capacità di proteggere dal contagio causato dalle varianti Omicron di Sars-CoV-2 è limitata.
Per superare questo problema, usando l'ingegneria genetica il gruppo guidato da Qiang Pan-Hammarström del Karolinska Institutet ha creato anticorpi IgA che si legano alla proteina Spike del coronavirus pandemico in modo simile agli anticorpi IgG. Topi infettati con la variante Omicron di Sars-CoV-2 hanno ricevuto questi anticorpi IgA 'gm' per via nasale. Le gocce somministrate hanno ridotto significativamente la carica virale nella trachea e nei polmoni dei topi infetti, riportano i ricercatori. Rispetto agli anticorpi IgG, hanno osservato, quelli IgA ingegnerizzati in laboratorio si legano in modo più forte alla proteina Spike e sono stati più efficaci nel neutralizzare il virus.
"I vaccini tradizionali suscitano una risposta immunitaria attiva da parte dell'organismo, mentre questa è una strategia di immunizzazione passiva", chiarisce Marcotte. "Un approccio di immunizzazione attiva che induca una risposta immunitaria delle mucose sarebbe l'ideale - puntualizza l'esperto - ma speriamo che il nostro approccio sia adatto a proteggere le persone più vulnerabili".
"Crediamo che questa sarà una strategia molto promettente non solo per Covid-19 e le nuove varianti" di Sars-CoV-2, "ma anche per altre malattie infettive - prospetta Pan-Hammarström - tra cui l'influenza, altre infezioni respiratorie e infezioni della mucosa gastrica come" quelle associate al batterio "Helicobacter pylori, per le quali non esiste un vaccino".
Lo studio è stato finanziato dal programma Horizon 2020 dell'Ue, da un finanziamento congiunto Vr-Ncsf, dalla Knut and Alice Wallenberg Foundation e dalla Fondazione nazionale svizzera per la scienza.
L'incidenza di Covid in Italia dal 28 dicembre 2023 al 3 gennaio "è pari a 66 casi per 100.000 abitanti, in lieve diminuzione rispetto alla settimana precedente (70 casi per 100.000 abitanti dal 21 al 27 dicembre).
Tale calo potrebbe, in parte, essere attribuibile a una ridotta frequenza di diagnosi effettuate durante i giorni festivi". Lo evidenzia il monitoraggio Istituto superiore sanità-ministero Salute sull'andamento di Covid-19. L’indice di trasmissibilità (Rt) "è sotto la soglia epidemica, pari a 0,75, stabile rispetto alla settimana precedente. Ma anche questo valore potrebbe essere sottostimato a causa di un ritardo di notifica dei ricoveri durante i giorni festivi", si precisa.
L’incidenza settimanale dal 28 dicembre al 3 gennaio dei casi diagnosticati e segnalati risulta in diminuzione nella maggior parte delle Regioni/Pa rispetto alla rilevazione precedente. Il valore più elevato è stato riportato nel Lazio, con 128 casi per 100.000 abitanti, e la più bassa in Sicilia (6 casi per 100.000 abitanti).
La fascia di età che registra il più alto tasso di incidenza settimanale riguarda i 90 anni e oltre. L’incidenza settimanale è comunque in diminuzione in tutte le fasce d’età. L’età mediana alla diagnosi è di 59 anni, stabile rispetto alle settimane precedenti. La percentuale di reinfezioni è del 43% circa, in lieve diminuzione rispetto alla rilevazione precedente.
Ricoveri Covid in calo in Italia durante le Feste. "Al 3 gennaio l'occupazione dei posti letto in area medica è pari a 10,1% (6.320 ricoverati), in leggera diminuzione rispetto alla settimana precedente (11,0% al 27 dicembre 2023). In riduzione anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,8% (246 ricoverati), rispetto alla settimana precedente (3,2% al 27 dicembre)".
"I tassi di ospedalizzazione e mortalità aumentano con l’età, presentando i valori più elevati nella fascia d'età 90 anni e più; anche il tasso di ricovero in terapia intensiva aumenta con l’età".
Jn.1 domina anche in Italia. Secondo l'ultima flash survey "per la stima della prevalenza delle varianti di Sars-CoV-2 (condotta dall’11 al 17 dicembre 2023), Jn.1 (discendente di BA.2.86) rappresenta la variante predominante, con una prevalenza nazionale stimata pari a 38,1%", emerge dal monitoraggio.
Si conferma, inoltre, "se pur con valori di prevalenza in diminuzione, la co-circolazione di ceppi virali ricombinanti riconducibili a Xbb ed in particolare alla variante d’interesse Eg.5 (prevalenza nazionale stimata pari a 30,6%)".
Corre anche in Italia la variante JN.1 di Covid, 'figlia' di BA.2.86 o Pirola, e recentemente dichiarata Voi (variante di interesse) indipendente dall'Organizzazione mondiale della sanità.
"In base ai dati di sequenziamento disponibili nella piattaforma nazionale I-Co-Gen al 25 dicembre - si legge nel Monitoraggio settimanale Covid di Istituto superiore di sanità e ministero della Salute - la proporzione di sequenziamenti attribuibili alla variante d'interesse JN.1 si conferma in crescita, divenendo la variante più frequente nell'ultima settimana di campionamento consolidata (37,1% nella settimana 4-10 dicembre)".
"In base ai dati attualmente disponibili - precisano gli esperti - JN.1 non sembra porre rischi addizionali per la salute pubblica rispetto ad altri lignaggi circolanti".
Mentre l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha classificato la variante Covid JN.1 come 'variante di interesse' separata dal lignaggio BA.2.86, alias Pirola, uno studio italiano che sarà pubblicato su 'Pathogen and Global Health' ha analizzato JN.1. Ebbene, "i dati elaborati ci dicono che va seguita e monitorata, ma non preoccupa più delle altre che abbiamo visti in questi mesi. Quello che notiamo è che oggi con JN.1 aumentano le reinfenzioni. Faccio un esempio: chi ha è stato contagiato a fine estate o inizio autunno, magari con Pirola, può anche essere ricontagiato di nuovo". Così all'Adnkronos Salute Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, che ha firmato il lavoro insieme a Fabio Scarpa dell'Università di Sassari.
"L'Oms pensa che JN.1, 'figlia' di Pirola (BA.2.86), abbia una diffusione più veloce, ma invece è come le altre varianti", spiega Ciccozzi. "E non è più contagiosa, ma ha una mutazione (L445S) localizzata nella regione della mutazione di Pirola - precisa - a rischio di escape immunologico. Quindi va monitorata e seguita per bene, però non è più aggressiva delle precedenti varianti Omicron".
"Tutti i vaccini anti-Covid approvati continuano a proteggere contro la malattia grave e la morte. Questo vale per tutte le varianti circolanti, inclusa JN.1", sottolinea intanto l'epidemiologa Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per Covid-19 all'Organizzazione mondiale della sanità, in un video diffuso dall'Oms su X per fare il punto sul boom di infezioni respiratorie osservato a livello globale.
"Non circola solo Covid-19", spiega l'esperta, ma "abbiamo l'influenza, altri virus e batteri. In alcune zone del mondo stiamo entrando nei mesi invernali e ovunque le persone iniziano a riunirsi per le festività natalizie, trascorrendo più tempo in ambienti chiusi. Specie se la ventilazione è scarsa, questi patogeni trasmissibili per via aerea ne trarranno vantaggio. Covid è fra le infezioni in aumento, per una serie di fattori". Il virus "Sars-CoV-2 sta evolvendo - sottolinea Van Kerkhove - sta cambiando e sta circolando in tutti i Paesi. I sottolignaggi XBB rappresentano circa il 68% delle sequenze condivise globalmente. L'altro gruppo sono i sottolignaggi BA.2.86", la famiglia Pirola, "ma probabilmente il più degno d'attenzione è JN.1. Può causare l'intero spettro della malattia, dall'infezione asintomatica fino alla malattia grave e alla morte, in modo simile a quanto osservato con altri sottolignaggi Omicron".
"La cosa davvero importante - evidenzia l'esperta Oms - è che siamo in grado di tracciare il virus, quindi chiediamo agli Stati membri di continuare con la sorveglianza, il sequenziamento e la condivisione tempestiva delle sequenze, così da poter valutare la circolazione nel mondo e adottare misure adeguate. Il consiglio che diamo a tutti è lo stesso del passato: difendersi dall'infezione utilizzando i diversi strumenti" protettivi, raccomanda Van Kerkhove. "In caso di contagio, rivolgersi al medico", aggiunge. "E vaccinarsi quando è il proprio turno, per prevenire la malattia grave e la morte".
Nel 2022 sono decedute 74.425 persone appartenenti alla popolazione residente in Svizzera. Le malattie cardiovascolari hanno rappresentato la quota maggiore di decessi (27,5%), seguite dal cancro, causa del 23,1% dei decessi.
Come già prima dello scoppio della pandemia, la demenza, responsabile dell'8,8% dei decessi, si è situata al terzo posto. Nel 2022, la COVID-19 ha causato il 5,5% dei decessi, collocandosi in quinta posizione dietro alle malattie respiratorie (6,1%). Questo è quanto emerge dalla statistica delle cause di morte del 2022 realizzata dall'Ufficio federale di statistica (UST).
Nel 2022, tra la popolazione residente in Svizzera sono deceduti 36 442 uomini e 37 983 donne. Il tasso di mortalità standardizzato è stato di 504 su 100 000 per gli uomini, con un'età media di 77 anni, e di 352 su 100 000 per le donne, con un'età media di 83 anni. Rispetto al 2021, si osserva un aumento del tasso standardizzato pari allo 0,5% per gli uomini (+1337 decessi) e al 2,8% per le donne (+1896 decessi). Sulla base dei risultati ottenuti, non è possibile attribuire questa tendenza a un'unica causa.
Prevalgono le malattie cardiovascolari
Come negli anni precedenti, anche nel 2022 le malattie cardiovascolari sono state la principale causa di morte in Svizzera, responsabili di 9512 decessi (26,1%) tra gli uomini e 10 951 decessi (28,8%) tra le donne. Il tasso di mortalità standardizzato è stato di 123 su 100 000 per gli uomini e di 84 su 100 000 per le donne. Rispetto all'anno precedente, il tasso standardizzato è aumentato dello 0,5% per gli uomini (+398 decessi) e dell'1% per le donne (+420 decessi). L'età media degli uomini deceduti per una patologia cardiovascolare era di 81,4 anni, contro gli 87,4 anni delle donne.
Differenze tra uomini e donne per quanto riguarda il rischio di cancro
Nel 2022, 17 220 persone sono decedute a causa di un cancro, ovvero il 23,1% di tutti i decessi. È stato così per 9310 uomini, con un'età media di 75 anni, e 7910 donne, anch'esse con età media pari a 75 anni. Il tasso di mortalità standardizzato è stato di 133 su 100 000 per gli uomini e 95 su 100 000 per le donne. Rispetto al 2021, il tasso standardizzato degli uomini è diminuito del 2,3% sebbene siano stati registrati 45 decessi in più. Per le donne, il tasso standardizzato è aumentato del 2,1% (+295 decessi). Il cancro ai polmoni è stato il più letale, poiché ha provocato il 18,1% di tutti i decessi correlati a patologie oncologiche tra le donne e il 20,3% tra gli uomini. Per questi ultimi, il cancro alla prostata si è piazzato in seconda posizione, responsabile del 14,5% dei decessi per cancro. Per le donne, è il cancro al seno ad occupare il secondo posto, avendo causato il 17,2% dei decessi dovuti a malattie cancerose.
Demenza riconfermata come terza causa di morte più frequente
Tra le cause di morte della popolazione nel suo complesso, la demenza è tornata al terzo posto, piazza che occupava già prima dell'avvento della pandemia. Infatti, nel 2022 sono stati registrati 6546 decessi dovuti a demenza (8,8%), che hanno riguardato 2047 uomini, con un'età media di 86 anni e un tasso di mortalità standardizzato di 24 per 100 000, e 4499 donne, con un'età media di 89 anni e un tasso standardizzato di 32 per 100 000. Rispetto al 2021, è stato osservato un aumento del tasso standardizzato pari al 7,5% (+205 decessi) per gli uomini e al 12,2% (+546 decessi) per le donne.
Meno decessi attribuiti alla COVID-19
Nel 2022, 4114 persone sono decedute a causa della COVID-19, di cui 2207 uomini (53,6%) con un'età media di 82 anni e 1907 donne (46,4%) con un'età media di 85 anni. Per gli uomini, l'età media è aumentata di due anni rispetto al 2021, mentre per le donne è rimasta pressoché invariata. Il tasso di mortalità standardizzato è stato di 28 su 100 000 per gli uomini e di 16 su 100 000 per le donne. Rispetto all'anno precedente, il tasso standardizzato è diminuito del 34,1% (-949 decessi) tra gli uomini e del 33,6% (-894) tra le donne. La COVID-19 non era quindi più una delle tre principali cause di morte.
Sei decessi legati alla vaccinazione contro la COVID-19
Nel 2022, sei decessi sono stati indicati nel certificato di morte come riconducibili a effetti collaterali della vaccinazione contro la COVID-19; nel 2021 ne erano stati segnalati 19. I sei casi in questione riguardavano quattro donne, con un'età media di 85 anni, e due uomini, con un'età media di 91 anni. I sei certificati di morte menzionavano la presenza di varie comorbilità, ovvero malattie cardiache e un cancro.
Aumento delle malattie dell'apparato respiratorio
Nel 2022, le malattie respiratorie sono state la terza causa di morte per gli uomini (6,5%, 2351 decessi), con un tasso standardizzato di 31 per 100 000, e la quarta causa di morte per le donne (5,7%, 2166 decessi), con un tasso standardizzato di 20 per 100 000. In confronto al 2021, è stato osservato un aumento del tasso standardizzato (uomini: +18,2%, +414 decessi; donne: +23,3%, +491 decessi). Nel 2021, infatti, le malattie in questione occupavano il quinto posto sia tra gli uomini (5,5%; 1937 decessi) che tra le donne (4,6%; 1675 decessi). Per via dell'elevato numero di test per la COVID-19 effettuati nel 2021, è possibile che, rispetto al 2022, sia stato diagnosticato un numero maggiore di infezioni da COVID-19 in pazienti affetti da malattie respiratorie.
Aumento dei decessi dovuti a incidenti stradali
Nel 2022, 233 persone, di cui 173 uomini con un'età media di 54 anni e 60 donne con un'età media di 53 anni, hanno perso la vita in incidenti stradali. Il tasso di mortalità standardizzato per gli uomini (3 per 100 000) era tre volte superiore a quello delle donne (1 per 100 000). Rispetto all'anno precedente, il tasso standardizzato è aumentato del 71% per le donne (+17 decessi) e del 13% per gli uomini (+17 decessi).
Calo dei suicidi e nuovo aumento dei suicidi assistiti
Nel 2022 le persone che si sono tolte la vita sono state 263 donne e 695 uomini, con un'età media rispettivamente di 54 e 58 anni. Il tasso di mortalità standardizzato è stato di 5 su 100 000 per le donne e di 13 su 100 000 per gli uomini. Rispetto al 2021, è stato osservato un calo del tasso standardizzato per entrambi i sessi (donne: -7,3%, -23 decessi; uomini: -6,5%, -24 decessi).
Col passare degli anni, i casi di suicidio assistito continuano ad aumentare: nel 2022, vi hanno fatto ricorso 649 uomini e 945 donne. Rispetto al 2021 si è registrato un aumento di 69 decessi (+11,9%) tra gli uomini e di 134 decessi tra le donne (+16,5%).
L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha classificato la variante Covid JN.1 come 'variante di interesse' (Voi) separata dal lignaggio BA.2.86, alias Pirola. Ora uno studio italiano che sarà pubblicato su 'Pathogen and Global Health' ha analizzato JN.1.
Ebbene, "i dati elaborati ci dicono che va seguita e monitorata, ma non preoccupa più delle altre che abbiamo visti in questi mesi. Quello che notiamo è che oggi con JN.1 aumentano le reinfenzioni. Faccio un esempio: chi ha è stato contagiato a fine estate o inizio autunno, magari con Pirola, può anche essere ricontagiato di nuovo". Così all'Adnkronos Salute Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, che ha firmato il lavoro insieme a Fabio Scarpa dell'Università di Sassari.
"L'Oms pensa che JN.1, 'figlia' di Pirola (BA.2.86), abbia una diffusione più veloce, ma invece è come le altre varianti", spiega Ciccozzi. "E non è più contagiosa, ma ha una mutazione (L445S) localizzata nella regione della mutazione di Pirola - precisa - a rischio di escape immunologico. Quindi va monitorata e seguita per bene, però non è più aggressiva delle precedenti varianti Omicron".
"Tutti i vaccini anti-Covid approvati continuano a proteggere contro la malattia grave e la morte. Questo vale per tutte le varianti circolanti, inclusa JN.1", sottolinea intanto l'epidemiologa Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per Covid-19 all'Organizzazione mondiale della sanità, in un video diffuso dall'Oms su X per fare il punto sul boom di infezioni respiratorie osservato a livello globale.
"Non circola solo Covid-19", spiega l'esperta, ma "abbiamo l'influenza, altri virus e batteri. In alcune zone del mondo stiamo entrando nei mesi invernali e ovunque le persone iniziano a riunirsi per le festività natalizie, trascorrendo più tempo in ambienti chiusi. Specie se la ventilazione è scarsa, questi patogeni trasmissibili per via aerea ne trarranno vantaggio. Covid è fra le infezioni in aumento, per una serie di fattori". Il virus "Sars-CoV-2 sta evolvendo - sottolinea Van Kerkhove - sta cambiando e sta circolando in tutti i Paesi. I sottolignaggi XBB rappresentano circa il 68% delle sequenze condivise globalmente. L'altro gruppo sono i sottolignaggi BA.2.86", la famiglia Pirola, "ma probabilmente il più degno d'attenzione è JN.1. Può causare l'intero spettro della malattia, dall'infezione asintomatica fino alla malattia grave e alla morte, in modo simile a quanto osservato con altri sottolignaggi Omicron".
"La cosa davvero importante - evidenzia l'esperta Oms - è che siamo in+ grado di tracciare il virus, quindi chiediamo agli Stati membri di continuare con la sorveglianza, il sequenziamento e la condivisione tempestiva delle sequenze, così da poter valutare la circolazione nel mondo e adottare misure adeguate. Il consiglio che diamo a tutti è lo stesso del passato: difendersi dall'infezione utilizzando i diversi strumenti" protettivi, raccomanda Van Kerkhove. "In caso di contagio, rivolgersi al medico", aggiunge. "E vaccinarsi quando è il proprio turno, per prevenire la malattia grave e la morte".
"Tutti i vaccini anti-Covid approvati continuano a proteggere contro la malattia grave e la morte. Questo vale per tutte le varianti circolanti, inclusa JN.1", sottovariante della famiglia 'Pirola'.
Lo sottolinea l'epidemiologa Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per Covid-19 all'Organizzazione mondiale della sanità, in un video diffuso dall'Oms su X per fare il punto sul boom di infezioni respiratorie osservato a livello globale.
"Non circola solo Covid-19", spiega l'esperta, ma "abbiamo l'influenza, altri virus e batteri. In alcune zone del mondo stiamo entrando nei mesi invernali e ovunque le persone iniziano a riunirsi per le festività natalizie, trascorrendo più tempo in ambienti chiusi. Specie se la ventilazione è scarsa, questi patogeni trasmissibili per via aerea ne trarranno vantaggio. Covid è fra le infezioni in aumento, per una serie di fattori". Il virus "Sars-CoV-2 sta evolvendo - sottolinea Van Kerkhove - sta cambiando e sta circolando in tutti i Paesi. I sottolignaggi XBB rappresentano circa il 68% delle sequenze condivise globalmente. L'altro gruppo sono i sottolignaggi BA.2.86", la famiglia Pirola, "ma probabilmente il più degno d'attenzione è JN.1. Può causare l'intero spettro della malattia, dall'infezione asintomatica fino alla malattia grave e alla morte, in modo simile a quanto osservato con altri sottolignaggi Omicron".
"La cosa davvero importante - evidenzia l'esperta Oms - è che siamo in grado di tracciare il virus, quindi chiediamo agli Stati membri di continuare con la sorveglianza, il sequenziamento e la condivisione tempestiva delle sequenze, così da poter valutare la circolazione nel mondo e adottare misure adeguate. Il consiglio che diamo a tutti è lo stesso del passato: difendersi dall'infezione utilizzando i diversi strumenti" protettivi, raccomanda Van Kerkhove. "In caso di contagio, rivolgersi al medico", aggiunge. "E vaccinarsi quando è il proprio turno, per prevenire la malattia grave e la morte".
La 'famiglia Pirola' cresce intanto in Italia e accelera in particolare JN.1, sottovariante di Sars-CoV-2 che ha attirato l'attenzione degli esperti e delle autorità internazionali per la sua trasmissibilità e la possibile fuga immunitaria. Questo il dato che è emerso nei giorni scorsi dal monitoraggio settimanale della Cabina di regia ministero della Salute-Istituto superiore di sanità.
In base ai dati di sequenziamento disponibili nella piattaforma nazionale I-Co-Gen - si legge - nelle ultime settimane di campionamento consolidate (dati al 4 dicembre) si continua a osservare una predominanza di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB. Tra questi, la variante d'interesse EG.5 o Eris, con diversi sotto-lignaggi, si conferma maggioritaria. In crescita la proporzione di sequenziamenti attribuibili alla variante d'interesse BA.2.86 (Pirola), e in particolare al suo sotto-lignaggio JN.1.
RIGENERAZIONE DELLE CELLULE MUSCOLARI, IL SEGRETO IN UNA PROTEINA
Una ricerca internazionale coordinata dall’Istituto di genetica e biofisica “A. Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, condotta in collaborazione con l’Istituto Sanford Burnham di La Jolla (California), l’Università degli Studi di Napoli Federico II e l’IRCSS Fondazione Santa Lucia di Roma, ha individuato in una piccola proteina la chiave che guida le cellule staminali adulte, presenti nelle fibre muscolari a differenziarsi, rigenerando così il tessuto muscolare danneggiato o ad autorinnovarsi, mantenendo una riserva pronta per futuri cicli rigenerativi. Lo studio è pubblicato sulla rivista Developmental Cell. I processi di rigenerazione muscolare risultano particolarmente compromessi durante l’invecchiamento o in presenza di patologie degenerative, come la distrofia di Duchenne. La ricerca si focalizza sul ruolo delle cosiddette “cellule satellite”, cioè cellule staminali adulte posizionate sulla superficie esterna delle fibre muscolari che svolgono un ruolo chiave nel mantenimento dell'integrità muscolare, che dipende principalmente da un gruppo di cellule staminali dette cellule satellite: quando il muscolo è a riposo, esse si trovano in uno stato inattivo o dormiente, denominato “quiescenza”. Viceversa, in risposta a danni muscolari, si attivano e manifestano la straordinaria capacità di compiere due azioni cruciali: esse sono in grado di differenziarsi, cioè trasformarsi in nuove cellule muscolari (mioblasti) che contribuiscono a rigenerare il tessuto danneggiato e, parallelamente, hanno la capacità di auto-rinnovarsi, cioè dare origine a nuove cellule quiescenti, assicurando il mantenimento di una “riserva” di cellule staminali pronta per i successivi cicli rigenerativi. La ricerca ha chiarito che ciò che consente alle cellule satellite attivate di scegliere se procedere “in avanti” verso il differenziamento in cellule muscolari o “tornare indietro” e ripopolare la riserva di cellule staminali quiescenti dipende da una particolare proteina, denominata Cripto.
COVID ITALIA. ACCELERA JN.1, SOTTOVARIANTE DI SARS-COV-2
La 'famiglia Pirola' cresce in Italia e accelera in particolare JN.1, sottovariante di Sars-CoV-2 che ha attirato l'attenzione degli esperti e delle autorità internazionali per la sua trasmissibilità e la possibile fuga immunitaria. Crescono i ricoveri Covid in Italia. Al 13 dicembre l'occupazione dei posti letto in area medica è pari al 11,9% (7.426 ricoverati), in aumento rispetto alla settimana precedente (10.7%). Sale anche l'occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,7% (240 ricoverati) rispetto al 2,5% della settimana precedente. E' quanto emerge dal monitoraggio settimanale della Cabina di regia ministero della Salute-Istituto superiore di sanità. I tassi di ospedalizzazione e mortalità aumentano con l’età, con i valori più alti fra gli over 90. Anche il tasso di ricovero in terapia intensiva cresce con l'età. L'incidenza di Covid nel periodo 7-13 dicembre è pari a 94 casi per 100mila abitanti, in calo rispetto alla settimana precedente (101 casi su 100mila). L'incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati, rileva il monitoraggio, presenta variazioni in quasi tutte le regioni e province autonome rispetto alla settimana precedente. L'incidenza più elevata è stata riportata nel Lazio (148 casi per 100mila abitanti), la più bassa in Sicilia (2 su 100mila). Scende anche l'Rt ospedaliero. L'indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero - si legge nel report - al 5 dicembre è pari a 0.80, sotto la soglia epidemica e in diminuzione rispetto alla settimana precedente (0.98).
TUMORE, NEL 2023 IN ITALIA STIMATI 395MILA NUOVI CASI. -3% DI ADESIONE AGLI SCREENING
In Italia, nel 2023, sono stimate 395.000 nuove diagnosi di tumore: 208.000 negli uomini e 187.000 nelle donne. Nel post pandemia si assiste a una ondata di casi, se si considera che, in tre anni, l’incremento è stato di 18.400 diagnosi (erano 376.600 nel 2020). Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2023, è il carcinoma della mammella (55.900 casi), seguito dal colon-retto (50.500), polmone (44.000), prostata (41.100) e vescica (29.700). E, nei prossimi due decenni, il numero assoluto annuo di nuove diagnosi oncologiche in Italia aumenterà, in media ogni anno, dell’1,3% negli uomini e dello 0,6% nelle donne. Dall’altro lato, l’Oncologia italiana fa registrare importanti progressi, con migliaia di vite salvate. In 13 anni (2007-2019), sono state evitate 268.471 morti oncologiche. Il cancro è sempre più una malattia curabile e molti pazienti la superano e tornano a una vita “come prima”. Vi sono, però, aree in cui i passi avanti sono ancora limitati, a partire dai tumori causati dal fumo di sigaretta nelle donne e dal cancro del pancreas in entrambi i sessi, per il quale non si sono registrati miglioramenti nella diagnosi precoce e nelle terapie, e che, quindi, merita particolari attenzioni. Più in generale, serve più impegno nella prevenzione, sia primaria che secondaria. Il 24% degli adulti fuma, il 29% è sedentario, il 33% è in sovrappeso e il 10% è obeso, il 17% consuma alcol in quantità a rischio per la salute. E, nel 2022, si assiste a livello nazionale a un calo del 3% della copertura degli screening mammografico (43%) e colorettale (27%), che nel 2021 erano tornati ai livelli prepandemici. È drastica la diminuzione al Nord, dove l’adesione alla mammografia è passata dal 63% nel 2021 al 54% nel 2022 e quella allo screening colorettale in discesa dal 45% al 38%. È il censimento ufficiale, giunto alla tredicesima edizione, che descrive gli aspetti relativi alla diagnosi e terapia delle neoplasie grazie al lavoro di AIOM e Fondazione AIOM, AIRTUM, ONS, PASSI e PASSI d’Argento e della SIAPeC-IAP, raccolto nel volume “I numeri del cancro in Italia 2023”.
Approfondimenti e altre notizie sono nel portale salutedomàni.com e Saluteh24.com, nelle pagine social collegate e nel canale gratuito di telegram: salutedomàni
Crescono i ricoveri Covid in Italia. Al 13 dicembre l'occupazione dei posti letto in area medica è pari al 11,9% (7.426 ricoverati), in aumento rispetto alla settimana precedente (10,7%). Sale anche l'occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 2,7% (240 ricoverati) rispetto al 2,5% della settimana precedente.
E' quanto emerge dal monitoraggio settimanale della Cabina di regia ministero della Salute-Istituto superiore di sanità. I tassi di ospedalizzazione e mortalità aumentano con l'età, con i valori più alti fra gli over 90. Anche il tasso di ricovero in terapia intensiva cresce con l'età.
L'incidenza di Covid nel periodo 7-13 dicembre è pari a 94 casi per 100mila abitanti, in calo rispetto alla settimana precedente (101 casi su 100mila). L'incidenza settimanale dei casi diagnosticati e segnalati - rileva il monitoraggio - presenta variazioni in quasi tutte le regioni/province autonome rispetto alla settimana precedente. L'incidenza più elevata è stata riportata nel Lazio (148 casi per 100mila abitanti), la più bassa in Sicilia (2 su 100mila).
L'incidenza settimanale è sostanzialmente stabile in tutte le fasce d'età, con la fascia over 90 che fa registrare il tasso di incidenza più alto. L'età mediana alla diagnosi è di 59 anni, stabile rispetto alle settimane precedenti. La percentuale di reinfezioni è circa il 45%, stabile rispetto alla settimana precedente.
Scende anche l'Rt ospedaliero. L'indice di trasmissibilità basato sui casi con ricovero ospedaliero - si legge nel report - al 5 dicembre è pari a 0,80 (0,77-0,83), sotto la soglia epidemica e in diminuzione rispetto alla settimana precedente quanto era a 0,98 (0,95-1,02).
La 'famiglia Pirola' cresce in Italia e accelera in particolare JN.1, sottovariante di Sars-CoV-2 che ha attirato l'attenzione degli esperti e delle autorità internazionali per la sua trasmissibilità e la possibile fuga immunitaria. E' quanto emerge dal monitoraggio.
In base ai dati di sequenziamento disponibili nella piattaforma nazionale I-Co-Gen - si legge - nelle ultime settimane di campionamento consolidate (dati al 4 dicembre) si continua a osservare una predominanza di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB. Tra questi, la variante d'interesse EG.5 o Eris, con diversi sotto-lignaggi, si conferma maggioritaria. In crescita la proporzione di sequenziamenti attribuibili alla variante d'interesse BA.2.86 (Pirola), e in particolare al suo sotto-lignaggio JN.1.
Sono 1.459.547 i vaccini anti-Covid aggiornati a XBB.1.5 somministrati in Italia dall'inizio della campagna autunno-inverno al 14 dicembre. E' l'ultimo dato riportato nella dashboard ufficiale che viene aggiornata sul portale del ministero della Salute. Negli ultimi 7 giorni considerati, dall'8 al 14 dicembre, le iniezioni sono state 171.338, in calo rispetto alla settimana precedente, quando erano state 203.093.
Lombardia, Emilia Romagna e Toscana continuano ad essere le regioni in cui si concentra la maggior parte delle dosi somministrate nell'ambito della campagna, quasi il 58%. Insieme, totalizzano 841.970 richiami eseguiti. Il dato più alto resta quello lombardo, 418.950, seguito dai numeri di Emilia Romagna (212.426) e Toscana (210.594). Alle spalle di queste regioni ci sono poi Veneto (108.543), Piemonte (106.889), Lazio (102.302), Puglia (65.546), Friuli Venezia Giulia (43.694), Liguria (42.017), Campania (23.973), Umbria (22.367), Marche (20.370), Sardegna (20.245), Trento (19.193), Bolzano (18.196), Sicilia (7.093), Calabria (6.851), Valle d'Aosta (5.406), Molise (3.135), Basilicata (1.757) e Abruzzo (per il quale non c'è dato).
La fascia d'età in cui sono stati somministrati più vaccini è quella degli over 80 (470.896 immunizzati), seguita dai 70-79enni (465.408) e dai 60-69enni (311.687). In coda la fascia 12-59 anni, con 211.380 vaccinazioni.
Il covid "continua a circolare e a mutare, con un'importante evoluzione genetica e antigenica della proteina Spike". Lo sottolinea l'Organizzazione mondiale della sanità, dopo l'ultima riunione del Gruppo consultivo tecnico sulla composizione del vaccino Covid (Tag-Co-Vac).
Un incontro a seguito del quale gli esperti hanno suggerito di proseguire con l'attuale 'ricetta' vaccinale, benché la valutazione - precisa l'Oms in una nota - si sia basata su dati con vari limiti. Fra gli altri, le "lacune persistenti e crescenti nella sorveglianza a livello globale".
Considerando "la limitatezza delle evidenze da cui derivano le raccomandazioni" sulla composizione vaccinale e "la prevista continua evoluzione del virus", il Tag-Co-Vac "incoraggia fortemente" a produrre dati sulla risposta immunitaria e clinica, in vari gruppi di popolazione, agli attuali vaccini aggiornati a XBB.1.5 (Kraken) basati su diverse piattaforme, nonché sulle performance di tutti vaccini Covid-19 approvati contro le varianti emergenti. Non solo. Si invita anche a una "sorveglianza epidemiologica e virologica rafforzata", per capire ad esempio "se le varianti emergenti sono in grado di sostituire le varianti circolanti", e alla "valutazione clinica di nuovi antigeni vaccinali, in particolare quelli emergenti dai lignaggi discendenti XBB e BA.2.86" o Pirola.
Infine, il gruppo tecnico "continua a incoraggiare l'ulteriore sviluppo di vaccini, che potrebbero migliorare la protezione contro le infezioni e ridurre la trasmissione di Sars-CoV-2".
I vaccini anti-Covid aggiornati a Kraken, quelli somministrati nelle campagne in corso, funzionano contro le varianti circolanti di Sars-CoV-2. Gli esperti dell'Organizzazione mondiale della sanità raccomandano pertanto di mantenere per i vaccini Covid-19 la 'ricetta' attuale.
I diversi vaccini monovalenti adattati alla variante XBB.1.5, informa oggi l'Oms in una nota, "suscitano risposte anticorpali neutralizzanti ampiamente cross-reattive contro le varianti Sars-CoV-2 circolanti. Considerata l'attuale evoluzione di Sars-CoV-2 e l'ampiezza delle risposte immunitarie dimostrate dai vaccini monovalenti XBB.1.5 contro le varianti circolanti, Tag-Co-Vac consiglia di mantenere l'attuale composizione antigenica del vaccino Covid", quindi di andare avanti con un vaccino "XBB.1.5 monovalente", così come suggerito dallo stesso gruppo tecnico nel maggio scorso. Allora gli esperti avevano consigliato "l'uso di un lignaggio discendente XBB.1 monovalente, come XBB.1.5". Dopo il nuovo incontro confermano l'indicazione, precisando che "possono essere prese in considerazione anche altre formulazioni e/o piattaforme che ottengono robuste risposte anticorpali neutralizzanti contro le varianti attualmente circolanti, inclusi i lignaggi discendenti XBB e BA.2.86" o Pirola.
Secondo la strategia definita dal Gruppo strategico consultivo di esperti sulle vaccinazioni (Sage) dell'Oms, "i programmi di vaccinazione - si legge nella nota - possono continuare a utilizzare qualsiasi vaccino Covid-19 elencato o prequalificato per l'uso d'emergenza".
Il medico di famiglia e quello di guardia medica non possono abbassare la guardia nei confronti dell’infezione da SARS-CoV-2, trovandosi sempre più nella posizione di dover attuare le scelte migliori per la gestione domiciliare dei pazienti.
I sintomi generalmente lievi e prevalentemente a carico delle alte vie respiratorie: rinite, tosse stizzosa, faringite, laringite, febbricola, che caratterizzano la maggior parte dei soggetti colpiti dalle ultime subvarianti di Omicron attualmente in circolazione mantengono alta l’allerta nel caso dei soggetti più fragili.
“Siamo ancora in tempo per somministrare le dosi booster del vaccino anti-COVID disponibile nelle preparazioni aggiornate (Omicron XBB. 1,5)– dichiara il Dott. Alessandro Rossi, Presidente SIMG – soprattutto utile come rinforzo delle difese immunitarie per i soggetti con particolari cronicità e comorbosità a rischio elevato di ricovero. Stiamo parlando di pazienti immunodepressi per malattia o farmaci, oncologici, diabetici, cardiopatici ecc.., ma soprattutto anziani e comunque ultra 60enni”.
“Per contrastare i sintomi più lievi ma molto fastidiosi delle infezioni virali intercorrenti con attenzione particolare al COVID-19, ci si basa sulle pratiche della buona medicina – sottolinea il Prof. Claudio Cricelli, Presidente emerito SIMG - Si raccomanda l’uso di comportamenti chiari che ribadiscono l’appropriatezza prescrittiva sia di farmaci in conformità con le indicazioni registrate, ma anche al dosaggio ed ai tempi di somministrazione, considerando anche gli aspetti amministrativi e normativi. In presenza di infezioni virali e’ da evitare l’uso improprio di antibiotici, cortisonici ed ossigeno in assenza di chiare necessità cliniche”.
Restano attuali le indicazioni presenti nei documenti di raccomandazione prodotti alcuni mesi fa e che vedono l’intervento prescrittivo del medico esclusivamente in base a decisioni di tipo clinico. L’approfondita conoscenza del paziente e dei suoi fattori di rischio (vedi l’applicativo HS-CoVI(Vulnerability Index)d), elementi tipici della Medicina Generale, permettono la corretta valutazione del paziente da parte del medico e di optare per soluzioni terapeutiche personalizzate.
“Il monitoraggio a distanza del paziente infetto è il primo intervento medico, avvalendosi di saturimetro e scale di valutazione dei sintomi più importanti (dispnea, affanno) – ribadisce il Dott. Ignazio Grattagliano, responsabile attività COVD-19 e vice-Presidente SIMG - Nei casi sintomatici, l’utilizzo di farmaci registrati per indicazione e sicuri risulta essere rapidamente efficace. Tra questi il paracetamolo per contrastare febbre, cefalea, artro-mialgie, i FANS (ketoprofene sale di lisina, ibuprofene a basse dosi, morniflumato, ...) particolarmente utili anche in forma topica (colluttori) se le manifestazioni flogistiche del faringe sono importanti, gli antitussigeni in caso di tosse stizzosa e frequente, i lavaggi nasali ripetuti anche con sola acqua fisiologica. Nei soggetti ad alto rischio inclusi gli immunodepressi, soprattutto se con vaccinazione non effettuata o non aggiornata con ultimi richiami, l’avvio precoce alle terapie specifiche con antivirali a disposizione della Medicina Generale permette nella stragrande maggioranza di casi di risolvere infezione e sintomi. Attenzione ad interazioni farmacologiche, presenza di gravidanza e insufficienza renale di grado importante”.
“Di fronte ad un qualunque soggetto che presenti una sospetta malattia di COVID-19, conviene sempre utilizzare le misure basilari di prevenzione della diffusione (mascherine, distanziamento, lavaggio mani…) - suggerisce il Prof. Massimo Andreoni, direttore scientifico SIMIT - accertare l’infezione con tampone e rivolgersi quanto prima al medico curante, il quale potrà inquadrare da subito il paziente in base alla eventuale presenza di fattori di rischio. Ne consegue la decisione del medico di trattare il paziente con validi farmaci sintomatici o avviare la prescrizione di antivirali. Gli specialisti infettivologi restano a disposizione per eventuali suggerimenti consentendo così una efficace gestione domiciliare del paziente con COVID-19”.
Un nuovo studio globale guidato da Kai Ruggeri, PhD, della Columbia Mailman School of Public Health, che ha coinvolto oltre 80 collaboratori provenienti da più di 30 Paesi, sottolinea il ruolo cruciale delle scienze comportamentali nella formulazione di decisioni politiche, sviluppando al contempo un nuovo metodo per valutare l’evidenza sperimentale su politiche pubbliche in maniera sistematica. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature.
Nell’aprile 2020, un gruppo di ricercatori ha pubblicato un articolo di notevole impatto con 19 raccomandazioni politiche sul COVID-19 basate sulle scienze comportamentali. Il documento era frutto di un’ampia collaborazione di oltre 40 esperti, guidati da Jay Van Bavel della New York University e Robb Willer di Stanford, ed è stato citato migliaia di volte da governi, ricercatori e personaggi pubblici. Le sue raccomandazioni riguardavano argomenti come la comunicazione ufficiale sul distanziamento sociale, come ottenere un vaccino una volta disponibile e la necessità di lavorare all’interno delle comunitàper produrre un impatto reale.
Ora, il nuovo lavoro di Ruggeri et al. su Nature valuta le prove scientifiche che, dopo la pubblicazione del primo lavoro, hanno supportato le sue affermazioni e la loro applicabilità alla politica.
“I governi di tutto il mondo hanno formulato strategie politiche per quanto riguarda la pandemia esplicitamente sulla base dei suggerimenti comportamentali evidenziati nel documento del 2020 di Jay J. Van Bavel et al.”, afferma Ruggeri, professore di politica e gestione sanitaria presso la Mailman School of Public Health della Columbia University. “Date le preoccupazioni per la mancanza di fiducia del pubblico nella scienza, in particolare nel contesto del COVID-19, abbiamo ritenuto importante valutare le evidenze sperimentali intorno alle raccomandazioni delle politiche pubbliche, in modo da promuovere trasparenza e creare fiducia”.
Due team indipendenti di 72 esperti – inclusi sia gli autori del documento del 2020, sia un team indipendente di valutatori – hanno esaminato 747 articoli di ricerca relativi alla pandemia, per valutare in che misura le affermazioni del documento originale hanno fornito una valida guida politica.
“Abbiamo assegnato un rating a ciascuna ricerca in maniera sistematica. Rating più alti corrispondevano a ricerche con conclusioni più forti dal punto di vista del potenziale impatto reale, come gli studi sul campo. I rating di ciascun articolo sono stati assegnati da più ricercatori in maniera indipendente e anonima”, afferma Valerio Capraro, professore associato di psicologia presso l’Università di Milano-Bicocca e primo autore italiano dello studio.
Alex Haslam, PhD, professore di psicologia presso l'Università del Queensland in Australia e coautore dello studio, afferma: "Negli ultimi anni si è discusso molto dei limiti delle scienze psicologiche e comportamentali, soprattutto di fronte alla cosiddetta “crisi della replicabilità”. In contrapposizione a ciò, questa ricerca ha dimostrato che esiste un nucleo di buona teoria in questi campi, che fornisce una solida base sia per la previsione scientifica che per le politiche pubbliche. Questa teoria potrebbe non essere sempre appariscente, ma è il fondamento di una buona scienza sociale, e questo studio conferma che è qualcosa su cui possiamo fare affidamento per avere una guida quando ne abbiamo bisogno”.
Lo studio trova evidenze scientifiche per 18 delle 19 affermazioni contenute nel documento del 2020, comprese quelle relative al senso di identità e alla connessione con la comunità, leadership e fiducia, comunicazione su salute pubblica, coesione sociale e disinformazione. Tra queste 18 il documento del 2020 ha identificato correttamente 16 concetti comportamentali rilevanti durante la pandemia, inclusi alcuni probabili ostacoli alla riduzione della diffusione della malattia e le sfide sociali che i politici si sarebbero trovati ad affrontare. I ricercatori non hanno riscontrato alcun effetto per due delle politiche proposte, entrambe relative ad una comunicazione pubblica efficace (che i messaggi dovrebbero enfatizzare i benefici per il destinatario e che dovrebbero concentrarsi sulla protezione degli altri). Inoltre, il team non ha trovato prove da esaminare per una raccomandazione molto dibattuta pubblicamente ma che non ha ricevuto attenzione dalla comunità scientifica, che suggeriva che l’espressione “distanziamento fisico” fosse preferibile a “distanziamento sociale”.
Le affermazioni più fortemente supportate riguardavano l’importanza degli interventi per combattere la disinformazione e la polarizzazione, che si sono rivelati vitali per garantire l’aderenza alle linee guida sulla salute pubblica.
La ricerca ha inoltre sottolineato che, per essere efficace, la comunicazione deve provenire da leader fidati e rinforzare norme sociali positive.
Gli interventi di sanità pubblica che hanno ricevuto maggiore attenzione non sono stati necessariamente quelli con l’evidenza migliore. Ad esempio, la pulizia delle mani è stata ampiamente promossa come strategia per fermare la diffusione del COVID, ma gli effetti trovati nei vari studi sono stati minimi o nulli, in particolare se confrontati all’uso di mascherine, all’isolamento, al distanziamento e ai vaccini.
Per quanto riguarda le mascherine, le prime linee guida in alcuni paesi suggerivano che la pratica non avrebbe ridotto il COVID-19, ma prove successive hanno sottolineato la loro efficacia. Allo stesso modo, la ricerca ha anche ridimensionato le linee guida sull’impatto della chiusura delle scuole e della disinfezione delle superfici.
“Sebbene esistano comprensibili pressioni per emanare rapidamente linee guida durante una crisi, prendere decisioni politiche senza prove adeguate può avere un costo in molti modi”, afferma la coautrice dello studio Katherine Baicker, PhD, Direttore generale dell’Università di Chicago. “Con l’arrivo nel tempo di nuove evidenze scientifiche, alcune persone potrebbero considerare l’evoluzione delle linee guida politiche come un segno di impreparazione – o addirittura di cospirazione – il che indebolisce la fiducia nella competenza. I politici devono bilanciare la necessità di rapidità con la necessità di prove solide e credibilità”.
Il nuovo studio identifica anche diversi ambiti mancanti nel documento del 2020. Questi includono la percezione della minaccia e del rischio, il ruolo della disuguaglianza e del razzismo, lo scetticismo nei confronti della scienza, l’incentivazione di comportamenti al di là della semplice descrizione dei benefici (ad esempio, fornendo ricompense finanziarie per la vaccinazione) e l’assenza di una chiara leadership.
Infine, il gruppo di ricerca fornisce raccomandazioni per aiutare ricercatori e responsabili politici a reagire a future pandemie e disastri. Queste ultime includono la necessità di studiare le popolazioni globali, di fare più test sul campo e di essere più specifici nella formulazione di domande verificabili.
“Non si può sottovalutare il valore di testare sul campo ciò che funziona davvero per cambiare i comportamenti sanitari, e le conclusioni più forti che siamo riusciti a trarre in questo articolo sono arrivate spesso grazie alle partnership che i ricercatori hanno stretto con i governi locali e gli operatori sanitari per valutare attentamente ciò che effettivamente aggiunge valore nel mezzo di una crisi”, afferma la coautrice dello studio Katy Milkman, PhD, professoressa alla Wharton School dell’Università della Pennsylvania. I ricercatori incoraggiano inoltre gli scienziati a stringere più alleanze con politici e decisori – nel governo locale, negli ospedali, nelle scuole, nei media e oltre.
“Questo lavoro ha il potenziale per aumentare la trasparenza e creare fiducia nella scienza e nella salute pubblica, nonché per predisporre direttamente lo sviluppo di strumenti e conoscenze per pandemie o crisi future. I ricercatori possono essere una valida fonte di consulenza politica nel contesto di una crisi, e le nostre raccomandazioni indicano modi per migliorare ulteriormente questo ruolo delle scienze sociali e comportamentali”, afferma il co-autore senior dello studio Robb Willer, PhD, professore di sociologia all’Università di Stanford.
“Questo nuovo articolo ha valutato rigorosamente le raccomandazioni politiche del nostro team originale per vedere se fossero accurate, utilizzando grandi quantità di dati e un nuovo team di revisori indipendenti provenienti da tutto il mondo. Oltre a confermare la stragrande maggioranza delle nostre affermazioni originali, stabilisce un nuovo standard di riferimento per la valutazione delle evidenze quando devono essere prese decisioni politiche, in particolare quelle urgenti", afferma Jay Van Bavel, PhD, professore di psicologia alla New York University, autore principale dell'articolo decisivo del 2020 e co-autore senior del nuovo articolo.
Un elenco completo degli autori è disponibile nell'articolo (DOI: 10.1038/s41586-023-06840-9).
Un team di ricercatori ha voluto capire esattamente cosa succede a livello cerebrale in quel gruppo di pazienti che hanno sintomi persistenti. Utilizzando una versione avanzata di risonanza magnetica di diffusione, gli esperti hanno identificato delle differenze nella struttura del tessuto cerebrale dei pazienti con sintomi post Covid rispetto a persone sane.
Sotto la lente è finita in particolare la materia bianca del cervello. A condurre il lavoro sono stari ricercatori dell'università di Linköping, in Svezia, che hanno esaminato il cervello di 16 pazienti precedentemente ricoverati in ospedale per Covid e con sintomi persistenti. I risultati, pubblicati sulla rivista 'Brain Communications', possono fornire informazioni sui meccanismi alla base dei problemi neurologici persistenti post virus, spiegano gli scienziati.
Diversi studi precedenti hanno affrontato questo problema, molto sentito dai medici. "Può essere frustrante capire che i pazienti hanno dei problemi, ma non riuscire a trovare una spiegazione perché non c'è nulla nella risonanza magnetica che possa spiegarlo", osserva Ida Blystad, ricercatrice e neuroradiologa del Dipartimento di radiologia del Linköping University Hospital. "Per me, questo sottolinea l'importanza di provare altre tecnologie di esame per capire cosa sta succedendo nel cervello nei pazienti con sintomi persistenti post Covid". I ricercatori hanno quindi aggiunto un nuovo tipo di imaging e hanno puntato l'obiettivo sulla sostanza bianca del cervello, perché è costituita principalmente da assoni ed è molto importante per il trasporto dei segnali tra le diverse parti del cervello e il resto del corpo.
"La risonanza magnetica di diffusione - illustra Deneb Boito, dottorando del Dipartimento di ingegneria biomedica dell'università di Linköping - è una tecnologia molto sensibile che consente di rilevare cambiamenti nel modo in cui sono organizzati gli assoni delle cellule nervose. Questo è uno dei motivi per cui abbiamo voluto utilizzarla per studiare quegli effetti del Covid-19 sul cervello che altre tecnologie di imaging potrebbero non rilevare".
Per avere un'idea di cosa sia questa tecnica, si può immaginare una città di notte, con i fari e le luci posteriori delle auto che brillano come fili di perle rosse e bianche sulle strade più trafficate. Non si può vedere la strada in sé, ma si capisce che è lì perché le macchine possono circolare facilmente proprio lì. Allo stesso modo, medici e ricercatori possono ottenere informazioni su come è costruito il cervello a livello microscopico attraverso la risonanza magnetica di diffusione, che si basa sul fatto che ovunque nel cervello c'è acqua che si muove nei tessuti, ma le molecole d'acqua si muovono più facilmente lungo le vie neurali. Misurandone il movimento, i ricercatori possono dedurre indirettamente la struttura di questi percorsi.
Questa tecnica di imaging viene utilizzata ad esempio per la diagnosi di ictus o per la pianificazione di un intervento chirurgico al cervello. I ricercatori vi hanno fatto ricorso per esplorare appunto il cervello dei 16 protagonisti del lavoro: pazienti che stanno partecipando al Linköping Covid-19 Study (LinCos) nel Dipartimento di medicina riabilitativa e che avevano ancora sintomi persistenti dopo 7 mesi. Questo gruppo è stato confrontato con un gruppo di persone sane senza sintomi post Covid che non erano state ricoverate in ospedale per il virus. Il cervello dei partecipanti è stato esaminato sia con la risonanza magnetica convenzionale che con la risonanza magnetica di diffusione.
Risultato: "I due gruppi hanno differenze per quanto riguarda la struttura della sostanza bianca del cervello. E questa può essere una delle cause dei problemi neurologici vissuti dal gruppo che aveva sofferto di Covid grave", evidenzia Blystad. Quanto osservato è "in linea con altri studi che hanno mostrato cambiamenti nella materia bianca del cervello. Tuttavia, avendo esaminato solo un piccolo gruppo di pazienti, siamo cauti nel trarre conclusioni importanti. Con questa tecnologia non misuriamo la funzione del cervello, ma la sua microstruttura". I risultati ottenuti, conclude, "sono un segno che dobbiamo studiare gli effetti a lungo termine di Covid nel cervello utilizzando una tecnologia Mri più avanzata rispetto alla risonanza magnetica convenzionale".
Ci sono diverse questioni che i ricercatori vogliono ulteriormente approfondire. Sembra, ad esempio, che la materia bianca nelle diverse parti del cervello sia influenzata in modi diversi. Un prossimo lavoro esaminerà se i cambiamenti rilevati sono in qualche modo collegati all'attività cerebrale e in che modo le diverse parti del cervello comunicano tra loro attraverso la sostanza bianca cerebrale nei pazienti che soffrono di affaticamento post Covid. Un'altra domanda è cosa succede nel tempo. La risonanza magnetica fornisce un'immagine del cervello in quel particolare momento. Poiché i partecipanti sono stati esaminati una sola volta, non è possibile sapere se le differenze tra i due gruppi scompariranno nel tempo o se saranno permanenti.
''Abbiamo da poco concluso il primo anno di legislatura in cui ci siamo trovati ad affrontare uno scenario a dir poco complesso. Vi cito due fenomeni convergenti e che hanno radici lontane. Primo: il progressivo de-finanziamento del Servizio sanitario nazionale che si è protratto dal 2009 al 2019.
Ricordo che solo tra il 2014 e il 2019 il sistema ha perso 11,5 miliardi di euro in termini di mancata crescita del finanziamento. Il conto del decennio ci mostra un terribile -37 miliardi''. Lo ha affermato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, in apertura del proprio intervento all'incontro dal titolo 'La Sanità del futuro. Un bene indivisibile da Nord a Sud', che si svolto ieri a Roma.
''In secondo luogo- ha proseguito l'esponente del governo- il devastante effetto della pandemia da Covid-19, che ha causato la tragica perdita di tante vite umane e ha messo in luce le debolezze del sistema italiano che dobbiamo assolutamente ripensare''.
''Negli ultimi 10 anni- ha ricordato- la parola più frequente associata a Sistema Sanitario Nazionale è stata 'tagli'. Senza timore di smentita posso però affermare che oggi abbiamo messo un punto a questo dimagrimento''. ''Nonostante la grave crisi, e le risorse davvero limitate- ha continuato- con le ultime due finanziarie, quella per il 2023 e quella in esame per il 2024, invece di sottrarre, sosteniamo la salute con 18 miliardi di euro nell'arco del quadriennio 2023-2026. Ci dicono che non basta, anche data l'inflazione in crescita''. ''Mi stupisce davvero- ha poi ammonito Schillaci- il pulpito da cui arrivano queste critiche. Queste critiche arrivano dagli stessi che hanno tagliato 37 miliardi nel decennio pre-Covid, anche in periodi di inflazione alta''.
''Queste critiche- ha concluso- arrivano dagli stessi che hanno preferito la scorciatoia dei gettonisti invece di proteggere e valorizzare chi ha scelto come priorità la professione pubblica''.
Dopo circa un mese di sostanziale stabilità del numero dei nuovi casi settimanali, da 3 settimane consecutive si rileva la progressiva ripresa della circolazione virale. Infatti, dalla settimana 2-8 novembre a quella 23-29 novembre il numero dei nuovi casi settimanali è aumentato da 26.855 a 52.175 (+94,3%), il tasso di positività dei tamponi dal 13,6% al 18,8%, l’incidenza settimanale da 46 casi per 100 mila abitanti ha raggiunto 89 casi per 100 mila abitanti, la media mobile a 7 giorni da 3.469 casi/die il 2 novembre è salita a 7.454 casi/die il 29 novembre.
«Rispetto all’effettiva circolazione virale – commenta Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – il numero dei contagi è largamente sottostimato perché il sistema di monitoraggio, dopo l’abrogazione dell’obbligo di isolamento per i soggetti positivi, poggia in larga misura su base volontaria. Infatti, da un lato la prescrizione di tamponi nelle persone con sintomi respiratori è ormai residuale (undertesting), dall’altro con l’utilizzo diffuso dei test antigenici fai-da-te la positività viene comunicata ai servizi epidemiologici solo occasionalmente (under-reporting)».
Nella settimana 23-29 novembre l’incidenza dei nuovi casi oscilla da 1 caso per 100 mila abitanti della Sicilia a 183 del Veneto. Rispetto alla settimana precedente i nuovi casi aumentano in 15 Regioni: dal +3,7% del Veneto al +43,4% della Sardegna. In calo le restanti 6 Regioni: dal -3,5% della Provincia Autonoma di Trento al -32,3% dell’Umbria (tabella 1). In 80 Province si registra un aumento dei nuovi casi: dal +1,5% di Trieste al +60% di Matera. Nelle restanti 21 Province si rileva una diminuzione dei nuovi casi (dal -0,2% di Salerno al -50% di Messina); stabili le Province di Cagliari, Catanzaro, Enna, Oristano, Siracusa, Sud Sardegna con una variazione dello 0% (tabella 2).
Secondo l’ultimo Aggiornamento nazionale dei dati della Sorveglianza Integrata COVID-19 dell’Istituto Superiore di Sanità, rispetto alla distribuzione per fasce di età, fatta eccezione per la fascia 0-9 anni in cui si registrano 20 casi per 100 mila abitanti, l’incidenza aumenta progressivamente con le decadi: da 16 casi per 100 mila abitanti nella fascia 10-19 anni a 177 per 100 mila abitanti nella fascia 80-89 anni, fino a 221 per 100 mila abitanti negli over 90. «Una distribuzione – spiega il Presidente – che riflette la maggiore attitudine al testing con l’aumentare dell’età, confermando la sottostima della circolazione virale».
Varianti. Tutte le varianti circolanti appartengono alla “famiglia” Omicron. Nell’ultimo report dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) del 1 dicembre 2023 non vengono segnalate “varianti di preoccupazione”, ma solo “varianti di interesse”. In Italia, l’ultima indagine rapida dell’ISS, effettuata su campioni notificati dal 13 al 19 novembre 2023, riporta come prevalente (52,1%) la variante EG.5 (cd. Eris) e rileva, analogamente a quanto segnalato da altri paesi, un aumento (dall’1,3% al 10,8%) della variante BA.2.86 (cd. Pirola). «Secondo i report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – spiega il Presidente – relativi ai profili di rischio delle due varianti, Eris e Pirola hanno una moderata capacità evasiva alla risposta immunitaria, da vaccinazione o infezione naturale, che ne favorisce la rapida diffusione. Per nessuna delle due varianti ci sono evidenze sul maggior rischio di malattia grave».
Reinfezioni. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la percentuale di infezioni riportate in soggetti con almeno un’infezione pregressa (reinfezioni) è lievemente aumentata nelle ultime settimane, sino a raggiungere il 44%.
Ospedalizzazioni. Dopo un mese di stabilità, i posti letto occupati da pazienti COVID-19 dal 2 novembre al 29 novembre sono aumentati in area medica da 3.632 fino a 5.741 (+58,1%) e in terapia intensiva da 99 a 170 (+71,7%) (figura 3). Al 29 novembre il tasso nazionale di occupazione da parte di pazienti COVID è del 9,2% in area medica (dall’1,8% della Basilicata al 10,1% dell'Umbria) e dell’1,9% in area critica (dallo 0% di Basilicata, Marche, Provincia Autonoma di Bolzano e Valle d’Aosta al 2,8% dell’Emilia-Romagna). «Se in terapia intensiva – spiega il Presidente – i numeri sono esigui dimostrando che oggi l’infezione da SARS-CoV-2 solo raramente determina quadri severi, l’incremento dei posti letto occupati in area medica conferma che nelle persone anziane, fragili e con patologie multiple può aggravare lo stato di salute richiedendo ospedalizzazione e/o peggiorando la prognosi delle malattie concomitanti». Infatti, il tasso di ospedalizzazione in area medica cresce con l’aumentare dell’età: in particolare, passa da 39 per milione di abitanti nella fascia 60-69 anni a 112 per milione di abitanti nella fascia 70-79 anni, a 271 per milione di abitanti nella fascia 80-89 anni e a 421 per milione di abitanti negli over 90.
Decessi. Sono raddoppiati nelle ultime 4 settimane: da 148 nella settimana 26 ottobre-1 novembre a 291 nella settimana 23-29 novembre, per un totale di 881 decessi. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, i decessi risultano quasi esclusivamente a carico degli over 80. Infatti, a fronte di un tasso di mortalità di 3 decessi per milione di abitanti, sono 23 per milione di abitanti nella fascia 80-89 anni e 46 per milione di abitanti negli over 90.
Campagna vaccinale. Dal 20 novembre 2023 sulla dashboard del Ministero della Salute sono rendicontate esclusivamente le somministrazioni effettuate dal 26 settembre 2023, relative alla campagna vaccinale 2023-2024. L’ultimo aggiornamento della platea di riferimento rimane quello del 17 febbraio 2023, distinto solo per fasce di età e non per categoria vaccinale. Di conseguenza è possibile solo calcolare i tassi di copertura per le fasce 60-69 anni, 70-79 anni e per gli over 80.
Al 30 novembre sono state somministrate 1.042.541 dosi così suddivise: 190.467 (18,3% del totale) agli under 60 anni, 183.901 (17,6%) alla fascia 60-69 anni, 327.340 (31,4%) alla fascia 70-79 anni e 340.833 (32,7%) agli over 80. La media mobile a 7 giorni è pari a 23.854 somministrazioni al giorno, in calo rispetto alle 27.380 della settimana precedente (-12,9%). Facendo riferimento all’ultimo aggiornamento della platea ufficiale, il tasso di copertura nazionale per gli over 60 è del 4,9% (dallo 0% dell’Abruzzo al 12% della Toscana). Quello degli over 80, la fascia di età più suscettibile a ricoveri e decessi, del 7,4% (dallo 0% dell’Abruzzo al 17% della Toscana).
«Nonostante le raccomandazioni del Ministero della Salute – commenta il Presidente – i tassi di copertura negli over 60, ed in particolare negli over 80, rimangono molto bassi a livello nazionale e prossimi allo zero in quasi tutte le Regioni del Sud. Con un numero di somministrazioni che, invece di aumentare, si riduce. Purtroppo, al fenomeno della “stanchezza vaccinale” e alla continua disinformazione sull’efficacia e sicurezza dei vaccini, si sono aggiunti vari problemi logistico-organizzativi: ritardo nella consegna e distribuzione capillare dei vaccini, insufficiente e tardivo coinvolgimento di farmacie e medici di medicina generale, mancata attivazione della chiamata attiva dei pazienti a rischio, difficoltà tecniche dei portali web di prenotazione. Con la tragica conseguenza che l’attuale incremento della circolazione virale viene a coincidere con il progressivo declino della copertura immunitaria in un numero sempre più elevato di anziani e fragili, aumentando inesorabilmente ricoveri ordinari e decessi».
Le indicazioni per la campagna di vaccinazione anti-COVID-19 2023-2024 sono contenute nella Circolare del Ministero della Salute del 27 settembre che fa seguito quella del 14 agosto. «Viene raccomandato un richiamo annuale – spiega Cartabellotta – con la formulazione aggiornata monovalente XBB 1.5, già approvata da EMA. La somministrazione deve essere effettuata a distanza di almeno 6 mesi dall'ultimo richiamo (indipendentemente dal numero di richiami effettuati) o dall’ultima infezione diagnosticata». L’obiettivo è quello di prevenire mortalità, ospedalizzazioni e forme gravi di COVID-19 nelle persone anziane e con elevata fragilità, oltre a proteggere le donne in gravidanza e gli operatori sanitari. In dettaglio, le categorie a cui è raccomandato il richiamo sono:
La vaccinazione viene inoltre consigliata a familiari e conviventi di persone con gravi fragilità e può essere richiesta anche dalle persone che non appartengono alle categorie di cui sopra.
«I dati – conclude Cartabellotta – confermano una progressiva ripresa della circolazione virale, peraltro largamente sottostimata, dovuta a fattori concomitanti: arrivo della stagione invernale, prevalenza di varianti immunoevasive, progressiva riduzione dell’immunità da vaccino o da infezione naturale, sostanziale assenza di misure di protezione individuale. D’altra parte i dati su ospedalizzazioni in area medica e i decessi confermano che la malattia grave colpisce prevalentemente le fasce di età avanzata, oltre che i soggetti fragili, ai quali è già indirizzata prioritariamente la campagna vaccinale 2023-2024. Alla luce del quadro epidemiologico, della percentuale di reinfezioni, dell’efficacia dei vaccini sulla malattia grave e delle rilevanti criticità che condizionano l’erogazione dei servizi sanitari, la Fondazione GIMBE invita le Istituzioni a potenziare rapidamente la campagna vaccinale per anziani e fragili, oltre a rimettere in campo - ove necessario - misure di contrasto alla diffusione del virus. Alla popolazione rivolge l’invito a mantenere comportamenti responsabili: perché nei prossimi mesi il vero rischio reale del COVID-19, insieme all’epidemia influenzale, è quello di compromettere la tenuta del Servizio Sanitario Nazionale, già profondamente indebolito e molto meno resiliente, in particolare per la grave carenza di personale sanitario».
Il monitoraggio GIMBE della pandemia COVID-19 è disponibile a: https://coronavirus.gimbe.org
Uno studio Enea - Università di Roma Tor Vergata ha evidenziato una forte affinità tra il particolato atmosferico (Pm2.5) e la proteina Spike del virus Sars-Cov-2 responsabile del Covid.
I ri,sultati, che descrivono l’interazione tra le polveri sottili e il virus attraverso simulazioni di dinamica molecolare eseguite con il supercalcolatore Cresco6, sono stati pubblicati sulla rivista online Science of The Total Environment e rientrano nell’ambito del progetto Pulvirus.
“Durante la fase iniziale della pandemia la Lombardia e, in generale, tutta l’area della Pianura Padana sono state colpite più duramente dall’infezione virale rispetto al resto del Paese. Parliamo di una parte d’Italia tra le più inquinate e questo ha portato la comunità scientifica a ipotizzare un possibile ruolo del particolato atmosferico nella diffusione del virus”, spiega Caterina Arcangeli, ricercatrice Enea del Laboratorio Salute e Ambiente e coautrice dello studio insieme ai colleghi Barbara Benassi, Massimo Santoro e Milena Stracquadanio e ai ricercatori del Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata Alice Romeo, Federico Iacovelli e Mattia Falconi.
Lo studio è partito dalla verifica e dimostrazione della presenza del genoma del virus responsabile del Covid-19 su almeno il 50% dei campioni di filtri per il Pm2.5 raccolti nella città di Bologna nell’inverno del 2021. “A seguire abbiamo realizzato al computer modelli molecolari semplificati di Pm2.5 e di Sars-Cov-2 e abbiamo valutato la loro interazione mediante simulazioni ad alte prestazioni eseguite con il supercalcolatore Cresco6”, aggiunge Arcangeli.
Le simulazioni - spiega una nota - hanno mostrato chiaramente che i glicani (zuccheri) presenti sulla superficie della proteina Spike giocano un ruolo importante nell’interazione tra virus e particolato, mediando il contatto diretto con la corrispondente superficie del nucleo di carbonio del Pm2.5. Inoltre, dallo studio emerge anche una stretta correlazione tra Pm2.5 e virus anche rispetto alle caratteristiche chimiche del particolato fine, il cui contenuto in carbonio elementare sembra avere una funzione guida nell’interazione con il Sars-Cov-2.
“Sebbene l’affinità tra Pm2.5 e Sars-Cov-2 appaia plausibile, la simulazione non permette di valutare se queste interazioni siano sufficientemente stabili per trasportare il virus nell’atmosfera o se il virione mantenga la sua infettività dopo il trasporto. La possibilità che il virus possa essere ‘sequestrato’ dal Pm, con conseguente riduzione di infettività e diffusione, o inattivato da questa forte interazione con il particolato non può essere quindi esclusa”, prosegue la ricercatrice Enea.
La forza delle simulazioni al computer effettuate da questo studio risiede nella capacità di modellare diversi tipi di particolato, variando sia la concentrazione che la composizione chimica degli inquinanti atmosferici. Queste simulazioni possono, dunque, rappresentare uno strumento utile per valutare rapidamente l’eventuale interazione delle polveri sottili con virus, batteri o altri bersagli cellulari rilevanti. “Questa possibilità potrebbe dimostrarsi utile per contrastare o controllare la diffusione di future malattie trasmesse per via aerea in regioni altamente inquinate e fornire informazioni utili per elaborare piani di controllo dell'inquinamento dell’aria”, conclude Arcangeli.
Vaccini gratis in Lombardia da oggi. L'antinfluenzale e anti-Covid sono offerte gratuitamente a tutta la popolazione lombarda, indipendentemente da età, condizione di salute o categoria di rischio.
L'assessore al Welfare, Guido Bertolaso, invita tutti i cittadini alla vaccinazione: "Spero che in tanti aderiscano alla campagna di Regione Lombardia. Ad oggi l'influenza non è un problema, ma sappiamo benissimo che nelle prossime settimane e nei prossimi mesi lo diventerà". L'assessore rinnova l'invito a vaccinarsi in particolare alle persone anziane. I portali con le indicazioni per le prenotazioni:
https://www.wikivaccini.regione.lombardia.it/wps/portal/site/wikivaccini https://www.wikivaccini.regione.lombardia.it/wps/portal/site/wikivaccini/DettaglioRedazionale/le-vaccinazioni-quali/vaccinazioni-cov id-antiflu-2023
“Il Covid ha cambiato maschera…. ma è rimasto in scena. Grazie alla scienza con il virus ci conviviamo. Proteggiamo quello che abbiamo riconquistato, anche con la prevenzione”. Autore e protagonista dello spot tv è Michele Placido: dagli spazi di un set cinematografico il celebre regista e attore, protagonista di opere cult come Mery per sempre e Un eroe borghese, risponde così alla ‘provocazione’ del suo alter ego virtuale – “Ancora a parlare di Covid!” – rivolgendosi direttamente alla macchina da presa e alle persone che lo guardano da casa.
Lo spot TV va in onda sulle reti Mediaset, Rai e La7 nell’ambito della campagna di sensibilizzazione “Affrontiamo insieme la Nuova Normalità”, promossa da Pfizer per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza di non abbassare la guardia sul Covid e di normalizzare la convivenza con il virus, grazie all’impegno verso la prevenzione e la sorveglianza epidemiologica che sono stati messi in atto fino ad oggi e che devono andare avanti.
Il dialogo che avviene nello spot tra il Michele Placido reale e il suo doppio, confinato all’interno di uno schermo, è un espediente narrativo che riproduce l’atteggiamento dicotomico che ha oggi l’opinione pubblica nei confronti del virus. La nuova normalità ci aiuta a proteggere quello che abbiamo riconquistato: stare di nuovo insieme, viaggiare, riprendere la normalità delle nostre vite, essere liberi. In particolare, proteggendo le persone fragili con comorbidità e gli anziani, che rappresentano un’ampia fascia della popolazione italiana. Per continuare a stare insieme, non bisogna dunque abbassare la guardia.
La campagna di sensibilizzazione “Affrontiamo insieme la Nuova Normalità” è realizzata con il patrocinio di una larga alleanza di soggetti tra Società medico-scientifiche, Organizzazioni di pazienti e Associazioni di settore: AIPO – Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri; FederANISAP; Federfarma; FIMMG – Federazione Italiana Medici di Famiglia; FOFI – Federazione Ordini Farmacisti Italiani; SIGG – Società Italiana di Gerontologia e Geriatria; SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle cure primarie; SIMIT – Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali; SITA – Società Italiana di Terapia Antinfettiva; SItI – Società Italiana di Igiene, medicina preventiva e sanità pubblica; AIL – Associazione Italiana contro Leucemie, linfomi e mieloma; AMICI Italia; Amici Obesi; ANMAR – Associazione Nazionale Malati Reumatici; APMARR – Associazione nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare; Associazione Pazienti BPCO e altre patologie respiratorie; Cittadinanzattiva; Europa Donna Italia; Europa Uomo; FAND – Associazione Italiana Diabetici; FederCentri APS ETS; NADIR ETS.
Lo spot diretto e interpretato da Michele Placido, curato da Pro Format Comunicazione e prodotto da Nicola Liguori e Tommaso Ranchino per MP Film, con la musica di Virginio, sarà in rotazione sulle reti Mediaset, Rai e La7 per tutto il mese di novembre ed è disponibile per la visione sul sito web
https://www.pfizer.it/scienza-
Il coronavirus non rappresenta più una sfida per la salute pubblica come durante la pandemia. Non si possono tuttavia escludere ulteriori ondate di infezioni da coronavirus o altri virus respiratori. Con la «Strategia Endemia COVID-19 +» il Dipartimento federale dell’interno intende contribuire a proteggere le persone particolarmente a rischio e prevenire un sovraccarico del sistema sanitario.
La pandemia di COVID-19 è finita, ma il virus circola ancora. Non possono pertanto essere escluse nuove ondate di infezione e, in particolare per gli anziani e le persone affette da determinate malattie, gravi rischi sanitari. Questo può mettere a dura prova il sistema sanitario, soprattutto se nei mesi autunnali e invernali si registrano contemporaneamente molti casi di influenza o altre infezioni respiratorie.
La «Strategia Endemia COVID-19 +», elaborata dall’Ufficio federale della sanità pubblica, mira a proteggere al meglio la salute delle persone particolarmente a rischio e prevenire sovraccarichi del sistema sanitario ed è incentrata su tre campi d’intervento: monitoraggio, prevenzione e controllo dell’infezione.
Monitoraggio della situazione epidemiologica
Un monitoraggio capillare della circolazione dei virus consente di valutare costantemente la situazione epidemiologica del SARS-CoV-2 e di altri virus respiratori. Per individuare tempestivamente ogni mutamento della situazione e quindi ogni potenziale minaccia per la salute pubblica vengono analizzati i dati provenienti da diversi sistemi, tra cui il monitoraggio delle acque reflue, il sistema Sentinella dei medici di famiglia e il sistema di segnalazione obbligatoria delle malattie infettive.
Prevenzione
La vaccinazione è la principale misura di prevenzione. L’accesso alla vaccinazione anti-COVID-19 deve essere garantito soprattutto alle persone particolarmente a rischio. Inoltre la popolazione deve essere informata sulle misure che può adottare per proteggersi nella vita quotidiana, come arieggiare regolarmente i locali, lavarsi le mani o indossare la mascherina.
Controllo dell’infezione nelle case per anziani e nelle case di cura
Una prevenzione efficace delle infezioni mira a proteggere le persone particolarmente a rischio. Per prevenire meglio le infezioni o contenere un focolaio vengono elaborate raccomandazioni per le case per anziani e le case di cura.
Attuazione della strategia
La maggior parte delle misure menzionate nella strategia si sono rilevate efficaci negli ultimi due anni e devono essere mantenute.
Le misure saranno attuate congiuntamente e secondo le rispettive competenze da Confederazione, Cantoni, studi di medicina generale, case per anziani e case di cura, ospedali e altri attori del settore sanitario. Nell’attuazione della «Strategia Endemia COVID-19 +» si terrà costantemente conto delle nuove scoperte scientifiche e dei cambiamenti significativi della situazione epidemiologica.