Hai ricercato la parola "covid" per "parola chiave"
- Influenza e Covid, differenza sintomi e le terapie
- Covid. OMS, malattia meno grave e immunita' piu' forte. La maggior parte delle persone e' a basso rischio ricovero
- L' INFETTIVOLOGO, PASSATA LA PAURA COVID NESSUNO SI VACCINA PIU'
- COVID, SCOPERTA NUOVA CHIAVE CON CUI VIRUS ENTRA IN CELLULE UMANE
- Covid, dati stabili in Italia. Indice di trasmissibilita' (Rt) sui casi con ricovero ospedaliero in diminuzione
- Covid e fecondazione, si cercano donatori non vaccinati
- Covid, aumenta circolazione variante BA.2.86 Pirola in Italia
- Covid, la campagna di vaccinazione non decolla
- COVID. ISS, ERIS (EG.5) PREVALENTE IN ITALIA
- Covid, scendono contagi e decessi nel mondo
- Vaccino 2 in 1 contro influenza e covid
- Long Covid, infiammazione diminuisce la serotonina con problemi nella regolazione di umore, memoria e digestione. il ruolo del triptofano
- Vaccino anti Covid, al via la campagna in Ticino
- Covid, HV.1 è una nuova variante in aumento negli USA
- Covid Svizzera, aumentare il ricorso alle conoscenze scientifiche
- Covid, i servizi federali hanno verificato in modo adeguato la costituzionalita' delle misure adottate in Svizzera
- Vaccini anti Covid, il Premio Nobel della Medicina 2023 a Karikó e Weissman per gli studi su mRna
- Vaccinazione Lazio, il 2 ottobre parte la campagna contro influenza e Covid
- Sanita' Lombardia, dal 1 ottobre al via campagna vaccinazione anti influenza e Covid
- Covid, arrivato a Roma il nuovo vaccino aggiornato per la variante XBB 1.5 Kraken
- Covid, i sintomi della variante Pirola BA.2.86
- Covid, variante BA.2.86 di Sars-CoV-2 (Pirola) isolata a Brescia
- COVID. MINISTRO SCHILLACI, VACCINI DOVREBBE ESSERE DISPONIBILE DALLA PROSSIMA SETTIMANA
- COVID E SCUOLE. MINISTRO SCHILLACI, NESSUN ALLARMISMO
- COVID. FAMILIARI VITTIME, GENETICA NON TOLGA ATTENZIONE DA RESPONSABILITA'
La variante Covid predominante oggi in Italia, EG.5, o 'Eris', "porta una febbre alta, per due o tre giorni, che veramente assomiglia molto all'influenza con qualche dolore in più in alcuni soggetti.
E quindi come tale va trattata". Lo spiega all'Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova. Come curarla? "Usiamo i farmaci sintomatici: il paracetamolo, l'ibuprofene, il ketoprofene e l'aspirina", risponde.
"Oggi circa il 50% dei contagi in Italia è dovuto a 'Eris', ma c'è una grande variabilità che dipende dal singolo pazienti: può infatti decorrere paucisintomatica nei sani ma anche dare un sintomatologia accentuata con febbre alta, c'è chi torna a perdere l'olfatto e il gusto, cosa che non vedevamo con le varianti precedenti. E in alcuni casi può impegnare le vie respiratorie. Diciamo che questi soggetti si possono curare a casa con paracetamolo o ketoprofene - illustra Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali (Simit) e professore di Malattie infettive all'Università Tor Vergata di Roma - Ma se il soggetto è fragile o anziano deve prendere entro 5 giorni gli antivirali, Paxlovid e Remdesivir, che funzionano anche contro 'Eris'. Ricordo che questa malattia nel giro di poche ore può cambiare connotati e magari si deve correre in ospedale. A ottobre abbiamo avuto 800 morti e sarebbe interessante sapere quanti erano vaccinati e quanti hanno fatto le terapie".
"E' una malattia diversa rispetto al 2020-2021, allora c'era bisogno di un certo tipo di cura. Oggi è un altro mondo e anche le terapie sono diverse - interviene Bassetti - quando vedo prescrivere per 'Eris' l'antibitiotico, l'azitromicina, il cortisone, penso che siamo di fronte a una profonda ignoranza da parte di chi usa questo tipo di terapie. 'Sparare' così nel 2023 come si 'sparava' nel 2020 è un errore clamoroso, quindi - conclude Bassetti - la raccomandazione da dare alle persone è che questa malattia è certamente un'infezione respiratoria molto simile all'influenza o al raffreddore e come tale va gestita, salvo nelle persone più anziane e nelle persone più fragili, dove si usano gli antivirali".
"Le attuali varianti del virus" di "Covid-19 tendono a causare malattie meno gravi, mentre i livelli di immunità sono più elevati grazie alla vaccinazione". Due elementi che portano a "minori rischi di patologie gravi e morte per la maggior parte dei pazienti".
Lo sottolinea l'Organizzazione mondiale della sanità, che ha diffuso un aggiornamento delle linee guida per il trattamento dell'infezione da Sars-CoV-2, e ha rivisto le stime sul rischio di finire in ospedale per Covid. Questo, spiega l'agenzia ginevrina, aiuterà gli operatori sanitari a "identificare i soggetti a rischio ricovero alto, moderato o basso e a personalizzare le terapie secondo le linee guida Oms".
In caso di infezione Sars-CoV-2, dettaglia l'Oms, il pericolo è "alto" per "le persone immunodepresse", che "rimangono a rischio più elevato se contraggono Covid-19, con un tasso di ospedalizzazione stimato del 6%".
Il rischio scende invece a "moderato" per "le persone di età superiore a 65 anni, quelle con condizioni come obesità, diabete e/o disturbi cronici tra cui broncopneumopatia cronica ostruttiva" Bpco, "malattie renali o epatiche, cancro, le persone con disabilità e quelle con comorbilità di malattie croniche"; per loro, in caso di Covid l'agenzia Onu per la salute stima "un tasso di ospedalizzazione del 3%".
Infine, "coloro che non rientrano nelle categorie a rischio alto o moderato sono a basso rischio di ricovero ospedaliero (0,5%)" per Covid. "La maggior parte delle persone", precisa l'Oms, oggi "è a basso rischio".
La pandemia non è finita ma il Covid non è scomparso. E i soggetti più fragili dovrebbero continuare a vaccinarsi. Ad oggi, però, l'adesione alla campagna ha "tassi estremamente bassi".
A dirlo è Pierluigi Viale, infettivologo del Policlinico Sant'Orsola di Bologna, intervenuto questa mattina nell'ultima giornata del Festival della Scienza medica, sotto le Due torri. Più che Covid-19, afferma Viale, "oggi sarebbe meglio chiamarlo Covid-23, perché è completamente diverso per numeri, meccanismi patogenetici e fenotipo clinico. Da malattia super-acuta e molto grave è diventata una malattia che in alcune persone ha un andamento sub-acuto o cronico". La pandemia, insomma, "è finita per un atto politico dell'Oms, un atto dovuto- precisa Viale- perchè è cessata la fase di urgenza e allarme. Ma questo non significa che il Covid sia scomparso".
certo, oggi "siamo lontani da quei giorni che vogliamo dimenticare del 2020 e 2021. La circolazione del virus permane, ma su livelli meno preoccupanti". Nel 2023, sottolinea Viale, l'indice Rt "è calato drasticamente. C'è stata una sensazione di ripresa a fine estate, ma oggi è stabile". Anche sugli ospedali, l'impatto è ridotto e il tasso di occupazione dei posti letto "è stabile, molto stabile in particolare nelle terapie intensive". Allo stesso modo, la mortalità è soprattutto tra i più anziani, che però per lo più "muoiono con il Covid e non per diretta conseguenza del Covid", precisa Viale.
L'impatto del virus, insomma, è "molto meno preoccupante. Ma non possiamo perseguire politiche di negazione o dimenticarlo. E non dobbiamo cessare l'attività di prevenzione". Durante la pandemia, l'adesione al vaccino era molto diffusa. "Passata la paura è calata drasticamente", segnala Viale. La nuova campagna avviata in questi giorni, con l'ultimo vaccino aggiornato al 90% delle varianti oggi in cicrolazione (tutte variazioni della Omicron), vede "tassi estremamente bassi. Ma finché abbiamo sotto-varianti della stessa variante di riferimento- spiega Viale- i vaccini funzionano", soprattutto contro le forme di malattia grave.
E quindi "la raccomandazione è a mantenere l'adesione" alla campagna vaccinale. Anche i farmaci antivirali funzionano, ma quelli "dovremmo concentrarli su pazienti che ne hanno veramente bisogno- sostiene Viale- perché sono costosi e difficili da somministrare". In particolare andrebbero concentrati, secondo l'infettivologo, su alcune categorie di immunodepressi, come i pazienti in cura con le Car-t. Secondo uno studio realizzato proprio a Bologna, tra l'altro, proprio come per l'Hiv, anche per il Covid il trattamento combinato con più farmaci darebbe risultati positivi in termine di guarigione.
Scoperta una nuova strada attraverso cui il virus Sars-Cov-2 entra nei monociti, globuli bianchi che contribuiscono alla risposta immunitaria innata: ricercatori dell'Università di Padova e di Human Technopole hanno osservato che il Sars-Cov-2 si lega a un recettore presente sulla membrana della cellula, chiamato Rage (Receptor for advanced glycation end products) e lo usa come chiave per entrare all'interno.
I ricercatori hanno anche osservato che i pazienti in cui l'attivazione del pathway Rage è più elevata hanno sintomi e conseguenze più gravi. Lo studio è stato pubblicato sulla nota rivista scientifica 'Cell Reports Medicine'. La scoperta è il risultato della stretta collaborazione tra il gruppo coordinato dalla professoressa Antonella Viola, presso il Dipartimento di Scienze Biomediche dell'Università di Padova e i ricercatori del gruppo di Human Technopole coordinato dal prof. Giuseppe Testa, con il supporto dell'Istituto Europeo di Oncologia e dell'Università degli Studi di Milano. Lo studio si è basato sui dati di pazienti ricoverati per Covid-19 durante la prima fase della pandemia presso l'Unità Operativa Complessa Malattie Infettive e malattie Tropicali di Padova, diretta dalla dottoressa Anna Maria Cattelan.
Il gruppo di ricerca padovano ha isolato e caratterizzato le cellule immunitarie del sangue dei pazienti Covid-19 in tre momenti diversi del decorso dell'infezione, ovvero al ricovero, alle dimissioni e dopo un mese. L'analisi è poi proseguita a Milano con l'utilizzo di tecnologie che hanno permesso di analizzare la totalità di quanto accade all'interno di una singola cellula, cioè l'espressione di tutti i 20.000 geni codificati dal suo Dna. La mole di dati osservata per ciascun paziente è paragonabile alla quantità di informazioni presente in un'immagine da 140 megapixel, risoluzione alla frontiera delle possibilità delle fotocamere comunemente disponibili sul mercato.
Queste 'fotografie' sono state scattate in più momenti del percorso ospedaliero dei pazienti, amplificando così esponenzialmente la mole di dati, ma soprattutto le informazioni per ogni singolo paziente sulla risposta del sistema immunitario al Sars-Cov-2. Dall'analisi è emerso che il recettore Rage induce specifiche alterazioni nella regolazione dei geni, potenziando l'effetto infiammatorio del virus e contribuendo all'aggravarsi della malattia. L'identificazione di questa nuova modalità di interazione tra il virus e le cellule umane è di importanza cruciale per lo sviluppo di strategie terapeutiche mirate, in particolare per proteggere i soggetti a rischio di gravi complicanze, come gli anziani o i soggetti fragili. Questa scoperta potrebbe gettare le basi per un approccio più mirato e efficace nel contrastare la diffusione del virus in questi gruppi vulnerabili.
Ad esempio paragonando le caratteristiche risposte molecolari rilevate nel corso dello studio con quelle raccolte in alcuni database globali, gli scienziati hanno inoltre scoperto che il farmaco Baricitinib, già approvato dall'AIFA nel 2021 per il trattamento di Covid-19, potrebbe potenzialmente invertire gli effetti dannosi identificati. Spiega la prof.ssa Antonella Viola, docente di patologia generale al dipartimento di Scienze biomediche dell'Università di Padova e corresponding author dello studio: "Quando la pandemia è iniziata ci siamo subito messi in contatto con la prof.ssa Annamaria Cattelan per mettere le nostre competenze a servizio della comunità. Insieme abbiamo studiato le caratteristiche immunologiche dei pazienti ricoverati a Padova e questo è l'ultimo di una serie di risultati che abbiamo ottenuto e pubblicato. La collaborazione con il gruppo di Giuseppe Testa e con gli altri colleghi di HT per questo specifico studio è stata strategica per riuscire a identificare un nuovo recettore del Sars-Cov-2. La nostra ricerca, frutto di una collaborazione tra scienziati di ambiti diversi e operanti in Italia e all'estero, mostra quanto ancora poco conosciamo questo virus e quanto sia importante continuare a definire i meccanismi patogenetici del Covid-19".
Dichiara Giuseppe Testa, professore di Biologia Molecolare all'Università degli Studi di Milano, direttore del programma di ricerca in Neurogenomica di Human Technopole in convenzione con l'Università Statale di Milano, Group Leader all'Istituto Europeo di Oncologia e corresponding author dello studio: "L'idea di iniziare a studiare il Covid-19 come parte della nostra missione di responsabilità sociale in qualità di scienziati risale al marzo del 2020, all'inizio della pandemia, quando lanciai il progetto covidiamo sotto l'egida dell'iniziativa europea LifeTime-for-Covid-19, di cui sono stato coordinatore, che applicava al Covid-19 il paradigma della medicina ad alta definizione mirato a intercettare i meccanismi di malattia al loro primo manifestarsi e poi nel loro decorso grazie a uno zoom ad alta risoluzione su come ciascuna singola cellula modifica il suo funzionamento.
Questo studio è il risultato del nostro lavoro portato avanti a Human Technopole e all'Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con il gruppo di Antonella Viola dell'Università di Padova, che ha permesso di identificare un nuovo meccanismo che in futuro potrà aiutarci a capire perché in alcune persone il Covid-19 ha un decorso peggiore rispetto ad altre. Il ruolo importante di RAGE era già noto alla comunità scientifica in quanto legato a una serie di condizioni fisiopatologiche come obesità e diabete, ma questa è la prima volta che viene identificato come recettore di un virus. Questa scoperta dimostra il potere dell'alta risoluzione spinta a livello della singola cellula e pone le basi per un'analisi più approfondita sul ruolo di Rage nelle infezioni e potrebbe avere in futuro un impiego traslazionale nella lotta ad alcune malattie, anche se al momento non esiste ancora un trial clinico".
Situazione Covid in Italia stabile e sotto controllo. "L’indice di trasmissibilità (Rt) basato sui casi con ricovero ospedaliero al 31 ottobre è pari a 0,83, in diminuzione rispetto alla settimana precedente (Rt=0,92) al 24 ottobre.
L’incidenza di casi diagnosticati e segnalati nel periodo 2-8 novembre è pari a 46 casi per 100.000 abitanti, sostanzialmente stabile rispetto alla settimana precedente". Lo evidenziano i dati del monitoraggio della Cabina di regia ministero della Salute-Istituto superiore di sanità (Iss).
Situazione stabile per i reparti Covid in Italia. "All’8 novembre l’occupazione dei posti letto in area medica resta limitata, pari al 5,9% (3.656 ricoverati) sostanzialmente stabile rispetto alla settimana precedente (5,8% al primo ottobre). Invariata anche l’occupazione dei posti letto in terapia intensiva, pari a 1,2% (102 ricoverati) rispetto alla settimana precedente (1,2% al primo ottobre)".
In base ai dati di sequenziamento disponibili nella piattaforma nazionale I-Co-Gen, "nelle ultime settimane di campionamento consolidate (dati al 6 novembre ), si osserva una co-circolazione di ceppi virali ricombinanti omicron riconducibili a XBB. Tra questi, in accordo con quanto osservato in diversi Paesi, la variante d’interesse EG.5, con diversi sotto-lignaggi, si conferma predominante".
Cercasi campioni di sperma da uomo non vaccinato contro il Covid. Merce rara dopo una pandemia e un'immunizzazione di massa. Il sentimento no vax 'contagia' anche il mondo della fecondazione, e il movimento che lo promuove sembra essersi stabilmente infiltrato anche in gruppi Facebook di donatori di sperma, che offrono online i loro 'servizi' a donne in cerca di un bambino.
Secondo un'inchiesta esclusiva del 'Daily Mail', che ha indagato sul fenomeno, le richieste di sperma di non vaccinati hanno avuto un exploit.
Succede negli Usa, dove Jonathan David Rinaldi, soprannominato 'The Sperminator', per anni prolifico donatore nel gruppo 'Facebook Sperm Donation Usa', la più grande community di questo tipo negli States, dopo aver visto un "massiccio aumento" delle richieste di sperma da donatori non vaccinati, ha deciso di staccarsi e fondare il suo gruppo 'scissionista' esclusivamente per no-vax. "C'è qualche donatore in Alabama e dintorni? No vaccino Covid, no malattie sessualmente trasmesse, solo inseminazione artificiale - è uno degli annunci pubblicati - Mia moglie ed io stiamo di allargare la nostra famiglia e speriamo di trovare qualcuno che possa aiutarci".
Il gruppo conta quasi 250 membri e ha risposto alle richieste di molte persone, riferiscono. Gli iscritti? Giovani professionisti, coppie gay, donne single provenienti sia dagli Stati Uniti che dal Regno Unito. La maggior parte dei donatori offre il proprio sperma gratuitamente. Rinaldi, 44 anni, è uno dei milioni di americani che sono stati catturati dalla teoria secondo cui i vaccini anti-Covid danneggiano in qualche modo il sistema riproduttivo. Questo nonostante i Cdc (Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie) abbiano ripetutamente affermato che non ci sono prove che le iniezioni influenzino la fertilità e gli studi che hanno coinvolto decine di milioni di persone hanno concluso che sono sicure.
"Non mi fido di 'big government', di 'big pharma'. Non mi fido di loro e non ho bisogno di iniettarmi cose che non so nemmeno cosa siano", ha detto Rinaldi al 'DailyMail' online. Gli utenti del suo gruppo condividono la sua idea, con post che collegano l'iniezione di Covid alla morte dello sperma e contengono altre fake news legate ai vaccini. La domanda-offerta di sperma no-vax corre sul web, non sui canali ufficiali. E infatti 'Cryos', una delle banche del seme più grandi d'America, ha dichiarato in realtà di aver avuto "pochissimi clienti che richiedevano informazioni su donatori non vaccinati". Quello che è stato osservato nell'inchiesta è invece un nuovo interesse per i donatori non vaccinati sui gruppi Facebook negli Stati Uniti.
Le donne in cerca di 'provette' specificano "no Covid vax" nei loro post. I donatori si identificano con formule come 'unvaccinated man' o specificano "sperma non modificato da mRna". Una donna ha pubblicato una foto del suo test di gravidanza positivo dopo donazione di sperma no-vax, commentando orgogliosamente: "Un altro bambino 'allevato in fattoria', 'non cresciuto in farmacia', in arrivo". Da piccolo Rinaldi ha ricevuto i vaccini anti morbillo-parotite-rosolia, antipolio e varicella. Quando ha avuto il primo figlio, ha iniziato a mettere in dubbio la necessità delle vaccinazioni. Da allora non ha più fatto nessuna iniezione scudo. "E quando la scuola ha iniziato a dire che mio figlio doveva averli...non mi piace davvero che il Governo mi dica cosa fare, quindi mi ha fatto pensare di fare il contrario".
Gli annunci nel gruppo tematico si susseguono. C'è una mamma single di un bimbo di 2 anni, al quale vorrebbe dare un fratellino. E fra chi si propone c'è anche un uomo che è stato lui stesso concepito, utilizzando la donazione di sperma e oggi si offre come donatore non vaccinato. Rinaldi, di Forest Hills, New York, ha iniziato a donare sperma quando una sua amica lesbica gli ha chiesto aiuto per concepire un bambino. Ora ha tre figli con la sua ex compagna e altri 16 concepiti grazie alla donazione.
In Italia è "in aumento, anche se ancora contenuta, la circolazione della variante sotto monitoraggio BA.2.86" ribattezzata 'Pirola', "con una prevalenza nazionale stimata pari a 1,3%". E' quanto riporta nella sezione dedicata alle varianti il monitoraggio settimanale Covid della Cabina di regia del ministero della Salute-Istituto superiore di sanità.
"Alla data della più recente indagine rapida per la stima della prevalenza delle varianti di Sars-CoV-2 (condotta dal 16 al 22 ottobre), la prevalenza nazionale stimata dei ceppi virali ricombinanti Omicron riconducibili a XBB risulta pari al 90,9% - ricorda la Cabina di regia - Tra questi, la variante d’interesse EG.5 si conferma prevalente (51%)".
Un richiamo a fare di più per spingere le vaccinazioni anti-Covid in vista anche dell'inverno. E' l'obiettivo della nuova circolare firmata dal direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia, sulle indicazioni e le raccomandazioni per il proseguimento della campagna di vaccinazione contro il Covid.
"Tenuto conto che l'andamento dell'attuale campagna vaccinale vede ancora un ridotto numero di vaccinazioni e che alla direzione generale, sin dall'inizio della campagna 2023-24, giungono giornalmente segnalazioni da parte dei cittadini in merito a difficoltà di accesso alla vaccinazione, si raccomanda - si legge nella circolare che 'tira le orecchie' alle Regioni - di implementare le più opportune misure organizzative, con particolare riferimento alla collaborazione operativa dei medici di medicina generale e pediatri di libera scelta e delle farmacie, atte a garantire una maggiore offerta attiva della vaccinazione alle persone a rischio di sviluppare forme gravi della malattia".
Il documento raccomanda, inoltre, di "rafforzare le attività di comunicazione e informazione" e di "rendere possibile ai cittadini la prenotazione della vaccinazione anti Covid-19 tramite piattaforma regionale online". In risposta alla richiesta di chiarimenti da parte di alcune Regioni e sul consenso informato alla vaccinazione Covid-19, "si rappresenta che per lo stesso possono essere utilizzate le procedure regionali già previste per le altre vaccinazioni".
La variante di Eris del Covid (EG.5) domina in Italia. Secondo la flash survey di ottobre pubblicata dall'Istituto superiore di sanità (Iss) "risulta prevalente e in leggero aumento".
E' al 51%, rispetto 44,7% della precedente indagine. L'altra variante Covid sotto i fari, BA.2.86 - battezzata Pirola dagli esperti sui social e sotto la lente per il suo elevato numero di mutazioni - ha una prevalenza che risulta in aumento a quota 1,3%, rispetto allo 0,2% della precedente rilevazione.
Sono in calo invece i valori di prevalenza di Arturo XBB.1.16, che continua il suo declino ed è adesso all'8.6%, contro il 12,8% della precedente indagine, di XBB.1.9 (9,5% contro 13,2% della precedente indagine) e di Acrux XBB.2.3 (6,3% contro 10% della precedente indagine).
Questo il quadro che emerge dalla valutazione dei campioni notificati dal 16 al 22 ottobre 2023, nell'ambito delle indagini periodiche eseguite con la rete di laboratori per stimare la prevalenza delle varianti del virus Sars-CoV-2 circolanti nel Paese.
"Si conferma, anche in questa indagine, la predominanza di ceppi virali ricombinanti riconducibili a XBB e una elevata variabilità dei ceppi virali circolanti come suggerito dal numero dei lignaggi identificati", analizza l'Iss. Lo scenario tricolore è in linea con quanto viene descritto su scala globale e contestualmente - rileva l'Iss - si continua a osservare la circolazione di discendenti di BA.2.75 Centaurus, e in particolare della variante sotto monitoraggio DV.7 (4,1%), globalmente in crescita.
Quanto a Pirola, la sua presenza in Italia cresce, come viene segnalato anche a livello europeo, con una prevalenza nelle regioni/province autonome che si colloca in un range compreso tra lo 0% e il 6,3%. BA.2.86 viene monitorata per la presenza di numerose mutazioni nella proteina Spike che la distinguono dal lignaggio parentale BA.2 (Omicron 2) e dai lignaggi attualmente circolanti, e non sembra attualmente essere associata ad una maggiore gravità della malattia, ricorda l'Iss.
Nell'attuale scenario, concludono gli esperti, "è necessario continuare a monitorare con grande attenzione, in coerenza con le raccomandazioni nazionali ed internazionali e con le indicazioni ministeriali, la diffusione delle varianti virali, e in particolare di quelle a maggiore trasmissibilità o con mutazioni correlate a potenziale evasione della risposta immunitaria".
Nel mondo "il numero di nuovi casi Covid è diminuito del 42% dal 25 settembre al 22 ottobre rispetto ai 28 giorni precedenti. Sono oltre 500mila i nuovi contagi registrati e 4.700 i decessi. Questi ultimi sono scesi del 43%". E' quanto evidenzia il report mensile dell'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulla situazione epidemiologica Covid a livello mondiale.
"Negli ultimi 28 giorni, solo 60 paesi hanno fornito dati sui ricoveri per Covid e solo 41 quelli degli accessi in terapia intensiva. Nell'ultimo mese Italia (141.255, +24%), Russia (83.765, +195%), Singapore (61.230, +149%), sono i Paese che hanno registrato il maggior numero di nuove infezioni", conclude il report.
Potrebbe arrivare nel 2025 il primo vaccino '2 in 1' contro influenza e Covid. L'americana Moderna annuncia l'avvio della fase 3 - l'ultimo step di sperimentazione clinica - per il candidato vaccino mRna-1083. La prima dose è stata somministrata oggi, informa l'azienda.
Secondo le previsioni, il trial arruolerà circa 8mila adulti nell'emisfero settentrionale. Moderna, si legge in una nota, "continua a puntare a una potenziale approvazione normativa iniziale per il vaccino combinato nel 2025".
Lo studio di fase 3 - spiega Moderna - valuterà "l'immunogenicità, la sicurezza e la reattogenicità" di mRna-1083 rispetto a un controllo attivo, ossia rispetto alla co-somministrazione di vaccini già autorizzati contro influenza e Sars-CoV-2. Due le coorti indipendenti di adulti sulle quali il candidato vaccino combinato verrà testato: 4mila persone over 65 e 4mila di età compresa fra 50 e 65 anni.
Il trial - ricorda l'azienda - segue lo studio di fase 1-2 in cui mRna-1083 ha mostrato "una forte immunogenicità contro influenza e Covid-19, con una reattogenicità e un profilo di sicurezza accettabili, rispetto ai vaccini singoli approvati". Più nel dettaglio, tecnicamente il prodotto "ha raggiunto titoli anticorpali di inibizione dell'emoagglutinazione simili o superiori a quelli di entrambi i vaccini antinfluenzali quadrivalenti autorizzati, e titoli anticorpali neutralizzanti Sars-CoV-2 simili al booster bivalente Spikevax*".
Per Moderna, "mRna-1083 ha il potenziale per ridurre efficacemente il carico complessivo delle malattie respiratorie virali acute, fornendo una protezione simultanea contro i virus dell'influenza e Sars-CoV-2, con una singola iniezione". Il candidato vaccino '2 in 1' offre inoltre "una maggiore comodità" e potrebbe accrescere l'adesione alla vaccinazione, così da arrivare a "una maggiore conformità alle raccomandazioni" sulla quota di popolazione da proteggere. In definitiva, "questo approccio potrebbe apportare benefici alla salute pubblica, aumentando sinergicamente i tassi di copertura contro i virus dell'influenza e Sars-CoV-2".
Cosa lega il Long Covid e 'l'ormone del buonumore'? Dopo la pandemia, comprendere il meccanismo che scatena le sequele post-infezione resta la sfida di salute globale sulla quale stanno concentrando gli sforzi diversi gruppi di scienziati. Uno di questi team chiama in causa proprio la serotonina - o meglio una sua riduzione - come possibile spiegazione per le persistenti difficoltà di concentrazione, i problemi di attenzione e memoria e altri sintomi, spesso debilitanti, associati al Long Covid.
L'ipotesi formulata dagli autori dello studio pubblicato su 'Cell', e citato anche su 'Science' online, è che l'infiammazione che scatta in risposta al virus Sars-CoV-2 causi un calo della serotonina - che tra le varie funzioni ha quella di essere il 'messaggero chimico' coinvolto nella regolazione dell'umore e della digestione - e che questo calo a sua volta provochi problemi cognitivi.
Il lavoro scientifico ha come punto di partenza un'osservazione dei ricercatori della Penn Medicine: le persone che si rivolgevano a una clinica dedicata al post-Covid avevano livelli più bassi di serotonina nel sangue rispetto alle persone che si erano completamente riprese dall'infezione. Anche i pazienti con Covid in forma acuta mostravano questa riduzione della serotonina nel sangue. I ricercatori si sono chiesti se l'infezione virale potesse abbassare i livelli di questa sostanza. Tanto più che pure alcuni studi precedenti avevano già accennato a un legame tra i livelli di serotonina e i sintomi post-Covid (sebbene altre ricerche non mostrassero tale associazione). Per verificare quanto osservato, il team ha infettato dei topi con Sars-CoV-2 o ha iniettato loro un farmaco che stimola una risposta infiammatoria simile.
Entrambi i trattamenti hanno causato un calo della serotonina nel sangue, afferma il coautore dello studio Maayan Levy, microbiologo della Perelman School of Medicine dell'university of Pennsylvania. "Noi - spiega il team nello studio - proponiamo un meccanismo che collega 4 ipotesi in un unico percorso e fornisce informazioni utili per interventi terapeutici. L'infezione virale e l'infiammazione guidata dall'interferone di tipo I riducono la serotonina attraverso tre meccanismi: diminuito assorbimento intestinale del precursore della serotonina, il triptofano; iperattivazione delle piastrine e trombocitopenia, che incidono sulla conservazione della serotonina; e un aumento del turnover della serotonina mediato dalle Mao (monoammino ossidasi)". La riduzione periferica della serotonina, "a sua volta, impedisce l'attività del nervo vago e quindi compromette le risposte dell'ippocampo e la memoria. Questi risultati forniscono una possibile spiegazione dei sintomi neurocognitivi associati alla persistenza virale nel Long Covid, che possono estendersi ad altre sindromi post-virus".
Nell'intestino del topo viene ostacolato l'assorbimento del triptofano alimentare, un precursore chimico della serotonina presente in molti cibi, tra cui pesce e latticini. E risulta compromesso anche il trasporto della molecola attraverso le piastrine nel flusso sanguigno. Infine, appare anche potenziata l'attività di un enzima che scompone la serotonina. Questi tre fattori insieme fanno sì che si riducano i livelli di serotonina periferica. I ricercatori hanno collegato questi cambiamenti alle prestazioni dei topi nei test di memoria. Il team ha inserito oggetti come colla stick e fermagli nelle gabbie, e successivamente ha aggiunto un nuovo oggetto. Poiché i topi preferiscono le novità, gli animali con una memoria migliore tendono a perdere interesse per gli oggetti familiari più velocemente. Il team ha scoperto che i topi trattati con virus o farmaci stimolanti l'infiammazione mostravano un ricordo peggiore, e le analisi del loro tessuto cerebrale hanno rivelato una ridotta attività nell'ippocampo.
I ricercatori potrebbero invertire questo deterioramento integrando la dieta degli animali con triptofano o somministrando loro l'antidepressivo fluoxetina, un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina che si ritiene agisca principalmente aumentando i livelli di serotonina nel cervello. Tuttavia, non sono state riscontrate differenze tra i topi trattati e quelli non trattati nei livelli di serotonina nel cervello, ma solo della serotonina nel sangue. Altri scienziati, commentando lo studio, osservano che il lavoro si basa principalmente su esperimenti sui topi, e che lascia diverse domande aperte.
Il coautore Christoph Thaiss, Perelman School of Medicine, afferma che i risultati suggeriscono che una riduzione di questa serotonina "periferica", ??che circola al di fuori del cervello e del midollo spinale influenzi l'ippocampo, innescando l'effetto a cascata descritto. Un esperto di un altro ateneo, Jeffrey Meyer, neuroscienziato Università di Toronto, invece non è convinto del fatto che la riduzione della serotonina periferica possa spiegare i sintomi dei pazienti. Tuttavia, aggiunge, la scoperta di una riduzione del triptofano potrebbe essere "interessante e rilevante per il Long Covid". È importante ricordare che esistono probabilmente più tipi di Long Covid, guidati da diverse cause profonde, osserva infine Akiko Iwasaki, immunobiologa della Yale School of Medicine. Un basso livello di serotonina può definire un tipo particolare, dice la scienziata, anche se è necessario ulteriore lavoro per sapere come ciò potrebbe causare sintomi cognitivi.
La campagna vaccinale autunnale contro il coronavirus prenderà avvio in Ticino lunedì prossimo 16 ottobre 2023. La vaccinazione è raccomandata in particolare alle persone con 65 o più anni e alle persone affette da una malattia cronica o da trisomia 21 a partire dai 16 anni.
La vaccinazione rimane la migliore protezione contro il rischio di sviluppare una forma grave della malattia ed è consigliata in vista dell’arrivo della stagione fredda e il conseguente aumento delle infezioni per tutti i virus respiratori, tra cui anche quella da coronavirus.
L’attuale preparato anti-COVID-19 si basa su vaccini adattati alla variante XBB.1.5 ed è efficace contro le varianti attualmente in circolazione. È raccomandato per tutte le persone a partire da 65 anni. Per le persone affette da una malattia cronica o da trisomia 21 già a partire dai 16 anni. La vaccinazione consiste in una sola dose, da somministrare a partire dai sei mesi dall’ultima dose di vaccino ricevuta o dall’ultima infezione di COVID-19 documentata.
Il periodo migliore per vaccinarsi inizia da metà ottobre e va fino a dicembre. Le vaccinazioni contro l'influenza e la COVID-19 possono essere effettuate contemporaneamente.
La vaccinazione è gratuita per le persone per le quali è raccomandata, mentre per le persone che desiderano vaccinarsi per altri motivi (di viaggio, ad esempio) o per motivi non raccomandati dall'Ufficio federale della sanità pubblica la prestazione è a pagamento, da saldare direttamente al momento della somministrazione. Per decisione federale, come noto, non saranno più emessi certificati Covid.
Chi desidera farsi vaccinare può prendere un appuntamento nelle farmacie e negli studi medici che si sono messi a disposizione: l’elenco può essere consultato sulla pagina web cantonale all’indirizzo www.ti.ch/vaccinazione. In questa fase non sono previste somministrazioni in centri di vaccinazione cantonali. In caso di domande o richieste di informazioni aggiuntive si consiglia di prendere contatto con il proprio medico curante.
Infine, si ricorda che ciascuno può scegliere di proteggere meglio se stesso e gli altri dalle infezioni respiratorie seguendo le misure di protezione ormai ben note: lavarsi o disinfettarsi accuratamente le mani, tossire e starnutire in un fazzoletto o nella piega del gomito, tenersi a distanza, arieggiare i locali più volte al giorno e portare la mascherina (soprattutto se si hanno sintomi).
HV.1 è una nuova variante del Covid, per la precisione "una delle sottovarianti di EG.5. Il problema, diciamo così, è che ha una mutazione che ricorda la Delta, ma ce l'aveva anche la sua 'mamma' EG.5".
Questa l'analisi di Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della facoltà di Medicina e chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, commentando all'Adnkronos Salute la nuova variante di Sars-Cov-2, in aumento negli Usa.
"Insomma non significa che per questo motivo torniamo indietro e che il virus, invece di attaccare le vie aeree superiori, scende di nuovo nei polmoni come all'inizio. Non ci credo, perché l'evoluzione fa sempre passi avanti e mai indietro", aggiunge l'espperto.
"Potrebbe accadere che la variante originaria EG5 si stabilizza, come accaduto con Omicron, e crea una serie di sottovarianti, tipo questa. Una cosa è certa, però - sottolinea Ciccozzi - a livello di evasione del sistema immunitario si comporta come l'intera famiglia Omicron. L'unica che un po' si distingue immunogeneticamente da tutte le altre è Pirola, ma HV.1 è una sottovariante di EG5, quindi non mi preoccuperei più di tanto", chiosa. E aggiunge: "Ne vedremo ancora tantissime".
HV.1 è la nuova mutazione di Sars-Cov-2 che si sta diffondendo negli Stati Uniti dove, secondo gli esperti, potrebbe presto diventare dominante, superando Eris (EG.5) e Fornax (FL.1.5.1). Nel tracciamento delle varianti effettuato dai Centri di controllo delle malattie (Cdc) a fine settembre, negli States HV.1 è passata in due settimane dal 7-8% al 12.9%. E continua a crescere.
La Commissione della gestione del Consiglio nazionale (CdG-N) riconosce, nel proprio rapporto concernente il «ricorso alle conoscenze scientifiche da parte del Consiglio federale e dell’UFSP per la gestione della crisi pandemica», il coinvolgimento del mondo scientifico da parte della Confederazione, rilevando tuttavia che in diversi ambiti sussiste necessità di miglioramento.
Nel proprio parere del 29 settembre 2023, il Consiglio federale condivide l’opinione della CdG-N secondo cui, dopo l’analisi delle valutazioni principali, occorre attuare rapidamente gli adeguamenti necessari. La pandemia di COVID-19 ha evidenziato quanto sia importante disporre di conoscenze scientifiche attuali e affidabili per valutare e combattere le epidemie e, più in generale, gestire le crisi di ampia portata. In particolare nei primi mesi della pandemia, all’inizio del 2020, le conoscenze sul nuovo virus erano ancora scarse e la valutazione della situazione era caratterizzata da grande incertezza. Per valutare la situazione epidemiologica e definire le misure di lotta contro la COVID-19, il Consiglio federale si è basato soprattutto sull’analisi e sulle proposte del Dipartimento federale dell’interno (DFI) e dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), che sono competenti a livello federale per la lotta contro le malattie trasmissibili e collaborano con numerosi esperti del mondo scientifico anche al di fuori dei periodi di crisi.
Durante la pandemia di COVID-19, esperti del mondo scientifico della Confederazione, ricercatori delle università e dei politecnici federali, esperti della Commissione federale per le vaccinazioni (CFV) e la Science Task Force (STF) indipendente hanno contribuito in maniera sostanziale a una migliore comprensione e gestione della pandemia. In un tale contesto occorre sempre tenere conto del fatto che gli studi scientifici, in particolare quando i dati sono incompleti o poco chiari, sono soggetti a incertezze e che lo stato delle conoscenze evolve continuamente.
Rapida attuazione delle raccomandazioni
Nel suo rapporto, la CdG-N giunge alla conclusione che durante la pandemia l’UFSP ha fatto un uso parzialmente adeguato delle conoscenze scientifiche e ha saputo perfezionare il ricorso a tali conoscenze nel corso della crisi. La Commissione ritiene tuttavia che sussista necessità di intervento, formulando otto raccomandazioni al riguardo. Raccomanda per esempio di disciplinare in modo più preciso l’uso delle conoscenze scientifiche scaturite dall’analisi della gestione della pandemia di COVID-19 nelle basi giuridiche e strategiche, non soltanto per quanto riguarda le misure di lotta alle epidemie adottate dalle autorità, ma anche più in generale nel quadro della futura gestione dei rischi e delle crisi da parte della Confederazione.
La CdG-N chiede altresì al Consiglio federale di garantire che, in futuro, le basi decisionali presentino in modo trasparente e conciso le conoscenze e i pareri del mondo scientifico sull’argomento in questione, ma anche gli elementi di incertezza oppure oggetto di pareri discordanti. Il Consiglio federale attribuisce grande importanza agli insegnamenti da trarre dalla pandemia di COVID-19 ed è disposto ad accogliere le raccomandazioni contenute nel rapporto della CdG-N. Laddove non sono ancora attuate, queste ultime saranno integrate nei lavori in corso, come la rielaborazione del Piano per pandemia o la revisione della legge sulle epidemie.
Il Consiglio federale ha preso posizione in merito al rapporto della Commissione della gestione del Consiglio nazionale (CdG-N) sul rispetto dei diritti fondamentali da parte delle autorità federali nell’ambito della lotta alla pandemia di COVID-19.
La CdG-N giunge alla conclusione che i servizi competenti hanno verificato in modo adeguato il rispetto dei criteri costituzionali. Essa sottolinea che è necessario trarre insegnamenti dalla lotta alla pandemia applicabili a crisi future. Il Consiglio federale condivide questa valutazione.
Per far fronte alla pandemia di COVID-19 e proteggere la popolazione, il Consiglio federale ha emanato diverse misure che hanno comportato restrizioni dei diritti fondamentali. La CdG-N si è occupata in modo approfondito della costituzionalità di tali restrizioni.
Sono state esaminate in particolare la decisione del Consiglio federale del dicembre 2021 di estendere l’ambito di applicazione del certificato COVID-19 e le modalità con cui le autorità competenti (Dipartimento federale dell’interno, Ufficio federale della sanità pubblica e Ufficio federale di giustizia) hanno accertato il rispetto dei requisiti costituzionali per la restrizione di diritti fondamentali.
La CdG-N giunge alla conclusione che le tre autorità hanno verificato adeguatamente il rispetto dei criteri costituzionali. Tuttavia è anche dell’opinione che dall’esempio dell’estensione dei certificati COVID si debbano trarre insegnamenti applicabili a crisi future.
Il Consiglio federale attribuisce grande importanza alle conoscenze acquisite con la pandemia di COVID-19 ed è disposto ad accogliere le raccomandazioni della CdG-N. Come auspicato da quest’ultima, esaminerà in che modo l’Ufficio federale di giustizia può rafforzare la sua funzione di controllo preventivo, specialmente in situazioni di crisi.
La CdG-N raccomanda inoltre al Consiglio federale di valutare, nell’ambito della prevista revisione della legge sulle epidemie (LEp), l’opportunità di precisare lo strumento del certificato sanitario e le sue modalità di utilizzo in relazione a future pandemie nonché i criteri sanciti in detta legge per disciplinare il passaggio alla situazione particolare.
Il Consiglio federale darà seguito a entrambe le raccomandazioni nel quadro della revisione della LEp.
Infine la CdG-N chiede al Consiglio federale di tracciare un bilancio degli indicatori quali l’occupazione dei reparti di cure intense o le cifre relative ai contagi, utilizzati durante la pandemia di COVID-19 per valutare la minaccia per la sanità pubblica. Il Consiglio federale è invitato a stilare su tale base un elenco degli indicatori, che potrebbero essere utilizzati per valutare la situazione nell’ambito di una futura pandemia.
Il Consiglio federale considera positivamente gli indicatori utilizzati durante la pandemia di COVID-19. Nel quadro della revisione della LEp, esaminerà l’opportunità di definire parametri astratti per la valutazione della situazione di minaccia. Per contro, non ritiene opportuno definire un elenco di indicatori di carattere generico applicabile a tutte le future situazioni di minaccia. Gli indicatori dovrebbero sempre orientarsi all’agente patogeno concreto e alle diverse fasi di una futura pandemia.
Scoperte, evidenziano gli esperti dell'assemblea del Nobel nella nota ufficiale, che "sono state fondamentali per lo sviluppo dei vaccini a mRna durante la pandemia scoppiata all'inizio del 2020". E "rivoluzionarie", perché "hanno cambiato radicalmente la nostra comprensione di come l'mRna interagisce con il nostro sistema immunitario". Così i vincitori del Nobel per la medicina 2023 "hanno contribuito al ritmo senza precedenti di sviluppo di vaccini durante una delle più grandi minacce alla salute umana dei tempi moderni".
Il prossimo 2 ottobre, nel Lazio, partirà la campagna di vaccinazione anti Covid-19, in concomitanza con l'antinfluenzale. La somministrazione delle dosi sarà demandata alle Aziende sanitarie locali per il personale sanitario operante negli ospedali e nelle strutture presenti sul territorio competente.
Nella prima applicazione della campagna, la Regione Lazio dà priorità agli operatori sanitari e sociosanitari di Asl, Aziende ospedaliere, Policlinici universitari, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Lo fa sapere in una nota la Regione Lazio. Tra le categorie prioritarie ci sono anche i professionisti delle Residenze sanitarie assistenziali e delle strutture sociosanitarie e socioassistenziali (case di riposo e strutture riabilitative) con i relativi ospiti, le cui vaccinazioni avverranno sotto la supervisione dei Dipartimenti di prevenzione delle Asl, in collaborazione con i Medici di medicina generale.
La seconda fase della campagna vaccinale avverrà dal 16 ottobre, quando la somministrazione delle dosi sarà assicurata per i cittadini con età superiore agli 80 anni e le persone fragili. Per questi ultimi, l'accesso sarà garantito grazie al prezioso lavoro dei Medici di medicina generale e dei Pediatri di libera scelta. Inoltre, la Regione Lazio ha predisposto la prenotazione online presso i punti di somministrazione vaccinale delle strutture sanitarie, attraverso la piattaforma https://prenotavaccino-covid.regione.lazio.it oppure al numero di telefono 06.164.161.841, che sarà attivo dal lunedì al venerdì dalle 7 e 30 alle 19 e 30 e il sabato dalle 7 e 30 alle 13.
Per i cittadini che necessitano di ulteriori chiarimenti, è stato istituito il numero verde 800.118800, a cura di Ares 118, per i seguenti servizi: - le informazioni sul funzionamento, dalle modalità alle tempistiche, della campagna vaccinale avviata nel Lazio, a partire dai contatti per i Medici di medicina generale, i Pediatri di libera scelta e i Centri vaccinali presenti nelle Asl; - la raccolta delle richieste di vaccinazione domiciliare delle persone non autosufficienti, impossibilitate a recarsi negli studi medici o le sedi vaccinali. Tali istanze saranno prese in carico dalle Asl, programmando la vaccinazione a domicilio in collaborazione con i Medici di medicina generale con la stessa tipologia per le Rsa e le case di riposo. A partire dal 30 ottobre sarà possibile somministrare le dosi anche alle altre fasce della popolazione, consigliando i familiari, i conviventi e i caregiver di persone con gravi fragilità; mentre le farmacie di comunità diventeranno centri vaccinali dal mese di novembre.
Nonostante la vaccinazione non sia obbligatoria, continua la nota della Regione, nella prima fase della campagna anti Covid-19 alle categorie sarà somministrato il vaccino Comirnaty Omicron XBB 1.5, in attesa dell'approvazione del vaccino proteico adiuvato Nuvaxovid XBB 1.5 in programma per la metà del mese. Il vaccino sarà somministrato come dose di richiamo a distanza di sei mesi dall'ultima vaccinazione anti Covid-19 o dall'ultima positività, raccomandando una distanza di almeno 3 mesi dalla dose di vaccino più recente qualora si rendesse necessaria un'anticipazione della somministrazione per valutazioni cliniche. In merito al ciclo primario, riguardante le persone mai vaccinate, si raccomanda una singola dose di Comirnaty Omicron XBB 1.5. Per i bambini dai 6 mesi ai 4 anni, che non abbiano completato il ciclo primario anti Covid-19, saranno invece disponibili tre dosi: la seconda sarà somministrata a tre settimane dalla prima e la terza a otto settimane dalla precedente.
In Lombardia domenica primo ottobre, in 80 centri, parte la nuova campagna per la vaccinazione antinfluenzale con una giornata dedicata a persone over 60, bambini dai 2 ai 6 anni, donne in gravidanza, operatori sanitari, appartenenti alle Forze dell'ordine, Polizia locale, Vigili del fuoco, insegnanti e personale scolastico. Lo sottolinea una nota della Regione.
Durante la somministrazione dell'antinfluenzale, potrà essere co-somministrato il nuovo vaccino anti-Covid aggiornato XBB 1.5. Alcune Asst hanno inoltre avviato specifiche iniziative sul territorio come l'offerta in co-somministrazione della vaccinazione anti-pneumococco e anti-herpes zoster per i soggetti in target. Per vaccinarsi in occasione della Giornata dedicata è necessario prenotarsi (prenotazione aperte fino a domenica sul portale vaccinazioneantinfluenzale.regione.lombardia.it).
Dal 2 ottobre potranno poi vaccinarsi sanitari, pazienti di Ospedali e ospiti di Rsa e dal 16 ottobre tutti gli appartenenti alle categorie per cui la vaccinazione è raccomandata (prenotazioni dal 9 ottobre sulle piattaforme vaccinazioneantinfluenzale.regione.lombardia.it e prenotazionevaccinicovid.regione.lombardia.it).
Arrivato allo Spallanzani di Roma il nuovo vaccino anti Covid-19 monovalente, nella formulazione aggiornata per la variante XBB 1.5 di Sars-CoV-2 o 'Kraken'.
Lo comunica l'Inmi di Roma su Facebook. "L'obiettivo della nuova campagna di vaccinazione - spiega Paolo Faccendini, direttore Uoc Farmacia dell'Istituto nazionale malattie infettive - è quello di prevenire la mortalità, le ospedalizzazioni e le forme gravi di Covid-19 nelle persone anziane e con elevata fragilità, e di proteggere le donne in gravidanza e gli operatori sanitari. La vaccinazione è consigliata a familiari e conviventi di persone con gravi fragilità e potrà essere offerta anche a chi non rientra nelle categorie a rischio, su richiesta e una volta valutata la disponibilità".
"I nuovi vaccini - ricorda l'esperto - possono essere utilizzati come richiamo, con una valenza di 12 mesi. La somministrazione è raccomandata a distanza di 6 mesi dall'ultima dose di vaccino o ultima infezione. Tuttavia è ammesso un intervallo inferiore purché non inferiore ai 3 mesi. I vaccini possono essere somministrati anche a chi non è mai stato vaccinato ed è bene sottolineare che è possibile la somministrazione contemporanea con altri vaccini, in particolare con l'antinfluenzale".
Aziende sanitarie e ospedali pronti a partire con la campagna di vaccinazione contro Covid-19. "Siamo pronti a mettere in atto le indicazioni di Governo e regioni per la campagna di vaccinazione anti Covid-19 con l’obiettivo di proteggere la salute dei cittadini. E cominceremo facendo la nostra parte, invitando le aziende a realizzare iniziative specifiche per promuovere la chiamata attiva alla vaccinazione di medici, infermieri e di tutto il personale che opera in ospedali e strutture sanitarie”, annuncia il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore, il giorno dopo la pubblicazione della circolare con "Indicazioni e raccomandazioni per la campagna di vaccinazione autunnale/invernale 2023-2024 anti Covid-19", firmata dal direttore Prevenzione del ministero della Salute Francesco Vaia.
"Il vaccino resta la più efficiente arma contro il Covid - sottolinea Migliore - e occorre che questo messaggio arrivi alle categorie per cui è raccomandato anche attraverso i medici di medicina generale che possono capillarmente invitare alla somministrazione nella stessa seduta del vaccino antinfluenzale e anti Covid. Dobbiamo evitare che le conseguenze gravi dell’infezione possano avere ripercussioni sulla salute di anziani e fragili”.
La vaccinazione con il nuovo vaccino di Pfizer, specificamente sviluppato per contrastare la variante XBB.1.5 - ricorda la Fiaso - è stata raccomandata per cinque categorie principali: persone di età pari o superiore a 60 anni, ospiti delle strutture per lungodegenti, donne in qualsiasi trimestre della gravidanza o nel periodo postpartum, comprese le donne in allattamento, operatori sanitari e sociosanitari addetti all'assistenza negli ospedali, nel territorio e nelle strutture di lungodegenza, oltre agli studenti di medicina e delle professioni sanitarie che effettuano tirocini in strutture assistenziali. Persone dai 6 mesi ai 59 anni di età con elevata fragilità a causa di patologie. Inoltre, la vaccinazione viene consigliata a familiari, conviventi e caregiver di persone con gravi fragilità. Inizialmente, durante la fase di avvio della campagna, si darà priorità alle persone di età pari o superiore a 80 anni, agli ospiti delle strutture per lungodegenti, alle persone con elevata fragilità, e agli operatori sanitari e sociosanitari.
"Se a vaccinarsi" contro Covid in questa stagione autunno-inverno "sarà uno sparuto gruppo di volenterosi, non diamo la colpa ai novax", perché "il vero ostruzionismo alle vaccinazioni, quello più temibile, viene proprio dall'interno del nostro sistema sanitario". Parola dell'epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all'università del Salento, che su Facebook - in un post dal titolo emblematico "non temo il novax in sé, ma temo il novax in me" - esprime perplessità sulle indicazioni istituzionali arrivate in queste ore. "E' stata promulgata ieri la nuova, attesissima, circolare che riporta le indicazioni operative per la campagna vaccinale d'autunno contro il Covid-19. Ancora una volta la montagna ha partorito il topolino", scrive l'esperto. I suoi timori riguardano in particolare i quantitativi di vaccino a disposizione.
"Sentiamo spesso dire - premette Lopalco - che non si raggiungono coperture vaccinali decenti per colpa dei novax. Io la penso diversamente. La quota di mancata adesione alle vaccinazioni legata alla propaganda novax esiste, ma è limitata. Addirittura residuale". Per l'epidemiologo il problema è un altro.
"La nuova circolare - sottolinea - non è altro che un copia-incolla della precedente del 14 agosto, con in più la bella notizia che al momento abbiamo a disposizione un solo vaccino e, per giunta, in quantità limitate. Secondo fonti non ufficiali, per la campagna d'autunno potremmo contare su circa 9.000.000 di dosi del vaccino mRna di Pfizer e un po' meno di 3.000.000 di dosi del vaccino proteico di Novavax. Il contratto con Moderna non pervenuto". In totale, dunque, si parla di "12 milioni scarsi di dosi per vaccinare tutti gli ultrasessantenni, tutti gli operatori sanitari, le donne in gravidanza e tutti i soggetti con condizioni di fragilità, inclusi i loro familiari e chi se ne prendesse cura. A questi vanno aggiunti tutti quelli per i quali - a detta del ministero - la vaccinazione è 'disponibile', anche se non ricadono in alcuna delle precedenti categorie".
"Se la matematica non è un'opinione - osserva Lopalco - chi è a capo del nostro servizio sanitario ha già messo in conto che l'adesione alla vaccinazione contro il Covid-19 sarà scarsa. E' come se ad un matrimonio invitassi 1.000 persone, ma organizzassi i tavoli per 100 perché tanto so che gli altri non vengono. Mancanza di indicazioni pressanti, organizzazione lasciata al caso, assenza di investimenti, latitanza della comunicazione" sono i 'nodi' rilevati dallo specialista. Che invita quindi a non puntare il dito contro i novax, se la nuova campagna vaccinale farà flop
La variante Covid Pirola è stata isolata in Italia, a Brescia, mentre Eris si conferma predominante in Italia. Ma i sintomi sono sempre gli stessi?
"Il monitoraggio continuo delle nuove mutazioni" di Sars-CoV-2 "rimane cruciale. Attualmente, nonostante l'identificazione di 102 mutazioni puntiformi specifiche, non ci sono prove sostanziali per classificare BA.2.86 o 'Pirola' e i suoi discendenti come varianti altamente preoccupanti. In effetti, la presenza prolungata di BA.2.86 contrasta con il consueto trend di varianti potenzialmente pericolose, che in genere vengono identificate rapidamente. Lo sviluppo di nuove mutazioni nelle varianti emergenti è un evento standard, guidato da deriva genetica, facilitando l'adattamento del virus al suo ospite". Così le conclusioni di uno studio italiano in pubblicazione, che ha analizzato la nuova variante BA.2.86.
"Tuttavia, questa deriva genetica non ha portato invariabilmente ad un aumento della virulenza o della forma fisica. Una lezione chiave dalla pandemia sottolinea l'importanza di una sorveglianza sostenuta e basata sul genoma nell'anticipare il potenziale delle ondate epidemiche", sottolineano i ricercatori Francesca Caccuri e Serena Messali dell'Università di Brescia, Fabio Scarpa dell'Università di Sassari, Massimo Ciccozzi dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, Arnaldo Caruso dell'Università di Brescia e Marta Giovannetti, Instituto Rene Rachou della Fundação Oswaldo Cruz, Minas Gerais (Brasile).
"La mutazione E484K, trovata in BA.2.86 e BA.2.86.1 - spiegano gli autori - è situata all'interno del legame del recettore (Rbd) e in precedenza ha attirato l'attenzione grazie alla sua associazione con varie preoccupazioni significative. In particolare - precisano i ricercatori - la mutazione E484K è stata rilevata in più virus, 94 varianti, come il ceppo B.1.351 del Sud Africa e il ceppo P.1 del Brasile. Le varianti che portano questa mutazione sembrano mostrare una maggiore capacità di sfuggire alle risposte del sistema immunitario, che comprendono anticorpi generati da precedenti infezioni o vaccinazioni. Questo implica che i virus con la mutazione E484K potrebbero possedere un potenziale intrinsecamente maggiore per l'evoluzione. Sono documentate reinfezioni che coinvolgono varianti con la mutazione E484K e quindi - rimarcano gli autori - vanno ulteriormente intensificate le indagini sulla protezione duratura conferita dal sistema immunitario".
La variante BA.2.86 di Sars-CoV-2, ribattezzata Pirola sui social, è arrivata in Italia. La variante Covid è stata isolata a Brescia dal team di Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), che lo annuncia all'Adnkronos Salute.
"Abbiamo effettuato quello che risulta essere il primo isolamento di BA.2.86 nel nostro Paese", spiega lo specialista, ordinario di Microbiologia e Microbiologia clinica all'università di Brescia, direttore del Laboratorio di Microbiologia dell'Asst Spedali Civili. L'isolamento di Pirola, precisa Caruso, è avvenuto dal campione di "un paziente fragile, portato alla nostra attenzione. Il sequenziamento è in corso".
La variante Pirola "ha fatto il suo ingresso in Italia e ha tutte le carte in regola per poter prendere piede e soppiantare le varianti circolanti". In termini di "capacità di diffusione ed evasione immunitaria", sembra avere "le caratteristiche per poter essere una variante di successo che potrebbe sostituire anche EG.5" o Eris, "attualmente dominante al 40-50%", spiega Caruso all'Adnkronos Salute.
"Assolutamente non c'è alcuna evidenza che si tratti di una variante più patogena o più aggressiva delle precedenti", tiene a precisare lo specialista. Tuttavia, "una volta concluso il sequenziamento completo del virus isolato, attualmente in corso - sottolinea - sarà sicuramente da valutare se in questo ceppo particolare ci sono mutazioni che possono far pensare a una resistenza alla vaccinazione.Per questo stiamo procedendo con il sequenziamento virale, per valutare l'eventualità che BA.2.86 possa destare qualche preoccupazione in questo senso".
La variante BA.2.86 di Sars-CoV-2 "preoccupa perché ha una trentina, forse anche più, di mutazioni nella proteina Spike" che il coronavirus utilizza per 'agganciare' le cellule bersaglio. "Mutazioni che possono influire sulla contagiosità e quindi Pirola è assolutamente candidata a diventare prevalente", dice all'Adnkronos Salute Fabrizio Pregliasco, virologo dell'università Statale di Milano.
"In questa fase - spiega Pregliasco - il virus di Covid, per poter continuare la sua opera, deve in qualche modo aumentare la propria capacità diffusiva in un contesto di immunità ibrida" conferita da infezioni e vaccinazioni. "E quindi queste tantissime variazioni sulla Spike facilitano senz'altro la possibilità di diffusione" di Pirola, ritiene l'esperto. "Ad oggi - ricorda - si tratta di una variante sotto osservazione, sottoposta a monitoraggio". Una Vum (Variant under monitoring), secondo la classificazione dell'Organizzazione mondiale della sanità. "BA.2.86 è sostanzialmente, si ipotizza, una sottovariante di Omicron 2 (BA.2). E' stata evidenziata da luglio - rimarca Pregliasco - ma già ad agosto era stata segnalata in diverse nazioni, 11 circa".
"I nuovi vaccini antiCovid dovrebbero essere disponibili addirittura già dalla prossima settimana". Lo ha annunciato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, intervenuto ai microfoni di 'Rtl 102.5'.
"Le categorie per le quali il vaccino è fortemente raccomandato- ha proseguito l'esponente del governo- sono i fragili, gli ultra 60enni e anche le persone più avanti con gli anni, dai 70, dagli 80 anni in su, senza dimenticare le donne incinte e gli operatori sanitari".
Schillaci ha poi informato che "partiremo anche con una campagna per ricordare ai cittadini di vaccinarsi per il Covid e per l'influenza".
"I vaccini- ha poi precisato il ministro della Salute- saranno gratis per tutti, anche per quanti non rientrano nelle categorie per le quali lo raccomandiamo".
Interpellato sulla possibilità per i cittadini di essere vaccinati nelle farmacie, Schillaci ha risposto "credo di sì, stiamo valutando la distribuzione insieme alle regioni. Punteremo molto sulle regioni ma anche, e soprattutto, sui medici di medicina generale".
"I numeri dei contagi da Covid sono aumentati in assoluto ma era prevedibile perchè veniamo dal periodo estivo in cui c'è, ovviamente, un grosso movimento di persone per le vacanze. È dunque un dato in linea con quanto pensavamo, un dato che potrebbe anche ulteriormente un po' crescere, legato anche alla riapertura delle scuole".
"Siamo però assolutamente tranquilli, non c'è alcun allarmismo- ha tenuto a precisare l'esponente del governo- perché i dati che più ci interessano e sui quali stiamo focalizzando la nostra attenzione sono quelli delle persone che si ricoverano in ospedale per le conseguenze del Covid e ancora di più delle persone che poi finiscono nei reparti di terapia intensiva".
"Questo, oggi- ha concluso Schillaci- è un dato assolutamente trascurabile e quindi siamo sereni e fiduciosi".
"Al ministero della Salute è stato istituito un Tavolo insieme al ministero dell'Istruzione e del Merito e stiamo lavorando proprio su queste tematiche, proprio oggi dovrebbero arrivare i risultati finali sul modo di comportarsi".
Così il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ospite ai microfoni di Rtl 102.5 ha risposto in merito a una eventuale positività al Covid da parte di uno studente e se questi debba o meno andare a scuola. "Io, però, sarei tranquillo, non parlerei di alcun allarmismo.
"È giusto che i ragazzi continuino ad andare a scuola- ha concluso l'esponente del governo- sono quelli che hanno sofferto moltissimo durante il lockdown. A distanza di tempo sono ancora molti quelli che ne pagano le conseguenze dal punto di vista psicologico".
"Se i geni di Neanderthal possono aver contribuito alla diffusione del virus nella prima fase, 'esponendo le persone ad una malattia più severa' come ha detto Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto Mario Negri, non possiamo che rimarcare il nostro disappunto per come sia stata interpretata la notizia, togliendo responsabilità a chi ne ha avute nella gestione della prima fase della pandemia".
Così il direttivo dell'Associazione dei familiari delle vittime del Covid19 (#Sereniesempreuniti) commenta la ricerca diffusa ieri dall'istituto Mario Negri. "Le archiviazioni del Tribunale dei ministri di Brescia infatti- prosegue l'associazione- ci dicono che il reato di epidemia colposa non è configurabile e quindi le persone coinvolte dall'indagine di Bergamo, tra cui lo stesso Attilio Fontana, ma anche l'allora premier Giuseppe Conte e l'ex ministro della Salute Roberto Speranza, non sono rinviabili a giudizio. Ma le loro decisioni o mancate decisioni hanno indubbiamente influito nella circolazione del virus e nell'alto tasso di mortalità, soprattutto in bergamasca ma anche nel resto d'Italia".
"Ricordiamo- aggiungono ancora i familiari delle vittime- la mancata zona rossa a Nembro e Alzano, ma anche il mancato tracciamento, o il piano pandemico nazionale e regionale non applicati e tutti gli altri obblighi di legge mai adempiti che noi, attraverso i nostri legali, abbiamo portato all'attenzione della Procura di Bergamo e del Tribunale civile di Roma dove la causa contro governo, ministero della Salute e Regione Lombardia è ancora in corso".