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Pillola anti Covid, l'Agenzia europea del farmaco Ema avvia la revisione dei dati disponibili sulla pillola antivirale Molnupiravir per supportare possibili decisioni nazionali sull'utilizzo precoce di questo farmaco contro il coronavirus.
L'ente regolatorio Ue e i capi delle agenzie nazionali del farmaco degli Stati membri (Hma) hanno concordato sulla necessità di ulteriori indirizzi sui trattamenti Covid alla luce dell'aumento dei tassi di infezione e dei decessi dovuti a Sars-CoV-2 in tutta l'Unione europea, si legge in un aggiornamento sulla questione molnupiravir diffuso oggi.
A tal fine, si legge nella nota, l'Ema "sta riesaminando i dati disponibili sull'uso di molnupiravir (noto anche come MK 4482 o Lagevrio*) per supportare le autorità nazionali che potrebbero decidere sull'uso di questo medicinale per il trattamento di Covid prima della sua autorizzazione". Mentre è in corso la revisione continua più completa in vista di una possibile domanda di autorizzazione all'immissione in commercio, il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) dell'Ema fornirà dunque "raccomandazioni a livello di Ue nel più breve tempo possibile, per aiutare le autorità nazionali a decidere sul possibile uso precoce del farmaco, ad esempio in contesti di emergenza".
Molnupiravir è un antivirale orale sviluppato da Merck Sharp & Dohme (Msd, nota come Merck in Usa e Canada), in collaborazione con Ridgeback Biotherapeutics. Ema e le agenzie della rete Hma "rimangono impegnate ad accelerare la valutazione dei tanto necessari trattamenti e vaccini" per Covid, "garantendo nel contempo che soddisfino gli elevati standard di sicurezza ed efficacia dell'Ue. L'Ema comunicherà l'esito di questa revisione e quello della rolling review una volta conclusa".
Il lockdown per i non vaccinati scatta in Austria da oggi, 8 novembre. Entrano in vigore le annunciate misure per contenere i contagi da coronavirus. Da oggi solo le persone vaccinate contro il Covid-19 e chi è guarito dopo aver contratto l'infezione potranno mangiare nei ristoranti, andare dal parrucchiere, partecipare a eventi sportivi e usare gli impianti di risalita. Le nuove disposizioni valgono anche per gli alberghi.
Per raggiungere il posto di lavoro è ancora prevista la terza opzione legata ad un tampone negativo. La mascherina Ffp2 sarà obbligatoria in tutti i negozi, i musei e le biblioteche. Il green pass sarà valido 9 mesi dopo la seconda vaccinazione: alla scadenza del certificato verde, servirà la terza dose di vaccino per mantenere valido il documento. Il vaccino monodose Johnson & Johnson garantisce il green pass solo fino al 3 gennaio 2022.
"Nessuno intende dividere la società, ma è nostra responsabilità proteggere le persone. La situazione è eccezionale, l'occupazione delle terapie intensive sta aumentando molto più velocemente del previsto", ha spiegato il cancelliere Alexander Schallenberg illustrando la stretta in una conferenza stampa alla fine della scorsa settimana.
Le autorità locali potranno introdurre misure più stringenti se necessario, fino a lockdown a livello locale. Le norme entrano in vigore con una fase di transizione di quattro settimane, durante le quali sarà sufficiente la documentazione di un primo vaccino e l'esito negativo di un test Pcr per Covid-19. I bambini sotto i 12 anni sono esclusi dalle nuove disposizioni, mentre nella fascia d'età 13-15 è sufficiente il test con esito negativo. Chi per condizioni mediche non può vaccinarsi contro il Covid-19 avrà bisogno di un certificato e del test.
A livello nazionale l'incidenza settimanale è a 599,6 casi ogni 100.000 abitanti. Nel fine settimana è stato segnalato un aumento nelle vaccinazioni anti Covid. In Austria i test sono gratuiti per tutti.
"L'American Academy of Pediatrics e la Sip hanno assunto una posizione favorevole sulla vaccinazione dei bambini.
C'è una piccola quota che necessita di ricovero e qualche volta in terapia intensiva, in ragione dello sviluppo di Misc, e poi c'è il caso di bambini che hanno perso la vita: non tutti avevano malattie concomitanti gravi. Lo studio 5-11 anni ha mostrato sicurezza ed efficacia come per la parte adolescenziale, credo quindi che il bilancio rischio-beneficio sia a favore perché la possibile miocardite è più alta come probabilità a seguito dell'infezione da Covid rispetto invece alla vaccinazione". Lo afferma Franco Locatelli, presidente Css e coordinatore Cts in conferenza stampa con il Generale Figliuolo e il ministro della Salute Roberto Speranza, nella sala Polifunzionale di Palazzo Chigi.
"Poi c'è l'aspetto di dare e garantire la possibilità ai bambini di continuare la vita sociale e soprattutto la scuola- ribadisce Locatelli- pensiamo anche ai recenti test Invalsi. Non ci sono ad oggi indicazioni per cambiare le regole sul Green pass e quindi non è attualmente previsto per i bambini".
"Il Covid ha spazzato via più di un milione e mezzo di anni di vita, se ragioniamo in questo modo ci rendiamo conto del disastro che ha provocato". Così il virologo Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Microbiologia dell'Università di Padova, a 'Tagada' su La7, spiegando come vanno davvero letti i numeri sul numero delle vittime causate in Italia dalla pandemia.
"3.800 è il numero dei morti" per Covid "che non avevano co-morbilità quindi non erano diabetici, non avevano ipertensione, non avevano tumori o altre situazioni di questo genere. Però noi non dobbiamo guardare a quel numero - ha ammonito Crisanti - Noi dobbiamo guardare agli anni di aspettativa di vita che il Covid ha tolto a persone che avevano 75 anni e magari l'ipertensione, e che sarebbero vissuti altri 5 o addirittura 10 anni. Oggi - ha ricordato l'esperto - una persona di 65 anni col diabete e l'ipertensione o in sovrappeso ha un'aspettativa di vita anche di 15 anni", ma "se si prende il Covid nel 60-70% dei casi il virus lo uccide".
Per questo, dire che i morti per Covid sono solo le persone prive di altre patologie "è veramente una manipolazione del dato - ha precisato Crisanti - Se si vede l'eccesso di mortalità che c'è stata in Italia nell'ultimo anno, sono quasi 230mila le persone che sono venute a mancare. Se noi queste le moltiplichiamo per anni di aspettativa di vita, probabilmente - ha ribadito il virologo - il Covid avrà spazzato via più di un milione e mezzo di anni di aspettativa di vita. Se ragioniamo in questo modo ci rendiamo conto del disastro che ha provocato".
"Dai dati che sono stati presentati, secondo me il molnupiravir", la pillola anti-Covid approvata in Inghilterra, "arriverà presto anche da noi", è la previsione di Crisanti. Ma perché questo farmaco antivirale si è dimostrato efficace nel fermare Sars-CoV-2? "Il virus - spiega l'esperto - per diffondersi deve replicare il patrimonio genetico e utilizza un meccanismo che noi possiamo immaginare come fosse una macchina da scrivere: premiamo A e la macchina scrive A. Ora, che cosa fa questo farmaco? Praticamente quando il virus preme A la macchina da scrivere batte C, quindi tutta l'informazione genetica del virus viene alterata e il virus non è più in grado di replicarsi".
Con la quarta ondata del Covid, che oggi minaccia anche in Italia, il governo è al lavoro per fronteggiare una nuova fase dell'emergenza in vista delle feste. Ieri sono stati registrati in 24 ore 6.764 nuovi casi e tasso di positività poco sopra l'1%. In salita anche l'indice Rt, pari a 1,15 nel periodo 13 ottobre - 26 ottobre.
"Accelerare sulle terze dosi", la strategia messa in campo da Palazzo Chigi, mentre Ema e Aifa si apprestano ad approvare le nuove pillole antivirali in grado di ridurre dell'89% il rischio di ospedalizzazione.
Speranza: "Avanti con terze dosi e green pass"
"Stiamo accelerando anche sulle terze dosi" di vaccino anti Covid "e pensiamo che questo sia il primo terreno su cui concentrare tutte le nostre energie nelle prossime settimane. Dobbiamo ancora recuperare con le prime dosi e accelerare su richiami", ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza. La terza dose oggi "è fortemente raccomandata agli over 60 che hanno completato da 6 mesi il ciclo vaccinale e poi ai fragili, indipendentemente dall'età e a tutti coloro che hanno avuto una dose unica di J&J. Queste sono le indicazioni al momento - ha ricordato - dalla prossima settimana lavoreremo per allargare ad ulteriori fasce generazionali". Quanto al green pass, si tratta di "uno strumento anche utile: il nostro quadro epidemiologico è anche frutto delle scelte che abbiamo fatto in termini di Green pass", ha rimarcato. Speranza ha anche chiarito che la terza dose di vaccino anti Covid determina il prolungamento del Green pass: i dodici mesi scattano dalla terza dose.
Figliuolo: "Terza dose possiamo farla a tutti"
''Per quanto riguarda le dosi di vaccino siamo in grado sia di completare il ciclo primario sia di procedere con le terze dosi. Abbiamo 9,4 milioni di dosi più la riserva strategica'' ha detto il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario straordinario all'emergenza coronavirus. ''Sono state superate le 110mila terze dosi ma il picco - ha riferito -arriverà fra dicembre e febbraio. Siamo in grado di assorbire il picco con l'organizzazione attuale, anche a fronte della razionalizzazione degli hub''. "Quanto agli approvvigionamenti per il 2022 posso dire che sono già state opzionate dosi tali da essere in grado di fare la terza dose ipoteticamente a tutti quelli che hanno iniziato il ciclo. E di quelle dosi c'è anche una quota parte Covax, per cercare di vaccinare la popolazione mondiale'' ha detto il commissario straordinario.
Vaccino covid, ancora da vaccinare oltre 7,3 mln over 12: il report
Sono oltre 7,3 milioni, precisamente 7.318.750, gli italiani di età superiore ai 12 anni che non hanno ancora avuto neanche una dose di vaccino. Il dato, in calo rispetto alle scorse settimane, emerge dal report settimanale della struttura commissariale per l'emergenza covid. Nel dettaglio delle fasce di età sono 215.356 gli over 80 non ancora vaccinati, 454.048 tra 70 e 79 anni, 763.873 tra 60 e 69, 1.260.752 tra 50 e 59, 1.487.727 tra 40 e 49, 1.147.039 tra 30 e 39 anni, 716.544 tra 20 e 29, 1.273.411 tra 12 e 19.
Aifa attiva per garantire pillola antivirale
"L'Aifa si è già attivata per acquisire una quantità adeguata del farmaco antivirale orale per il Covid-19molnupiravir, autorizzato in Gran Bretagna. Ciò al fine che anche l'Italia possa avere a disposizione anche questa arma",o ha affermato il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, coordinatore del Comitato tecnico-scientifico, nel suo intervento alla conferenza stampa a Palazzo Chigi con il commissario straordinario per l'emergenza generale Francesco Paolo Figliuolo e con il ministro della Salute Roberto Speranza.
Report torna, lunedì 8 novembre alle 21.10 su Rai3, sull'inchiesta che ha fatto il giro del mondo: la soppressione del dossier sulla gestione della pandemia in Italia, frutto del lavoro dei ricercatori Oms della sede di Venezia.
Il rapporto denunciava l'esistenza in Italia di un piano pandemico vecchio, datato 2006, e mai aggiornato, ma denunciava anche le bugie della Cina sui primi contagi e gli errori della stessa Organizzazione mondiale della sanità. Attraverso materiali inediti Report può rivelare tutta la catena di eventi che ha portato a silenziare il lavoro di Francesco Zambon, responsabile del dossier ritirato. Inoltre sarà trasmesso un video esclusivo in cui un funzionario di primo livello dell'organizzazione di Ginevra ammette che in caso di problemi a loro è vietato parlare con i giornalisti.
Infine, mentre i pm di Bergamo indagano anche sulla mancata applicazione del piano pandemico, gli inviati di Report sono andati a curiosare dietro le quinte della Commissione d'inchiesta parlamentare che dovrebbe indagare sul Covid-19. E hanno scoperto insospettabili accordi tra destra e sinistra per limitare l'ambito di indagine. L'inchiesta è firmata da Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella.
"E' imminente l'uscita di monoclonali iniettabili a livello intramuscolare, per poter facilitare anche la cura domiciliare. La vicinanza tra territorio e ospedale è infatti la reale chiave di volta per utilizzare al meglio la risorsa degli anticorpi monoclonali".
Lo ha affermato Giorgio Palù, virologo e presidente dell'Agenzia italiana del Farmaco (Aifa), durante l'apertura dei lavori congressuali dell'ottava edizione di 'FarmacistaPiù', il congresso dei farmacisti italiani, in corso fino a domenica.
Sui farmaci monoclonali Palù ha sottolineato come "il loro impiego" non sia "così frequente per ragioni logistiche, perché, come tutti gli antivirali, tra le altre cose andrebbero somministrati entro le 48-72 ore dall'esordio dei sintomi, mentre di solito sono prescritti dopo altre cure magari meno efficaci e vengono utilizzati solo in ospedale e per endovena".
Il presidente dell'Aifa - che ha tenuto una vera e propria lezione sui farmaci e sui loro complessi meccanismi di azione - ha evidenziato come la pandemia ci abbia "insegnato che abbiamo bisogno di farmaci", ma anche come la ricerca farmacologica sia "molto più difficile e lunga" per arrivare a medicinali anti-Covid rispetto a quella, meno complessa, ma per questo non meno sicura o efficace, dei vaccini.
La possibilità che una mamma positiva al SARS-CoV-2 al momento del parto trasferisca l’infezione al neonato è molto rara: lo ha dimostrato l’esperienza clinica di questi due anni di pandemia. Ma quali sono i meccanismi che difendono il neonato?
È la domanda da cui sono partiti i ricercatori dell’Ospedale Pediatrico Gesù, che hanno promosso uno studio in collaborazione con il Policlinico Umberto I di Roma. Lo studio, pubblicato su JAMA Network Open, dimostra che grazie al latte delle madri, contagiate dal virus, questi neonati sono grado di sviluppare proprie difese immunitarie contro il Covid-19.
LA RICERCA
La ricerca appena pubblicata è stata promossa dall’Unità di ricerca Diagnostica Immunologica dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, nell’ambito della Medicina Multimodale di Laboratorio e dall’Unità Operativa Complessa di Neonatologia, Patologia e Terapia Intensiva Neonatale del Policlinico Umberto I. Lo studio ha riguardato 28 donne - e i loro neonati – che hanno partorito al Policlinico Umberto I nel periodo compreso tra novembre 2020 e maggio 2021. Tutte le donne sono risultate positive SARS-CoV-2 al momento del parto in seguito al tampone effettuato per l’ingresso in ospedale, anche se molte di loro erano asintomatiche. Nessuna delle donne all’epoca era stata vaccinata contro il Covid-19. I ricercatori si sono posti l’obiettivo di accertare se e come questa condizione della madre al momento del parto influenzasse l’immunità del neonato.
LA PROTEZIONE DEGLI ANTICORPI MATERNI
In genere la mamma protegge il bambino nei primi giorni e mesi di vita con il trasferimento dei propri anticorpi attraverso la placenta. Si tratta di anticorpi (o immunoglobuline) di tipo IgG, prodotti in risposta ad infezioni o vaccinazioni e contenuti nel sangue materno. Questo meccanismo fornisce al neonato una protezione passiva consentendogli di utilizzare, in mancanza dei propri, gli anticorpi della mamma. Se la mamma allatta al seno, inoltre, trasferisce al bambino anche un altro tipo di anticorpi (IgA), detti mucosali, perché prodotti dalle mucose del tratto respiratorio (oltre che dell’intestino) della mamma e perché aiutano il neonato proprio contro le infezioni mucosali, come il raffreddore o l’influenza.
I ricercatori hanno studiato il funzionamento di questo meccanismo di protezione nel caso delle mamme positive al coronavirus nel momento del parto. Hanno cercato e misurato, quindi, la presenza di immunoglobuline specifiche contro il SARS-CoV-2 sia nel sangue e nel latte delle mamme, sia nel sangue e nella saliva nei neonati. È la saliva infatti che contiene gli anticorpi di tipo IgA che proteggono le mucose e che l’esperienza della pandemia ha dimostrato essere generalmente molto efficaci contro l’infezione da SARS-CoV-2. Le analisi sono state fatte a 48 ore dal parto e ripetute poi dopo due mesi.
ANTICORPI SPECIFICI NELLA SALIVA DEL NEONATO
I risultati delle analisi hanno dimostrato che nel sangue delle mamme gli anticorpi specifici per il virus erano presenti a due mesi dal parto, ma non a 48 ore. Un risultato prevedibile, perché sappiamo che il sistema immunitario ha bisogno di due settimane di tempo per produrre le immunoglobuline IgG. Nel latte, invece, gli anticorpi specifici di tipo IgA erano presenti già a 48 ore dal parto, a dimostrazione che la risposta delle mucose per la produzione di anticorpi è più rapida di quella sistemica dell'organismo.
Coerentemente con questi risultati, i neonati non presentavano IgG specifiche per SARS-CoV-2 nel sangue né a 48 ore (perché la mamma non aveva potuto trasmetterle attraverso la placenta, in quanto ne era sprovvista prima del parto), né a due mesi dalla nascita (perché i bambini non erano stati attaccati dal virus e non si erano infettati). Nella saliva, invece, gli anticorpi mucosali contro il virus erano presenti non solo a 48 ore, ma anche a due mesi dal parto, però solo nei neonati allattati al seno: 17 contro 13 (tra di loro, due coppie di gemelli). È questo un primo risultato sorprendente, perché nello stesso tempo la presenza di anticorpi nel latte delle madri risultava sensibilmente diminuita, non essendo più positive al coronavirus. Qualcosa nei bambini sembra andare oltre il meccanismo di mera protezione passiva.
IL LATTE MATERNO COME UN VACCINO
A distanza di 48 ore, dunque, i bambini allattati al seno presentavano nella saliva anticorpi mucosali specifici contro il Covid-19 che gli altri neonati non presentavano. A distanza di due mesi, questi anticorpi continuavano ad essere presenti anche se le mamme avevano smesso di produrli. Per i ricercatori è la prova che il latte materno gioca un ruolo fondamentale non solo offrendo protezione passiva, cioè trasferendo al bambino gli anticorpi prodotti dalla madre, ma anche aiutandolo a produrre autonomamente le sue difese immunitarie.
Il meccanismo sembra essere simile a quello di un vaccino. Le IgA prodotte dalle madri contagiate si legano alla proteina Spike espressa sulla superficie del virus formando una molecola, chiamata immuno-complesso, che si trasferirà dalla mamma al neonato tramite l'allattamento. Il complesso IgA-Spike ereditato dalla madre si rivela immunogenico, cioè stimola il sistema immunitario a produrre anticorpi contro il SARS-COV-2, così che il neonato è in grado di produrre proprie IgA protettive.
LE PROSPETTIVE
«E’ la prima volta che viene dimostrato questo meccanismo – afferma la dott.ssa Rita Carsetti, responsabile di Diagnostica di Immunologia al Bambino Gesù -. Adesso sappiamo come il latte materno può aiutare il bambino a sviluppare le proprie difese immunitarie. Il sistema potrebbe funzionare allo stesso modo per tanti altri agenti patogeni, che sono presenti nella madre durante l’allattamento». Inoltre: «Non esistono al momento vaccini per i neonati. Gli immuno-complessi potrebbero rappresentare un sistema di immunizzazione somministrabile per bocca, che potrebbe proteggere il bambino nei primi giorni di vita». La ricerca, spiega la dottoressa, «verrà ora estesa e ampliata in due direzioni: da una parte le mamme che hanno ricevuto il vaccino contro il Covid-19 durante la gravidanza, dall’altra le infezioni diffuse come il Citomegalovirus e il Virus respiratorio sinciziale. Va ricordato che la vaccinazione in gravidanza rimane lo strumento più efficace per potenziare la capacità della madre di proteggere il neonato grazie agli anticorpi trasferiti attraverso la placenta».
I risultati di questa ricerca sottolineano come «ogni sforzo deve essere prodotto dal punto di vista organizzativo e comunicativo per favorire il contatto tra mamma e neonato al fine di promuovere l’allattamento materno anche in situazioni estreme come l’infezione da SARS-Cov2» dichiara il prof. Gianluca Terrin, Direttore dell’Unità di Neonatologia del Policlinico Umberto I.
La ricerca «è stata condotta in una dimensione di completa emergenza, nel corso della seconda e violenta ondata di diffusione del COVID-19» sottolinea il prof. Terrin, aggiungendo che «questi importanti risultati dimostrano come la grande risposta assistenziale del Policlinico Umberto I sia stata accompagnata dallo studio accurato dei fenomeni osservati, che ha condotto a significativi progressi scientifici riguardo la conoscenza dei meccanismi dello sviluppo della risposta immunitaria nelle prime epoche della vita che potrebbero avere risvolti anche in altre aree della pratica clinica».
Pfizer ha annunciato oggi il suo nuovo candidato antivirale orale per il COVID-19, PAXLOVID™, che ha ridotto significativamente il numero di ospedalizzazioni e decessi, sulla base di un'analisi ad interim della Fase 2/3 EPIC-HR (E valutazione di P rotease I nhibition per C OVID-19 in H igh- Risk Patients) studio randomizzato in doppio cieco su pazienti adulti non ospedalizzati con COVID-19, che sono ad alto rischio di progredire verso una malattia grave.
L'analisi ad interim programmata ha mostrato una riduzione dell'89% del rischio di ospedalizzazione o morte per qualsiasi causa correlata a COVID-19 rispetto al placebo nei pazienti trattati entro tre giorni dall'insorgenza dei sintomi (endpoint primario); Lo 0,8% dei pazienti che hanno ricevuto PAXLOVID™ è stato ricoverato fino al Giorno 28 dopo la randomizzazione (3/389 ospedalizzati senza decessi), rispetto al 7,0% dei pazienti che hanno ricevuto il placebo e sono stati ospedalizzati o sono deceduti (27/385 ospedalizzati con 7 decessi successivi). La significatività statistica di questi risultati era alta (p<0,0001). Riduzioni simili di ospedalizzazione o decesso correlati a COVID-19 sono state osservate in pazienti trattati entro cinque giorni dall'insorgenza dei sintomi; 1. Lo 0% dei pazienti che hanno ricevuto PAXLOVID™ è stato ricoverato in ospedale fino al Giorno 28 dopo la randomizzazione (6/607 ospedalizzati, senza decessi), rispetto al 6,7% dei pazienti che hanno ricevuto un placebo (41/612 ospedalizzati con 10 decessi successivi), con un'elevata statistica significatività (p<0,0001). Nella popolazione complessiva dello studio fino al Giorno 28, non sono stati segnalati decessi nei pazienti che hanno ricevuto PAXLOVID™ rispetto a 10 (1,6%) decessi nei pazienti che hanno ricevuto il placebo.
Su raccomandazione di un comitato di monitoraggio dei dati indipendente e in consultazione con la Food and Drug Administration (FDA) statunitense, Pfizer cesserà ulteriormente l'iscrizione allo studio a causa della straordinaria efficacia dimostrata in questi risultati e prevede di presentare i dati come parte del suo la presentazione continua in corso alla FDA degli Stati Uniti per l'autorizzazione all'uso di emergenza (EUA) il prima possibile.
“La notizia di oggi è un vero punto di svolta negli sforzi globali per fermare la devastazione di questa pandemia. Questi dati suggeriscono che il nostro candidato antivirale orale, se approvato o autorizzato dalle autorità di regolamentazione, ha il potenziale per salvare la vita dei pazienti, ridurre la gravità delle infezioni da COVID-19 ed eliminare fino a nove ricoveri su dieci", ha affermato Albert Bourla, Presidente e Amministratore Delegato, Pfizer. “Dato il continuo impatto globale di COVID-19, siamo rimasti concentrati sulla scienza e adempiendo alla nostra responsabilità di aiutare i sistemi sanitari e le istituzioni di tutto il mondo, garantendo al contempo un accesso equo e ampio alle persone ovunque”.
Se approvato o autorizzato, PAXLOVID™, che ha avuto origine nei laboratori di Pfizer, sarebbe il primo antivirale orale del suo genere, un inibitore della proteasi SARS-CoV-2-3CL appositamente progettato. Dopo aver completato con successo il resto del programma di sviluppo clinico EPIC e soggetto ad approvazione o autorizzazione, potrebbe essere prescritto in modo più ampio come trattamento domiciliare per aiutare a ridurre la gravità della malattia, i ricoveri e i decessi, nonché ridurre la probabilità di infezione dopo l'esposizione, tra gli adulti. Ha dimostrato una potente attività antivirale in vitro contro varianti circolanti di preoccupazione, così come altri coronavirus conosciuti, suggerendo il suo potenziale come terapeutico per molteplici tipi di infezioni da coronavirus.
"Tutti noi di Pfizer siamo incredibilmente orgogliosi dei nostri scienziati, che hanno progettato e sviluppato questa molecola, lavorando con la massima urgenza per aiutare a ridurre l'impatto di questa devastante malattia sui pazienti e sulle loro comunità", ha affermato Mikael Dolsten, MD, PhD., Chief Scientific Officer e President, Worldwide Research, Development and Medical di Pfizer. "Siamo grati a tutti i pazienti, ricercatori e siti in tutto il mondo che hanno partecipato a questo studio clinico, tutti con l'obiettivo comune di portare avanti una terapia orale rivoluzionaria per aiutare a combattere il COVID-19".
Il 2/3 studio EPIC-HR fase è iniziata l'iscrizione nel mese di luglio 2021. La fase 2/3 EPIC-SR ( E valutazione di P rotease I nhibition per C OVID-19 in S tandard- R ISK pazienti) ed EPIC-PEP ( E valutazione di P rotease I nhibition per C OVID-19 a P Ost- e Xposure P studi rophylaxis), che ha avuto inizio nel mese di agosto e settembre 2021, rispettivamente, non sono stati inclusi in questa analisi ad interim e sono in corso.
Informazioni sull'analisi intermedia dello studio EPIC-HR di fase 2/3
L'analisi primaria del set di dati provvisori ha valutato i dati di 1219 adulti arruolati entro il 29 settembre 2021. Al momento della decisione di interrompere il reclutamento di pazienti, l'arruolamento era del 70% dei 3.000 pazienti pianificati provenienti da centri di sperimentazione clinica in tutto il Nord e Sud America, Europa, Africa e Asia, con il 45% dei pazienti negli Stati Uniti. Gli individui arruolati hanno avuto una diagnosi confermata in laboratorio di infezione da SARS-CoV-2 entro un periodo di cinque giorni con sintomi da lievi a moderati e dovevano avere almeno una condizione medica caratteristica o sottostante associata a un aumentato rischio di sviluppare malattie gravi da COVID -19. Ogni paziente è stato randomizzato (1:1) a ricevere PAXLOVID™ o placebo per via orale ogni 12 ore per cinque giorni.
Informazioni sui dati di sicurezza dello studio EPIC-HR di fase 2/3
La revisione dei dati di sicurezza ha incluso una coorte più ampia di 1881 pazienti in EPIC-HR, i cui dati erano disponibili al momento dell'analisi. Gli eventi avversi emergenti dal trattamento erano comparabili tra PAXLOVID™ (19%) e placebo (21%), la maggior parte dei quali di lieve intensità. Tra i pazienti valutabili per eventi avversi emergenti dal trattamento, sono stati osservati un minor numero di eventi avversi gravi (1,7% vs 6,6%) e l'interruzione del farmaco in studio a causa di eventi avversi (2,1% vs 4,1%) nei pazienti trattati con PAXLOVID™ rispetto a placebo, rispettivamente.
Informazioni su PAXLOVID™ (PF-07321332; ritonavir) e sull'EPIC Development Program
PAXLOVID™ è una terapia antivirale sperimentale con inibitore della proteasi SARS-CoV-2, specificamente progettata per essere somministrata per via orale in modo che possa essere prescritta al primo segno di infezione o alla prima consapevolezza di un'esposizione, potenzialmente aiutando i pazienti a evitare malattie gravi che possono portare al ricovero e alla morte. PF-07321332 è progettato per bloccare l'attività della proteasi SARS-CoV-2-3CL, un enzima di cui il coronavirus ha bisogno per replicarsi. La co-somministrazione con una bassa dose di ritonavir aiuta a rallentare il metabolismo, o degradazione, di PF-07321332 in modo che rimanga attivo nell'organismo per periodi di tempo più lunghi a concentrazioni più elevate per aiutare a combattere il virus.
PF-07321332 inibisce la replicazione virale in una fase nota come proteolisi,
che si verifica prima della replicazione dell'RNA virale. Negli studi preclinici, PF-07321332 non ha dimostrato evidenza di interazioni mutagene del DNA.
Pfizer ha avviato lo studio EPIC-HR nel luglio 2021 a seguito dei risultati positivi della sperimentazione clinica di fase 1 e continua a valutare l'antivirale sperimentale in ulteriori studi EPIC. In agosto 2021, Pfizer ha avviato la Fase 2/3 EPIC-SR ( E valutazione di P rotease I nhibition per C OVID-19 in S tandard- R ISK pazienti), per valutare l'efficacia e la sicurezza in pazienti con diagnosi confermata di SARS Infezione da CoV-2 che sono a rischio standard (cioè, basso rischio di ospedalizzazione o morte). EPIC-SR include una coorte di pazienti vaccinati che hanno un'infezione acuta da COVID-19 sintomatica e che hanno fattori di rischio per una malattia grave. A settembre, Pfizer ha avviato la fase 2/3 EPIC-PEP (E valutazione di P rotease I nhibition per C OVID-19 P Ost- E Xposure P rophylaxis) per valutare l'efficacia e la sicurezza in soggetti adulti SARS-CoV-2 da un membro della famiglia.
Per ulteriori informazioni sugli studi clinici di fase 2/3 EPIC per PAXLOVID™, visitare il sito clinicaltrials.gov .
Informazioni sull'impegno di Pfizer per un accesso equo
Pfizer si impegna a lavorare per un accesso equo a PAXLOVID™ per tutte le persone, con l'obiettivo di fornire terapie antivirali sicure ed efficaci il prima possibile ea un prezzo accessibile. Se il nostro candidato avrà successo, durante la pandemia, Pfizer offrirà la nostra terapia antivirale orale sperimentale attraverso un approccio tariffario a più livelli basato sul livello di reddito di ciascun paese per promuovere l'equità di accesso in tutto il mondo. I paesi a reddito alto e medio-alto pagheranno di più dei paesi a reddito più basso. La società ha stipulato accordi di acquisto anticipato con più paesi ed è in trattative con molti altri. Pfizer ha anche iniziato e continuerà a investire fino a circa 1 miliardo di dollari per supportare la produzione e la distribuzione di questo trattamento sperimentale,
L'azienda sta lavorando per garantire l'accesso al suo nuovo candidato antivirale per i più bisognosi in tutto il mondo, in attesa dei risultati positivi degli studi e dell'approvazione normativa.
Emergenza coronavirus e contagi in Italia, vaccino Covid con la terza dose e vaccinazione dei bambini 5-11 anni, e poi il Green pass obbligatorio. Il ministro della Salute Roberto Speranza fa il punto nel suo intervento alla conferenza stampa a Palazzo Chigi con il commissario straordinario per l'emergenza, generale Francesco Paolo Figliuolo, e con il presidente del Consiglio superiore di sanità e coordinatore del Cts, Franco Locatelli.
ALLARME OMS
"i numeri dell'Italia sono tra i migliori a livello europeo; il tasso di incidenza è in crescita nelle ultime settimane, ma più basso degli altri Paesi. Ma l'allarme portato ieri" dall'Oms Europa "va considerato con la massima attenzione e ci richiede di insistere sul terreno fondamentale per contrastare il Covid, ovvero la campagna di vaccinazione" ha detto Speranza.
"Il colore rosso scuro sta diventato dominante a livello continentale e l'Italia, pur essendo in una fase in cui i contagiati sono in ripresa (oggi l'incidenza è a 53 casi su 100mila abitanti negli ultimi 7 giorni), abbiamo i dati migliori - ha ribadito il ministro - Questo perché la campagna di vaccinazione ha dati incoraggianti: questa mattina 86,45% di prime dosi, un dato molto alto, e siamo all'83,3% di persone vaccinabili che hanno completato il ciclo primario".
TERZA DOSE
"Stiamo accelerando anche sulle terze dosi" di vaccino anti Covid "e pensiamo che questo sia il primo terreno su cui concentrare tutte le nostre energie nelle prossime settimane. Dobbiamo ancora recuperare con le prime dosi e accelerare su richiami" ha detto Speranza. La terza dose oggi "è fortemente raccomandata agli over 60, che hanno completato da 6 mesi il ciclo vaccinale e poi ai fragili, indipendentemente dall'età e a tutti coloro che hanno avuto una dose unica di J&J. Queste sono le indicazioni al momento - ha ricordato - dalla prossima settimana lavoreremo per allargare ad ulteriori fasce generazionali".
MASCHERINE
"Dobbiamo insistere sul vaccino come strumento fondamentale per gestire questa fase - ha sottolineato ancora - Ed evidentemente continuo a fare appello perché gli italiani continuino sulla strada dei comportamenti corretti". "Siamo stati molto graduali sul rilascio delle misure - ha rimarcato - dobbiamo insistere in modo particolare sull'utilizzo corretto delle mascherine, in tutte le occasioni con rischio assembramento, anche all'aperto. E chiaramente i comportamenti individuali sono fondamentali: mascherine, distanziamento, norme igieniche a partire dal lavaggio delle mani, sono e restano elementi fondamentali per la gestione di questa fase della pandemia".
"Voglio ricordare che in Italia in questo momento sull'utilizzo delle mascherine vige una disposizione che prevede l'obbligo al chiuso, ma anche all'aperto qualora ci siano rischi di assembramenti. E' del tutto evidente - ha osservato - che una manifestazione, una piazza, un corteo dove ci sono moltissime persone è naturalmente un luogo dove la mascherina diventa obbligatoria, in quanto luogo a rischio assembramento. Quindi bisogna far rispettare le regole che ci sono e dare anche all'opinione pubblica il messaggio che siamo ancora dentro una fase epidemica. Basta alzare lo sguardo per vedere cosa accade in altri Paesi europei e nel mondo".
"Dentro questa fase epidemica - ha ricordato il ministro - disponiamo di due armi fondamentali: la prima è la campagna di vaccinazione su cui continuiamo a insistere, e la seconda è il rispetto delle misure precauzionali e dei comportamenti corretti, che la stragrande maggioranza del Paesi ha finora seguito".
VACCINO AI BAMBINI
Sul vaccino anti Covid ai bimbi dai 5 agli 11 anni "siamo in attesa di un pronunciamento definitivo di Ema, l'auspicio è che possa arrivare nel mese di dicembre". Speranza ha spiegato che sul tema "le disposizioni del governo italiano e dell'Aifa saranno successive a questo pronunciamento" dell'Agenzia europea del farmaco.
GREEN PASS
"A oggi alle 7 sono stati scaricati 117 milioni di Green pass - ha riferito il ministro - un numero che dà il senso di uno strumento che gli italiani hanno imparato ad utilizzare e credo anche ad apprezzare perché capiscono che è uno strumento di libertà". "Uno strumento anche utile: il nostro quadro epidemiologico è anche frutto delle scelte che abbiamo fatto in termini di Green pass", ha rimarcato. Speranza ha anche chiarito che la terza dose di vaccino anti Covid determina il prolungamento del Green pass: i dodici mesi scattano dalla terza dose.
1.614, lo 03% del totale: sono i medici e gli odontoiatri attualmente sospesi dagli Albi, ai sensi del DL44, per non essersi vaccinati. Lo comunica la FNOMCeO, la Federazione degli ordini dei Medici, che riceve via via il flusso di dati dagli Ordini provinciali, e che conta 468mila iscritti. A trasmettere i provvedimenti, ad oggi, 76 Ordini su 106: quelli che hanno ricevuto dalle Asl le notifiche delle sospensioni.
“Sospensioni che, nel complesso, sono state sinora 2.113 – spiega il Presidente della FNOMCeO, Filippo Anelli -. Di queste, ben 499, quasi una su quattro, sono state poi revocate, perché i colleghi si sono vaccinati. Per questo, è tanto più importante riuscire a completare il quadro, in maniera che tutti gli Ordini sappiano quanti dei loro iscritti non sono vaccinati, per poter intervenire”.
“Secondo l’aggiornamento reso noto oggi dalla FIASO, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere, il 18,5% del personale in servizio negli Ospedali e nelle strutture sanitarie italiane ha già ricevuto la dose booster – continua Anelli -. Questo dimostra che la stragrande maggioranza degli operatori sanitari, e non potrebbe essere altrimenti dati i percorsi di studi e professionali, ha piena fiducia nel vaccino”.
“Vaccinarsi, per un medico, è un diritto, perché lo protegge dalla malattia, ma è anche un dovere deontologico ed etico, per non diventare veicolo di contagio e, non meno importante, per dare il buon esempio – conclude Anelli -. È giusto, dunque, che i medici non ancora vaccinati non possano esercitare. Ed è auspicabile che, come sembra stia avvenendo, anche coloro che non hanno ancora adempiuto all’obbligo lo facciano al più presto, tornando a curare in sicurezza, per loro e per i pazienti”.
"Le conclusioni sulla somministrazione del vaccino Comirnarty di Pfizer-Biontech per la fascia d'età 5-11 anni dovrebbero arrivare a dicembre" salvo complicazioni.
Lo ha dichiarato Marco Cavaleri, responsabile vaccini dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) durante una conferenza stampa. Il vaccino per i minori dai 5 agli 11 anni "ha la stessa formulazione di quello degli adulti, ma la dose è un terzo", lo ha spiegato Cavaleri, che ha poi aggiunto: "Nella valutazione dell'Ema confluiranno anche i dati provenienti dagli Stati Uniti, dati da cui emerge che anche se nei bambini i casi gravi di Covid sono in numero inferiore rispetto agli adulti, nondimeno ci sono, e anche i bambini possono finire in ospedale e morire". Il responsabile vaccini dell'Agenzia europea del farmaco ha sottolineato che questi aspetti devono essere tenuti in considerazione nella valutazione sui potenziali benefici della vaccinazione ai minori di dodici anni.
L'Agenzia europea del farmaco Ema stoppa la procedura di revisione continua (rolling review) sugli anticorpi monoclonali bamlanivimab ed etesevimab, sviluppati da Eli Lilly per il trattamento di Covid-19, dopo che l'azienda ha informato l'Ema che si stava ritirando dal processo. Lo comunica l'ente regolatorio Ue in una nota, precisando che comunque "i pazienti possono continuare a ricevere i farmaci in base alle disposizioni nazionali".
Dal marzo scorso - ricorda l'Ema in una nota - il Comitato per i medicinali a uso umano (Chmp) sta esaminando dati su bamlanivimab ed etesevimab nell'ambito della revisione ciclica, procedura in base alla quale l'azienda fornisce le informazioni a mano a mano che si rendono disponibili, così da accelerare la valutazione di un'eventuale richiesta di autorizzazione all'immissione in commercio (Aic). Sempre a marzo l'Agenzia aveva emesso un parere sostenuto dai risultati di uno studio clinico, parere in cui supportava l'impiego dei due monoclonali contro Covid a livello dei vari Stati anche prima dell'Aic.
Al momento del ritiro dell'azienda dalla procedura - si legge ancora - l'Ema aveva ricevuto dati non clinici (di laboratorio), dati provenienti da studi clinici, dati sulla qualità e sul processo di produzione dei farmaci, nonché il Piano di gestione del rischio (Rmp). Nonostante la revisione accelerata dei dati, secondo l'Agenzia "rimanevano da affrontare in modo soddisfacente alcune questioni riguardanti la qualità dei medicinali". L'azienda ha deciso per il ritiro, motivato da ragioni illustrate in una lettera, e come conseguenza "l'Ema interromperà l'analisi dei dati e non completerà la revisione. Lilly si riserva il diritto di richiedere un'altra rolling review o di presentare una domanda di Aic in futuro".
Nella lettera di Eli Lilly Netherlands BV, di cui l'ente regolatorio Ue diffonde il testo, l'azienda prende atto delle richieste aggiuntive da parte del Chmp e scrive così: "Data l'attuale domanda da parte degli Stati membri dell'Ue, Lilly prevede che non saranno necessarie ulteriori/nuove campagne di produzione di sostanze farmaceutiche per il prossimo futuro. Pertanto, a questo punto Lilly non è in grado di generare gli ulteriori dati richiesti dal Chmp per passare alla richiesta formale di Aic".
ReiThera Srl, azienda biotech dedicata allo sviluppo tecnologico, alla produzione GMP e alla traslazione clinica di vaccini genetici e prodotti medicinali per terapie avanzate, annuncia oggi di aver ricevuto un finanziamento di 1,4 milioni di dollari dalla Bill & Melinda Gates Foundation (BMGF) per lo sviluppo di nuovi vaccini basati sulla piattaforma proprietaria GRAd.
Il programma finanziato si concentrerà su due obiettivi chiave: sviluppare vaccini di seconda generazione, in grado di fornire una copertura più ampia contro le varianti di SARS-CoV-2 che destano preoccupazione, e supportare l’iniziativa contro l’HIV della Fondazione Bill & Melinda Gates per la generazione di vaccini innovativi.
Nell’ambito di questo programma, ReiThera metterà a frutto la peculiare capacità della tecnologia a vettore adenovirale GRAd, di indurre una robusta risposta immunitaria cellulo-mediata contro l’agente infettivo. Il progetto è pensato affinchè traggano beneficio dai risultati principalmente i Paesi a basso e medio reddito, in particolare dell’Africa, che sono colpiti in maggiore misura dall’HIV e hanno attualmente accesso molto limitato ai vaccini contro COVID-19.
Stefano Colloca, Chief Technology Officer e co-fondatore di ReiThera, ha detto: “Siamo entusiasti che la prestigiosa Bill & Melinda Gates Foundation abbia deciso di investire nella tecnologia di ReiThera. Il progetto ci permetterà di accedere alla loro rete di collaboratori scientifici di grande esperienza sfruttando il potenziale della nostra nuova tecnologia del vettore GRAd per lo sviluppo di vaccini necessari sia per le nuove varianti di COVID-19 che per l’HIV, i quali potrebbero avere un impatto molto positivo sulla vita delle persone nei Paesi a basso e medio reddito”.
ReiThera ha già sviluppato GRAd-COV2, un candidato vaccino contro COVID-19 che codifica la proteina spike del coronavirus SARS-CoV-2 e basato sul nuovo vettore adenovirale derivato dal Gorilla, reso incapace di replicarsi. Il vettore GRAd appartiene alla specie C di adenovirus, che comprende i più potenti vettori per i vaccini genetici, ed è caratterizzato da una bassa sieroprevalenza negli esseri umani. Recenti studi di fase 1 e 2 hanno dimostrato che GRAd-COV2 è sicuro e ben tollerato negli adulti e negli anziani, così come nei soggetti con comorbidità, con tassi di sieroconversione contro SARS-CoV-2 superiori al 93% dopo una singola dose e oltre il 99% con un regime a due dosi. Questi risultati supportano un ulteriore sviluppo clinico del candidato vaccino con uno studio di fase 3.
In parallelo, ReiThera ha investito nella sua organizzazione CDMO (Contract Development and Manufacturing Organization), espandendo l’area GMP (Good Manufacturing Practices) esistente e acquisendo tecnologie all’avanguardia, tra cui bioreattori a tecnologia monouso, che supportano un volume di lavoro fino a 3000L. Questa nuova area dell’officina biofarmaceutica potrà essere dedicata alla produzione del vaccino GRAd-COV2 su larga scala. Poichè il processo di produzione di GRAd-COV2 è basato su tecnologie monouso, potrebbe essere facilmente trasferito a siti esterni per la produzione locale nei Paesi in cui la domanda di questo nuovo vaccino è maggiore.
il candidato vaccino 'italiano' contro Sars-Cov-2 il virus che causa Covid-19, realizzato, prodotto e brevettato dalla societa' biotecnologica ReiThera, di proprietà di una società svizzera, la Keires, con sede a Basilea, ma che lavora e ha personale nel polo di Castel Romano vicino Roma.
Covid, protegge più il vaccino a mRna anti coronavirus o gli effetti dell'infezione? A rispondere è la biologa Barbara Gallavotti, ospite ieri sera a diMartedì su La7, che cita uno studio delle autorità sanitarie americane su un campione di persone ricoverate per Covid, divise tra vaccinate e precedentemente contagiate.
"E' stato un tema molto controverso ma adesso gli studi sono nettamente a favore del vaccino", spiega la biologa, che sullo studio Usa sottolinea: "Fra i due gruppi analizzati, è risultato che il vaccino protegge dal rischio di ricovero ospedaliero almeno cinque volte più della pregressa infezione. E, nel gruppo di persone che hanno più di 65 anni, il vaccino proteggerebbe 20 volte di più".
Riguardo al risultato dello studio, spiega ancora Gallavotti, se il vaccino a mRna "insegna al nostro organismo a produrre molte copie identiche di un unico anticorpo, un anticorpo altamente in grado di neutralizzare il virus", in caso di infezione invece "in genere l'organismo si confronta col virus intero, e quindi produce un 'cocktail' di anticorpi. E questo cocktail dipende un po' dalle caratteristiche dell'organismo stesso e dal modo in cui si è sviluppata l'infezione".
Con l'aumento della pandemia di COVID-19, l'Organizzazione Mondiale della Sanità e le Nazioni Unite hanno emesso un duro avvertimento : una "infodemia" di voci online e notizie false relative al COVID-19 stava ostacolando gli sforzi per la salute pubblica e causando morti inutili.
"La disinformazione costa vite", hanno avvertito le organizzazioni. “Senza la fiducia appropriata e le informazioni corrette … il virus continuerà a prosperare”.
Nel tentativo di risolvere questo problema, i ricercatori dello Stevens Institute of Technology stanno sviluppando una soluzione scalabile: uno strumento di intelligenza artificiale in grado di rilevare "notizie false" relative a COVID-19 e segnalare automaticamente notizie e post sui social media fuorvianti. "Durante la pandemia, le cose sono diventate incredibilmente polarizzate- spiega la prof.ssa K.P. Subbalakshmi, esperta di intelligenza artificiale presso lo Stevens Institute for Artificial Intelligence e docente di ingegneria elettrica e informatica- Abbiamo urgente bisogno di nuovi strumenti per aiutare le persone a trovare informazioni di cui possono fidarsi".
Per sviluppare un algoritmo in grado di rilevare la disinformazione sul COVID-19, la prof.ssa Subbalakshmi ha prima lavorato con gli studenti laureati di Stevens Mingxuan Chen e Xingqiao Chu per raccogliere circa 2.600 articoli di notizie sui vaccini COVID-19, tratti da 80 diversi editori nel corso di 15 mesi. Il team ha quindi incrociato gli articoli con siti Web di valutazione dei media affidabili e ha etichettato ogni articolo come credibile o inaffidabile.
Successivamente, il team ha raccolto oltre 24.000 post su Twitter, che menzionavano i rapporti di notizie indicizzati e ha sviluppato un algoritmo di "rilevamento della posizione" in grado di determinare se un tweet era di supporto o disprezzo dell'articolo in questione. “In passato, i ricercatori presumevano che se twitti su un articolo di notizie, allora sei d'accordo con la sua posizione. Ma non è necessariamente così: potresti dire 'Riesci a credere a queste sciocchezze!?' -sottolinea l'esperta- L'utilizzo del rilevamento della posizione ci offre una prospettiva molto più ricca e ci aiuta a rilevare le notizie false in modo molto più efficace".
L'algoritmo segnala i tweet che diffondono informazioni fasulle sui vaccini
Utilizzando i loro set di dati etichettati, il team di Stevens ha addestrato e testato una nuova architettura di intelligenza artificiale progettata per rilevare sottili segnali linguistici che distinguono i rapporti reali dalle notizie false. Questo è un approccio potente perché non richiede al sistema di intelligenza artificiale di controllare il contenuto effettivo di un testo o di tenere traccia dell'evoluzione dei messaggi di salute pubblica; invece, l'algoritmo rileva impronte stilistiche che corrispondono a testi attendibili o non attendibili.
"È possibile prendere qualsiasi frase scritta e trasformarla in un punto dati - un vettore nello spazio N-dimensionale - che rappresenta l'uso del linguaggio da parte dell'autore- aggiunge la prof.ssa Subbalakshmi- Il nostro algoritmo esamina quei punti dati per decidere se un articolo ha più o meno probabilità di essere una notizia falsa".
Un linguaggio più roboante o emotivo, ad esempio, è spesso correlato a affermazioni fasulle. Altri fattori come il tempo di pubblicazione, la lunghezza di un articolo e persino il numero di autori possono essere utilizzati come da un algoritmo di intelligenza artificiale, consentendogli di determinare l'attendibilità di un articolo. Queste statistiche sono fornite con il loro set di dati appena curato. La loro architettura di base è in grado di rilevare notizie false con una precisione di circa l'88%, significativamente migliore rispetto alla maggior parte dei precedenti strumenti di intelligenza artificiale per il rilevamento di notizie false.
"È una svolta impressionante, soprattutto utilizzando i dati raccolti e analizzati quasi in tempo reale", afferma la prof.ssa Subbalakshmi. Tuttavia, è necessario molto più lavoro per creare strumenti sufficientemente potenti e rigorosi da essere implementati nel mondo reale. "Abbiamo creato un algoritmo molto accurato per rilevare la disinformazione - aggiunge la prof.ssa Subbalakshmi- Ma il nostro vero contributo in questo lavoro è il dataset stesso. Speriamo che altri ricercatori lo portino avanti e lo usino per aiutarli a comprendere meglio le notizie false".
Un'area chiave per ulteriori ricerche: utilizzare immagini e video incorporati negli articoli di notizie indicizzati e nei post sui social media per aumentare il rilevamento delle notizie false. "Finora, ci siamo concentrati sul testo"Ma le notizie e i tweet contengono tutti i tipi di media e dobbiamo digerire tutto questo per capire cosa è falso e cosa no".
Lavorare con testi brevi come i post sui social media rappresenta una sfida, ma il team della prof.ssa Subbalakshmi ha già sviluppato strumenti di intelligenza artificiale in grado di identificare tweet ingannevoli e tweet che sputano notizie false e teorie del complotto. Riunire gli algoritmi di rilevamento dei bot e l'analisi linguistica potrebbe consentire la creazione di strumenti di intelligenza artificiale più potenti e scalabili, ha affermato il dott. Subbalakshmi.
Con il Surgeon General che ora chiede lo sviluppo di strumenti di intelligenza artificiale per aiutare a reprimere la disinformazione COVID-19, tali soluzioni sono urgentemente necessarie. Tuttavia, avverte la prof.ssa Subbalakshmi, c'è ancora molta strada da fare. Le notizie false sono insidiose, ha spiegato, e le persone e i gruppi che diffondono false voci online stanno lavorando duramente per evitare il rilevamento e sviluppare nuovi strumenti.
"Ogni volta che facciamo un passo avanti, i cattivi attori sono in grado di imparare dai nostri metodi e costruire qualcosa di ancora più sofisticato- conclude- È una battaglia costante: il trucco è solo rimanere qualche passo avanti".
Antonio Caperna
"Proroga dello stato d'emergenza? Come Governo ci baseremo sull'evidenza scientifica, se sarà necessario prorogare lo stato d'emergenza lo faremo senza timore Ricordo che ad oggi la curva è in risalita". Lo ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza intervenuto a 'Mezz'ora in +' su Rai3.
"La Romania ha il 30% vaccinati, l'Italia ha circa l'83% con ciclo completo, i dati che ci arrivano dal mondo ci dicono che dove la percentuale è alta la situazione è più gestibile. Un alto tasso di vaccinazione consente di rompere la catena di rapporto tra il numero di vaccinati e ospedalizzazioni. Dobbiamo tenere alto il livello di attenzione e insistere sulla campagna di vaccinazione- ha aggiunto-Bisogna continuare ad usare le mascherine sia al chiuso che all'aperto dove ci sono situazioni di rischio. La vaccinazione alta ci mette al riparo dalle immagini che vediamo arrivare dall'est Europa. Lo scudo della vaccinazione ci proteggerà anche nei mesi a venire ma va accompagnato da altre misure, ad esempio le mascherine al chiuso sono ancora necessarie".
"Non ci siamo mai dati l'obiettivo del 90% di popolazione vaccinata ma se mi avessero detto che ad oggi ci sarebbe stata l'86% con la prima dose sarei stato contento ma il 90% è un obiettivo ambizioso ma alla nostra portata. Per il terzo richiamo abbiamo tutte le dosi necessarie. Non abbiamo alcun problema di dosi. Dobbiamo insistere e accelerare su questo e lo stiamo facendo, in alcuni giorni abbiamo superato le 100mila giornaliere. Oggi la raccomandiamo a tutte le persone di più di 60 anni che hanno completato il ciclo da più di 6 mesi e tutti i fragili di ogni età. Queste persone possono prenotarla immediatamente".
Via libera della Fda all'uso del vaccino Pfizer-BioNTech sui bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. "L'autorizzazione - si legge sul sito della Food and Drug Administration - si basa sulla valutazione approfondita e trasparente dei dati da parte della Fda che include il contributo di esperti del comitato consultivo indipendente che hanno votato a stragrande maggioranza a favore della messa a disposizione del vaccino per i bambini di questa fascia di età".
Il vaccino Pfizer sarà somministrato ai bambini in due dosi, a distanza di 3 settimane, ma si tratterà di una dose inferiore (10 microgrammi) rispetto a quella utilizzata per individui dai 12 anni in su (30 microgrammi) . Secondo la Fda, nella fascia 5-11 anni si concentrano il 39% dei casi di covid tra i bambini.
Secondo Pfizer, il vaccino - anche con dosaggio ridotto - garanzie nei bambini una protezione superiore al 90% contro le forme sintomatiche della malattia. I vaccini nella fascia 5-11 anni non possono ancora essere somministrati: serve il semaforo verde dei Centers for Disease Control and Prevention. Il panel di consulente dei CDC si riuniranno 2 novembre per raccomandare il vaccino, ultimo step prima decisione delle formali che dovrà essere adottato da Rochelle Walsky, numero 1 dei CDC. La Casa Bianca intanto, come evidenzia la Cnn, ha già elaborato un piano per distribuire i vaccini.
il vaccino - anche con dosaggio ridotto - ha garantito nei bambini una protezione superiore al 90%contro le forme sintomatiche della malattia. I vaccini nella fascia 5-11 anni non possono ancora essere somministrati: serve il semaforo verde dei Centers for Disease Control and Prevention. Il panel di consulente dei CDC si riuniranno il 2 novembre per raccomandare il vaccino, ultimo step prima decisione delle formali che dovrà essere adottato da Rochelle Walsky, numero 1 dei CDC. La Casa Bianca intanto, come evidenzia la Cnn, ha già elaborato un piano per distribuire i vaccini. il vaccino - anche con dosaggio ridotto - garantito nei bambini una protezione superiore al 90% contro le forme sintomatiche della malattia.
I vaccini nella fascia 5-11 anni non possono ancora essere somministrati: serve il semaforo verde dei Centers for Disease Control and Prevention. Il panel di consulente dei CDC si riuniranno il 2 novembre per raccomandare il vaccino, ultimo step prima decisione delle formali che dovrà essere adottato da Rochelle Walsky, numero 1 dei CDC. La Casa Bianca intanto, come evidenzia la Cnn, ha già elaborato un piano per distribuire i vaccini. Il panel di consulente dei CDC si riuniranno il 2 novembre per raccomandare il vaccino, ultimo step prima decisione delle formali che dovrà essere adottato da Rochelle Walsky, numero 1 dei CDC. La Casa Bianca intanto, come evidenzia la Cnn, ha già elaborato un piano per distribuire i vaccini. Il panel di consulente dei CDC si riuniranno il 2 novembre per raccomandare il vaccino, ultimo step prima decisione delle formali che dovrà essere adottato da Rochelle Walsky, numero 1 dei CDC. La Casa Bianca intanto, come evidenzia la Cnn, ha già elaborato un piano per distribuire i vaccini.
"Il vaccino anti-Covid Johnson & Johnson assicura una protezione per 8 mesi, non facciamo terrorismo". Il direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova Matteo Bassetti commenta, parlando con l'Adnkronos, l'intervento del virologo, Andrea Crisanti, che ieri a Piazzapulita su La7, ha affermato che "il vaccino Johnson & Johnson" contro il covid "dopo 2 mesi di fatto non protegge quasi più niente. E’ una cosa che dovrebbe sorprenderci tutti. Questa vaccinazione è stata iniziata quando J&J era a conoscenza dei limiti del vaccino".
"I dati relativi al vaccino J&J, pubblicati a luglio, dicono che c'è una risposta sostenuta e robusta per almeno 8 mesi. Dopo di che ci sono state delle segnalazioni, che hanno evidenziato che dopo 2 mesi i soggetti che hanno fatto la monodose vedono una riduzione della protezione ma cominciate a ridursi non significa che a due mesi scompaiono gli anticorpi. Stiamo attenti a comunicare altrimenti le persone che hanno fatto questo vaccino pensano di non essere coperti e non è così. Non terrorizziamo 1,8 mln di persone in Italia che lo hanno fatto".
"Come tutti i vaccini anti-Covid, anche questo" di J&J "ha bisogno di una bose booster ma non tutti la devono fare dopo due mesi. Chi ha fatto J&J, ha più di 60 anni e ha altre patologie, dopo 6 mesi, faccia rapidamente una seconda dose o di J&J, che abbiamo visto aumenta la protezione anche contro la variante Delta, o una eterologa con Moderna o Pfizer", evidenzia l'infettivologo.
"Nel nostro Paese a qualcuno piace fare 'a lupo a lupo' per prendersi i titoloni e le prime pagine dei giornali. Ma così non facciamo il bene della gente". L'infettivologo genovese, sempre in riferimento al virologo romano, ricorda poi come "alcuni non sono nuovi a questo tipo di comunicazione sbagliata, sono gli stessi che avevano detto che avrebbero aspettato ad immunizzarsi" contro Sars-CoV-2 "perché era un vaccino sperimentale. Direi che serve calma e sangue freddo".
"Novavax ha fatto richiesta di autorizzazione all'agenzia regolatoria del farmaco inglese per il proprio vaccino contro il Covid-19". É la notizia rilasciata dalla stessa azienda e che pone la Novavax al centro delle decisioni della MHRA della Gran Bretagna ma non solo, perché, come dice la stessa azienda in un comunicato, "verranno presentati i dati per la richiesta di autorizzazione anche all'Unione europea, al Canada e all'Australia appena possibile".
I dati che Novavax ha sottoposto all'autorità regolatoria britannica sono quelli di fase 3 condotti su un totale di circa 45mila pazienti sui quali "è stata dimostrata un'elevata efficacia e una buona tollerabilità, anche contro le varianti", sottolinea la nota. Le dosi di vaccino dell'azienda americana con base a Gaithersburg nel Maryland, se autorizzate dalla MHRA, verranno prodotte per le prime 60 milioni di dosi da Fujifilm a Billingham, nel Regno Unito. Come ha dichiarato Stanley Erck, il presidente di Novavax, "aver sottoposto i dati per l'autorizzazione mette l'azienda nella condizione di poter consegnare milioni di dosi del primo vaccino proteico contro il Covid-19, elaborato su una piattaforma che ha dimostrato la sua efficacia su diverse forme di coronavirus".
La terapia contro il Sars-CoV-2 dell'azienda americana sarà infatti il primo vaccino a base proteica in cui la proteina 'spike' è allestita mediante la ricombinazione genetica, in modo analogo a quello di Sanofi-GSK che dovrebbe approdare all'autorizzazione delle agenzie regolatorie a novembre. Secondo Novavax, il vaccino i cui trial sono stati annunciati nel marzo scorso, "offre il 100% di protezione contro la malattia severa, l'ospedalizzazione e il decesso. E sono state 15mila le persone coinvolte nella fase tre del trial, in diversi ospedali del Regno Unito". I risultati di Novavax rilasciati a gennaio per la sperimentazione in Sudafrica hanno mostrato un'efficacia del 60% contro la malattia lieve, moderata e severa, e la maggior parte dei casi erano riconducibili alla variante sudafricana.
Il G20 "si impegnerà per l'obiettivo di avere il 70% della popolazione mondiale pienamente vaccinata" contro il Covid "entro la metà dell'anno prossimo. E' un obiettivo ambizioso, ma lo sosteniamo pienamente. L'Ue finora ha esportato, in undici mesi, 1,2 mld di dosi di vaccini verso oltre 150 Paesi".
Lo dice la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, in conferenza stampa a Bruxelles prima di volare a Roma per il vertice delle venti maggiori economie mondiali.
"L'anno prossimo - spiega - ci aspettiamo di produrre nell'Ue oltre 3,5 mld di dosi di vaccini anti Covid e naturalmente la maggioranza verrà esportata".
Oltre alle esportazioni di vaccini anti-Covid, "l'Ue e gli Stati membri doneranno oltre 500 mln di dosi di vaccini fino alla metà del prossimo anno". "Mi aspetto altre promesse da parte degli Stati membri - continua von der Leyen - so che alcuni Stati hanno avuto alcuni ostacoli con le consegne di queste dosi promesse. Stiamo affrontando il problema con i Paesi membri e con i produttori per velocizzare le consegne".
Inoltre, per aumentare le vaccinazioni contro il Covid-19 nel medio e lungo termine, "i leader del G20 chiederanno un aumento della produzione manifatturiera nei Paesi in via di sviluppo, con un focus sulla tecnologia dell'Rna messaggero". L'obiettivo è portare quella tecnologia "nel continente africano".
"L'Europa - aggiunge von der Leyen - sta investendo oltre un miliardo di euro: il nostro obiettivo comune è portare la tecnologia dell'm-Rna nel continente africano, in modo che i vaccini vengano prodotti in loco. Finora abbiamo fatto buoni progressi con il Senegal, il Rwanda e il Sudafrica. Due giorni fa BionTech ha firmato un accordo con Rwanda e Senegal".
"La cosa - prosegue - sta avanzando abbastanza bene. Stiamo valutando di avere cooperazioni simili con altri Paesi africani come Ghana, Egitto, Marocco, Nigeria e Kenya. Oggi solo l'1%" delle dosi di vaccino somministrate alla popolazione africana, non solo contro il Covid-19 ma anche contro altre malattie, "è prodotto in Africa, il 99% è importato. L'obiettivo è avere nel 2040 il 60% dei vaccini somministrati prodotti in Africa. Credo che sia fattibile", conclude von der Leyen.
Un farmaco antidepressivo, la fluvoxamina, nei pazienti ambulatoriali ad alto rischio con Covid-19 diagnosticata precocemente può ridurre il rischio di aver bisogno di un'osservazione prolungata in ospedale e di ricovero. E' quanto emerge dal più ampio studio condotto finora su questa molecola e pubblicato su The Lancet Global Health.
Dallo studio Together - trial randomizzato che indaga sull'efficacia di trattamenti riproposti per Covid-19 tra pazienti ambulatoriali adulti brasiliani ad alto rischio - emerge che, dei 741 partecipanti che sono stati trattati con fluvoxamina in un contesto di emergenza per Covid, 79 hanno richiesto cure mediche per più di 6 ore o sono stati ricoverati in ospedale, rispetto a 119 dei 756 partecipanti che hanno ricevuto placebo. I risultati, spiegano gli esperti, rappresentano "un passo importante" nella comprensione del ruolo della fluvoxamina come trattamento per i pazienti ambulatoriali con Covid e nella ricerca di terapie economiche, ampiamente disponibili ed efficaci contro la malattia.
"I recenti sviluppi e le campagne di vaccinazione si sono dimostrati importanti per ridurre il numero di nuovi casi sintomatici, ricoveri e decessi dovuti a Covid. Tuttavia - osserva Edward Mills della McMaster University, co-ricercatore principale del lavoro - la malattia rappresenta ancora un rischio per le persone in Paesi con risorse limitate e accesso limitato alle vaccinazioni. Identificare terapie poco costose, ampiamente disponibili ed efficaci è quindi di grande importanza, ed è di particolare interesse riutilizzare i farmaci esistenti che sono ampiamente disponibili e hanno profili di sicurezza ben compresi". La fluvoxamina è un inibitore selettivo della ricaptazione della serotonina (Ssri), attualmente utilizzato per il trattamento di condizioni di salute mentale come depressione e disturbi ossessivo-compulsivi. E' stato scelto per le sue proprietà antinfiammatorie. Secondo Angela Reiersen, associato di psichiatria alla Washington University di St. Louis e co-autrice, "la fluvoxamina può ridurre la produzione di molecole infiammatorie chiamate citochine, che possono essere innescate dall'infezione da Sars-CoV-2".
Lo studio Together valuta l'efficacia di 8 trattamenti riproposti per Covid su pazienti ambulatoriali adulti ad alto rischio. Il trial è iniziato a giugno 2020, il braccio fluvoxamina a gennaio 2021 ed è stata reclutata una coorte di adulti brasiliani sintomatici, risultati positivi al test Covid, non vaccinati e con almeno un criterio aggiuntivo per l'alto rischio. Una quota di 741 partecipanti ha ricevuto 100 milligrammi di fluvoxamina 2 volte al giorno per 10 giorni e 756 hanno ricevuto un placebo. I pazienti sono stati osservati per 28 giorni dopo il trattamento.
Fra chi ha ricevuto la fluvoxamina, 79 hanno avuto appunto bisogno di un soggiorno prolungato per più di 6 ore in un contesto di emergenza oppure di ricovero, rispetto a 119 del gruppo placebo. Questi risultati hanno dimostrato una riduzione assoluta del rischio di ospedalizzazione prolungata/prolungamento delle cure di emergenza 5%, con una riduzione del rischio relativo del 32%. Sebbene la mortalità non fosse un esito primario dello studio, in un'analisi secondaria "per protocollo", di pazienti che hanno assunto almeno l'80% delle dosi del farmaco, si è verificato un decesso nel gruppo fluvoxamina, rispetto ai 12 nel gruppo placebo.
"I nostri risultati sono coerenti con studi precedenti e più piccoli - commenta Gilmar Reis, co-ricercatore principale dello studio - Data la sicurezza, la tollerabilità, la facilità d'uso, il basso costo e la disponibilità diffusa della fluvoxamina, questi risultati possono avere un'influenza importante sulle linee guida nazionali e internazionali sulla gestione clinica di Covid-19".
Nel 2020, anno caratterizzato dalla COVID-19, la speranza di vita alla nascita è scesa a 81,0 anni per gli uomini e a 85,1 per le donne, in calo rispettivamente di 0,9 e 0,5 anni rispetto al 2019. L’anno precedente, la speranza di vita alla nascita degli uomini era di 81,9 anni e quella delle donne di 85,6. Stando alle tavole di mortalità calcolate dall’Ufficio federale di statistica (UST), una diminuzione simile non si registrava dal 1944 per gli uomini e dal 1962 per le donne.
Nel 2020, le speranze di vita più elevate per le donne sono state osservate nei Cantoni di Appenzello Interno (87,3 anni), Zugo (86,2) e Uri (86,2), mentre per gli uomini nei Cantoni di Nidvaldo (83,7), Zugo (82,9) e Basilea Campagna (82,3). I maggiori cali della speranza di vita alla nascita tra il 2019 e il 2020 sono stati osservati nei Cantoni di Obvaldo (–2,5 anni), Ticino (–2,3) e Ginevra (–2,3) per gli uomini e in quelli di Giura (–1,8), Ginevra (–1,5) e Svitto (–1,4) per le donne.
Diminuzione straordinaria della speranza di vita a 65 anni
Tra il 2019 e il 2020, a causa dei decessi dovuti alla pandemia di COVID-19, la speranza di vita a 65 anni degli uomini è diminuita di 0,7 anni e quella delle donne di 0,5. Nello stesso lasso di tempo, la speranza di vita a 65 anni degli uomini è diminuita da 20,0 a 19,3 anni, quella delle donne da 22,7 a 22,2 anni.
La diminuzione della speranza di vita a 65 anni osservata tra gli uomini è straordinaria, ma per quanto riguarda quella delle donne, è diminuita maggiormente nel 1944, anno caratterizzato da un inverno particolarmente rigido. A livello cantonale, i cali maggiori della speranza di vita a 65 anni sono stati osservati per gli uomini nei Cantoni di Svitto (–2,1 anni), Ginevra (–1,8) e Ticino (–1,8) e per le donne nei Cantoni di Giura (–1,8), Obvaldo (–1,7), Vaud (–1,4) e Ticino (–1,4).
Un numero di decessi mai osservato prima in Svizzera
Negli ultimi decenni il numero annuale di decessi, che è legato alla crescita demografica e al fatto che le numerose generazioni dagli Anni ‘40 agli Anni ‘70 giungono a un’età avanzata, è tendenzialmente in aumento. Inoltre, in questo periodo, il numero di decessi ogni 1000 residenti permanenti (tasso lordo di mortalità) si abbassa.
Il 2020 è particolare sotto vari punti di vista: si caratterizza anzitutto per il record di decessi (76 195 contro 67 780 nel 2019). Da quando gli uffici dello stato civile hanno iniziato la registrazione sistematica dei decessi nel 1876, in Svizzera non era mai stato rilevato un valore così alto. Il tasso lordo di decessi registrato nel 2020 non è particolarmente elevato (8,8 per mille, rispetto al 7,9 nel 2019). Tuttavia, è l’aumento annuo di questo tasso registrato tra il 2019 e il 2020 che raggiunge un valore eccezionale (dell’11,3% contro lo 0,3% tra il 2018 e il 2019).
Aumenti della mortalità diversi tra i Cantoni
Tra il 2019 e il 2020, il numero di decessi aumenta più fortemente nei Cantoni situati nella Svizzera occidentale e meridionale. La variazione si situa tra il +25 e il +27% a Ginevra, nel Giura e in Ticino. L’aumento del numero di decessi ha superato il 20% anche nei Cantoni di Obvaldo, Svitto, Vaud e Friburgo. Nel Cantone di Nidvaldo, invece, il numero di decessi è leggermente calato (–0,3%) e nei Cantoni dei Grigioni e di Glarona, Basilea Città e Sciaffusa l’aumento è rimasto al di sotto del 5%. L’aumento dei decessi è quindi stato meno importante in alcuni Cantoni della Svizzera settentrionale e orientale.
Differenze e similitudini tra le pandemie del 1918 e del 2020
Confrontando la mortalità osservata in Svizzera durante queste due pandemie vengono alla luce differenze importanti. I decessi attribuiti all’influenza spagnola nel 1918 sono significativamente di più di quelli attribuiti alla COVID-19 nel 2020. La Spagnola ha causato quasi 22 000 morti nel 1918, equivalenti a 5,6 decessi ogni 1000 persone.
Nel 2020 i decessi legati alla COVID-19 (secondo l’UFSP) si sono invece attestati a 7600, ovvero lo 0,9 per mille. L'influenza del 1918 uccise soprattutto uomini e donne tra i 20 e i 40 anni, mentre la COVID-19 è stata più letale per le persone di età superiore agli 80 anni. Tra il 1917 e il 1918, la speranza di vita alla nascita è scesa di 10,1 anni per gli uomini e di 8,4 anni per le donne e quindi in modo ben più rilevante che tra il 2019 e il 2020.
Le pandemie del 1918 e del 2020 presentano però anche qualche sorprendente similitudine. Sia in termini assoluti che relativi, le due pandemie sono state più letali per gli uomini che per le donne. Nel 1918 e nel 2020, la seconda ondata di contagi si è verificata negli stessi mesi dell’anno, con il picco di decessi che in entrambi i casi si è verificato intorno a novembre. In entrambi i casi, i Cantoni della Svizzera occidentale avevano nel complesso tassi di mortalità più alti rispetto a quelli dei Cantoni della Svizzera orientale. Il numero annuo di decessi, indipendentemente dalle cause, ha raggiunto un valore record sia nel 1918 che nel 2020.
I vaccini anti-COVID-19 utilizzati in Svizzera sono estremamente efficaci e offrono una buona protezione contro le forme gravi della malattia e l’ospedalizzazione.
Nelle persone anziane la protezione vaccinale può tuttavia diminuire leggermente con il passare del tempo. Per continuare a garantire loro una protezione ottimale dalle forme gravi della malattia, l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e la Commissione federale per le vaccinazioni (CFV) raccomandano alle persone con più di 65 anni la vaccinazione di richiamo. Questa raccomandazione è in linea con la decisione di omologazione adottata dall’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic. Sulla base dei dati attualmente disponibili, la vaccinazione di richiamo non è né autorizzata né raccomandata per la popolazione in generale.
I dati scientifici disponibili mostrano che le persone vaccinate sono molto ben protette contro la forme gravi della COVID-19. In caso di vaccinazione completa, la protezione vaccinale si attesta tuttora al di sopra del 90 per cento. Chi rimane contagiato nonostante la vaccinazione non presenta sintomi o presenta sintomi lievi e solo raramente contrae una forma grave della malattia. Pertanto, secondo la CFV e l’UFSP una vaccinazione di richiamo per l’intera popolazione non è attualmente opportuna.
Tuttavia, alcuni studi indicano che la protezione vaccinale può indebolirsi leggermente con il passare del tempo, in particolare nelle persone più anziane. L’UFSP e la CFV raccomandano pertanto la vaccinazione di richiamo per tutte le persone con più di 65 anni, da somministrare al più presto sei mesi dopo la vaccinazione completa. La raccomandazione vale soprattutto per i residenti nelle case per anziani e nelle case di cura e per le persone a partire dai 65 anni con gravi patologie preesistenti. Tra le persone particolarmente a rischio, questi gruppi sono quelli che più rischiano di ammalarsi gravemente.
Le vaccinazioni di richiamo iniziano a metà novembre
La raccomandazione di vaccinazione dell’UFSP e della CFV si basa sulla decisione di Swissmedic, che ha omologato la vaccinazione di richiamo con i due vaccini a mRNA di Pfizer e Moderna per le persone particolarmente a rischio.
Le raccomandazioni di vaccinazione dettagliate saranno pubblicate nei prossimi giorni.
I sistemi informatici predisposti dalla Confederazione per la prenotazione, la documentazione e il monitoraggio saranno operativi dal 4 novembre. I cantoni sono responsabili dell'esecuzione delle vaccinazioni di richiamo. I cantoni decidono da quando le persone idonee possono registrarsi e si preparano a iniziare le vaccinazioni di richiamo da metà novembre.
Persone con un sistema immunitario indebolito
Per le persone con un sistema immunitario indebolito la terza dose di vaccino è già raccomandata. Per chi è gravemente immunocompromesso non si tratta però di una vaccinazione di richiamo: la terza dose rientra nell’immunizzazione di base («vaccinazione primaria») se la risposta del sistema immunitario è debole o assente dopo due dosi. A queste persone la terza dose può essere somministrata dopo almeno 28 giorni.
La fornitura di vaccini è assicurata
La Svizzera dispone di vaccini sufficienti per offrire nel 2021 e nel 2022 la vaccinazione di richiamo a tutte le persone per le quali è raccomandata e per vaccinare tutti coloro che non lo sono ancora.
La vaccinazione resta lo strumento migliore per uscire dalla pandemia di COVID-19. Solo un tasso di copertura vaccinale nettamente maggiore permette di immunizzare sufficientemente la popolazione e di proteggerla contro le forme gravi della malattia, evitando di sovraccaricare il sistema sanitario.
Utilizzare l’accesso a bassa soglia
Le prime vaccinazioni di richiamo saranno somministrate probabilmente nelle case per anziani. Inoltre, per impedire la diffusione del virus nelle case di cura e per anziani ed evitare di mettere a rischio le persone più anziane, la prima e la seconda vaccinazione dovranno essere nuovamente offerte a tutti i residenti e i collaboratori di questi istituti che finora non si sono ancora fatti vaccinare.
Ci sono molte voci divergenti sulla necessità di una terza dose di vaccino anti Covid per alcune categorie di persone negli Stati Uniti, scrive il New York Times. Le raccomandazioni delle agenzie coinvolte - anche quelle adottate all'unanimità, mascherano un significativo dissenso e malessere fra i loro consiglieri scientifici.
Diversi scienziati consiglieri Centers for Disease Control and Prevention e della Food and Drug Administration, hanno spiegato che i dati dimostrano che, eccetto gli adulti di più di 65 anni, la grande maggioranza degli americani è già ben protetta contro le forme gravi della malattia e non hanno bisogno di un booster.
Alcuni esperti hanno denunciato di essersi sentiti obbligati a fare scelte difficili, sulla base di ricerche ancora sporadiche, nel pieno di una emergenza sanitaria. Ma alcuni hanno detto di essersi sentiti obbligati a votare in favore della terza dose per il modo in cui le agenzie federali hanno posto la questione che è stata loro sottoposta.
"Non si tratta di raccomandazioni basate su prove", ha riassunto Sarah Long, esperta in infettivologia pediatrica al Drexel College di Medicina di Filadelfia e nel Comitato consultivo del Cdc. Ci sono dati limitati sulla sicurezza e l'efficacia della terza dose. Quelli in sostegno del booster con Moderna e J&J sono "di qualità molto bassa", ha spiegato Kathleen Dooling, scienziata del Cdc.
La posizione ufficiale di Fda e Cdc è quella per cui gli anziani, le persone fragili e chi per lavoro è particolarmente esposto al virus, può richiedere una terza dose di uno dei tre vaccini approvati negli Usa (l'ultima categoria è stata inserita nelle raccomandazioni dei Cdc malgrado il parere contrario degli esperti).
"Non penso che ci siano prove che ogni persona di queste categorie abbia bisogno di un booster, a oggi", ha affermato Matthew Daley, ricercatore del Kaiser Permanente Colorado e membro del comitato consultivo del C.D.C. Ma dopo aver approvato i dati di Pfizer, gli scienziati non hanno voluto escludere gli altri prodotti. "La cosa che mi inquieta è che non sappiamo se i booster sono necessari", ha precisato Cody Meissner, pediatra alla Tufts University School of Medicine e consigliere per l'Fda.