- COVID. CAMPAGNA VACCINALE DAI PRIMI DI OTTOBRE IN ITALIA. NESSUN OBBLIGO
È il 25 settembre la data in cui i nuovi vaccini antiCovid aggiornati contro le varianti Xbb di Omicron saranno disponibili per i cittadini e verranno distribuiti sia ai medici di famiglia che alle farmacie di tutta Italia.
Conto alla rovescia, dunque, per la campagna vaccinale, che prenderà il via i primi di ottobre. Sono circa 20 milioni gli italiani potenzialmente interessati dal richiamo vaccinale antiCovid, che sarà gratuito per tutti e che potrà essere fatto in concomitanza con quello antinfluenzale. Nei giorni scorsi, dopo l'approvazione da parte dell'Agenzia europea dei medicinali (Ema), la Commissione tecnico scientifica dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha dato il via libera al nuovo vaccino anti Covid 'Comirnaty' di Pfizer-BioNTech, mirato a contrastare Xbb.1.5 (variante Kraken). L'approvazione è stata raccomandata per tutti gli adulti e per i bambini al di sopra dei sei mesi di età. Tra i vaccini da usare per fronteggiare la variante di Omicron figura anche 'Spikevax' di Moderna.
Lo ha reso noto la stessa Agenzia europea per i farmaci, precisando che il nuovo vaccino potrà essere utilizzato per prevenire gli effetti dell'infezione da Covid-19 negli adulti e nei bambini di età superiore ai 6 anni. L'azienda statunitense, annunciando che il proprio vaccino è efficace non solo contro la variante Xbb.1.5 ma anche contro la variante Ba.2.86 (Pirola), ha inoltre reso noto che entro il 2025 potrebbe rendere disponibile un unico vaccino proprio contro il Covid-19 e l'influenza stagionale.
"Il vaccino anti Covid- ha fatto sapere il ministro della Salute, Orazio Schillaci- sarà gratuito per tutti i cittadini che vorranno farlo, anche per chi non è compreso all'interno delle categorie per le quali è fortemente raccomandato".
"Nessun obbligo- ha precisato- ma il vaccino è raccomandato soprattutto per gli ultra 60enni, per tutti i pazienti fragili e per tutte le persone che appartengono a determinate categorie incluse in una recente Circolare del ministero della Salute". La Circolare a cui fa riferimento l'esponente del governo è la n. 25782 diramata lo scorso 14 agosto, in cui il ministero della Salute ha previsto 'l'avvio di una campagna nazionale di vaccinazione anti Covid-19 con l'utilizzo di una nuova formulazione di vaccini a mRNA e proteici (formulazione aggiornata monovalente XBB 1.5)'. Intanto, secondo il bollettino settimanale del ministero della Salute e dell'Istituto superiore di sanità, in Italia nell'ultima settimana si registrano 30.777 nuovi casi di Covid, ancora in aumento (+44%) rispetto ai 21.316 della scorsa settimana. L'incidenza sale a 52 casi per 100mila abitanti, la scorsa settimana erano 36.
È in crescita anche l'occupazione dei letti in Area medica, che si attesta al 3,8% (era al 3% la scorsa settimana) con un totale di 2.378 ricoverati. Aumenta anche l'occupazione delle terapie intensive (0,9% rispetto allo 0,6% della precedente rilevazione) dove le persone ricoverate sono 76. La campagna nazionale ha l'obiettivo di 'prevenire la mortalità, le ospedalizzazioni e le forme gravi di Covid-19 nelle persone anziane e con elevata fragilità e proteggere le donne in gravidanza e gli operatori sanitari. A questi gruppi di persone è raccomandata e offerta una dose di richiamo a valenza 12 mesi con la nuova formulazione di vaccino aggiornato. La vaccinazione potrà inoltre essere consigliata a familiari e conviventi di persone con gravi fragilità'.
Nel documento ministeriale è inoltre riportato che per quanto riguarda 'i vaccini monovalenti adattati alla variante XBB.1.5, sulla base delle informazioni e delle evidenze scientifiche al momento disponibili, si prevede la possibilità di somministrazione della dose di richiamo a distanza di almeno 3 mesi dall'ultimo evento' e che 'fatte salve eventuali specifiche indicazioni d'uso, sarà possibile la co-somministrazione dei nuovi vaccini aggiornati con altri vaccini, con particolare riferimento al vaccino antinfluenzale'.
La Circolare del ministero della Salute indica inoltre i soggetti ai quali viene raccomandata e offerta la vaccinazione di richiamo annuale con il nuovo vaccino aggiornato: persone di età pari o superiore a 60 anni, ospiti delle strutture per lungodegenti, donne che si trovano in qualsiasi trimestre della gravidanza o nel periodo 'postpartum', comprese le donne in allattamento, operatori sanitari e sociosanitari addetti all'assistenza negli ospedali, nel territorio e nelle strutture di lungodegenza, oltre agli studenti di medicina, delle professioni sanitarie che effettuano tirocini in strutture assistenziali e tutto il personale sanitario e sociosanitario in formazione.
Dell'elenco fanno parte anche 'le persone dai 6 mesi ai 59 anni di età compresi, con elevata fragilità, in quanto affette da patologie o con condizioni che aumentano il rischio di Covid-19 grave, tra cui le malattie croniche a carico dell'apparato respiratorio, le malattie dell'apparato cardio-circolatorio, le malattie cerebrovascolari, il diabete, malattie neurologiche quali sclerosi laterale amiotrofica, sclerosi multipla, distrofia muscolare e paralisi cerebrali infantili, obesità (Bmi >30), dialisi o insufficienza renale cronica'.
Nella Circolare c'è spazio anche per 'le malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie (tra cui talassemia major e anemia a cellule falciformi), patologia oncologica o onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi, in attesa di trattamento o a meno di 6 mesi dalla sospensione delle cure, attesa di trapianto d'organo, immunodeficienze primitive, infezione da Hiv con sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids), sindrome di Down, cirrosi epatica o epatopatia cronica grave e disabili gravi'.
Il ministero della Salute ricorda poi che 'nell'eventualità di una disponibilità di dosi insufficiente a garantire un'immediata adeguata copertura, la vaccinazione, pur rimanendo raccomandata per tutti i gruppi di persone indicate, sarà prioritariamente somministrata alle persone di età pari o superiore a 80 anni, agli ospiti delle strutture per lungodegenti, alle persone con elevata fragilità, con particolare riferimento ai soggetti con marcata compromissione del sistema immunitario, agli operatori sanitari addetti all'assistenza negli ospedali e nelle strutture di lungodegenza'.
- PODCAST. COVID, GENI NEANDERTHAL PER LE FORME GRAVI. CAMPAGNA ANGIOEDEMA EREDITARIO CON ENZO MICCIO. NOVITA’ RIMBORSO TERAPIA PER TUMORE VESCICA
Oggi si parla della scoperta dell’Istituto Mario Negri di Bergamo sulla presenza di 3 geni di Neanderthal per le forme gravi di Covid, della campagna sull’angioedema ereditario e del cortometraggio che ha tra i protagonisti Enzo Miccio e del rimborso AIFA della terapia per il tumore alla vescica.
COVID. ISTITUTO NEGRI, LE FORME PIU' GRAVI DOVUTE ANCHE AI GENI NEANDERTHAL
Il rischio di ammalarsi in maniera grave di Covid può essere legato a dei geni che ereditiamo dai nostri antenati Neanderthal. Lo afferma uno studio dell’Istituto Mario Negri di Bergamo, impegnato in 2 anni di ricerca nell'analisi della relazione fra i fattori genetici e la gravità della malattia COVID-19 proprio nella provincia di Bergamo. Lo studio ha potuto contare sulla partecipazione di circa diecimila cittadini, soprattutto fra coloro che vivevano nelle zone di Nembro, Albino e Alzano Lombardo, un’area con una frequenza di malattie gravi e di morti che erano 850 volte superiori a quello che uno si poteva aspettare. Ben 3 dei 6 geni associati a questo rischio sono arrivati alla popolazione moderna dai Neanderthal e si trovano sul cromosoma 3. Si tratta dei geni CCR9 e CXCR6, responsabili di richiamare i globuli bianchi e causare infiammazione durante le infezioni, e del gene LZTFL1, che regola lo sviluppo e la funzione delle cellule epiteliali nelle vie respiratorie, condizionando le diverse manifestazioni della malattia.
AL VIA “DESTINAZIONE POSSO – IL MIO VIAGGIO CON L’ANGIOEDEMA EREDITARIO”
Un viaggio in auto da Milano a Roma per cambiare la narrazione di una malattia rara e poco conosciuta: l’angioèdema ereditario. Tutto nasce dall’incontro fortuito, ma non troppo, tra Enzo Miccio, conduttore televisivo alle prese con un ‘blocco creativo’ e la sua amica Chiara, con un giovane attore, Gaetano, che li trascina in un’avventura on the road: cosa può andare storto? Dopo un inizio burrascoso, Gaetano si apre con i suoi compagni di viaggio e racconta la sua vita con l’angioedema ereditario: la diagnosi, le difficoltà, le speranze. Con una sorpresa. Anzi, due. È la storia raccontata nel cortometraggio “Tutto il tempo del mondo”, un viaggio che apre la porta della conoscenza per entrare nella realtà di chi convive con questa patologia.
Il corto è il fulcro della campagna di sensibilizzazione “Destinazione Posso – Il mio viaggio con l’angioedema ereditario”, promossa da Takeda Italia con il patrocinio dell’Associazione volontaria per l’angioedema ereditario ed altre forme rare di angioedema, ITACA e UNIAMO – Federazione Italiana Malattie Rare. Oggi le persone con angioedema ereditario possono riconquistare una quotidianità piena e una visione positiva del loro futuro, proprio a partire dalla conoscenza della loro malattia. Non più vite sospese, non più rinunce a viaggi, vacanze, sport, hobby, momenti con gli amici. Negli anni la ricerca ha individuato i meccanismi, che determinano la malattia e permette di impostare cure sia per gli attacchi acuti sia per la profilassi. Ascoltiamo Enzo Miccio: “Questa esperienza mi è piaciuta molto e ancor di più l’idea alla base del corto: diffusione di conoscenza, sensibilizzazione, diagnosi precoce… Ho affrontato questo ‘viaggio’ con grande interesse pronto alla scoperta, questa volta non di una città, di un popolo o di una religione ma di una malattia, rara, a me sconosciuta – commenta il conduttore televisivo e testimonial della campagna -Nel cortometraggio il mio personaggio attraversa una parte dell’Italia insieme a chi ha voluto condividere con lui una parte importante della sua vita ed impara ad ascoltare, ad apprendere e ad incuriosirsi, esattamente come quando si affronta un viaggio verso una meta sconosciuta. Sono felice e grato che abbiano scelto me per questa nuova e spero utile campagna di sensibilizzazione”. Il cortometraggio è disponibile sul sito www.destinazioneposso.it.
TERAPIA PER IL CARCINOMA UROTELIALE LOCALMENTE AVANZATO O METASTATICO. AIFA APPROVA LA RIMBORSABILITA'
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità della monoterapia di Astellas per il trattamento di pazienti adulti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico, che hanno precedentemente ricevuto una chemioterapia contenente platino e un inibitore del recettore di morte programmata 1 o un inibitore del ligando di morte programmata 1 (PD-L1), Questa approvazione segue quella della Comunità Europea, che è stata supportata dai dati ottenuti con lo studio internazionale di fase 3 EV-301. Il carcinoma uroteliale è la forma più comune di cancro della vescica. Si stima che in Europa 204.000 persone abbiano ricevuto una diagnosi di cancro uroteliale nel 2020 e oltre 67.000 persone siano decedute per la malattia. Fulvio Berardo, Amministratore Delegato Astellas Pharma, ci parla dell’impegno dell’azienda: “Enfortumab vedotin rappresenta per Astellas l’ennesima conferma del nostro impegno nell’area uro-oncologica. Oggi, infatti, la nostra storia e la partnership con il modo uro-oncologico si rafforzano mettendo a disposizione questa nuova opzione terapeutica per il carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico che ci auguriamo possa fare la differenza e migliorare la qualità della vita di tante persone”.
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- COVID. ISTITUTO NEGRI, LE FORME PIU' GRAVI DOVUTE ANCHE AI GENI NEANDERTHAL
Il rischio di ammalarsi in maniera grave di Covid può essere legato a dei geni che ereditiamo dai nostri antenati Neanderthal.
Questo si evince da uno studio presentato oggi a Palazzo Lombardia, che ha visto l'Istituto Mario Negri impegnato in 2 anni di ricerca nell'analisi della relazione fra i fattori genetici e la gravità della malattia COVID-19 nella provincia di Bergamo, epicentro della pandemia. L'indagine, dal nome 'Origin' e pubblicata sulla rivista iScience, ha dimostrato che una determinata area del genoma umano si legava al rischio di contrarre il Covid-19 in forma grave, soprattutto analizzando l'incidenza sui nei residenti delle aree più colpite dal virus. Lo studio ha potuto contare sulla partecipazione di circa diecimila (9.733) cittadini, soprattutto fra coloro che vivevano nelle zone di Nembro, Albino e Alzano Lombardo.
"Quando abbiamo visto che in tutta quest'area c'era una frequenza di malattie gravi e di morti che erano 850 volte superiori a quello che uno si poteva aspettare- spiega il direttore dell'Istituto Negri, Giuseppe Remuzzi- ci siamo chiesti perché qualcuno si ammalava in modo grave e qualcun altro in modo lieve". Di conseguenza, la ricerca ha portato ad una scoperta definita "sensazionale" da Remuzzi, ossia che ben "tre dei sei geni associati a questo rischio sono arrivati alla popolazione moderna dai Neanderthal: si tratta in particolare del genoma di Vindia, che risale a 50.000 anni fa ed è stato trovato in Croazia. Una volta forse proteggeva i Neanderthal dalle infezioni, adesso però causa un eccesso di risposta immune che non solo non ci protegge ma- precisa- ci espone a una malattia più severa". Infatti, come afferma il direttore dell'Istituto, "le vittime del cromosoma di Neanderthal nel mondo sono forse 1 milione e potrebbero essere proprio quelle che, in assenza di altre cause, muoiono per una predisposizione genetica".
Nel dettaglio, delle 9.733 persone censite, il 92% di coloro che avevano avuto il Covid-19 lo avevano contratto prima di maggio 2020 e tra questi, ben 12 avevano avuto sintomi già a novembre-dicembre 2019. Dopodiché, all'interno di questo ampio campione sono state selezionate 1.200 persone - tutte nate a Bergamo e provincia - divise in 3 gruppi omogenei per caratteristiche e fattori di rischio: 400 che hanno avuto una forma grave della malattia, 400 che hanno contratto il virus in forma lieve e 400 che non l'hanno contratto. Le persone che avevano avuto il Covid-19 severo avevano piu' frequentemente parenti di primo grado morti a causa del virus rispetto ai partecipanti con Covid-19 lieve o che non si erano infettati. Questo dato evidenzia un contributo della genetica alla gravita' della malattia. In questa regione, alcune persone (circa il 7 % della popolazione italiana) hanno una serie di variazioni dei nucleotidi (le singole componenti che costituiscono la catena del DNA), che vengono ereditati insieme e formano un aplotipo, ovvero l'insieme di queste variazioni.
"I risultati dello studio Origin- ha spiegato Marina Noris, Responsabile del Centro di genetica umana dell'istituto Mario Negri- dimostrano che chi à stato esposto al virus ed è portatore dell'aplotipo di Neanderthal aveva più del doppio del rischio di sviluppare Covid grave (polmonite), quasi tre volte in più il rischio di aver bisogno di terapia intensiva e un rischio ancora maggiore di aver bisogno di ventilazione meccanica rispetto ai soggetti che non hanno questo aplotipo".
Questa suscettibilità è collegata in particolare alla presenza di tre dei sei geni di questa regione, che si trovano sul cromosoma 3: si tratta dei geni CCR9 e CXCR6, responsabili di richiamare i globuli bianchi e causare infiammazione durante le infezioni, e del gene LZTFL1, che regola lo sviluppo e la funzione delle cellule epiteliali nelle vie respiratorie, condizionando le diverse manifestazioni della malattia. Non è chiaro quale gene giochi il ruolo più importante. Inoltre, lo studio ha identificato altre 17 nuove regioni genomiche (loci) di cui 10 potenzialmente associate a malattia severa e 7 potenzialmente associate a rischio di contrarre l'infezione.
- Covid, vaccino per variante Kraken funziona anche su Eris e Pirola. Ok Chmp Europa Spikevax* XBB.1.5
Il vaccino di Moderna adattato alla variante Covid Kraken funziona anche su Eris e Pirola. Lo sottolinea la stessa azienda americana a commento del via libera del comitato tecnico Chmp dell'Agenzia europea del farmaco Ema al vaccino Spikevax* XBB.1.5.
"I dati degli studi clinici" sul vaccino di Moderna adattato alla variante XBB.1.5 di Sars-CoV-2 indicano che il prodotto induce "un aumento da 8,7 a 11 volte degli anticorpi neutralizzanti contro le varianti" virali "circolanti, comprese BA.2.86" ribattezzata Pirola, "EG.5" o Eris "e FL.1.5.1". "La raccomandazione positiva del Chmp per il nostro vaccino anti Covid-19 aggiornato - dichiara il Ceo di Moderna, Stéphane Bancel - rappresenta una pietra miliare fondamentale, considerando che osserviamo una crescente trasmissione di Sars-CoV-2 in tutta Europa. Il nostro vaccino adattato genera una forte risposta immunitaria umana contro le varianti circolanti, tra cui BA.2.86, EG.5 e FL.1.5.1, e sarà uno strumento chiave per la protezione", assicura l'amministratore delegato. "Stiamo lavorando con i governi di tutta Europa - aggiunge - per includere il nostro vaccino aggiornato nei programmi di vaccinazione nazionali, per garantire un portafoglio diversificato che offra la scelta del vaccino e l'accesso a formulazioni in fiale monodose che possono limitare gli sprechi".
"Moderna - si legge in una nota - ha prodotto dati clinici sul suo candidato vaccino monovalente XBB.1.5, che mostrano una risposta immunitaria contro i sottolignaggi XBB XBB.1.5, XBB.1.16 e XBB.2.3.2, oltre che a BA.2.86, EG.5 e FL.1.5". La società insiste su questo punto, ricordando in particolare che "le autorità sanitarie pubbliche stanno monitorando attentamente la variante BA.2.86" o Pirola, "un ceppo altamente mutato" di Sars-CoV-2, "con oltre 30 mutazioni rispetto ai precedenti ceppi Omicron. Alcuni governi stanno accelerando le campagne di vaccinazione contro Covid-19 a causa del potenziale di BA.2.86 di superare l'immunità protettiva generata da una precedente vaccinazione o infezione Covid".
L'effetto collaterale locale più comune osservato con il vaccino adattato di Moderna - rimarca l'azienda - è stato il dolore nel sito di iniezione. Gli eventi avversi sistemici più comuni includono affaticamento, cefalea, mialgia, artralgia e brividi. "Il profilo di sicurezza aggiornato del vaccino Covid-19 di Moderna è coerente con le precedenti formulazioni Spikevax", puntualizza la compagnia. Ad oggi Moderna ha ricevuto autorizzazioni per il nuovo vaccino anti-Covid adattato anche negli Stati Uniti, in Canada, in Giappone e a Taiwan, e ha presentato domande di via libera in tutto il mondo.
- Scuola, il virus respiratorio sinciziale Rsv preoccupa piu' del Covid
Scuola e Covid in Italia, binomio che fa paura? "In vista dell'autunno il virus che mi spaventa è Rsv, il virus respiratorio sinciziale, più del Covid.
Perché i dati epidemiologici che abbiamo avuto negli ultimi 2 anni ci dicono che siamo stati impegnati molto anche a livello ospedaliero. Quindi dobbiamo essere calmi e tranquilli nel prepararci ai prossimi mesi, sapendo bene che la prevenzione si fa con i vaccini, soprattutto per i più fragili". A fare il punto con l'Adnkronos Salute è Rino Agostiniani, tesoriere e nel direttivo della Società italiana di pediatria (Sip), ex presidente della società scientifica.
Oggi, spiega ancora, "Sars-CoV-2 nei bambini sani circola, ma non dà sintomi gravi. Inoltre c'è poco impegno clinico in caso di malattia. Però è chiaro che vanno tutelati anche i fragili. In questo momento non serve fare allarmismo, che mi pare eccessivo, o rilanciare paranoie sul rientro a scuola. Resta valida la necessità di una maggiore ventilazione delle aule, perché la scuola rimane comune un fattore di rischio per le malattie infettive".
"Un bambino con una malattia infettiva è una fonte di contagio se va a scuola. Quindi, non avendo al momento una direttiva particolare, ci rimettiamo anche al buon senso dei genitori che, se vedono sintomi sospetti, un raschietto alla gola o un malessere generale, potrebbero fare il tampone per il Covid e verificare. Altrimenti dovrebbe prevalere il buon senso e far rimanere il bambino a casa", sottolinea quindi Agostiniani.
- COVID. BASSETTI, INUTILE VACCINARE 60ENNE SANO. PUNTARE SU PERSONE A RISCHIO
"Sono un po' perplesso sull'allargamento della fascia vaccinale a tutti gli over 60. Oggi è molto importante evitare dei 70enni e degli 80enni non vaccinati: qui dobbiamo arrivare a una copertura molto vicina al cento per cento. Ma un 60enne che gioca a padel ed è sano, anche no.
Se non si vaccina un ottantenne, perdiamo tanto; se non si vaccinano dieci sessantenni sani, perdiamo poco. Dobbiamo fare molta attenzione alla fascia per cui si propone la vaccinazione". Così il direttore della clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova, Matteo Bassetti, facendo il punto sul covid a margine di una conferenza stampa in Regione Liguria. "Spiace che la comunicazione un po' cervellotica finirà per danneggiare la campagna vaccinale- aggiunge l'infettivologo- se con la quarta dose, nel 2022, si è vaccinato in Italia solo l'8%, credo che il prossimo autunno e inverno si vaccineranno anche meno persone. Questo continuo allarmismo sulle scuole, sui cittadini fa dubitare la gente dell'efficacia dei vaccini. Invece, si dovrebbe puntare con decisione sulle categorie più a rischio: uscire dalle categorie di massa e puntare ai grandi anziani e ai fragili".
Per Bassetti, "dobbiamo azzerare tutto quello che c'è stato prima, quando abbiamo contato le vaccinazioni sulla base del numero di iniezioni fatte e di quante volte si è fatto il covid. E' stato un errore comunicativo completo. Oggi si dice che si fa il richiamo annuale, come per l'antinfluenzale, con un vaccino aggiornato monovalente. Se diciamo richiamo annuale, è evidente che presumiamo che la durata della copertura sia tra i nove e i dodici mesi".
- COVID Svizzera, vaccinazione raccomandata alle persone a rischio
L’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e la Commissione federale per le vaccinazioni (CFV) hanno adottato le raccomandazioni di vaccinazione per l’autunno e l’inverno 2023/2024.
Il coronavirus continua a circolare e le persone particolarmente a rischio possono ammalarsi gravemente. Pertanto si raccomanda loro una vaccinazione nell’autunno 2023, per proteggersi dai decorsi gravi.
Rispetto agli anni pandemici 2020 e 2021, il contesto è cambiato notevolmente: per le persone al di sotto dei 65 anni senza fattori di rischio, il rischio di ammalarsi gravemente è molto basso. In confronto, la probabilità di sviluppare una forma grave della COVID-19 è significativamente maggiore per le persone particolarmente a rischio, alle quali è raccomandata in autunno la vaccinazione. Essa offre loro una protezione accresciuta dai decorsi gravi.
Le varianti del coronavirus attualmente in circolazione presentano nuove mutazioni che consentono loro di eludere parzialmente l’immunità acquisita. Inoltre la protezione vaccinale (o quella acquisita grazie alla guarigione) diminuisce con l’aumentare del tempo trascorso dall’ultima vaccinazione o infezione. L’UFSP e la CFV prevedono che questi due fattori, insieme all’aumento dei contatti negli spazi chiusi, possano causare un incremento del numero di infezioni in autunno e in inverno.
Il coronavirus continua a provocare infezioni e casi di malattia che, soprattutto nelle persone particolarmente a rischio, possono essere gravi. La vaccinazione offre loro una buona protezione dai decorsi gravi, ma protegge soltanto in misura esigua dalla trasmissione e dall’infezione o da una malattia da COVID-19 con sintomi lievi.
Per l’autunno e l’inverno 2023/2024, la CFV e l’UFSP raccomandano alle persone particolarmente a rischio una singola dose di vaccino. In questo gruppo rientrano tutte le persone a partire dai 65 anni, quelle a partire dai 16 anni con malattie pregresse o affette da trisomia 21 e le donne incinte con malattie pregresse.
Alle donne incinte senza fattori di rischio si raccomanda una vaccinazione se il medico curante la ritiene necessaria dal punto di vista medico.
Per tutte le altre persone non è formulata alcuna raccomandazione di vaccinazione anti-COVID-19. Per le persone senza fattori di rischio non è formulata alcuna raccomandazione da parte delle autorità poiché la probabilità di ammalarsi gravemente è bassa. Se lo desiderano, possono farsi vaccinare dietro pagamento.
Tempistica della vaccinazione e vaccino adattato
La vaccinazione deve essere effettuata idealmente tra metà ottobre e dicembre 2023. I Cantoni forniscono individualmente informazioni sulla disponibilità della vaccinazione anti-COVID-19.
La vaccinazione anti-COVID-19 consiste in una singola dose da somministrare a distanza di almeno sei mesi dall’ultima vaccinazione anti-COVID-19 o infezione da coronavirus nota.
La CFV e l’UFSP raccomandano preferibilmente la vaccinazione con un vaccino a mRNA o a base proteica adattato alla variante XBB.1.5. L’UFSP e la CFV ritengono che i vaccini adattati alla variante XBB.1.5 forniscano una buona protezione dai decorsi gravi anche con le varianti attualmente in circolazione.
Al momento per questi vaccini è in corso la procedura di omologazione presso l’Istituto per gli agenti terapeutici Swissmedic.
Nuovo portale informativo dell’UFSP
In autunno l’UFSP metterà in funzione un nuovo portale informativo che illustrerà in modo chiaro l’andamento epidemiologico delle malattie trasmissibili in Svizzera. All’inizio riporterà il numero di casi di influenza e di COVID-19 dichiarati, oltre a quelli relativi ad altri virus respiratori. L’UFSP amplierà gradualmente il portale per includere altre malattie trasmissibili.
- PODCAST. COVID, VARIANTE ERIS SFUGGE AD ANTICORPI. TENTATIVI DI SUICIDIO TRA I GIOVANISSIMI. NOVITA’ SCREENING MESOTELIOMA
COVID. VARIANTE ERIS, MAGGIORE CAPACITA' DI SFUGGIRE AGLI ANTICORPI
Dopo che lo scorso 9 agosto l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha designato la EG.5 come nuova variante "di interesse" del SARS-CoV-2, i ricercatori dell'Università dell'Insubria hanno analizzato quanto e come sia cambiata questa variante e quale possa essere il suo contributo all'incremento dei contagi e del tasso di ospedalizzazione e mortalità osservati nelle ultime settimane a livello globale. Lo studio è pubblicato sulla rivista 'European Journal of Internal Medicine'. "La maggiore resistenza agli anticorpi e la inalterata capacità trasmissiva e di legame alle nostre cellule della variante EG.5 rispetto alle precedenti e temute varianti Omicron- commenta Fabio Angeli, docente di Malattie dell'apparato cardiovascolare del Dipartimento di Medicina e innovazione tecnologica - spiegherebbe l'aumento degli indicatori anche nel nostro Paese (+43,4% i casi positivi, +44,6% i decessi nell'ultima settimana, rispetto la precedente); i risultati spiegano anche perché sia dominante (in Italia è presente in almeno il 40% dei sequenziamenti) e fanno affievolire le speranze che le nuove varianti (compresa la Eris) possano diventare col tempo meno diffusive".
OSPEDALE BAMBINO GESU’, 387 ACCESSI IN EMERGENZA PER TENTATIVI E IDEAZIONI DI SUICIDIO NELL' ULTIMO ANNO
Sono 387 i casi registrati nell'ultimo anno al Bambino Gesù per tentato suicidio e ideazione suicidaria tra i giovani e i giovanissimi. 15 anni l'età media. Il 90% sono ragazze. Gli esperti ne hanno parlato a Roma in un convegno organizzato dall'Ospedale pediatrico della Santa Sede. «La depressione e i disturbi d’ansia tra i giovanissimi sono in aumento esponenziale da anni. Siamo di fronte a una vera e propria emergenza psichiatrica, come testimoniano i numeri altissimi registrati al Bambino Gesù negli ultimi anni, in particolare dopo l'esperienza traumatica della pandemia» sottolinea il prof. Stefano Vicari, responsabile di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’Ospedale e ordinario all’Università Cattolica. «I problemi di salute mentale per cui i ragazzi vengono portati in urgenza in un pronto soccorso pediatrico sono sempre di più legati all’autolesionismo messo in atto fin da bambini. È un dato che colpisce e che testimonia una sofferenza psicologica dei ragazzi che non va ignorata ma che non trova invece sufficiente ascolto e risposte adeguate».
MESOTELIOMA, I COMPOSTI ORGANICI VOLATILI NELL' ESPIRATO UTILI PER LO SCREENING
L'identificazione e l'analisi dei composti organici volatili nell'espirato di pazienti affetti da mesotelioma pleurico maligno si è rivelata promettente come metodo di screening per il mesotelioma pleurico maligno, secondo una ricerca presentata alla Conferenza mondiale dell'Associazione per lo studio del cancro al polmone 2023 a Singapore. Il mesotelioma pleurico maligno è una malattia complessa con opzioni terapeutiche limitate e una prognosi infausta. Per migliorare i risultati del trattamento e personalizzare le terapie per i singoli pazienti, i ricercatori hanno esplorato i marcatori predittivi. Recentemente, i composti organici volatili (COV), presenti nel respiro esalato sono emersi come potenziali marcatori non invasivi di malattie. I ricercatori hanno condotto uno studio volto a indagare se l'analisi del respiro esalato potesse differenziare i pazienti che hanno risposto al trattamento dai non-responder e, in caso di successo, prevedere i risultati del trattamento, utilizzando i COV come biomarcatori predittivi.
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- COVID. VARIANTE ERIS, MAGGIORE CAPACITA' DI SFUGGIRE AGLI ANTICORPI. STUDIO SU EJIM
Il Covid torna a preoccupare con la nuova variante EG.5, denominata Eris, che si sta rapidamente diffondendo a livello globale e ha numeri in crescita anche in Italia.
È stata pubblicata oggi sulla rivista 'European Journal of Internal Medicine' un'analisi del gruppo di studio dell'Università dell'Insubria, coordinato dal professor Fabio Angeli, docente di Malattie dell'apparato cardiovascolare del Dipartimento di Medicina e innovazione tecnologica, che ha firmato l'articolo con Martina Zappa, biotecnologa dell'Insubria, Andrea Andolina, infettivologo di Ics Maugeri, e Paolo Verdecchia, ricercatore cardiovascolare di Perugia. Dopo che lo scorso 9 agosto l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha designato la EG.5 come nuova variante "di interesse" del SARS-CoV-2, i ricercatori hanno analizzato quanto e come è cambiata questa variante e quale possa essere il suo contributo all'incremento dei contagi e del tasso di ospedalizzazione e mortalità osservati nelle ultime settimane a livello globale.
Lo studio dell'Università dell'Insubria ha valutato l'effetto di una particolare mutazione (F456L) avvenuta a livello della proteina Spike del virus, che conferirebbe a questa variante una maggiore capacità di sfuggire alle difese anticorpali (generate sia da precedenti infezioni sia dai vaccini). In particolare, gli autori dello studio hanno dimostrato che questa nuova mutazione fa mantenere ad EG.5 le stesse capacità funzionali e trasmissive delle precedenti varianti Omicron, che hanno dominato lo scenario pandemico degli ultimi mesi.
"La maggiore resistenza agli anticorpi e la inalterata capacità trasmissiva e di legame alle nostre cellule della variante EG.5 rispetto alle precedenti e temute varianti Omicron- commenta Fabio Angeli- spiegherebbe l'aumento degli indicatori (numero di casi positivi, tasso di occupazionedei letti di terapia intensiva, decessi e tasso di positività ai tamponi) anche nel nostro Paese (+43,4% i casi positivi, +44,6% i decessi nell'ultima settimana, rispetto la precedente); i risultati spiegano anche perché questa variante sta diventando dominante (in Italia è presente in almeno il 40% dei sequenziamenti) e fanno affievolire le speranze che le nuove varianti (compresa la Eris) possano diventare col tempo meno diffusive".
Fabio Angeli, Martina Zappa e Paolo Verdecchia sono autori di altri articoli sulle varianti Covid (in particolare un confronto tra Cerberus e Centaurus con Omicron e un approfondimento sulla competizione tra varianti che si è osservato negli ultimi mesi), che hanno contribuito a spiegare l'attuale palcoscenico epidemico. "Ora più che mai- conclude il professor Angeli- è importante continuare a studiare e monitorare la diffusione delle varianti del virus, anche per indirizzare le future strategie preventive".
- COVID. ANTINORI (SPALLANZANI), CASI IN AUMENTO MA INFEZIONI LIEVI
"Nelle ultime settimane osserviamo una ripresa dei casi per l'emergere delle nuove sottovarianti e per gli effetti della stagione estiva, ma la gran parte sono infezioni lievi, localizzate alla alte vie respiratorie". Così in una nota Andrea Antinori, direttore del Dipartimento clinico dell'INMI Spallanzani.
"La malattia oggi, per la persona giovane adulta e sana è clinicamente non rilevante. Al contrario, nei fragili- prosegue- grandi anziani e immunodepressi, il Covid rimane un problema. È su di loro che vanno mirate le misure di protezione e gli interventi di prevenzione, primo fra tutti la vaccinazione".
In merito al monitoraggio e all'interpretazione dei dati, sarebbe "auspicabile passare a un sistema che più che misurare i nuovi casi o l'incidenza, che raffigurano l'andamento della malattia nella popolazione generale, dove il virus oggi non dà problemi, si concentri sui casi ricoverati in ospedale, sui casi gravi. Seguendo l'evoluzione della pandemia- secondo Antinori- anche il monitoraggio dovrebbe oggi focalizzarsi non tanto sull'infezione ma sulla malattia. Per caratterizzare quella che è oggi la popolazione a rischio, e concentrare su queste persone gli interventi di sanità pubblica".
- COVID. MINISTERO SALUTE, TEST PER PS E RICOVERO STRUTTURE SANITARIE -RSA
"Esaminato l'attuale andamento clinico-epidemiologico e considerate le indicazioni contenute nei documenti nazionali e internazionali, anche al fine di rendere omogenea la pratica dell'effettuazione dei test a livello nazionale, si forniscono raccomandazioni in merito ai casi nei quali è opportuno procedere all'approfondimento diagnostico per SARS-CoV-2.
In ogni caso, resta ferma la responsabilità e la possibilità da parte del direttore sanitario della struttura o del clinico che ne ravvisi la necessità, di definire ulteriori indicazioni per l'effettuazione dei test e misure di prevenzione e protezione aggiuntive rispetto a quelle di seguito riportate". Così il Ministero della Salute con una circolare diramata in data odierna ha dato indicazioni sui test diagnostici COVID per l'accesso alle strutture sanitarie.
ACCESSO IN PRONTO SOCCORSO E ACCESSO PER RICOVERO NELLE STRUTTURE SANITARIE:
• Per i pazienti che non presentano sintomi compatibili con COVID-19 al triage effettuato all'accesso al Pronto Soccorso non è indicata l'esecuzione del test per SARS-CoV-2. • Per i pazienti che presentano sintomi con quadro clinico compatibile con COVID-19 è indicata l'effettuazione di test diagnostici per SARS-CoV-2. Laddove possibile, è opportuno attivare/mantenere un percorso più ampio di sorveglianza epidemiologica con la ricerca di altri virus, quali ad esempio: virus influenzali A e B, VRS, Adenovirus, Bocavirus, Coronavirus umani diversi da SARS-CoV-2, Metapneumovirus, virus Parainfluenzali, Rhinovirus, Enterovirus. • Per i pazienti che all'anamnesi dichiarano di aver avuto contatti stretti con un caso confermato COVID-19, con esposizione negli ultimi 5 giorni, è indicata l'effettuazione di test diagnostici per SARS-CoV-2. • Per i pazienti, pur asintomatici, che devono effettuare ricovero o un trasferimento (sia programmato che in emergenza) in setting assistenziali ad alto rischio (es. reparti nei quali sono presenti pazienti immunocompromessi e fragili, strutture protette, RSA, etc.) è indicata l'effettuazione di test diagnostici per SARS-CoV-2.
2- ACCESSO ALLE STRUTTURE RESIDENZIALI SANITARIE E SOCIO-SANITARIE:
Agli ospiti che devono accedere (es. nuovi ingressi, trasferimenti) alle strutture residenziali sanitarie e socio-sanitarie, in cui siano presenti persone fragili a rischio per età o patologie concomitanti, è indicata l'effettuazione di test diagnostici per SARS-CoV-2 al momento dell'accesso presso la struttura.
3. CONTENIMENTO DEI CONTAGI, MISURE DI IGIENE E DI PROTEZIONE PERSONALE: Fermo restando il rispetto delle misure di igiene e protezione personale, utili alla riduzione del rischio di trasmissione dei virus respiratori, come previsto dall'Ordinanza del Ministro della Salute del 28/04/20231 e dalla Circolare n. 25613 dell'11 agosto 20232, si precisa quanto segue: • i visitatori/accompagnatori che presentano sintomi compatibili con COVID-19 devono evitare di accedere alle succitate strutture; • gli operatori addetti all'assistenza sanitaria e socio-sanitaria che presentano sintomi compatibili con COVID-19 devono evitare di accedere in setting assistenziali, sia di degenza che ambulatoriali, dove sono presenti pazienti immunocompromessi e fragili, secondo le modalità e le procedure adottate dalle direzioni delle strutture.
- Covid Italia, +44% di contagi in una settimana
Crescono i contagi Covid in Italia. Nell'ultima settimana si registrano 21.309 casi, in aumento del 44% rispetto ai 14.863 della scorsa settimana.
Questo il dato del monitoraggio Covid-19, a cura dell'Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute. Terza settimana di aumento anche per l'incidenza: nell'ultima settimana, i dati mostrano "un'incidenza dei casi diagnosticati e segnalati pari a 31 casi per 100mila abitanti, in aumento rispetto alla settimana precedente (24 casi per 100mila abitanti). L'incidenza sale nella maggior parte delle regioni e province autonome, con valori non superiori a 53 casi per 100mila abitanti. L'incidenza più elevata è stata riportata in Sardegna (53 casi per 100mila abitanti) e la più bassa in Basilicata (8 casi per 100mila abitanti)".
"Cresce anche l'occupazione dei letti in area medica, che si attesta al 3% (era al 2,7% la scorsa settimana) con un totale di 1.872 ricoverati. Aumenta anche l'occupazione delle terapie intensive (0,6% rispetto allo 0,4% della rilevazione della scorsa settimana), dove sono ricoverate 49 persone", sottolinea il monitoraggio.
In salita anche le reinfezioni: "La percentuale di infezioni riportate in soggetti con almeno un'infezione pregressa è in aumento e intorno al 39%" secondo il monitoraggio, rispetto al 36% della rilevazione precedente.
Un trend che appare in linea con il nuovo scenario che vede EG.5, alias Eris, quale variante di Sars-CoV-2 prevalente in Italia (41,9%) nell'ultima flash survey diffusa dall'Iss e relativa al periodo 21-27 agosto. "Gli studi ad oggi effettuati - spiegava la relazione tecnica sui risultati dell'indagine - evidenziano che EG.5 è caratterizzata da un elevato tasso di crescita che, insieme ad una diminuita capacità neutralizzazione da parte di anticorpi verso altre varianti, giustificherebbe la sua prevalenza in diversi Paesi". Tuttavia, "ad oggi non si evidenziano rischi addizionali per la salute pubblica rispetto ai lignaggi co-circolanti".
- Covid, in Lombardia torna la mascherina in ospedali e Rsa
Torna la raccomandazione dell'utilizzo di mascherine per la difesa dai virus respiratori per i fragili in Lombardia. La Regione Lombardia ha inviato una nota alle Ats, Asst e Irccs contenente indicazioni e aggiornamenti per la protezione dei soggetti fragili all'interno delle strutture ospedaliere e delle Rsa.
"Il Covid- dichiara l'assessore al Welfare di Regione Lombardia Guido Bertolaso- fortunatamente grazie ai vaccini e ai passi avanti delle cure ora convive con noi senza provocare i danni dei primi anni di pandemia. Sappiamo bene però che per alcune categorie di pazienti, come gli immunodepressi e i fragili, può ancora costituire un pericolo di vita. Per questo motivo abbiamo appena inviato una Circolare ad Ats, Asst e Irccs lombardi, che prevede un'azione mirata a proteggerli quando si trovino all'interno delle strutture ospedaliere e residenziali socio-sanitarie". "Una particolare attenzione- conclude Bertolaso- l'abbiamo posta sull'utilizzo della mascherina che, con l'avvicinarsi della stagione autunnale ed invernale, raccomandiamo venga indossata anche dove non obbligatoria: soprattutto Pronto Soccorso e negli ambulatori dedicati a pazienti fragili".
- Covid, la risposta degli anticorpi dura meno se c'è carenza di vitamina D
La carenza di vitamina D si associa ad una meno duratura risposta anticorpale alla vaccinazione anti Covid. Questo il risultato principale di uno studio retrospettivo, pubblicato sulla rivista internazionale Endocrine da un gruppo di ricercatori del San Raffaele di Milano.
LA RICERCA
La ricerca condotta su una coorte di più di 100 operatori sanitari ha infatti evidenziato come chi aveva valori di vitamina D nel sangue inferiori a 20 ng/ml, cioè la soglia comunemente utilizzata per definire la carenza ormonale di vitamina D, mostrava un calo significativo rispetto ai soggetti con normale vitamina D dei valori anticorpali tra il quinto e il nono mese dalla fine del primo ciclo vaccinale anti Covid.
"La vitamina D - afferma Andrea Giustina, Direttore dell'Istituto di Scienze Endocrine e Metaboliche del San Raffaele di Milano, Presidente Gioseg e coordinatore della ricerca- è un ormone con azioni pleiotropiche fondamentali per il nostro organismo. Tra esse l'importanza della sua azione immunomodulante è emersa chiaramente nel corso della pandemia. Infatti bassi di livelli di vitamina D si associano al Covid severo e come da noi recentemente dimostrato allo sviluppo di long Covid. Il nostro studio- continua il professor Giustina- evidenzia come la mancanza di vitamina D e quindi della sua azione immunomodulante, abbia conseguenze rilevanti non tanto nell'ottenimento del picco anticorpale post vaccino ma nella minor persistenza nel tempo di tale risposta.
I nostri dati- afferma ancora Giustina- suggeriscono che in Paesi ad altra prevalenza di ipovitaminosi D come il nostro soprattutto nella fascia di età in cui la vaccinazione è raccomandata sia opportuno misurare i valori di vitamina D ed eventualmente integrarla se insufficiente prima della vaccinazione per ottimizzare i livelli anticorpali a lungo termine! In alternativa- conclude il prof Giustina- potrebbe essere utile almeno effettuare la vaccinazione prima dell'autunno quando i valori di vitamina D iniziano fisiologicamente a calare nella popolazione". A conferma di questi dati i ricercatori del San Raffaele hanno riscontrato che i valori di vitamina D prima della vaccinazione correlavano significativamente e indipendentemente da altre variabili con la concentrazione degli anticorpi anti Covid al nono mese dopo la seconda dose del vaccino anti Covid.
- COVID. Omicron XBB.1.5, EMA raccomanda l’ approvazione del vaccino adattato
Il comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’EMA ha raccomandato l’autorizzazione del vaccino Comirnaty adattato contro la sottovariante Omicron XBB.1.5.
Il vaccino – noto con il nome di Comirnaty Omicron XBB.1.5 - sarà utilizzato per prevenire COVID-19 negli adulti e nei bambini a partire dai 6 mesi di età.
In linea con le precedenti raccomandazioni dell’EMA e del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), gli adulti e i bambini di età pari o superiore a 5 anni in attesa di vaccinazione devono ricevere un’unica dose, a prescindere da un eventuale precedente ciclo vaccinale contro COVID-19.
I bambini di età compresa tra 6 mesi e 4 anni possono ricevere una oppure tre dosi, in relazione al fatto se abbiano completato il ciclo di vaccinazione primaria o avuto COVID-19.
Nella decisione di raccomandare l’autorizzazione di Comirnaty Omicron XBB.1.5, il CHMP ha tenuto conto di tutti i dati disponibili su Comirnaty e le relative versioni adattate, compresi i dati di sicurezza, efficacia e immunogenicità (ossia il grado di capacità di evocare la risposta immunitaria). Inoltre, il CHMP ha valutato nuovi dati di laboratorio che mostrano una solida risposta del vaccino adattato nei confronti della variante XBB.1.5 e dei ceppi correlati del virus che causano COVID-19.
Sono attesi ulteriori dati sulle varianti emergenti, che saranno valutati dal CHMP nel momento in cui saranno disponibili.
- Covid. nuova variante Ba.2.86 (Pirola), tante mutazioni ma sotto osservazione
La nuova variante di Sars Cov 2, denominata Pirola, sotto la lente dei ricercatori italiani che, però, tranquillizzano. Almeno in parte. Cosa sappiamo dei sintomi della nuova variante covid?
"Attualmente non desta particolari preoccupazioni, ma serve attenzione, considerate le sue caratteristiche e le molte mutazioni", spiega in estrema sintesi all'Adnkronos Salute Massimo Ciccozzi, responsabile dell'Unità di Statistica medica ed Epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma, che ha appena pubblicato uno studio su questa ennesima versione del coronavirus, sul Journal Medical Virology, insieme a Fabio Scarpa, del dipartimento di Scienze Biomediche dell'università di Sassari.
Questa variante "è stata posta sotto l'attenzione dall'Organizzazione mondiale della sanità, perché era stata trovata in differenti Stati, senza però che ci fosse un nesso epidemiologico, ovvero un legame con spostamenti di persone infettate. In ogni nazione in cui è stata isolata - e a sabato erano 10 Paesi, quindi molto pochi - sembra essere a se stante", ricorda Ciccozzi, spiegando il perché dello studio particolareggiato su questa variante legato anche alla diversità dalle altre.
"Abbiamo analizzato le mutazioni. E abbiamo osservato che, in effetti, ne ha tantissime, di cui due più interessanti: una è uguale alla stessa mutazione che aveva la famosa variante Delta, che ormai non esiste più, e l'altra che è una mutazione tipica del ceppo di Wuhan".
Su 'Pirola' tra gli scienziati c'è "una diatriba aperta, molti dicono che bisogna far attenzione perché si tratterebbe di 'un altro Covid', nuovo che non c'entra niente con Omicron. Ma dallo studio fatto con Scarpa, direi che non sembra essere così. Le mutazioni non ci hanno dato elementi per dire che si tratti di un'infezione più contagiosa, più patogena, insomma più 'cattiva', rispetto alle altre. Diciamo, però, che va tenuta sotto controllo. Come dobbiamo fare per tutte le varianti. Non vedo, ad oggi, con gli attuali dati di diffusione, motivo di preoccupazione specifica, però è ovvio che non si deve abbassare la guardia", conclude sottolineando che lo studio "evidenzia l'evoluzione del virus continua. Serve essere attenti e continuare a studiare questa e le altre varianti".
Insomma al momento non ci sono prove che Pirola causi malattie più gravi. I sintomi tipici di Covid includono febbre alta, tosse, raffreddore e perdita del senso del gusto o dell'olfatto. Al momento non risultano decessi legati a Ba.2.86. "Il potenziale impatto delle mutazioni Ba.2.86 non è noto al momento, siamo in una fase di attenta valutazione", rimarca l'Oms, che ribadisce il suo appello a "una migliore sorveglianza, sequenziamento e segnalazione dei casi di Covid-19, dal momento che questo virus continua a circolare ed evolversi".
Arturo (Xbb.1.16) ed Eris (Eg.5) si confermano le varianti più diffuse, ma aumentano i casi legati alla nuova arrivata, Ba.2.86, classificata. Al 23 agosto sono state riportate 9 sequenze di Ba.2.86 in 5 Paesi: 3 in Europa, 1 in Africa e 1 nelle Americhe, spiega l'Oms nel bollettino epidemiologico aggiornato, che passa in rassegna anche i principali mutanti di Sars-Cov-2.
"Più vediamo diffondersi la variante ipermutata Ba.2.86, ad ora presente in 6 Paesi e in circa il 2% delle acque reflue in una regione svizzera, più sembra preoccupante, soprattutto in un momento in cui la sorveglianza è diminuita: non è destinata a svanire". Lo evidenzia lo scienziato Usa Eric Topol, responsabile dello Scripps Research Translational Institute in California, su Twitter parlando della nuova variante Pirola.
"L'immuno-evasitività di Ba.2.86, con più di 35 mutazioni e cambiamenti di aminoacidi rispetto a Xbb.1.5, il bersaglio del 'nuovo' vaccino, ancora non disponibile - aggiunge Topol - sarà problematica ed esemplifica il motivo per cui una strategia di caccia alle varianti non funziona. Abbiamo bisogno di un vaccino a prova di varianti ed esistono molti candidati".
Ba.2.86 è stata "segnalata in Israele, Danimarca, Regno Unito, Stati Uniti, Sud Africa e Svizzera - riferisce sempre su Twitter Ryan Gregory, professore al Dipartimento di biologia dell'Università di Guelph (Ontario), uno degli scienziati più attivi sul fronte delle varianti - Uno dei 2 casi americani è un viaggiatore di ritorno dal Giappone: quindi forse la variante è anche lì? Gli esperti di sanità pubblica che affermano che un'evoluzione dilagante delle varianti e onde autunnali" di Covid-19 "sono previste e fanno parte della vita, non stanno facendo salute pubblica, ma pubbliche relazioni. Per il virus".
- Covid, nuova variante BA.X. segnalata in Israele e Danimarca. Numerose mutazioni di Spike
Una nuova variante si affaccia in Europa. E' stata segnalata in Israele e Danimarca e "per ora lo chiameremo 'BA.X' perché non è esattamente chiaro quale sarebbe la sua designazione Pango", il nomenclatore internazionale, "se ne avesse una".
Così su Twitter il 'cacciatore di varianti' il biologo Ryan Gregory, del dipartimento di Biologia integrata dell'Università canadese di Guelph, nell'Ontario. Ad allarmare gli scienziati è l'alto numero di mutazioni nella proteina Spike, 24 secondo qualche esperto, molto vicine però alle 32 della prima Omicron. "Finora - continua - ci sono solo poche sequenze" di 'BA.X' e "potrebbe non essere in grado di competere con le varianti attualmente dominanti e quindi non decollare". Ma per Gregory è "da tenere d'occhio e potenzialmente preoccupante".
Questo lignaggio "sembra essersi discostato da un primo antenato di Omicron, forse BA.2 o forse anche dalla Omicron originale (B.1.1.529). Se fosse da quest'ultima, il nome della nuova variante sarebbe BA.6", scrive Gregory su Twitter, che conferma come "la prima sequenza è stata identificata in Israele e portata all'attenzione il ??13 agosto, da allora - continua - altre due sequenze abbastanza simili sono state registrate in Danimarca". Secondo lo scienziato, "il fatto che sia stata identificata in Israele e in Danimarca è un po' preoccupante perché chiaramente non è limitata a una sola nazione".
- Long Covid, NIH lancia studi clinici per nuovi trattamenti con Recover Initiative
Oggi il National Institutes of Health ha aperto le iscrizioni per gli studi clinici di fase 2, che valuteranno almeno 4 potenziali trattamenti per il long COVID, con ulteriori studi clinici per testare almeno altri 7 trattamenti previsti nei prossimi mesi.
I trattamenti includeranno farmaci, farmaci biologici, dispositivi medici e altre terapie. Gli studi sono progettati per valutare più trattamenti contemporaneamente per identificare più rapidamente quelli che sono efficaci. Gli studi clinici fanno parte dell'iniziativa Researching COVID to Enhance Recovery (RECOVER) del NIH e si concentrano su molti dei sintomi descritti come più pesanti per le persone che soffrono di long COVID. Con i suoi sforzi di ricerca complementari, RECOVER ha scelto NIH per progettare e condurre studi che hanno il potenziale per fornire sollievo ai pazienti con long COVID, che manifestano sintomi variabili prima di quanto possa fare qualsiasi singolo studio da solo.
"Sappiamo che quando i pazienti soffrono, non possiamo mai muoverci abbastanza velocemente- ha affermato Lawrence A. Tabak, direttore ad interim del NIH- NIH è impegnato in un approccio altamente coordinato e scientificamente rigoroso per trovare trattamenti, che forniscano sollievo ai milioni di persone che vivono con long COVID".
RECOVER è un ampio programma di ricerca a livello nazionale progettato per comprendere, trattare e prevenire il long COVID, che è caratterizzato da sintomi a lungo termine a seguito dell'infezione da SARS-CoV-2. La fase iniziale dell'iniziativa prevedeva l'avvio di ampi studi osservazionali multi-centro, che esaminassero e seguissero le persone attraverso la loro esperienza con COVID-19 per scoprire perché alcune persone sviluppano sintomi a lungo termine mentre altre guariscono completamente. Questi studi sono in corso e ad oggi hanno reclutato più di 24.000 partecipanti. I ricercatori stanno anche analizzando 60 milioni di cartelle cliniche elettroniche e conducendo più di 40 studi di patobiologia su come il COVID-19 colpisce diversi tessuti e organi del corpo. I dati raccolti da questi sforzi hanno contribuito a plasmare lo sviluppo degli studi clinici di fase 2.
“Centinaia di ricercatori e partecipanti alla ricerca di RECOVER stanno lavorando duramente per scoprire le cause biologiche del long COVID. La condizione colpisce quasi tutti i sistemi del corpo e si presenta con più di 200 sintomi - ha aggiunto Walter J. Koroshetz, direttore del National Institute of Neurological Disorders and Stroke del NIH e co-responsabile dell'iniziativa RECOVER. -Riconoscendo che probabilmente è necessaria più di una soluzione, abbiamo tratto le lezioni apprese dai partecipanti a RECOVER per progettare rigorose piattaforme di sperimentazione clinica che identificheranno i trattamenti per le persone con diversi gruppi di sintomi per migliorare la loro funzione e il loro benessere".
Gli studi lanciati oggi si concentreranno sulla persistenza virale e sulla disfunzione cognitiva. utilizzando "protocolli di piattaforma ", un termine usato per descrivere il design adattivo di questi studi.
RECOVER-VITAL si concentrerà inizialmente su un trattamento mirato alla persistenza di SARS-CoV-2, che potrebbe verificarsi se il virus rimane nel corpo e fa sì che il sistema immunitario non funzioni correttamente o danneggi gli organi. Il primo intervento testerà un regime di dosaggio più lungo dell'antivirale PAXLOVID* (nirmatrelvir e ritonavir) rispetto a quello utilizzato per il trattamento del COVID acuto per vedere se migliora i sintomi dei pazienti con long COVID. PAXLOVID è fornito da Pfizer, Inc., New York City, ed è attualmente approvato per il trattamento del COVID-19 da lieve a moderato negli adulti ad alto rischio di progressione verso il COVID-19 grave, incluso il ricovero in ospedale o il decesso. I primi siti di prova sono stati attivati ??e sono in fase di arruolamento.
RECOVER-NEURO esaminerà gli interventi accessibili per la disfunzione cognitiva correlata al long COVID, tra cui annebbiamento del cervello, problemi di memoria e difficoltà di attenzione, pensiero chiaro e risoluzione dei problemi. Gli interventi nell'ambito di questo protocollo includeranno un programma di allenamento del cervello basato sul web chiamato BrainHQ, sviluppato da Posit Science Corporation a San Francisco, che è stato utilizzato per migliorare la funzione cognitiva; PASC-Cognitive Recovery, un programma di formazione per la gestione degli obiettivi basato sul web, sviluppato dal Mount Sinai Health System, New York City, che è stato utilizzato per migliorare la funzione esecutiva; e un dispositivo utilizzato per la stimolazione a corrente continua transcranica domiciliare sviluppato da Soterix Medical, Inc., Woodbridge, New Jersey, che ha dimostrato di aiutare l'attività cerebrale e il flusso sanguigno. I siti di prova sono attualmente in fase di attivazione.
Ulteriori prove, basate sui seguenti protocolli di piattaforma ancora in fase di revisione, verranno avviate nei prossimi mesi:
RECOVER-SLEEP testerà gli interventi per i cambiamenti nei modelli di sonno o nella capacità di dormire dopo aver contratto il COVID-19. Uno studio per l'ipersonnia, o eccessiva sonnolenza diurna, metterà alla prova due farmaci che promuovono la veglia rispetto a un controllo placebo. Un secondo studio per i disturbi del sonno, come problemi ad addormentarsi o mantenere il sonno, testerà altri interventi progettati per migliorare la qualità del sonno per capire se questi interventi possono aiutare a regolare i modelli di sonno negli adulti con COVID lungo.
RECOVER-AUTONOMIC esaminerà gli interventi per aiutare a trattare i sintomi associati a problemi nel sistema nervoso autonomo, che controlla una serie di funzioni corporee tra cui la frequenza cardiaca, la respirazione e l'attività del sistema digestivo. Lo studio iniziale si concentrerà sulla sindrome da tachicardia posturale ortostatica (POTS), un disturbo con una serie di sintomi tra cui battito cardiaco irregolare, vertigini e affaticamento, e avrà più bracci di studio. Il primo braccio valuterà un trattamento utilizzato per le malattie immunitarie rispetto al placebo. Il secondo braccio valuterà un farmaco attualmente utilizzato per trattare l'insufficienza cardiaca cronica nelle persone con una frequenza cardiaca elevata rispetto al placebo. I partecipanti all'interno di ciascun braccio verranno quindi randomizzati per ricevere cure coordinate più intensive che non comportano farmaci aggiuntivi o cure abituali.
Un quinto protocollo della piattaforma, incentrato sull'intolleranza all'esercizio e sull'affaticamento, è in fase di sviluppo con il contributo della comunità dei pazienti e degli esperti scientifici.
Tutti gli studi sono progettati per accelerare individualmente e collettivamente l'identificazione di trattamenti sicuri ed efficaci per alcuni dei sintomi più debilitanti del long COVID. Gli interventi dello studio sono stati esaminati da team di scienziati e rappresentanti dei pazienti e approvati dalla leadership dell'NIH sulla base delle idee presentate tramite una richiesta di candidature del maggio 2022.
"Gli studi clinici per testare trattamenti e interventi efficaci sono una componente fondamentale della risposta dell'intero governo al long COVID- ha affermato l'ammiraglio Rachel L. Levine, assistente del segretario per la salute, dipartimento della salute e dei servizi umani.- Insieme a supporti e servizi adeguati, accesso alle cure cliniche e informazioni aggiornate su ciò che sappiamo sul long COVID, possiamo lavorare per dare sollievo alle persone e alle famiglie maggiormente colpite".
RECOVER si impegna ad arruolare una popolazione di studio che sia inclusiva e rappresentativa delle comunità più colpite dal long COVID. I siti di studio collaboreranno con le comunità locali per aumentare la consapevolezza sul long COVID e offrire opportunità di partecipare agli studi clinici RECOVER. I ricercatori hanno sviluppato gli studi con un ampio feedback da parte dei rappresentanti dei pazienti, esperti nelle aree dei sintomi e degli interventi proposti, e dopo aver esaminato centinaia di proposte.
Un comitato di monitoraggio dei dati e della sicurezza composto da un gruppo indipendente di esperti monitorerà la sicurezza dei partecipanti durante lo studio e fornirà raccomandazioni.
"I nostri rappresentanti dei pazienti e della comunità hanno fornito un contributo fondamentale per aiutarci a garantire che i risultati di questi studi siano applicabili alle persone in tutto il paese e siano disponibili il prima possibile", ha concluso Kanecia Zimmerman, investigatore principale del RECOVER Clinical Trials Data Coordinating Center, Duke Clinical Research Institute, Durham, North Carolina.
Le prove continueranno a lanciare e iscrivere i partecipanti su base continuativa. L'arruolamento avverrà presso centri di ricerca clinica situati negli Stati Uniti. Un track record per l'iscrizione di diversi partecipanti è stato un criterio chiave per la selezione del sito. Questi studi seguiranno una tradizionale strategia di reclutamento di studi clinici in quanto i centri contatteranno i loro pazienti e residenti nelle loro comunità locali per iscriversi agli studi.
- Neuro Covid, disturbi progressivamente meno frequenti e nella maggioranza dei casi risolti con le nuove varianti
Disturbi neurologici meno frequenti e nella maggioranza dei casi, risolti, spesso anche in tempi brevi, nelle ondate pandemiche successive alla prima.
Questi gli esiti dello studio Neuro-COVID Italy, promosso dalla Società Italiana di Neurologia (SIN), recentemente pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Neurology, giornale ufficiale della American Academy of Neurology.
I disturbi neurologici associati all'infezione da COVID-19, chiamati collettivamente con il termine "neuro-COVID", sono tra gli aspetti più allarmanti, controversi e meno compresi della recente pandemia. Si tratta di sintomi e malattie diverse - dall’encefalopatia acuta (ovvero un grave stato confusionale, con disorientamento e allucinazioni) fino all’ictus ischemico, l’emorragia cerebrale, le difficoltà di concentrazione e memoria, la cefalea cronica, la riduzione dell’olfatto e del gusto, alcune forme di epilessia e di infiammazione dei nervi periferici.
Il progetto Neuro-COVID Italy ha coinvolto 38 unità operative di Neurologia in Italia e nella Repubblica di San Marino ed è stato coordinato dal Prof. Carlo Ferrarese, direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Milano-Bicocca presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.
Lo studio, ideato dai ricercatori dell’Università degli Studi di Milano (Prof. Vincenzo Silani e Alberto Priori, rispettivamente Direttore del Dipartimento di Neuroscienze di Auxologico IRCCS e Direttore della Clinica Neurologica III, Polo Universitario San Paolo) e di Milano-Bicocca (Prof. Carlo Ferrarese), è stato presentato al Comitato Etico di Auxologico IRCCS a Milano il 26 Marzo 2020, ed è durato per un periodo di 70 settimane, da Marzo 2020 fino a Giugno 2021, con un successivo follow-up fino a Dicembre 2021.
Su quasi 53000 pazienti ospedalizzati per COVID-19, circa 2000 pazienti erano affetti da disturbi neuro-COVID e sono stati seguiti per almeno 6 mesi dopo la diagnosi, per analizzare l’evoluzione dei disturbi.
“Lo studio Neuro-COVID Italy è stato un grande lavoro di squadra, svolto con impegno e dedizione da 160 neurologi impegnati in prima linea durante il periodo più duro della pandemia”, afferma Carlo Ferrarese, coordinatore dello studio. “Lo studio è stato promosso dalla Società Italiana di Neurologia, che fin dall’inizio ha supportato tutte le attività di ricerca”.
Il dott. Simone Beretta, Neurologo presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza e primo autore dello studio sottolinea l’importanza dei risultati ottenuti: “Un primo dato importante è che i disturbi neuro-COVID sono diventati gradualmente meno frequenti ad ogni successiva ondata pandemica, passando da circa l’8 per cento della prima ondata a circa il 3 per cento della terza ondata. Questo indipendentemente dalla severità respiratoria del virus e prima dell’arrivo dei vaccini. La ragione più probabile di questa riduzione sembra quindi legata alle varianti stesse del virus, che passando da quella originale di Wuhan fino a Delta hanno reso il virus meno pericoloso per il sistema nervoso. Con la variante Omicron e l’uso dei vaccini, la situazione è andata ulteriormente migliorando e i disturbi neuro-COVID sono ora diventati molto rari”.
Un secondo dato, riguarda il recupero neurologico nei mesi successivi all’infezione, come spiega il professore Carlo Ferrarese: “In oltre il 60 per cento dei pazienti c’è stato una risoluzione completa dei sintomi neurologici oppure la persistenza di sintomi lievi, che non impediscono le attività della vita quotidiana. Questa percentuale arriva a oltre il 70 per cento per i pazienti in età lavorativa, tra i 18 e i 64 anni. Non bisogna però dimenticare che – prosegue Ferrarese - in circa il 30 per cento dei pazienti, i sintomi neurologici sono durati oltre i 6 mesi dall’infezione. Questo è vero soprattutto per quanto riguarda i pazienti con ictus associato all’infezione da COVID, che nelle prime ondate sono stati gravati anche da una elevata mortalità intraospedaliera”.
Ma anche per i disturbi cognitivi, della concentrazione e della memoria, la risoluzione dei sintomi è stata molto più lenta rispetto ad altre condizioni neurologiche, tanto da rientrare in quella che è stata chiamata sindrome long-COVID. Questa nuova sindrome è attualmente seguita in molti centri neurologici coinvolti nello studio».
Il Professor Alberto Priori, direttore della Scuola di Specializzazione in Neurologia e della Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Milano presso il Polo Universitario San Paolo alla ASST Santi Paolo e Carlo di Milano, che con i suoi collaboratori ha descritto per primo i disturbi cognitivi associati al COVID, rileva inoltre che “se, quando e quanto l’infezione da Sars-Cov-2 potrà determinare un incremento del rischio di patologie neurologiche ad essa correlate a distanza di anni rimane ovviamente da essere studiato. Visti i dati della pandemia appena finita, i numeri potrebbero ipoteticamente essere importanti. Ciò implica che i sistemi sanitari europei oltre che le società scientifiche dovranno monitorare attentamente il quadro neuro-epidemiologico e dedicare sin da ora risorse specifiche a tale osservazione nel tempo”.
«Lo studio Neuro COVID Italy ci rende orgogliosi – conclude Vincenzo Silani – per avere intuito precocemente il coinvolgimento del sistema nervoso nella pandemia legata al COVID ed avere così determinato la raccolta dei dati nella penisola tracciando una prima valutazione dell’impatto neurologico in acuto e nel lungo termine della pandemia».
- Covid, nuova variante EG.5 inserita nell' elenco delle Vum in monitoraggio
Una nuova variante di Covid si aggiunge alla lista Oms delle 'osservate speciali'. Si chiama EG.5 ed è stata inserita nell'elenco delle Vum, le varianti sotto monitoraggio, che salgono così a 7: BA.2.75 (Centaurus), CH.1.1 (Orthrus), XBB (Gryphon), XBB.1.9.1 (Hyperion), XBB.1.9.2, XBB.2.3 (Acrux) e appunto la new entry EG.5. Lo comunica l'Organizzazione mondiale della sanità nel suo ultimo aggiornamento settimanale sull'andamento di Covid-19.
"EG.5 - si legge nel report - è stata classificata come Vum il 19 luglio. E' un lignaggio discendente di XBB.1.9.2 con una mutazione aggiuntiva (F456L) nella proteina Spike", e "ha mostrato una prevalenza in aumento a livello globale dalla settimana epidemiologica 21 (22-28 maggio). Attualmente - precisa l'Oms - non ci sono prove di un aumento dei casi e dei decessi" associati a EG.5, "o di un cambiamento nella gravità della malattia" causata da questa variante.
Restano 2 le varianti di interesse o Voi: Kraken (XBB.1.5) e Arturo (XBB.1.16). Kraken mostra una prevalenza in ulteriore calo, che nella settimana epidemiologica 26 (26 giugno-2 luglio) si attesta al 15,8% contro il 23,5% della settimana 22 (29 maggio-4 giugno); Arturo ha sorpassato Kraken a metà giugno e nella settimana 26 rappresenta il 20,7% delle sequenze condivise sulla piattaforma Gisaid, più o meno stabile rispetto alla settimana 22 (20,2%). Tra le Vum, nelle ultime settimane ha mostrato un trend in crescita solo XBB.1.9.2, mentre le altre risultano in calo o stabili.
Continuano intanto a calare i casi e i morti di Covid nel mondo, ma aumentano i decessi nell'area Ovest Pacifico, mentre tornano a calare in Africa dopo avere registrato un crescita nelle scorse settimane. Nei 28 giorni dal 19 giugno al 16 luglio sono stati segnalati 836.344 nuovi contagi e 4.560 morti, con una riduzione del 30% e del 42% rispettivamente secondo l'ultimo bollettino. Da inizio pandemia, il report segnala oltre 768 milioni di casi confermati e oltre 6,9 milioni di decessi.
L'agenzia ginevrina ribadisce che "i contagi segnalati non offrono una rappresentazione accurata dei tassi di infezione, a causa della riduzione dei test e delle segnalazioni a livello globale", e i dati del report vanno quindi considerati "incompleti" anche perché via via "aggiornati retrospettivamente". L'Oms avverte inoltre che, "sebbene l'emergenza sanitaria pubblica internazionale per Covid-19 sia stata dichiarata conclusa 5 maggio" scorso, "Covid rimane una grave minaccia". Per questo invita "i governi a mantenere, non a smantellare, l'infrastruttura anti-Covid consolidata". Restano poi fondamentali "la sorveglianza e la segnalazione, il monitoraggio delle varianti, l'offerta di cure precoci, la somministrazione di richiami vaccinali ai gruppi" di popolazione "ad alto rischio, miglioramenti nella ventilazione degli ambienti e una regolare attività di comunicazione" ai cittadini.
Dal report emerge che i nuovi contagi scendono in tutte e 6 le regioni dell'Oms (-79% Mediterraneo orientale, -71% Europa, -70% Sudest asiatico, -36% Africa e Americhe, -9% Pacifico occidentale); i decessi diminuiscono in 5 regioni (-72% Mediterraneo orientale, -70% Europa, -63% Sudest asiatico, -14% Africa e -13% Americhe), mentre nel Pacifico occidentale aumentano appunto del 30%. Zoomando sulla regione europea, nell'ultimo mese i nuovi casi sono oltre 86mila e i nuovi decessi 1.230. Il maggior numero di contagi è stato segnalato da Federazione Russa (20.854, 14,3/100miila; -55%), Italia (15.725, 26,4/100mila, -63%) e Francia (7.982, 12.3/100mila, -89%), mentre per le morti in testa c'è la Federazione Russa (402, meno di 1/100mila, -30%), seguita da Italia (206, meno di 1/100mila, -54%) e Portogallo (81, meno di 1/100mila, -50%).
- VACCINO ANTI COVID, 72 PERSONE RISARCITE PER EFFETTI COLLATERALI IN FRANCIA. DA ESAMIRARE ALTRE 768
In Francia, dopo due anni e mezzo dalla somministrazione del primo vaccino anti-Covid, l'Organismo nazionale per gli indennizzi per incidenti medici (Oniam) ha risarcito 72 persone, che hanno denunciato effetti avversi.
I dati sono stati resi pubblici nei giorni scorsi al Senato, in un'audizione in Commissione Affari Sociali di François Toujas, candidato presidente Oniam. Non sono state indicate, però, le cifre degli indennizzi.
Oltralpe sono state somministrate 150 milioni di dosi dall'inizio della campagna vaccinale mentre sono state 1.020 le domande d'indennizzo per problemi di salute dopo l'immunizzazione. Di queste richieste ne sono state esaminate circa 240, con i 72 indennizzi approvati, mentre restano da esaminare ancora 768 dossier. In generale le domande di risarcimento riguardano soprattutto casi di miocardite e pericardite, seguiti da problemi neurologici, disturbi cardiovascolari, tra cui ictus e trombosi, problemi articolari, uditivi, dermatologici.
- Covid, 18,2 milioni di franchi per gli ospedali del Ticino
Nella seduta di ieri il Consiglio di Stato ha approvato il messaggio con cui riconosce il versamento agli ospedali di un contributo di 18,2 milioni di franchi, volto a compensare parzialmente i mancati introiti a causa della pandemia da Covid-19.
Dopo il riconoscimento dei costi supplementari (per gli anni 2020 e 2021) e della cosiddetta ‘fase di prontezza’ (inverno 2021-2022), questo terzo intervento permette di completare il sostegno pubblico alle strutture ospedaliere che si sono spese nel periodo pandemico.
Dopo che il 5 maggio 2023 l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha decretato la fine dell’emergenza internazionale della pandemia di coronavirus, ieri il Consiglio di Stato ha licenziato il messaggio con cui interviene a parziale copertura dei mancati introiti delle strutture ospedaliere nella fase di blocco dell’attività sanitaria non urgente, deciso dalla Confederazione durante la prima ondata di Covid-19 (dal 17 marzo 2020 al 26 aprile 2020). Un messaggio che permette anche al Governo cantonale di mettere un punto, anche simbolico, alla fase straordinaria ed imprevedibile appena conclusa.
La pandemia ha inciso in maniera molto rilevante sull’attività degli istituti ospedalieri cantonali che, in un contesto di grande incertezza, hanno dovuto riorganizzarsi a più riprese, rapidamente e con grande flessibilità, per far fronte alla gestione dei pazienti Covid e garantire al contempo la presa in carico dei pazienti affetti da altre patologie.
Questa situazione straordinaria ha avuto inevitabilmente ripercussioni anche dal profilo finanziario, sia in termini di maggiori costi, sia in termini di mancati ricavi. I primi sono stati riconosciuti tramite il versamento alle strutture di complessivi 28,8 milioni di franchi per gli anni 2020 e 2021, oltre al contributo straordinario di 3,1 milioni di franchi destinato al mantenimento in prontezza dei letti supplementari di cure intense all’EOC e alla Clinica Luganese Moncucco nel periodo luglio 2021 – giugno 2022, in particolare durante l’inverno.
I mancati ricavi sono invece oggetto del messaggio che il Governo sottopone ora all’attenzione del Gran Consiglio, con cui si propone di stanziare complessivamente 18,2 milioni di franchi. Un importo che, seppur limitato rispetto a quanto segnalato dalle strutture, è ritenuto ponderato, sostenibile e giustificato non solo come riconoscimento della risposta concreta, immediata e competente dimostrata dagli ospedali in una situazione eccezionale, ma anche perché chiaramente correlato al blocco parziale dell’attività decretato dall’autorità federale.
Queste motivazioni, vale la pena ricordarlo, sono state più volte addotte anche nei confronti del Consiglio federale e del Parlamento, ai quali i Cantoni e la Conferenza delle direttrici e dei direttori cantonali della sanità hanno reiterato la richiesta di ottenere una copertura almeno parziale dei mancati introiti relativi al periodo in questione, senza tuttavia mai riuscirci.
Dal canto suo, il Consiglio di Stato si era reso conto fin da subito che la pandemia avrebbe avuto pesanti conseguenze finanziarie per gli istituti ospedalieri e già nel 2020 aveva prontamente costituito un accantonamento da utilizzare a questo scopo. Un’impostazione che ha fatto da sfondo alla pandemia e che si è rivelata valida e pragmatica. Anche per il parziale riconoscimento dei mancati introiti si farebbe capo a questo accantonamento, senza quindi impatto sul risultato d’esercizio dell’anno in corso.
- Covid, ecco le mutazioni che resistono agli anticorpi monoclonali e agli antivirali
"Sars-CoV-2 ha infettato milioni di persone in tutto il mondo dall'inizio della pandemia e nuove varianti probabilmente continueranno ad apparire e ad avere un impatto sulla situazione epidemiologica regionale e globale.
Quelle emerse di recente, alcune delle quali hanno caratteristiche antigeniche alterate, possono sviluppare resistenza ai farmaci antivirali o agli anticorpi monoclonali esistenti e possono eludere l'immunità naturale o indotta dal vaccino". A evidenziarlo è l'Ecdc, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, in un report in cui fornisce una revisione non sistematica della letteratura disponibile in materia per i farmaci autorizzati nell'Ue/Spazio economico europeo. Revisione che mette in evidenza come alcune specifiche mutazioni portino "a resistenza parziale o completa" anche alla pillola antivirale "Paxlovid* (nirmatrelvir/ritonavir), causando preoccupazioni riguardo alla ridotta efficacia di questo farmaco contro Sars-CoV-2", evidenzia l'Ecdc.
Il documento offre un quadro delle mutazioni del virus che conferiscono una ridotta suscettibilità ad antivirali e monoclonali. "I farmaci antivirali e gli anticorpi monoclonali (mAb) somministrati separatamente o come 'cocktail' di terapia combinata - evidenzia l'Ecdc nella sintesi - hanno fornito uno strumento prezioso per combattere Covid-19. I dati di sorveglianza, insieme ai dati sulla suscettibilità al trattamento antivirale, possono guidare le decisioni cliniche sulla selezione della migliore terapia per il paziente". Decisioni per esempio "sull'opportunità di sospendere alcuni degli anticorpi monoclonali sviluppati o di utilizzare combinazioni diverse".
Eventuali resistenze a questi trattamenti possono infatti avere effetti clinici e implicazioni per la salute pubblica, "quindi gli sforzi per rilevare nuove varianti emergenti del virus e per sviluppare farmaci efficaci dovrebbero continuare. Il monitoraggio della carica virale e della suscettibilità antivirale, soprattutto in pazienti immunocompromessi, continueranno ad essere importanti per identificare, valutare e contrastare rapidamente questa resistenza emergente ai trattamenti antivirali e/o terapeutici disponibili".
Per la revisione sono state analizzate 258 pubblicazioni sui quattro monoclonali approvati e 23 pubblicazioni sui farmaci antivirali. Gli studi hanno appunto identificato le mutazioni che hanno conferito una riduzione da moderata a elevata della suscettibilità a Paxlovid, e hanno indicato una capacità di neutralizzazione molto ridotta del monoclonale casirivimab/imdevimab per tutti i lignaggi secondari di Omicron inclusi nel report.
I sottolignaggi BA.1, BA.2 e BA.5 hanno mostrato un'elevata riduzione della suscettibilità al monoclonale regdanvimab, mentre sotrovimab ha mostrato un'elevata efficacia di neutralizzazione contro la maggior parte delle varianti di Sars-CoV-2, ma una moderata riduzione dell'attività di neutralizzazione per BA.2, BA.4 e BQ.1.1 (Cerberus). Per Evusheld* (tixagevimab/cilgavimab) è stata osservata un'attività di neutralizzazione altamente ridotta contro i sottolignaggi BQ.1 e BQ.1.1.
- IL PROGETTO DI RICERCA PASCNET CONTRO IL LONG COVID
Quando si manifesta comporta perdita di memoria, deficit di attenzione concentrazione e problemi di linguaggio. Per questo si chiama "brain fog", perché è simile a una nebbia mentale, che genera anche disturbi del sonno e difficoltà a condurre normali funzioni quotidiani.
Nonostante molti di questi sintomi siano curati, spesso non è facile ricondurli all'infezione da Covid, perché a oggi non esiste ancora un protocollo per la presa in carico di pazienti affetti da Pasc, ossia le sequele post-acute dell'infezione da Sars Cov 2.
Prendersi cura di quei pazienti che, a distanza di mesi e anche anni dal contagio, ne sono colpiti è l'obiettivo principale di Pascnet, il progetto scientifico "La sindrome post-Covid: far fronte a una nuova emergenza di sanità pubblica con una gestione innovativa e il network building", di cui l'Università Cattolica del Sacro Cuore è capofila, e finanziato da Fondazione Cariplo nell'ambito del bando "Networking, ricerca e formazione sulla sindrome post-Covid". "Dall'inizio della pandemia ci sono stati 46mila decessi con Covid. E un totale di contagi, i cosiddetti casi positivi, pari a oltre 4milioni e 200mila. Tuttavia, ancora poco si sa che cosa succeda ai pazienti dopo la guarigione dal Covid- spiega Claudio Lucifora, direttore del Centro di ricerca sul Lavoro "Carlo Dell'Aringa", coordinatore del progetto cui collaborano anche altri due atenei, l'Università degli Studi di Milano-Bicocca e l'Università degli Studi di Pavia- Il disegno sperimentale del progetto è articolato in due fasi: la prima prevede uno studio retrospettivo, basato sui dati di flusso dei pazienti ospedalizzati durante il Covid; la seconda consiste in uno studio prospettico, in cui i pazienti Covid vengono richiamati dalle strutture sanitarie dove vengono sottoposti a una serie di accertamenti diagnostici finalizzati a caratterizzare meglio le sequele post-acute dell'infezione da Covid".
Pascnet, che ha preso il via nell'ottobre del 2022, punta a creare un network tra agenzie di tutela della salute (ATS), aziende socio-sanitarie territoriali (ASST), istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), cooperative di medici di medicina generale (IML) e Università per contribuire a migliorare le attuali conoscenze da una prospettiva epidemiologica, clinica e di salute pubblica. "Questo approccio multidisciplinare è cruciale per la progettazione di piani di diagnostica e presa in carico per il monitoraggio e gestione della Pasc e per la loro implementazione mediante modelli gestionali innovativi- osserva il professor Lucifora- Inoltre, il progetto intende valutare l'impatto della pandemia sulla contrazione nell'erogazione di servizi sanitari, in particolare quelli ambulatoriali e di screening, e sulla gestione dell'assistenza ai pazienti fragili, in modo da poter individuare priorità di intervento, specialmente per soggetti con cronicità e /o fragilità".
Tra le finalità del progetto scientifico, che terminerà nel 2024, c'è la strutturazione di un sistema informativo; la valutazione dell'impatto della pandemia sul Sistema sanitario, in termini di riduzione dell'offerta di servizi e mancata prevenzione, così da poter proporre piani d'azione fondati e strutturati, sia per il ripristino delle attività, sia per la costituzione di una resilienza di Sistema a eventi dirompenti; lo sviluppo di piani di intervento per la gestione della PASC da parte del Sistema sanitario, che possano gestire presa in carico, cura e follow-up a lungo termine dei pazienti. Il network del progetto è composto da 18 partner. Assieme ai tre atenei coinvolti, collaborano, sette Agenzie di tutela della salute (ATS Milano, ATS Valpadana, ATS Bergamo, ATS Brescia, ATS Brianza, ATS Montagna, ATS Pavia); otto Aziende Socio-Sanitarie Territoriali e IRCCS (ASST Lodi, ASST Milano-Ovest, ASST Crema, ASST Garda, ASST Franciacorta, ASST Valcamonica, ASST Pavia e IRCCS Policlinico San Matteo), sei portatori di conoscenza e la cooperativa Iniziativa Medica Lombarda (IML) in rappresentanza dei medici di medicina generale (MMG).
- MISURE ANTI COVID IN SVIZZERA, COMMISSIONE CDG-N APPROVA OPERATO DELLA CONFEDERAZIONE
Le misure messe in atto dalla Confederazione per lottare contro la pandemia di COVID-19 hanno implicato una restrizione di alcuni diritti fondamentali.
La Commissione della gestione del Consiglio nazionale (CdG-N) ha esaminato in che modo le autorità federali competenti hanno accertato il rispetto dei criteri costituzionali per una tale restrizione. Sulla base dell’esempio dell’estensione del certificato COVID-19, per la Commissione non vi sono indizi che suggeriscano inadempienze fondamentali. Tuttavia, reputa che da questo caso specifico si possano trarre insegnamenti di portata generale applicabili a crisi future. Inoltre la CdG-N ha deciso di presentare un postulato che chiede di rafforzare la vigilanza sui laboratori biologici ad alta sicurezza in Svizzera.
Per lottare contro la pandemia di COVID-19, il Consiglio federale ha adottato diversi provvedimenti implicanti una restrizione dei diritti fondamentali. In base al dettato costituzionale, restrizioni di questo tipo sono ammissibili unicamente se hanno una base legale, sono giustificate da un interesse pubblico e sono proporzionate allo scopo. La CdG-N ha esaminato in che modo le autorità federali competenti hanno accertato il rispetto di detti criteri. A tal fine, si è focalizzata sulla decisione del Consiglio federale del dicembre 2021 di estendere il certificato COVID-19.
Sulla base dei chiarimenti effettuati, la CdG-N giunge alla conclusione che, considerato il contesto dell’epoca, le autorità federali hanno provveduto adeguatamente al rispetto dei criteri costituzionali. Tuttavia, reputa che si possano trarre insegnamenti di portata generale applicabili a crisi future. In un rapporto Cambio formatopubblicato oggi presenta le proprie conclusioni e formula quattro raccomandazioni all’attenzione del Consiglio federale.
CONSOLIDARE IL RUOLO DELL'UFFICIO FEDERALE DI GIUSTIZIA IN CASO DI CRISI
La Commissione trae un bilancio sostanzialmente positivo della collaborazione tra l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e l’Ufficio federale di giustizia (UFG) nel caso analizzato. Essa constata soprattutto che l’UFG è stato consultato sistematicamente sui progetti di ordinanza in questione e li ha esaminati in modo critico. Nondimeno, la Commissione invita il Consiglio federale a esaminare varie misure per rafforzare la funzione di controllo dell’UFG in situazioni di crisi.
La CdG-N ritiene che l’estensione del certificato COVID-19 si fondasse su una base legale sufficiente nella legge sulle epidemie (LEp). Si chiede tuttavia se non sarebbe stato opportuno aggiungere nella legge, nel corso del 2021, una disposizione che descrivesse in modo più esplicito l’oggetto e le finalità del certificato. Nell’ottica di future pandemie, invita il Consiglio federale a valutare l’opportunità di precisare il quadro normativo riguardante la possibilità di trattare in modo differenziato le persone in funzione del loro stato vaccinale nonché l’utilizzo di un certificato.
TRARRE UN BILANCIO DEGLI INDICATORI EPIDEMIOLOGICI
Per la Commissione è indubbio che il criterio dell’interesse pubblico era soddisfatto al momento dell’estensione del certificato COVID-19, poiché la pandemia rappresentava una chiara minaccia per la salute della popolazione. Ritiene altresì opportuno che, per la sua valutazione della situazione epidemiologica, il Consiglio federale si sia basato su vari indicatori. Lo invita tuttavia a trarre un bilancio di tali indicatori in vista di una futura pandemia, allo scopo di valutare le esperienze fatte e identificare eventuali opportunità di miglioramento.
Infine, la Commissione constata che le autorità hanno progettato le misure di lotta contro il COVID-19 e ne hanno limitato la durata e l’estensione spaziale in modo tale da garantire la proporzionalità.
La CdG-N invita il Consiglio federale a esprimersi in merito alle proprie constatazioni e raccomandazioni entro il 4 ottobre 2023.
RAFFORZARE LA VIGILANZA SUI LABORATORI BIOLOGICI AD ALTA SICUREZZA
Dall’inizio del 2022 la CdG-N ha svolto accertamenti approfonditi sul quadro giuridico relativo alla vigilanza sui laboratori biologici ad alta sicurezza in Svizzera. Dai risultati emerge che i Cantoni esercitano le loro attività di controllo su questi laboratori in modo assai differenziato. Parallelamente, le competenze di cui dispone la Confederazione per vigilare sulle attività di controllo dei Cantoni sono limitate e, nella pratica, questo porta gli uffici federali competenti (USAV, UFSP e UFAM) a esercitare con cautela la loro vigilanza. In considerazione del notevole potenziale di pericolo connesso con le attività dei laboratori ad alta sicurezza, la Commissione ritiene che vada rafforzata la vigilanza della Confederazione e che sia necessario verificare l’attuale quadro giuridico nell’ottica di standard di sicurezza uniformi. Per tale ragione ha depositato un postulato. La Commissione ha inoltre invitato il Consiglio federale a valutare a tempo debito la prevista certificazione del Laboratorio Spiez, traendone eventuali conclusioni di carattere generale, nonché a svolgere accertamenti in merito al modo in cui sono gestiti gli errori nel contesto dei laboratori biologici ad alta sicurezza.
Presieduta dalla consigliera nazionale Prisca Birrer-Heimo (PS/LU), la Commissione si è riunita a Berna il 30 giugno 2023.