
Uno spazio sicuro di riflessione e orientamento verso i servizi di aiuto che permette di individuare segnali di violenza fisica, psicologica ed economica, spesso difficili da riconoscere.
Questo vuole essere il questionario realizzato all’interno del progetto Epigenetica per le donne ( Epigenetics for WomEn, EpiWE), di cui l’Iss è l’ente promotore in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e la Fondazione Cà Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, per aiutare le donne vittime di violenza a riconoscere la propria situazione e a ricevere il supporto necessario.
Lo strumento, si legge nel comunicato stampa, è disponibile presso le strutture sanitarie e i Centri Antiviolenza (CAV), e i dati vengono centralizzati in modalità anonima e protetta presso l’Istituto Superiore di Sanità. Il questionario rappresenta un primo passo per uscire da una condizione di disagio e chiedere supporto alle realtà specializzate. Alla raccolta centralizzata dei dati possono partecipare anche le donne che non hanno subito violenza, in modo da fornire informazioni importanti e la loro partecipazione allo studio quale gruppo di donne non esposte alla violenza. L’obiettivo è offrire alle donne uno strumento semplice, ma efficace per prendere consapevolezza della propria situazione e sapere a chi rivolgersi. “Troppe volte la violenza viene sottovalutata o nascosta- spiega Simona Gaudi, che coordina il progetto per l’Iss-, e vogliamo contribuire a rompere questo silenzio, garantendo informazioni e supporto concreto. L’invito è rivolto a tutte le donne che sentono il bisogno di approfondire la propria condizione, ma anche agli operatori sanitari e ai professionisti del settore, affinché possano segnalare questo strumento, in modo da trasformare la narrazione della violenza in dati scientifici per realizzare nuovi protocolli di prevenzione di precisione”. Per maggiori informazioni, è possibile rivolgersi alle strutture sanitarie aderenti o ai Centri Antiviolenza presenti sul territorio che aderiscono al progetto EpiWE o scrivere a epi_we@iss.it.
LO STUDIO
Lo studio pilota epi_we pubblicato nel 2023 e di cui l’Iss è l’ente promotore in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano e la Fondazione Cà Granda dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, aveva già dimostrato che la violenza è in grado di alterare a livello epigenetico i geni delle donne vittime di violenza, modificandone cioè non la struttura ma l’espressione. “Quei risultati preliminari, che erano stati ottenuti analizzando un pannello di 10 geni- spiega Simona Gaudi coordinatrice di epi_we ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute- sono stati il punto di partenza per lo sviluppo dello studio multicentrico, che prende il via grazie all’accordo di collaborazione tra il Ministero della salute-Centro nazionale per la prevenzione ed il controllo delle malattie (Ccm) e l’Iss. L’azione Centrale del ministero permetterà di avere un numero maggiore di donne da arruolare nella ricerca, per riuscire a studiare il profilo epigenetico non di pochi geni, come è stato fino ad ora, ma dell’intero genoma. E di farlo con continuità, nel tempo avviando programmi di follow up: invitando le donne a donare nel corso del primo incontro dopo la violenza un campione biologico da analizzare, e anche a tornare a farlo ancora”.
5 REGIONI E 7 UNITÀ COINVOLTE, E UNA SCHEDA INFORMATICA
La nuova fase prevede il coinvolgimento di 7 unità operative e di 5 regioni – Lazio, Lombardia, Campania, Puglia e Liguria. Grazie alla medicina territoriale e ai suoi ambulatori, pronto soccorsi, case antiviolenza, asl, le donne vittime di violenza relazionale o sessuale saranno informate sulla possibilità di donare un loro campione biologico e di tornare per valutare nel tempo la possibile variazione epigenomica attraverso la raccolta di più campioni, per intercettare in ognuna di loro il prima possibile gli eventuali danni di salute intervenendo a livello multidisciplinare e integrato per prevenirli. L’obiettivo, prosegue la nota stampa, è quello di riuscire a coinvolgere il maggior numero possibile di donne con prelievi di sangue almeno per 18 mesi, per 4 prelievi in totale, uno ogni sei mesi.
Al momento del prelievo, e nei richiami del follow-up, i campioni biologici saranno corredati con una serie di dati sul benessere psicofisico, con particolare riguardo alle patologie stress-correlate. Per la raccolta di dati è stata sviluppata una scheda informatica ad hoc, che consiste di 4 domande di contesto, 5 domande per indagare il rischio di recidiva violenta, e il questionario di 18 domande per individuare un’eventuale sindrome da stress post traumatico. “Quello che stiamo dimostrando a livello territoriale- riprende Gaudi- è che la violenza influisce sulla salute del genoma in un modo tale che i suoi effetti a volte si manifestano 10-20 anni dopo. Questo ci dicono i dati. Ma a noi vogliamo dare supporti molecolari a questi dati, in modo tale che analizzando tutto il profilo dell’epigenoma nel tempo saremo in grado di dire che quella donna potrebbe avere un maggiore suscettibilità a sviluppare un tumore all’ovaio o una malattia cardiovascolare o una patologia autoimmune”.