Sono state 16000, nel 2023, le aggressioni contro gli operatori sanitari, considerando la violenza fisica, verbale e contro la proprietà. 18000 gli operatori coinvolti: di questi, i due terzi sono donne.
Dati drammatici, quelli dell’Osservatorio Nazionale sulla Sicurezza degli Esercenti le Professioni Sanitarie e socio-sanitarie, resi noti dal ministero della Salute, che fanno il paio con quelli di sondaggi condotti dagli Ordini e dai Sindacati medici. E che hanno spinto la Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, a promuovere due campagne di sensibilizzazione rivolte ai cittadini. Si tratta di poster che verranno affissi nei pronto soccorso e puntano a comunicare con i pazienti e con i loro famigliari per prevenire episodi di violenza all’interno dei reparti di emergenza-urgenza, tra i setting più a rischio.
Le campagne prendono il via da oggi, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, e saranno messe a disposizione dei 106 Ordini territoriali. “Abbiamo scelto la data del 25 novembre- spiega il Presidente della Fnomceo, Filippo Anelli- perché secondo tutti i dati disponibili, la stragrande maggioranza dei medici vittima di aggressione sono colleghe donne. E donne sono purtroppo molte dei medici che hanno perso la vita, dottoresse che sono state uccise mentre stavano facendo il loro lavoro: Barbara Capovani, Paola Labriola, Eleonora Cantamessa Maria Monteduro, Roberta Zedda. Questo non può che farci paura e farci riflettere su quanto la società oggi non riesca realmente a rendere sicuro il lavoro. La violenza di genere permea purtroppo tutta la società ed è un problema enorme, di fronte al quale nessuno può rimanere indifferente. Anche in sanità è una questione importantissima, perché oggi le donne che lavorano al suo interno sono sempre di più, fra i medici in attività sono la maggioranza”.
Da qui le due campagne, rivolte ai pazienti, che seguono lo spot di marzo e due corsi Ecm, attualmente fruibili da tutti i medici e gli odontoiatri sulla piattaforma Fadinmed, uno sulle cause della violenza e uno, pratico, sulle tecniche per riconoscere e disinnescare l’escalation di rabbia che può portare a un’aggressione.
La prima campagna si intitola “Mentre aspetti” e cerca di mostrare a chi attende fuori cosa avviene al di là di quella porta chiusa che hanno varcato i pazienti. “Mentre aspetti, pensa che una diagnosi richiede tempo”; “Mentre aspetti pensa che ci stiamo prendendo cura della persona che ami”; “Mentre aspetti pensa che in altri Paesi si accede alle cure solo con la carta di credito”; “Mentre aspetti pensa che l’unico nemico qui è la malattia”; “Mentre aspetti pensa che al di là dal vetro stanno salvando delle vite”. Sono queste le headline dei poster, che mettono in luce i punti di forza del nostro servizio sanitario nazionale e sono accompagnati da immagini di medici e pazienti in momenti di cura. In coda ad ogni messaggio, la campagna fa appello ai cittadini: “In pronto soccorso ce la mettiamo tutta per aiutarti. Sii paziente”.
La seconda campagna mette invece in evidenza le possibili conseguenze penali di un’aggressione al personale sanitario e sottolinea anche in questo caso il carattere universale, equo e solidale del Ssn: “Qui curiamo tutti, senza distinzioni”; “In tanti Paesi l’assistenza sanitaria è solo per ricchi”. Le immagini ritraggono medici che guardano l’interlocutore dritto negli occhi e cercano di stabilire un canale di comunicazione per spiegare in cosa consiste il proprio lavoro e perché talvolta i cittadini siano costretti ad aspettare: “Facciamo ore e ore di straordinari”; “Lo sappiamo che aspetti da ore. È perché dobbiamo andare dal più grave al meno grave”.
“Il problema della violenza- dichiara Anelli- non può risolversi senza interventi strutturali che colmino le carenze di personale e garantiscano condizioni di lavoro sicure ai medici. I recenti interventi del Governo a livello legislativo si sono rivelati efficaci e hanno già portato all’arresto dell’aggressore a Lamezia terme. Tuttavia, serve anche un’azione culturale che incida sul modo in cui i cittadini guardano al Servizio sanitario nazionale, come bene comune da tutelare. Da queste considerazioni nasce l’idea di queste campagne di sensibilizzazione che puntano a ricucire il rapporto medico-paziente logorato da cause che sono esterne all’operato dei medici e di cui gli operatori sanitari sono le prime vittime. Siamo partiti dai pronto soccorso perché rappresentano, insieme al 118, alla psichiatria, soprattutto territoriale, alle guardie mediche, uno dei settori in cui le violenze sono più frequenti e in cui è quanto mai necessario un dialogo con i cittadini. Abbiamo bisogno che nell’organizzazione la comunicazione con il paziente diventi una parte strutturata, importante. Se la gente si sente accolta e compresa nel suo disagio, questo toglie buona parte di quel terreno di coltura su cui si innesta poi la violenza”.