Uno studio dell’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Cnr-In), con la collaborazione del Dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze, ha aggiunto un importante tassello alla comprensione dei processi di apprendimento percettivo visivo, tradizionalmente attribuiti all’area del cervello nota come “corteccia visiva primaria”.
La ricerca, pubblicata su Nature Communications, ha infatti dimostrato che tali processi coinvolgono anche cortecce di ordine superiore, che trasmettono informazioni aggiuntive rispetto a quelle elaborate dalla corteccia visiva primaria, in particolare su aspetti sensoriali relativi al contesto comportamentale in cui le attività del soggetto si svolgono.
E’ la prima volta che viene confermato a livello sperimentale in modo così rigoroso il ruolo di questa parte di corteccia, confermando l’esistenza di un “dialogo” tra queste due aree, finora solo ipotizzato.
“E’ noto che la corteccia visiva primaria – o V1- è l’area cerebrale che ci permette di ‘vedere’ il mondo, analizzare e riconoscere le forme e gli oggetti così come li conosciamo e ci appaiono nella vita di tutti i giorni, ma anche di effettuare processi più complessi, fra i quali le forme di apprendimento note come ‘apprendimento percettivo visivo’, cioè la capacità di migliorare l’analisi della realtà grazie all’esperienza e agli stimoli che riceviamo costantemente, discriminarla, distinguere differenze sempre più sottili”, spiega Alessandro Sale, dirigente di ricerca del Cnr-In e coordinatore dello studio.
“Oggi, i nostri esperimenti hanno permesso di dimostrare che le proprietà funzionali dei neuroni corticali possono essere modulate anche da segnali che provengono da cortecce di ordine superiore -in particolare dalla corteccia visiva secondaria – con un flusso che possiamo descrivere ‘dall’alto verso il basso’ (top-down), e che trasportano importanti informazioni sul contesto in cui siamo immersi. Tali informazioni si aggiungono a quelle ottenute con l’elaborazione visiva della corteccia primaria, in un coinvolgimento integrato di queste due aree”.
Lo studio è stato condotto su modelli animali addestrati a svolgere un compito visivo di scelta fra stimoli visivi molto simili, diversi solo per la loro frequenza spaziale, una proprietà legata allo spessore delle barre chiare e scure visibili dagli animali in uno schermo che viene loro presentato.
“Per studiare il coinvolgimento delle aree visive di ordine superiore, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sulla corteccia visiva secondaria latero-mediale (LM), l’omologa della corteccia visiva secondaria dei primati (V2): utilizzando un approccio combinato basato su chemogenetica (una tecnica moderna in cui è possibile unire le conoscenze di genetica molecolare e di chimica per indagare il ruolo di circuiti neuronali specifici), analisi comportamentale e registrazioni elettrofisiologiche multicanale, abbiamo fornito prove molto evidenti del ruolo di questa parte di corteccia non solo nell’acquisizione, ma anche nella ritenzione dell’apprendimento visivo percettivo. Bloccando selettivamente l’attività di tale area, infatti, abbiamo notato una marcata compromissione delle abilità di apprendimento, nonché la perdita completa degli effetti di miglioramento di discriminazione visiva già ottenuti, quando il blocco era applicato dopo la fine del protocollo di apprendimento”, continua Sale.
I risultati ottenuti dimostrano che se l’elaborazione visiva prodotta dalla corteccia primaria non è accompagnata dal flusso di informazioni provenienti dai centri superiori, gli effetti di apprendimento percettivo non si verificano: analizzare e costruire la realtà richiede, quindi, un coinvolgimento integrato tra aree visive di ordine inferiore e superiore.