Alcuni dei meccanismi biologici alla base della sindrome dell’intestino irritabile (IBS) potrebbero essere in comune con le malattie cardiovascolari (CVD).
Lo rivela lo studio di un gruppo di ricerca internazionale, comprendente scienziati dell’Università LUM Giuseppe Degennaro, IRGB-CNR, CEINGE e Università di Napoli Federico II, della Monash University (Australia), CIC bioGUNE (Spagna) e dell’Università di Groningen (Paesi Bassi).
La sindrome del colon irritabile è uno dei disturbi gastrointestinali più comuni in tutto il mondo e colpisce fino al 10% delle persone (donne più degli uomini) con una complessa varietà di sintomi che includono dolore addominale, gonfiore, diarrea e stitichezza, riducendo così significativamente la qualità della vita dei pazienti. Le cause dell’IBS non sono ben note, il che si traduce in una gamma limitata di opzioni terapeutiche, che spesso funzionano solo in alcuni pazienti. La familiarità e la predisposizione genetica all’IBS sono conosciute, ma l’esatta natura dei geni e dei meccanismi biologici coinvolti sono rimasti per lo più sfuggenti.
I ricercatori, coordinati dal professor Mauro D’Amato, Ordinario di Genetica Medica dell’Università LUM, hanno studiato dati provenienti da UK Biobank e Lifelines, due importanti biobanche del Regno Unito e dei Paesi Bassi, e hanno confrontato i profili di DNA di 24.735 persone con IBS e 77.149 individui sani. Hanno identificato quattro regioni del genoma, di cui due non segnalate in precedenza, dove alcune varianti del DNA sono più comuni nelle persone con IBS. I risultati, pubblicati sulla rivista “Cellular and Molecular Gastroenterology and Hepatology”, implicano complessivamente geni coinvolti in importanti processi fisiologici come il controllo della motilità gastrointestinale, l’integrità della mucosa intestinale e il ritmo circadiano. Il team ha anche analizzato le somiglianze tra la genetica che predispone all’IBS e quella di altre malattie comuni: oltre alla nota sovrapposizione con disturbi dell’umore e d’ansia come rivelato negli studi precedenti, hanno identificato un nuovo legame con varie condizioni e malattie del sistema cardiovascolare, inclusa l’ipertensione, cardiopatia ischemica (coronarica) e angina pectoris.
“Trovo che questo sia il risultato più importante del nostro studio“, commenta il professor D’Amato “La consapevolezza che il corredo genetico alla base dell’IBS contribuisce in modo simile alla CVD ci suggerisce che alcuni farmaci e approcci terapeutici utilizzati per trattare l’una o l’altra patologia potrebbero essere applicati per trattarle entrambe”. Lo studio ha infine dimostrato che l’ereditabilità dell’IBS (il peso della genetica nella predisposizione alla malattia) è più forte di quanto precedentemente riconosciuto “rafforzando l’idea e la speranza, che ulteriori scoperte possano venire da altri studi genetici attualmente in corso su un numero di individui ancora più elevato” afferma il professor D’Amato.