I ricercatori ENEA del Centro Ricerche La Trisaia (Matera) hanno brevettato un processo, facilmente trasferibile a livello industriale, che consente di estrarre dai lieviti rossi la torularodina, un carotenoide con proprietà antitumorali, antinfiammatorie e antiossidanti, utilizzabile nella produzione di nutraceutici e farmaceutici.
La torularodina appartiene ai carotenoidi, una classe di molecole per cui si prevede un tasso di crescita annuale composto (CAGR) del 3.9% fino a raggiungere un volume di 2.7 miliardi di dollari nel 2031. Studi scientifici hanno dimostrato che la torularodina ha un maggiore effetto sull’eliminazione dei radicali liberi rispetto al beta-carotene, risultando efficace contro il cancro al seno, alla prostata e nelle malattie neurodegenerative poiché migliora la disfunzione della memoria, lo stress ossidativo e la neuroinfiammazione.
“Il procedimento permette l’estrazione selettiva della torularodina con la CO2 supercritica (tecnica estrattiva che usa come solvente la CO2 in particolari condizioni di temperatura e pressione che le conferiscono proprietà intermedie tra lo stato liquido e quello gassoso) in due fasi successive. Nella prima, con l’utilizzo della sola CO2, si estraggono tutti i carotenoidi presenti nella matrice a eccezione della torularodina; nella seconda, la matrice residuale viene sottoposta a un’ulteriore estrazione con CO2 addizionata di etanolo, permettendo il recupero della torularodina che viene estratta con una percentuale uguale o superiore al 95% dei carotenoidi totali,” spiega Vincenzo Larocca, inventore del brevetto insieme ai colleghi Mario Trupo, Alfredo Ambrico, Maria Martino, Rosaria Alessandra Magarelli, Roberto Balducchi e Anna Spagnoletta del Laboratorio ENEA di Bioprodotti e bioprocessi.
La produzione di torularodina su larga scala mediante questo nuovo processo biotecnologico permette, in un’ottica di bioeconomia circolare, di valorizzare gli scarti agro-alimentari per la crescita di lieviti rossi e incentiva la cattura della CO2 dall’atmosfera in contrasto al climate change. “Rispetto ai metodi estrattivi convenzionali, il nostro procedimento non utilizza le tecniche di separazione cromatografiche (Processi che sfruttano la diversa affinità delle molecole da separare tra una fase mobile (solvente) e una fase stazionaria generalmente rappresentata da una colonna di assorbimento.), minimizzando così l’uso di solventi potenzialmente nocivi ed evitando la produzione di scarti di difficile gestione. Inoltre, è condotto a basse temperature in modo da non danneggiare le molecole termolabili”, conclude Larocca.