• Gio. Mar 13th, 2025

Sono stati 18.213 gli operatori sanitari coinvolti in aggressioni in un anno: il 26% sono state aggressioni fisiche, circa il 68% verbali e il 6% contro la proprietà.

Tra gli operatori sanitari coinvolti, il 64% è di genere femminile e il 36% maschile. Il 60% delle aggressioni ha riguardato infermieri, il 15% medici chirurghi, il 12% operatori sociosanitari e il 3% altri come personale non sanitario. Le aggressioni sono state perpetrate nel 69% dei casi da pazienti, nel 28% da parenti, caregiver e nel 3% da una persona non legata a pazienti. Il 78% delle aggressioni ha avuto luogo in ospedali e il 22% nella sanità del territorio.

Sono alcuni dati del Terzo Rapporto Fnomceo-Censis dal titolo ‘Centralità del medico e qualità del rapporto con i pazienti per una buona sanità: alle origini della criticità della condizione dei medici nel Servizio sanitario’. Una sintesi dei principali risultati è stata presentata oggi pomeriggio a Foggia, nell’ambito delle celebrazioni della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (Fnomceo), per la Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, alla presenza del ministro della Salute, Orazio Schillaci, del sottosegretario Marcello Gemmato, del governatore della Puglia, Michele Emiliano, dell’assessore regionale alla Salute, Raffaele Piemontese, della sindaca di Foggia, Maria Aida Episcopo e di molte altre autorità.

‘All’indignazione e alla dissuasione- afferma il presidente della Fnomceo, Filippo Anelli- deve affiancarsi la potenza della ragione, per individuare il senso e le cause dell’incredibile trasformazione dei luoghi della cura: da santuari inviolabili, quasi sacri per cittadini e medici a luoghi della frustrazione e della rabbia per troppi cittadini, a luoghi della paura per i medici’. Medici che, insieme agli infermieri e agli altri operatori sanitari, diventano capro espiatorio delle difficoltà evidenti del Servizio sanitario nazionale. ‘I medici- spiega Anelli- per pazienti e familiari frustrati e disillusi, sono visti come i terminali di tutto quel che non funziona nella sanità, solo perché presenti nelle strutture e fisicamente raggiungibili. Così i professionisti della salute da vittime di una crisi sistemica esito di scelte fatte altrove da altri attori, agli occhi di pazienti e familiari ne diventano i principali responsabili’

Non sentirsi rispettati: dove nasce la frustrazione dei cittadini in sanità. L’87,3% degli italiani quando sta male vorrebbe tempo per dialogare con il medico, informazioni per capire la diagnosi, le terapie ecc.. Nell’esperienza concreta però al 48,4% il medico ha potuto concedere troppo poco tempo, al 47,8% non hanno dato le informazioni di cui aveva bisogno. Il 52,2% ha vissuto, per sé o per un parente, un’esperienza negativa nel Pronto soccorso, con lunghissime attese e carenza di informazioni. In sintesi: al 35,1% dei cittadini è capitato di non sentirsi rispettato nel rapporto con la sanità. Poi, il 66,4% dei cittadini ha verificato la forte carenza di medici e infermieri nelle strutture sanitarie e il 72,3% un peggioramento nel Servizio sanitario nel tempo. Il 90,4% degli italiani apprezzerebbe nei Pronto Soccorso e negli ospedali mediatori, persone di riferimento competenti che informano, si relazionano con pazienti e/o familiari. Ecco i risultati di un’indagine su un campione nazionale rappresentativo di 1.000 italiani maggiorenni. La crescente paura dei medici sul posto di lavoro. Il 41,2% dei medici non si sente più sicuro nello svolgere il suo lavoro a cause delle violenze, il 18% ha paura di lavorare di notte, l’11,8% ha paura di recarsi nel suo luogo di lavoro. Per il 91,2% dei medici è sempre più difficile e stressante lavorare nel Servizio sanitario. Inoltre, il 74,6% dei medici sente di lavorare troppo e si sente psicologicamente a rischio burn-out, (il 78,4% tra chi lavora negli ospedali). Ecco i risultati di un’indagine realizzata su 500 medici.

Dalla conflittualità alla violenza: le difficoltà con i pazienti vissute dai medici. Il ridimensionamento almeno ventennale del Servizio sanitario fa da contesto alla deriva conflittuale, a volte violenta, del rapporto medicopaziente. Infatti, il 25,4% dei medici ha subito minacce da pazienti o dai loro familiari (il 34,1% dei medici che lavorano tra ospedali e ambulatori), il 16,4% ha subito denunce da familiari o pazienti, il 5,8% è stato perseguitato da hater sui social per ragioni legate al suo lavoro, il 3,8% ha subito qualche forma di violenza fisica. Ormai il 42,8% dei medici ha paura delle reazioni di pazienti o familiari alle sue decisioni. Il 70,2% si sente stressato proprio dalle difficoltà nel rapporto con pazienti e familiari.Senza investimenti, in primis sul personale, tutto peggiorerà. Il 66% dei medici, di fronte alle richieste di attenzioni di pazienti e familiari, non ha mai abbastanza tempo per dialogare o dare informazioni e spiegazioni. Del resto, il 66% lavora in strutture o servizi con forti carenze di personale e il 51,8% deve ricorrere a attrezzature obsolete o non perfettamente funzionanti. Non sorprende che per il 90,4% dei medici per rilanciare il Servizio sanitario non basteranno ritocchi, per quanto apprezzabili, come nel caso dell’aumento di spesa sanitaria pubblica. Ritengono ineludibili investimenti massici, prolungati, dando priorità alle condizioni del personale. Il sentiment dei medici: sentirsi capro espiatorio di una situazione in cui si è vittime. Il 71,8% dei medici si sente il capro espiatorio delle carenze del Servizio sanitario.

Da eroi a colpevoli di quel che non funziona: ecco la traiettoria psicologica ingiusta e insopportabile vissuta da tanti medici in questo quadriennio. Del resto, il 51% sente di essere esposto in totale solitudine di fronte a aggressività o controversie con i pazienti o familiari. Io me ne andrei: l’irresistibile tentazione di fuga dal Servizio sanitario. Il 51,4% dei medici dichiara esplicitamente di avere la tentazione di andare a lavorare in un altro paese. È il 53% tra medici ospedalieri e oltre il 68% tra coloro che lavorano in ospedale e in ambulatorio. Inoltre, il 32,6% vorrebbe cambiare posto di lavoro, ed è oltre il 38% tra chi lavora solo negli ospedali. D’altro canto, l’84,8% dei medici (l’89,5% tra i medici ospedalieri) ritiene di non guadagnare abbastanza per quel che fa. Il prolungato ridimensionamento del Servizio sanitario. Il numero di Pronto Soccorso era pari a 659 nel 2003 e sono 433 nel 2023: -226 punti di Pronto Soccorso in 20 anni. Il totale degli accessi è sceso da 22,7 milioni del 2003 a 18,4 milioni nel 2023.

Il numero medio di accessi per Pronto Soccorso da 34.463 del 2003 a 42.386 del 2023: +7.923 unità annue pari a +23%. Tra 2003 e 2023 poi sono diminuite le strutture di ricovero da 1.281 a 996 nel 2023 (-285 unità); nello stesso periodo i posti letto nelle degenze ordinarie delle strutture di ricovero sono stati tagliati di -59 mila unità, cioè da 233.576 a 174.663 nel 2023. I posti letto per struttura (indicatore puramente statistico, teorico) sono scesi da 182,3 del 2003 a 175,4 del 2023. I Mmg sono 37.983: -9 mila rispetto a 20 anni fa. Per 10 mila abitanti erano 8,2 nel 2003 e sono 6,4 nel 2023. Quelli con più di 1.500 assistiti erano meno del 16% nel 2003, sono il 51,7% nel 2023.

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