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“Nel documento dell’Accademia del G20 diciamo che c’è un problema di sicurezza sanitaria globale ed è quindi necessaria una collaborazione internazionale. Si è visto che la pandemia deve essere preparata molto in anticipo, ma nessuno si aspettava una pandemia di queste proporzioni. In quel documento c’è tutta una serie di proposte per il futuro, tra cui alcune fatte all’epoca che poi sono rimaste quasi tutte lettera morta”. Lo ha detto Giorgio Parisi, premio Nobel per la fisica nel 2021, durante l’audizione in commissione d’inchiesta Covid a San Macuto.

“Uno dei suggerimenti in chiave di prevenzione è studiare in anticipo i canali di comunicazione con il pubblico”, ha aggiunto Parisi rispondendo alle domande dei commissari sulla comunicazione del Governo durante la pandemia. Per il professore, infatti, “sarebbe stata auspicabile un’attività maggiore da parte del Governo di diffusione di informazioni scientifiche non solo tramite le varie conferenze stampa, ma anche cercando di intervistare tutta una serie di scienziati e cercare di raggiungere il pubblico in maniera tale da avere informazioni precise”. Per Parisi, anche per arginare teorie negazioniste e antiscientifiche, “la discussione di informazioni scientifiche è estremamente importante e gli scienziati devono farla, il problema grosso è che gli scienziati non hanno canali diretti con il grande pubblico, quindi non siamo stati nemmeno capaci di farlo in maniera efficace utilizzando canali diretti”. 

“Nel bergamasco, in particolare a Nembro, il picco dei morti per Covid c’è stato il 12 marzo 2020, con più dell’1% dei morti: seguendo la regola dei 17-20 giorni dal contatto con il virus alla morte, il picco c’è stato il 22 febbraio.

Dopo quella data la situazione nel bergamasco era ormai andata: qualunque chiusura sarebbe stata completamente inutile. Nel bergamasco c’è stato quasi l’1% dei morti, che corrisponde a quasi la totalità degli infettati. Poi i numeri scendono perché non ci sono più persone da infettare: la controprova sono i pochi casi nel bergamasco durante la seconda ondata”, ha aggiunto Giorgio Parisi.

“In assenza di misure di contenimento il numero di persone contagiate aumenta in maniera esponenziale finché non è colpita quasi la totalità della popolazione. Nella fase iniziale il contagio aumentava eccessivamente veloce, circa di un fattore 2 ogni due giorni e mezzo. Con il virus iniziale – perché poi con le varianti era diverso – il tempo medio tra il momento del contatto, dell’infezione e la possibilità di contagio era di circa una settimana; il tempo medio tra i primi sintomi e l’eventuale morte era di una decina di giorni, ovvero 17-20 giorni dal momento dell’infezione”.

“Per capire l’effetto delle misure del lockdown sul numero dei morti, quindi- ha spiegato Parisi- bisognava attendere 17-20 giorni. Vedendo i dati cinesi, dal dicembre 2019 fino al 31 gennaio 2020 c’è stata una crescita esponenziale: per passare da un caso a 10mila ci sono voluti una cinquantina di giorni, quindi possiamo ipotizzare i primi casi italiani verso il 15 gennaio 2020”.

“I primi contagi in Cina ci sono stati verso il 5 dicembre, il 31 dicembre 2019 viene comunicata all’Oms l’esistenza di una nuova malattia, il 5 gennaio viene isolato virus e il 12 gennaio la sequenza viene pubblicata; nello stesso giorno la Cina comunica l’esistenza di molti casi anche fuori dall’Hubei. Due giorni dopo viene prodotto il primo vaccino Moderna, il 23 gennaio vengono prese le prime misure di lockdown a Wuhan e il 12 febbraio picco morti Cina. C’è stata quindi una ventina di giorni tra le misure di lockdown e il picco di morti in Cina. In Italia il lockdown è iniziato l’11 marzo e il picco c’è stato il 31 marzo, c’è dunque una correlazione abbastanza stretta. Nessuno Stato occidentale è stato capace di fermare la prima ondata di Covid a livelli bassi: i cinesi ci sono riusciti con 4.500 morti, la maggior parte a Wuhan e nell’Hubei, ma con un lockdown estremamente stretto”.

“Se il lockdown è stato inutile e anzi ha fatto aumentare i contagi? Assolutamente no, il picco del numero dei morti è arrivato a 20 giorni circa dal lockdown, quindi la chiusura ha bloccato l’aumento del numero dei morti e perciò ha contenuto la diffusione del virus. Il problema dell’Italia è stata l’infezione che per qualche motivo è avvenuta a macchia di leopardo, prima nel bergamasco e poi altrove. I morti di Covid sono morti veri. L’aumento della mortalità testimoniata dai dati del seppellimento delle persone raccolti dagli uffici comunali, corrisponde ai morti dei dati del Covid. L’Istituto superiore di sanità ha verificato le cartelle cliniche e il 90% dei morti verificati aveva il Covid come origine principale, la stessa cosa anche nei controlli inglesi. Quindi non c’è nessun motivo di fare una distinzione tra morti ‘da’ e ‘per’ Covid”.

Informazioni:

http://www.salutedomani.com/category/covid/

http://www.salutedomani.com/archivio-malattie-infettive/?ricerca=search-keyword&testo-ricerca=covid

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