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IMMUNOTERAPIA CONTRO IL MELANOMA: L’ EFFICACIA SI PREVEDE CON UN CHIP
Un gruppo di ricercatori dell‘Istituto Europeo di Oncologia e del Politecnico di Milano hanno messo a punto un “gut-on-chip” (un modello miniaturizzato dell’intestino umano su un dispositivo delle dimensioni di un chip) in grado di riprodurre le caratteristiche principali dell’infiammazione intestinale e predire la risposta di pazienti con melanoma al trattamento con immunoterapia. I risultati sono stati appena pubblicati su Nature Biomedical Engineering. L’interazione fra microbiota e immunoterapia è nota da tempo ed è il risultato sia di effetti sistemici che di processi locali, soprattutto a livello dell’intestino, dove vivono la maggior parte dei batteri che popolano il nostro organismo. Questi ultimi, tuttavia, si possono studiare solo in modelli animali, con tutte le loro limitazioni; infatti, non ci sono ragioni cliniche per sottoporre a colonscopia e biopsia al colon un paziente che riceve l’immunoterapia per melanoma. Eppure l’infiammazione intestinale è uno degli effetti collaterali principali di questo trattamento, che spesso costringe ad interrompere la terapia. Da qui l’idea dei ricercatori di applicare al colon la tecnologia “organi-su-chip” con dettagli innovativi specificamente studiati per mettere a fuoco il legame fra microbiota intestinale e immunoterapia. Il microbiota dei pazienti con melanoma, che non rispondo all’immunoterapia, ha pronunciate caratteristiche pro-infiammatorie, che danneggiano l’integrità della barriera epiteliale dell’intestino e promuovono la produzione di molecole in grado di regolare il sistema immunitario. L’uso del gut-on-chip potrà evitare a pazienti resistenti alla terapia il rischio di inutili effetti collaterali, dando ai loro oncologi la possibilità di somministrare eventuali terapie che li predispongano ad una migliore risposta. Per far questo basterà prelevare un campione fecale e testarne gli effetti.
DIABETE, TRAPIANTO DI ISOLE PANCREATICHE PER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA VITA
È stato pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinologyuno studio che analizza i risultati a lungo termine del trapianto di isole pancreatiche in pazienti con diabete di tipo 1 trattati presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele dal 2001 al 2023. L’analisi ha coinvolto 79 pazienti di età compresa tra i 18 e i 67 anni, rivelando che nei soggetti con diabete di tipo 1 trattati con una dose specifiche di isole pancreatiche si è ottenuto un significativo miglioramento nella sopravvivenza del trapianto e una maggiore indipendenza dall’insulina. In questo gruppo, la sopravvivenza mediana delle isole è stata di 9.7 anni, con il 72.7% dei pazienti che ha mantenuto l’indipendenza dall’insulina per un periodo tra i 6 e i 7 anni. I dati complessivi mostrano una sopravvivenza del trapianto dell’86% a un anno, del 65% a cinque anni e del 40% a vent’anni, a conferma dell’efficacia a lungo termine del trattamento. Tuttavia, lo studio ha evidenziato alcuni effetti collaterali associati alla terapia immunosoppressiva, come infezioni e riduzione della funzionalità renale, che richiedono un attento monitoraggio e interventi mirati per garantire la sicurezza a lungo termine dei pazienti.
MIGRAZIONE SANITARIA: SFONDATO TETTO DEI 5 MILIARDI € NEL 2022. SI AGGRAVA LO SQUILIBRIO NORD-SUD
Nel 2022, la mobilità sanitaria interregionale ha raggiunto la cifra record di 5.04 miliardi di euro, il livello più alto mai registrato e superiore del 18.6% a quello del 2021. I dati elaborati dalla Fondazione GIMBE confermano anche il peggioramento dello squilibrio tra Nord e Sud, con un flusso enorme di pazienti e di risorse economiche in uscita dal Mezzogiorno verso Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto, che si confermano le Regioni più attrattive. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto raccolgono da sole il 94,1% del saldo attivo della mobilità sanitaria, ovvero la differenza tra risorse ricevute per curare pazienti provenienti da altre Regioni e quelle versate per i propri cittadini che si sono spostati altrove. A pagare il prezzo più alto sono Abruzzo, Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Puglia, che insieme rappresentano il 78.8% del saldo passivo. La mobilità attiva, ovvero l’attrazione di pazienti da altre Regioni, si concentra per oltre la metà in Lombardia (22.8%), Emilia-Romagna (17.1%) e Veneto (10.7%), seguite da Lazio (8.6%), Piemonte (6.1%) e Toscana (6%). Sul fronte opposto, a generare i maggiori debiti per cure ricevute dai propri residenti in altre Regioni, sono Lazio (11.8%), Campania (9.6%) e Lombardia (8.9%), che da sole rappresentano quasi un terzo della mobilità passiva, con un esborso superiore ai 400 milioni di euro ciascuna.
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