La disponibilità di ivosidenib in Italia rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro il colangiocarcinoma (CCA) e la leucemia mieloide acuta (LMA).
Si tratta di un nuovo trattamento orale a bersaglio molecolare, inibitore potente e selettivo dell’enzima Isocitrato Deidrogenasi 1 (IDH1) mutato, coinvolto nel processo di oncogenesi di molti tumori. Ivosidenib ha ottenuto la designazione di farmaco orfano per due indicazioni di trattamento: in monoterapia, nei pazienti adulti con colangiocarcinoma localmente avanzato o metastatico con mutazione IDH1, precedentemente trattati con almeno una linea di terapia sistemica; · in associazione con azacitidina, nei pazienti adulti con nuova diagnosi di leucemia mieloide acuta con una mutazione IDH1 che non sono idonei per la chemioterapia di induzione standard. Il CCA è un tumore primitivo del fegato, raro e altamente maligno, che origina dai dotti biliari. La sua incidenza è in aumento, ma la diagnosi avviene spesso tardivamente a causa della presenza di sintomi generici e dell’assenza di criteri diagnostici specifici[1]. Il CCA ha un’incidenza stimata di circa 5.400 nuovi casi all’anno in Italia[2], inoltre circa il 40% dei pazienti con CCA presenta almeno un’alterazione actionable, ossia potenzialmente trattabile con una terapia mirata[3],[4] .
Tra queste, la mutazione IDH1 è riscontrata nel 15% dei pazienti con CCA intraepatico con un impatto prognostico negativo, correlato a una maggiore aggressività e resistenza alle terapie convenzionali: la sopravvivenza a 5 anni è infatti molto bassa, pari al 17% negli uomini e al 15% nelle donne2. “La disponibilità di ivosidenib apre nuove prospettive terapeutiche nel trattamento del CCA intraepatico per una sottopopolazione di pazienti con limitate opzioni di cura e bisogni ancora insoddisfatti” – dichiara Lorenza Rimassa, Professore Associato di Oncologia Medica presso Humanitas University e IRCCS Humanitas Research Hospital.
“L’efficacia del farmaco è stata dimostrata dallo studio ClarIDHy in cui emerge che nei pazienti trattati con ivosidenib la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana si è attestata a 2,7 mesi, rispetto a 1,4 mesi nel gruppo placebo. La terapia, infatti, ripristina un controllo sulla crescita tumorale, rallentando significativamente la progressione della malattia e stabilizzandola. Questo si traduce in un prolungamento della sopravvivenza e, soprattutto, nel mantenimento di una buona qualità di vita, grazie all’elevata tollerabilità del farmaco”.
La LMA colpisce prevalentemente la popolazione anziana, con un’età mediana alla diagnosi di 68 anni e in Italia ha un’incidenza pari a 3,5 casi ogni 100.000 individui all’anno5 quindi oltre 2.000 nuovi casi annui. Nonostante i progressi nella gestione della patologia, il tasso di sopravvivenza a 5 anni rimane basso, attestandosi al 24%. È una neoplasia ematologica aggressiva che ha origine nel midollo osseo, producendo un eccesso di globuli bianchi anomali, caratterizzati da mutazioni genetiche del DNA che alimentano la progressione della malattia. Nello specifico le mutazioni del gene IDH1, riscontrabili nel 6-10% dei casi di LMA, alterano il normale funzionamento delle proteine IDH, che, una volta mutate, modificano l’espressione genica rendendola una patologia rara e caratterizzata da un elevato unmet medical need.[5]
“La leucemia mieloide acuta è una malattia ematologica insidiosa e ancora complessa da trattare. Tuttavia, per i pazienti adulti con nuova diagnosi e mutazione IDH1, non eleggibili alla chemioterapia di induzione standard, l’approvazione di ivosidenib rappresenta una innovativa opportunità terapeutica” – dichiara Adriano Venditti, Direttore dell’Ematologia presso la Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma. “Dallo studio AGILE emerge infatti che il 54% dei pazienti trattati con la combinazione di ivosidenib e azacitidina ha dimostrato una remissione completa, rispetto al braccio di controllo e un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo della sopravvivenza globale mediana, che è risultata di 24 mesi per i pazienti trattati con ivosidenib in combinazione con azacitidina, rispetto ai 7,9 mesi osservati nel gruppo trattato con azacitidina e placebo”.
Data l’elevata variabilità genetica osservata in queste due neoplasie, risulta fondamentale l’impiego di test di profilazione molecolare, come il Next Generation Sequencing (NGS). Questa tecnologia consente, infatti, un’analisi dettagliata e simultanea di numerosi geni, fornendo importanti informazioni per la prognosi e la terapia dei pazienti, consentendo una più adeguata programmazione della strategia terapeutica. I test NGS permettono di ridurre le tempistiche di analisi e la quantità di tessuto tumorale necessaria per la caratterizzazione molecolare e allo stesso tempo di identificare in modo tempestivo e accurato le mutazioni actionable, come quelle del gene IDH1. “L’utilizzo delle tecniche di NGS è fortemente raccomandato2 in tutti i casi in cui si debbano determinare diverse alterazioni genomiche, ad esempio, la presenza della mutazione IDH1 è associata ad una prognosi ancor più sfavorevole” – spiega Nicola Normanno, Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori IRST “Dino Amadori” IRCCS. “È importante sottolineare che la prognosi dei pazienti con mutazioni di IDH1 può essere profondamente modificata dalla disponibilità di inibitori specifici. Grazie a ivosidenib, infatti, possiamo offrire ai pazienti una terapia target che agisce su un meccanismo molecolare comune a due patologie molto diverse tra loro, ampliando significativamente l’orizzonte delle possibilità terapeutiche.”
Ivosidenib rappresenta quindi una target therapy altamente innovativa, permettendo il trattamento sia di tumori solidi che di neoplasie ematologiche attraverso un unico meccanismo d’azione. L’impegno di Servier nello sviluppo di farmaci a bersaglio molecolare, come ivosidenib, sottolinea la determinazione dell’azienda a giocare un ruolo di primo piano nel campo dell’oncologia, segnando l’ingresso del Gruppo nell’oncologia di precisione.
“Servier ha fatto della lotta contro il cancro una delle sue priorità, e siamo orgogliosi, ma al contempo consapevoli della grande responsabilità di essere l’unica azienda a sviluppare una franchise terapeutica dedicata alle neoplasie IDH mutate” – dichiara Marie-Georges Besse, Direttore Medical Affairs Gruppo Servier in Italia. “Il nostro impegno nella ricerca e sviluppo di nuove terapie è rivolto ai tumori rari e difficili da trattare. Attualmente, sono in corso studi clinici di Fase III su differenti indicazioni di ivosidenib, tra cui il condrosarcoma e la sindrome mielodisplastica, con l’obiettivo di offrire ai pazienti nuove opzioni terapeutiche efficaci e rispettose della qualità di vita”.
[1] Tumore delle vie biliari – Colangiocarcinoma, Humanitas Research Hospital (IRCCS) https://www.humanitas.it/malattie/tumori-delle-vie-biliari/
[2] AIOM, I numeri del cancro in Italia 2023 (AIOM, AIRTUM, Fondazione AIOM, Osservatorio Nazionale Screening, PASSI, Passi d’Argento, SIAPEC-IAP)
[3] Normanno N et al. ESMO Open 2022;7:1-12
[4] Bekaii-Saab TS et al. Ann Oncol 2021;32:1111-1126
[5] Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM). (2023). I numeri del cancro in Italia. Recuperato da https://www.registri-tumori.it/cms/sites/default/files/pubblicazioni/I%20numeri%20del%20cancro%20in%20Italia%20-20versione%20per%20operatori_1.pdf