Il Covid paradossalmente aveva dato una mano, ma negli ultimi anni le nuove diagnosi di HIV hanno ripreso a crescere em nel 2023m sono tornate ai livelli pre-pandemici. È quanto emerge dai dati del Centro Operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità che, in occasione della Giornata Mondiale dell’AIDS (1° dicembre), ha pubblicato i dati epidemiologici. Necessaria dunque una maggior sensibilizzazione sulle norme di prevenzione e di accesso al test e non solo tra i giovani, visto che l’aumento più significativo dopo il 2020 è stato registrato nella fascia d’età 40-49 anni e nella trasmissione eterosessuale. “Rinnovare l’attenzione sulle sfide che l’infezione da HIV ancora pone – afferma il professor Carlo Torti, Ordinario di Malattie Infettive all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore della UOC di Malattie Infettive di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS – è una necessità assoluta. La UOC di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli ha sempre offerto alle persone con HIV (PLWH) grande disponibilità e aiuto concreto (PLWH), attraversando negli ultimi quattro decenni connotati epidemiologici diversi e restando sempre aperta a nuovi approcci terapeutici e organizzativi.
L’obiettivo primario allora come oggi è il mantenimento della salute e il benessere di tutte le persone con l’HIV. Le innovazioni hanno finora portato all’introduzione della terapia antiretrovirale a lunga durata d’azione (LA) che, oltre a garantire un ottimo controllo del virus, darà un enorme impulso al miglioramento della qualità della vita di persone che vivono attualmente una patologia cronica.
Oggi è necessario operare un cambio di paradigma verso la valutazione onnicomprensiva della salute, con la sfida e la necessità di nuovi modelli organizzativi di assistenza al paziente, sempre più complessi, da integrare con il monitoraggio dei parametri clinici e la personalizzazione del trattamento. Per affrontare adeguatamente le complessità dell’infezione da HIV, è fondamentale un approccio multidisciplinare che integri le competenze di diversi professionisti. Questo non solo ottimizzerebbe la gestione clinica dell’HIV e delle comorbidità, ma permetterebbe anche una valutazione continua e coordinata delle esigenze cliniche e psicologiche dei pazienti, migliorando la qualità della vita e l’efficacia complessiva del trattamento”.
“La costante ricerca scientifica portata avanti dal Policlinico Gemelli – ricorda la dottoressa Simona Di Giambenedetto, Ricercatore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Dirigente Medico con Alta Specializzazione nell’Ambulatorio di Malattie Infettive di Fondazione Policlinico Gemelli – ha contribuito in modo determinante a modificare le linee guida nazionali e internazionali per la terapia antiretrovirale. Un percorso innovativo che metta al centro il paziente consentirebbe un modello strategico che ha come obiettivo sempre più la personalizzazione della cura”.
Quello delle Malattie Infettive del Gemelli è da sempre un lavoro di équipe, che si avvale delle azioni coordinate di un team consolidato, oggi arricchito di competenze multidisciplinari e si articola nelle unità di Terapia Domiciliare e nei reparti di degenza ordinaria gestiti dal dottor Giancarlo Scoppettuolo e dalla dottoressa Antonella Cingolani.
“L’infezione da HIV – ricorda la professoressa Enrica Tamburrini, Associato dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Responsabile della UOS di Malattie Infettive al Policlinico Gemelli – continua a rappresentare una sfida globale, con dati che dimostrano come tale patologia sia tutt’altro che scomparsa. I dati ISS del 2024, appena pubblicati, indicano che il 60% delle nuove diagnosi riguarda pazienti con malattia già avanzata, coinvolgendo non solo le cosiddette categorie a rischio, ma anche uomini adulti eterosessuali (che rappresentano il 48% dei nuovi casi di HIV). La scienza e l’organizzazione sanitaria devono lavorare insieme per offrire soluzioni concrete, ponendo le basi per un futuro in cui la salute di ogni paziente sia realmente al centro del sistema sanitario.
Tale sforzo culturale e organizzativo deve includere inoltre lo screening e la profilassi per le popolazioni vulnerabili, a rischio di malattie sessualmente trasmesse (MST). Anche per questi utenti sarebbe necessario implementare percorsi dedicati per garantire la continuità e la personalizzazione delle cure, prevenire complicanze e ridurre la diffusione delle infezioni; ciò è già in atto presso le nostre strutture e verrà implementato sempre di più in futuro”.