La medicina nucleare si candida a diventare una delle specialità di punta del futuro della medicina personalizzata; uscita ormai dal ristretto ambito diagnostico, sta entrando prepotentemente in quello terapeutico, in un numero sempre più ampio di tumori.
In apertura del convegno “Getting ready for the future of nuclear medicine in oncology”, organizzato al Gemelli dal professor Alessandro Giordano, Il Ministro della Salute, Orazio Schillaci e la professoressa Maria Cristina Messa, già Ministro dell’Università e della Ricerca, hanno inviato i loro saluti introduttivi. “In un’epoca in cui la lotta contro il cancro rappresenta una delle sfide più urgenti e complesse per la sanità pubblica – afferma il Ministro della Salute Orazio Schillaci – è fondamentale esplorare tutte le possibilità offerte dalla medicina nucleare. Le prospettive future di questa branca specialistica sono promettenti e offrono opportunità senza precedenti per migliorare la diagnosi precoce, la valutazione della risposta al trattamento e lo sviluppo di terapie mirate. È essenziale dunque investire nella formazione di nuove generazioni di medici esperti in medicina nucleare, per garantire un’assistenza di qualità e un costante avanzamento scientifico”.
“La medicina nucleare – commenta la professoressa Maria Cristina Messa, Ordinario di diagnostica per immagini e radioterapia dell’Università Milano-Bicocca ed ex Ministro dell’Università e della Ricerca – è sempre più un pilastro della medicina personalizzata perché consente non solo di porre diagnosi molto precise, ma ormai anche di inserirsi negli algoritmi terapeutici di molte forme tumorali con tecniche radioisotopiche. Il futuro della medicina nucleare è dunque davvero importante e consentirà di portare nella pratica clinica il frutto delle tante ricerche che si stanno portando avanti in questo settore e che riguarderanno le prossime generazioni di ricercatori”.
Nata nel secolo scorso come disciplina di ricerca, per cercare di capire come funzionasse il corpo umano, la medicina nucleare si è sviluppata per molti anni come disciplina prevalentemente diagnostica: in alcune malattie infatti la disfunzione di un organo o apparato precede le alterazioni anatomiche o strutturali rivelabili dall’imaging radiologico. “Già da questo si capisce – afferma il professor Alessandro Giordano, Direttore della UOC di Medicina Nucleare, Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Ordinario di Medicina Nucleare, Università Cattolica del Sacro Cuore, campus di Roma – come la medicina nucleare consenta in molti ambiti di fare diagnosi precoce, possibilmente prima che le terapie mediche possano essere inefficaci o gli interventi chirurgici controindicati”. Alla fine del secolo scorso c’è stato dunque un grande sviluppo dell’ambito diagnostico della medicina nucleare, con le scintigrafie e la PET.
“Dall’inizio di questo secolo invece – ricorda il professor Giordano – assistiamo ad un grande sviluppo della medicina nucleare anche in ambito terapeutico”. Tutti i principali centri di ricerca nord-americani ed europei sono impegnati in ricerche per mettere a punto dei radiofarmaci, molecole in grado di tracciare specifici metabolismi o di legarsi selettivamente a recettori espressi da cellule neoplastiche e a loro volta legate a sostanze radioattive in grado di distruggere le cellule bersaglio. Negli ultimi anni, è arrivato sul mercato il 177Lutezio DOTATATE (molecola analoga alla somatostatina), per il trattamento dei tumori neuroendocrini (dello stomaco, pancreas, intestino e dei polmoni); quest’anno è atteso l’arrivo un altro radiofarmaco, sempre marcato con lutezio radioattivo per il tumore della prostata (177Lutezio-PSMA).
“Questo – commenta il professor Giordano – comporterà una grande mole di lavoro per le medicine nucleari e una forte spinta allo sviluppo di altri radiofarmaci attualmente sperimentali, quali peptidi e anticorpi radiomarcati per il trattamento di alcuni tumori cerebrali, polmonari e ginecologici, oltre a dare nuovo impulso applicativo a radiofarmaci già disponibili ma poco conosciuti con particolare tropismo per l’osso, che trovano spazio nel trattamento delle metastasi ossee”. Una peculiarità di queste terapie è quella di poter prevedere la loro efficacia (o meno) prima ancora del trattamento in uno specifico paziente. “La stessa molecola – spiega il professor Giordano – marcata con un radionuclide diagnostico (Fluoro, Gallio ecc.), consente di ‘visualizzare’ il tumore e di verificare se il tumore esprima o meno i recettori che ci si aspetta che captino la molecola. Possiamo sapere in anticipo insomma se le cellule tumorali esprimono i recettori bersaglio del farmaco, quanto il tumore sia ‘avido’ del radiofarmaco e pertanto sapere in anticipo la risposta al trattamento una volta somministrata la stessa molecola marcata con un radionuclide terapeutico (Lutezio, Ittrio o Attinio); oltre al risparmiare al paziente una terapia inutile, questo approccio consente anche un risparmio anche economico, perché si evita la somministrazione di una terapia costosa, che potrebbe non funzionare. Queste nuove terapie rappresentano insomma un esempio di medicina di precisione”.
“Come tutte le nuove terapie – spiega il professor Giordano – anche i radiofarmaci sono attualmente autorizzati solo per il trattamento delle fasi avanzate di alcuni tumori, in pazienti che non rispondono più alle altre terapie. Sono però in corso studi per valutarne l’efficacia in fasi sempre più precoci di progressione del tumore. Il loro profilo di sicurezza, rispetto ad altre terapie oncologiche, è favorevole anche perché la loro azione è molto selettiva. Un ciclo di queste terapie prevede 4-6 somministrazioni endovenose a distanza di 4-6 settimane una dall’altra. La decisione di procedere ad una terapia con radiofarmaci viene presa all’interno del tumor board dei tumori neuroendocrini e della prostata, a livello collegiale. Lo specialista in medicina nucleare ha ovviamente l’ultima parola in merito. Ci sono però tanti colli di bottiglia prima che queste terapie possano arrivare ad una più larga platea di pazienti: uno è l’ambito regolatorio delle radiazioni ionizzanti (le medicine nucleari devono essere autorizzate a somministrare questi radiofarmaci con modalità di ricovero in degenza protetta o in day-hospital o in ambulatorio); ogni Regione dovrà autorizzare un certo numero di centri a questa somministrazione. Le medicine nucleari dovranno inoltre essere adeguate e potenziate perché quella terapeutica potrebbe diventare la loro attività principale nell’arco dei prossimi 10-20 anni. tutto ciò comporterà un notevole sforzo organizzativo ed economico”.
In fase avanzata di sperimentazione sono i radiofarmaci per tumori del polmone, del cervello e ginecologici. Allo studio anche diverse strategie. “Un altro approccio che sfrutta il ‘nucleare intelligente’ – ricorda il professor Giordano – è la somministrazione di un dispositivo a base di particelle metalliche contenenti fosforo radioattivo (32P) direttamente all’interno del tumore del pancreas, sotto guida ecografica attraverso lo stomaco. In questo caso non si tratta di un classico radiofarmaco, ma di una sorta di brachiterapia rivisitata che richiedere particolari manipolazioni nelle radiofarmacie delle medicine nucleari”.
Stiamo imparando ad utilizzare diversi radionuclidi – ricorda il professor Giordano -. Dallo iodio radioattivo (131I), il radionuclide ‘storico’ della medicina nucleare, in uso dagli anni ’60 per il trattamento del cancro della tiroide, al 177lutezio, scoperto nell’ultimo decennio. Sono attualmente in sperimentazione (e nel corso del convegno verranno presentati dai ricercatori che li stanno sperimentando in Europa e negli Usa) dei nuovi radio nuclidi, cosiddetti alfa-emettitori, diversi a 131I e 177Lu che sono invece beta-emettitori. Le radiazioni beta sono particelle molto piccole, con modesta energia distruttiva, al contrario delle radiazioni alfa, particelle molto più grandi, ma poco penetranti, dunque molto più distruttive ma dal raggio d’azione più localizzato. Quelle in più avanzata fase di sperimentazione sono 225attinio, 223radio e il 203piombo e 212piombo.
Prenderanno parte al convegno del Gemelli il Prof. Lorenzo Nardo (Sacramento, Usa) e la Dr.ssa Lisa Bodei (New York, Usa), due italiani che dirigono strutture molto importanti degli Usa e la Prof.ssa Desirée Deandreis (Villejuif, Francia), un’italiana trapiantata in Francia. Sarà presente anche il Prof. Richard Baum (Frankfurt-Wiesbaden, Germania), considerato il padre della teranostica con radiofarmaci in Europa, che sta studiando gli alfa-emittenti nell’ambito dei tumori del cervello e della vescica. Saranno coinvolti in due tavole rotonde anche rappresentanti dei pazienti.