In Italia ogni anno si contano circa 350 decessi per annegamento, con 800 ospedalizzazioni e 60.000 salvataggi. Numeri importanti, ma che si possono ridurre: individuando le cause degli annegamenti (negli ambienti naturali sono soprattutto malori, correnti, fondali irregolari, sport acquatici e cadute), i luoghi dove avvengono, le condizioni che li determinano.
I dati, insieme ad alcuni consigli utili per la prevenzione, sono stati raccolti dall’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti ed incidenti in acque di balneazione, istituito dal Ministero della Salute, e sono contenuti nel primo rapporto sui lavori dell’Osservatorio pubblicato sul sito dell’Iss (il secondo è in via di pubblicazione).
I numeri
Dal 2003 al 2020 i dati ISTAT indicano che sono morte per annegamento 6.994 persone, con una media annua di 389 decessi, scesa a 342 negli ultimi otto anni. Per la Società Nazionale di Salvamento che ha analizzato i dati della stampa nazionale dal 2016 al 2021 identificando 1.327 annegamenti: 857 sono avvenuti lungo i litorali marini e 470 nelle acque interne (laghi, fiumi, torrenti…)
Non fatalità inevitabile ma malattia sociale
Numeri importanti, scrivono gli autori, ma che si possono ridurre: individuando le cause degli annegamenti (negli ambienti naturali sono soprattutto malori, correnti, fondali irregolari, sport acquatici e cadute), i luoghi dove avvengono, le condizioni che li determinano. E promuovendo, su questa base di informazioni, azioni di prevenzione per affrontare non una “inevitabile fatalità”, come ancora oggi vengono definite le morti per annegamento, ma una “malattia sociale”, come invece definiscono il fenomeno Fulvio Ferrara, Enzo Funari e Dario Giorgio Pezzini, del Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, curatori del rapporto.
I bambini sono particolarmente soggetti agli annegamenti, per diverse ragioni: i più piccoli hanno un rapporto testa-corpo sfavorevole, con il capo relativamente pesante, tendono a gattonare anche in acqua e ad avere un galleggiamento orizzontale prono e con la testa in basso. Inoltre, i bambini piccoli che stanno annegando non si agitano e non gridano aiuto. I più grandi che già camminano hanno la tendenza a ricercare anche in acqua la posizione verticale cercando di restare a galla, ma lo fanno in modo scomposto, sommergendosi in pochi secondi.
I dati Istat dal 2017 al 2021 riportano 206 decessi per annegamento tra i 0-19 anni, con una media di circa 41 decessi annui. Più dell’80% delle vittime sono maschi e il 47% ha meno di 15 anni.
Adolescenti immigrati e bambini
In italia gli annegamenti in piscina ammontano a circa 30-40 all’anno, prevalentemente tra i bambini.
Per una indagine del Dipartimento Ambiente e salute dell’ISS condotta nel 2024 sul periodo 2019-2023 su un campione di 100 casi di annegamento fatale tra 0-19 anni il 46% di questi eventi è avvenuto in piscine, principalmente piscine domestiche, il 20% in mare e il 34% in acque interne con gli adolescenti immigrati che rappresentano il gruppo principale delle vittime, perché spesso non sono nuotatori e non conoscono le regole di sicurezza.
Le principali cause sono la mancata supervisione e l’assenza di barriere e allarmi (i risultati completi dell’indagine sono in corso di pubblicazione su Rapporto Istisan dell’ISS).
Prevenire gli incidenti in età pediatrica
Di seguito riportiamo alcune indicazioni per le famiglie, per i gestori di strutture private e per le amministrazioni territoriali
– Piscine private. Per i bambini dai 18 mesi in su che non sanno nuotare ma che possono accedervi per distrazione degli adulti, le piscine (in muratura o gonfiabili) rappresentano un pericolo significativo. È necessario impedire l’accesso ai bambini con barriere intorno alla piscina, applicare sistemi di allarme e rimuovere scalette o altri dispositivi di accesso.
– Piscine collettive (di hotel, ristoranti, agriturismi e simili). I responsabili devono prevedere piani di sicurezza con sorveglianza o in alternativa con recinzioni. Le attività di controllo delle ASL devono estendersi anche alle condizioni di sicurezza, oltre che della qualità delle acque.
– Fiumi e laghi: Gli enti gestori e le amministrazioni territoriali devono segnalare i siti balneabili e quelli pericolosi con cartellonistica adeguata.
– Adolescenti stranieri. È importante sensibilizzare le comunità locali, in particolare gli adolescenti immigrati, sui pericoli specifici delle acque interne. A livello territoriale, dovrebbero essere contattati i referenti delle comunità di immigrati per promuovere specifiche campagne di sensibilizzazione, tenendo conto delle diverse lingue e culture di appartenenza.
– Educare i bambini all’acquaticità fin da piccoli, insegnare loro a nuotare e a comportarsi in acqua in modo sicuro può ridurre in maniera significativa il rischio di incidenti. Promuovere corsi di nuoto e acquaticità con particolare attenzione alle famiglie meno abbienti
Consigli per tutti
In estate è fondamentale, per chi va al mare, al lago o in piscina seguire alcuni consigli per prevenire gli annegamenti:
– Immergersi preferibilmente in acque sorvegliate dove è presente personale qualificato in grado di intervenire in caso di emergenza.
– Evitare di immergersi in caso di mare mosso o in prossimità di specchi d’acqua dove sono presenti correnti di ritorno.
– Osservare attentamente la segnaletica e seguire le indicazioni dei sorveglianti. Questo può aiutare a identificare zone pericolose e comportamenti da evitare.
– Evitare di tuffarsi in acqua dopo aver mangiato o dopo un’esposizione prolungata al sole.
– Evitare tuffi da scogliere o in zone non protette e prestare attenzione a immergersi solo in acque di profondità adeguata.
L’importanza di una prevenzione integrata
per prevenire il fenomeno degli annegamenti occorre un approccio integrati che comprenda azioni quali l’uso di una cartellonistica adeguata, l’installazione di barriere per le piscine, la promozione di corsi di nuoto e campagne di sensibilizzazione per la sicurezza in acqua.