Una proteina specializzata nello sviluppo delle ossa del feto durante i nove mesi di gravidanza potrebbe essere la chiave per riparare un cuore danneggiato.
E la conferma arriva sia dai topi sia dai pesci zebra. E’ la scoperta frutto del lavoro di un gruppo di ricerca internazionale, coordinato dagli scienziati dell’Alma Mater e del Policlinico Sant’Orsola di Bologna, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cell Reports. La ricerca, di fatto, può aprire la strada a nuove potenziali terapie per la rigenerazione del muscolo cardiaco. Infarti, infezioni ma anche alcune cure antitumorali possono danneggiare le cellule muscolari del cuore, che si cicatrizzano e perdono così di elasticità , portando spesso a condizioni di insufficienza cardiaca.
Nei mammiferi, le cellule cardiache sono in grado di rigenerarsi fino al momento della nascita, dopodichè perdono questa capacità . Gli studiosi di Bologna hanno quindi cercato di capire in che modo riattivare questa facoltà . “Abbiamo ipotizzato che la perdita della capacità rigenerativa nell’immediato periodo postnatale fosse almeno in parte conseguente a una diminuita produzione di fattori di crescita- spiega Gabriele Matteo D’Uva, docente al Dipartimento di scienze mediche e chirurgiche dell’Alma Mater che ha coordinato lo studio- in modelli preclinici di mammifero, abbiamo osservato che i livelli cardiaci di espressione di vari fattori di crescita diminuiscono rapidamente dopo la nascita, parallelamente alla perdita della capacità rigenerativa dei cardiomiociti”.
A partire da questo, gli scienziati hanno scoperto che una particolare molecola della famiglia delle proteine morfogenetiche ossee, chiamata BMP7, ha “gli effetti più significativi nel promuovere la proliferazione delle cellule muscolari cardiache in fase neonatale”, aggiunge la dottoranda Chiara Bongiovanni, prima firma dello studio. La conferma di questo aspetto è arrivata dal pesce zebra, che dotato di una spontanea capacità di rigenerare il cuore. Nel suo caso l’inibizione della proteina ha ridotto la rigenerazione dei cardiomiociti, mentre la sua induzione ha velocizzato il processo di rigenerazione. La stessa BMP7 è stata somministrata ai topi.
E anche in questo caso, è stato dimostrato che la proteina “è in grado di stimolare la proliferazione dei cardiomiociti anche in fase adulta, e ancor più efficacemente in seguito ad infarto miocardico- continua D’Uva- questi risultati suggeriscono che la somministrazione di questo fattore possa rappresentare una nuova strategia terapeutica per promuovere la rigenerazione del cuore. Se validato sull’uomo, potrebbe avere un impatto significativo sul trattamento delle malattie cardiache, una delle principali cause di morbilità e mortalità in tutto il mondo”.
I ricercatori si stanno ora concentrando sulla sperimentazione di combinazioni con altri stimoli, per sviluppare strategie ancora più efficaci per la rigenerazione dei tessuti e d’organo. Lo studio è supportato anche da fondi Pnrr e rientra nella nuova piattaforma di perfusione e rigenerazione d’organo (“Restore”) attivata da poco dal Policlinico Sant’Orsola a supporto dell’assistenza e della ricerca sui trapianti e sul paziente critico.