JN.1, l’ultima variante dominante del virus Sars-CoV-2, da tempo si sta evolvendo dando origine a sottovarianti con mutazioni aggiuntive soprannominate Flirt, in grado di diffondersi più velocemente.
Una in particolare sta correndo: si chiama KP.2 ed è sotto i riflettori degli esperti. Negli Stati Uniti, infatti, questa ‘figlia’ di JN.1 ha sorpassato la ‘madre’. Secondo gli ultimi dati dei Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), è ormai responsabile di un’infezione su 4 (24,9% contro il 22% da JN.1). “La diffusione è stata rapida” e la percentuale di contagi da KP.2 “ha raggiunto il 20% nel Regno Unito all’inizio di aprile”, suggerendo che ha i numeri per “diventare predominante a livello globale”. Lo spiegano gli autori di uno studio preliminare pubblicato sulla piattaforma pre-print ‘bioRxiv’, che indica come KP.2 sia “più trasmissibile e immunoevasiva” di JN.1.
“La rapida comparsa e diversificazione della variante JN.1 e della sua discendente KP.2, che mostra mutazioni significative nella struttura della proteina Spike e una maggiore resistenza ai vaccini esistenti, sottolineano la necessità di ulteriori ricerche per comprendere le implicazioni” della nuova variante Flirt “per la salute pubblica e lo sviluppo di vaccini”. Questa la premessa degli scienziati coordinati da Kei Sato dell’università di Tokyo in Giappone, che hanno analizzato 30 sequenze genomiche di KP.2 provenienti da Stati Uniti, Uk e Canada.
Utilizzando modelli specifici hanno quindi calcolato l’indice di trasmissibilità Re (tasso di riproduzione effettivo, ossia la media di persone che un infetto contagia) della nuova variante, e con test virologici ne hanno valutato l’infettività e l’evasione immunitaria.
I ricercatori hanno concluso che KP.2 presenta “una fitness epidemiologica significativamente migliorata rispetto ai suoi predecessori, compreso il lignaggio XBB. Questo è confermato dall’Re stimato per KP.2 in Usa, Regno Unito e Canada, rispettivamente 1,22, 1,32 e 1,26 volte superiore a quello di JN.1”. Nonostante la maggiore trasmissibilità, “l’infettività di KP.2 è risultata significativamente inferiore (10,5 volte) rispetto a quella di JN.1”, elemento che secondo gli autori potrebbe suggerire “meccanismi o vie diverse” attraverso cui la nuova variante si diffonde e si stabilisce nell’ospite.
KP.2 ha infine mostrato una capacità di fuga immunitaria “significativa”, con “una riduzione di 3,1 volte della suscettibilità alla neutralizzazione da parte di individui vaccinati” con vaccini monovalenti anti-XBB.1.5 “senza precedente infezione, e di 1,8 volte da parte di persone con infezioni precedenti”. Per gli scienziati “questa maggiore resistenza potrebbe in parte spiegare l’Re più elevato di KP.2, indicando una maggiore capacità di eludere le risposte immunitarie rispetto a JN.1 e ad altre varianti precedenti”.
La nuova variante KP.2 di Sars-CoV-2 “non fa altro che confermare ciò che era già chiaro: questo virus è instabile, continua a esprimere varianti, che poi si mescolano nelle loro diversità ed è destinato a rimanere con noi”. Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano, ripete ancora una volta all’Adnkronos Salute quello che chiama scherzosamente “il mio ossessivo refrain”. Un monito che rilancia, anche ai fini del richiamo vaccinale, che l’anno prossimo verrà offerto nuovamente alle categorie a rischio, con prodotti aggiornati a JN.1 come prescritto dalle autorità sanitarie e regolatorie. Funzioneranno anche per KP.2, se dovesse diventare dominante come ipotizzano gli autori del lavoro su ‘bioRxiv’? “Lo capiremo”, risponde Pregliasco.
“Questa nuova variante ‘figlia’ di JN.1 – rimarca – evidenzia soprattutto una capacità di schivare le difese immunitarie, in un contesto generale di immunità ibrida (vaccino più infezione) acquisita da molti”. Del resto “è così che si selezionano le nuove varianti virali” ed ecco perché “Covid ci accompagnerà ancora con periodici rialzi – si aspetta il virologo – anche se non pesanti dal punto di vista numerico e degli effetti di salute per la popolazione, almeno quella adulta-anziana con immunità ibrida”.
In futuro però, con “le varianti new entry” da un lato e “le nuove generazioni” dall’altro, “avremo sempre di più una quota di soggetti suscettibili all’infezione. Magari non avranno infezioni gravi, se sono giovani, però alimenteranno un andamento a onde come quelle disegnate da un sasso gettato in uno stagno”, altro mantra di Pregliasco.
In merito alla nuova variante KP.2 tiene comunque a puntualizzare: “La sua immunoevasività è rispetto ai vaccinati con i vaccini aggiornati a XBB.1.5”, quelli dell’anno scorso, “e agli infettati con le varianti precedenti. L’impegno delle autorità regolatorie – rassicura il medico – è ad aggiornare quanto più possibile i vaccini alle varianti che più circolano di volta in volta”.
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