• Gio. Dic 26th, 2024

Sono oltre 950 i cittadini italiani intervistati che hanno avuto difficoltà nel prenotare una visita o un esame con il Servizio sanitario nazionale nel corso dell’ultimo anno. È quanto emerge dall’indagine condotta da Altroconsumo su oltre 1.100 cittadini aderenti ad ACmakers, la community che collabora alle ricerche dell’Organizzazione, e focalizzata sulla problematica delle liste d’attesa. 

Per ben due terzi degli intervistati le attese sono troppo lunghe, spesso oltre le urgenze indicate sulla ricetta, e per tanti anche le strutture ospedaliere sono troppo lontane; oppure gli appuntamenti non sono proprio disponibili per via delle agende di prenotazione chiuse. Ma non solo: Cup difficili da contattare, ricette che scadono, controlli che saltano. Le visite e gli esami più problematici? Gran parte dei problemi si sono registrati con le visite specialistiche. In particolare, le visite più citate sono quella oculistica (circa 180 segnalazioni) e dermatologica (circa 100, per lo più riguardanti il controllo dei nei). Tra gli esami più segnalati, ecografie soprattutto dell’addome, della tiroide, della mammella e della spalla (circa 150), risonanze magnetiche, Tac (circa 100) e gastroscopia (circa 25). In realtà questo elenco non sorprende: visite oculistiche e dermatologiche, gastroscopie ed ecografie dell’addome sono da sempre le prestazioni che i cittadini pagano di più di tasca propria, prenotando nel privato, come confermano anche gli ultimi dati di Agenas (Agenzia nazionale per i Servizi sanitari regionali) sull’attività intramoenia, cioè l’attività privata degli ospedali pubblici.

E poi le lunghe attese e le agende chiuse. Il problema delle attese eccessive riguarda la grande maggioranza degli intervistati; è impossibile per tanti fare visite ed esami nei tempi suggeriti dal medico, anche quando c’è un’urgenza indicata sulla ricetta (117). Ma colpisce che circa 1/4 di queste segnalazioni (263) riguardi l’impossibilità di prenotare una visita o un esame per via delle agende chiuse: una pratica che è vietata dalla legge. 

LE ENORMI DISTANZE DELLA STRUTTURA 

Circa un quarto dei cittadini che hanno avuto problemi, per avere l’appuntamento nei tempi prescritti dal medico, avvrebbero dovuto recarsi in una struttura scomoda, talvolta lontana anche 100 km o più da casa, perché nella loro provincia il primo posto sarebbe stato diponibile solo dopo molti mesi. Questo accade perché i cosiddetti ‘ambiti territoriali di garanzia’, in cui i Cup possono prenotare le prestazioni, possono essere vasti. Seppur lecito, per molti è un disagio molto forte, se non un ostacolo alle cure, e questa pratica disattende il rispetto di quel ‘principio di prossimità e raggiungibilità’ che viene citato dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa.

LE DIFFICOLTÀ CON IL CUP 

 Anche le difficoltà a contattare il Cup (Centro unico di prenotazione regionale) sono denunciate frequentemente, visto che più di 1/5 degli intervistati dice di averle avute, tra attese molto lunghe, numeri sempre occupati e linea che cade dopo aver atteso inutilmente. Ma purtroppo, sulle attese al telefono con il Cup, non sono previste particolari tutele. 

LE LISTE D’ATTESA PER I RICOVERI 

 La situazione non migliora sul fronte ricoveri. Dei 1.100 intervistati, in circa 300 hanno detto di essere stati inseriti in lista d’attesa per un ricovero negli ultimi due anni. Poco più della metà dei cittadini è stata ricoverata nei tempi previsti; circa 100 persone invece non sono state così fortunate e circa 50 sono ancora in attesa di sapere quando verranno chiamate.

Fra i motivi dei ritardi riscontrati: la mancanza di medici, di letti, l’assenza dell’agenda dei prossimi mesi. In tutte le testimonianze traspare comunque l’impotenza dell’attesa senza informazioni: è difficile essere ricontattati anche quando promesso, avere prospettive chiare rispetto al ricovero, spesso non si viene più ricontattati e si rimane in sospeso.

IL PRIVATO, LA ‘NON SOLUZIONE’ ALLE LISTE D’ATTESA 

 A fronte delle difficoltà che si incontrano nella sanità pubblica, metà degli intervistati che ha segnalato problemi ha deciso alla fine di rivolgersi ai privati. Le strutture private, tuttavia, non possono rappresentare la soluzione al problema delle liste d’attesa: intanto perché implicano una spesa da parte dei cittadini che si dovrebbe poter evitare, poiché la salute è un diritto costituzionale e tutti contribuiscono con le proprie tasse al finanziamento del SSN. Al contrario si tratta invece di un costo che sta diventando sempre più insostenibile per gli italiani, come evidenziato nell’ultimo Termometro Altroconsumo, da cui emerge che il numero di famiglie il cui bilancio è messo a dura prova da uscite che riguardano l’ambito sanitario è aumentato dal 43% nel 2022 al 47% nel 2023. Al momento, invece, l’unica alternativa concreta per chi non ricorre al privato è attendere mesi e mesi per recarsi in strutture molto scomode oppure rinunciare a curarsi, come denuncia un decimo circa delle persone interpellate. 

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