“Un divieto che fa crescere, che è un cammino di civiltà: il divieto di surrogazione è espressione della nostra identità costituzionale”.
E’ lapidario il punto di partenza della relazione presentata dalla costituzionalista Silvia Nicolai, ordinaria di Diritto costituzionale dell’Università di Cagliari, nell’audizione in Senato Commissione Giustizia, sul Contrasto alla surrogazione di maternità. Un punto di partenza per rendere perseguibile chi fa questi accordi all’estero: i tempi della maturazione collettiva dopo anni di legge 40 lo renderebbero ormai possibile e anche necessario.
Nicolai ha ricordato le origini del divieto alla surroga “nella legge 40 del 2004” che stabiliva che “gli accordi surrogatori fossero contrari all’ordine pubblico e al buon costume”, prevedendo “una pena detentiva da 3 mesi a 2 anni e multe da 600mila a 1 milione di euro e che fossero persegubili all’ estero ove vi fosse richiesta del Ministro di Grazia e giustizia”. La docente ha sottolineato che “nei suoi 20 anni di vigenza il divieto di surrogazione non ha mai condotto a condannare nessuno e ha reso anzi possibile un processo di consapevolezza delle ragioni con una crescente messa a fuoco della contrarietà con i principi del nostro ordinamento come la Corte costituzionale e la Cassazione hanno evidenziato”.
Tra i principi rievocati in tal senso: “l’interesse dell’infanzia, la tutela della donna a decidere della sua propria maternità nell’interezza della sua personalità, la libertà e dignità della donna e la sicurezza umana che nel nostro ordinamento limità l’attività economica”. La costituzionalità ha spiegato che finora la giurisprudenza “ha ritenuto non imputabili i committenti, ritenendo l’errore scusabile nel penale perché c’è un conflitto insanabile se oltre la richiesta del ministro di Giustizia serva l’incriminazione nel Paese in cui si opera. A causa di questa incertezza nell’essere perseguiti la giurisprudenza si è fermata. Il principio nel penale è garantista per cui si è punibili solo se consapevoli di commettere un atto per il quale si deve rispondere penalmente e questo aspetto è necessario affinché la norma penale possa ottemperare al suo primo fine che è quello di essere dissuasiva”.
Per questa ragione secondo la docente si deve “rendenderla punibile sempre anche se all’estero possa essere giudicata favorevolmente. La perseguibilità del cittadino è appropriata data la struttura del reato transfrontaliera e si supererebbe la questione della richiesta del ministro, un atto singolo lasciato alla discrezionalità politica” e finora di fatto mai attuato. Diverso il discorso sui bambini già nati, secondo la costituzionalista, proprio perché prioritaria è la tutela dell’infanzia, mentre “inesistente è il diritto degli adulti di essere genitori”.
“Gli atti di nascita all’estero non sono trascrivibili perchè contrari all’ordine pubblico costituzionale, ma nel migliore interesse del minore è possibile prendersene cura con l’adozione per il genitore non biologico”. Secco anche il parere sulla cosiddetta maternità surrogata solidale: “Non esiste: è solo una variante a prezzo calmierato per legge rispetto alla surrogata di mercato. E’ commerciale lo stesso: c’è una domanda e un’offerta sul mercato dove arrivano intermediari che lucrano, si parla di rimborsi che la legge riconosce”.
Un pericolo in più secondo la docente per le donne e la loro autodeterminazione: quella storia di aiutare una figlia o una nipote: “La nonna e la zia- ha affermato- sono un’autostrada per condizionare le donne, esercitare su di loro ricatti affettivi tanto la legge lo riconosce. La maternità diviene di fatto riconosciuta come un diritto sociale tra altri”. Quanto alla libertà delle donne e alla loro autodeterminazione la costituzionalista, richiamando anche la libera decisione di interrompere una gravidanza, si sofferma sulla complessità della maternità che coinvolge tutta la persona: “Nella surrogata diventiamo fungibili come organismo riproduttivo per quello o surrogabile, la maternità diventa solo biologica e aspecifica mentre ogni donna è soggetto della sua propria maternità, è individuale e non sostituibile”.