“Grazie alla ricerca e alla prevenzione, oggi in Italia il 60% dei pazienti è vivo a cinque anni dalla diagnosi di cancro e un milione di persone può essere considerato guarito”.
A dirlo è il ministro della Salute, Orazio Schillaci, nella prefazione della seconda edizione dell’Annuario dei Centri di Ricerca Oncologica in Italia, i cui risultati sono stati presentati al ministero della Salute. “Questi risultati ci infondono fiducia e costituiscono uno stimolo a investire con forza nella ricerca scientifica per far sì che i pazienti possano accedere in tempi più brevi a terapie innovative e sicure- continua Schillaci- nonché per garantire una maggiore competitività dell’Italia a livello globale. In questo contesto i Decreti sui Comitati Etici che ho firmato nei primi mesi del mio incarico come Ministro della Salute rappresentano un passo avanti decisivo. Promozione della ricerca e lotta contro il cancro sono due priorità su cui sin da subito ho puntato con fermezza, nello scenario più ampio di un processo di rafforzamento e rilancio del Servizio sanitario nazionale.
Con il Piano Oncologico Nazionale, che abbiamo adottato e finanziato, sosteniamo la ricerca, la prevenzione e il potenziamento della capacità di presa in carico, di cura e assistenza dei pazienti oncologici. Inoltre, ai finanziamenti per la ricerca sostenuti dal Ministero della Salute, anche con i bandi della ricerca finalizzata, si aggiungono gli investimenti che si avvalgono delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza”, conclude il ministro della Salute.
“Molti pazienti hanno avuto una chance di vita grazie alla ricerca clinica in oncologia, quando in quel dato momento storico è arrivata una molecola che ci ha cambiato la vita”. La testimonianza è di Elisabetta Iannelli, presidente di Favo (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) in occasione della presentazione del censimento dei centri di ricerca clinica in oncologia in Italia al Ministero della Salute.
“Negli ultimi decenni si è andata consolidando la figura dei rappresentanti delle associazioni di pazienti nei comitati etici che guarda a tutti gli aspetti delle sperimentazioni. Da oltre 10 anni vedo passare studi e noto evoluzioni, sopratutto dall’estero è mutata l’attenzione verso il paziente. Molte aziende hanno iniziato a sviluppare tutorial per aiutare i pazienti- spiega Iannelli- dando più informazioni rispetto a un consenso informato di 40 pagine”. La presidente di Favo sottolinea che le associazioni di pazienti “orientano la ricerca, partecipano e favoriscono il reclutamento, cercano fondi e contribuiscono nella diffusione dei risultati degli studi. A livello europeo siamo chiamati a partecipare ai bandi di ricerca sugli studi di frontiera. Preoccupa, quindi, la diminuzione della ricerca indipendente accademica”.
Secondo Iannella “è necessario raccogliere dati da diverse fonti per capire le esigenze dei pazienti. Ad esempio i PROs, i ‘patient-reported outcomes’, sono indicazioni provenienti direttamente dai pazienti, senza l’intermediazione o l’interpretazione dei professionisti della salute o di altri soggetti diversi dal malato in prima persona, senza alcun filtro che ne snaturerebbe la veridicità. I PROs possono riguardare sintomi, effetti collaterali, stato funzionale, percezioni o altri aspetti della terapia come la praticità e la tollerabilità, ma anche altri aspetti che possono incidere fortemente sulla qualità della vita oltre che sulla curabilità della malattia. Le indicazioni contenute nei PROs, rilevate mediante l’uso di questionari standardizzati e validati, sono di fondamentale importanza per valutare il benessere dei pazienti, il loro stato di salute e la gestione delle terapie. La ricerca, inoltre, può consentire il ritorno alla vita attiva- conclude- che si traduce in risparmi per il sistema e contribuisce a dare sostanza alla condizione di guarito”, conclude.