• Gio. Nov 21st, 2024

Medici disoccupati a rischio emigrazione? FNOMCEO: servono oggi e non ci sono ma nel 2030 si colma il vuoto di specialisti in Italia

“Il rischio di una nuova pletora medica è concreto. Non solo: è anche imminente. Sarà infatti il 2030 l’anno in cui i nuovi specialisti andranno a colmare del tutto i vuoti lasciati negli anni precedenti dai pensionamenti e dalle dimissioni, i nuovi specialisti saranno quasi 2mila in più dei neopensionati, mentre oltre 19mila giovani, le matricole di quest’anno, si laureeranno in Medicina.

I rischio di un nuovo imbuto formativo, se le scuole di specializzazione non riusciranno ad assorbirli, e quasi sicuramente quello di un imbuto lavorativo, con medici inoccupati, disoccupati, sotto occupato.  Costretti a emigrare all’estero o a lavorare a condizioni non adeguate”.

È lo scenario prospettato dai dati forniti dal Ced della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri, elaborati dal Centro Studi e presentati oggi a Roma nel corso della conferenza stampa dell’Osservatorio giovani professionisti Fnomceo sull’accesso a Medicina.

“Come dimostrano i dati- hanno fatto sapere- tra le fasce d’età più giovani dei medici iscritti agli albi, netta è la preponderanza femminile. Tra i 24 e i 54 anni di età le donne medico sono 117642, contro gli 80905 uomini: quasi il 60%”. I medici italiani, però, sono anziani: sono 217.321 gli iscritti con più di 55 anni (tra questi, anche molti over 70 che restano iscritti esercitando, in parte, la libera professione), contro 198.547 tra i 24 e i 54 anni. Se poi si va ad analizzare la popolazione medica per fasce di età, si nota che la fascia più ‘affollata’ è quella che va dai 65 ai 69 anni. “Questo significa- hanno spiegato i medici- che siamo arrivati all’apice della gobba pensionistica, con molti medici del Servizio sanitario nazionale che stanno andando in pensione. Sono infatti 108.115 i medici pensionandi, da 59 a 69 anni, a fronte di 229625 medici attivi (quasi la metà) e 78128 medici già pensionati”.

Secondo le proiezioni, da qui al 2030 usciranno dal Servizio sanitario nazionale 78.252 dei 227.921 medici che attualmente vi operano: andranno in pensione 27568 tra Medici di Medicina generale e Pediatri di Libera Scelta, 43.370 Medici Dirigenti, 7.414 Medici Specialisti interni. Più nel dettaglio, analizzando anno per anno, vediamo che l’apice della gobba pensionistica si raggiunge già quest’anno per i Medici di Medicina Generale, nel 2025 per gli ospedalieri e gli specialisti ambulatoriali, dopodiché la curva inizia a scendere. “È dunque adesso che mancano gli specialisti e i medici di medicina generale, come la Fnomceo prevedeva già dieci anni fa”.

Nei prossimi anni, invece, la situazione andrà normalizzandosi. E, nel 2030, si sforneranno più specialisti di quanti andranno in pensione, mentre usciranno dalla facoltà di medicina oltre 19mila medici pronti a specializzarsi. Del resto, già oggi in Italia non mancano i medici: quelli attivi ogni mille abitanti sono 5,72 (7 se consideriamo anche gli Odontoiatri), dei quali 4 lavorano nel Servizio sanitario nazionale. Numeri che portano l’Italia ai primi posti in Europa come rapporto medici per abitanti. A mancare sono soprattutto i Medici di Medicina Generale, che sono passati dai 45.382 del 2013 ai 35.398 di oggi, con un calo netto di 10mila unità; i pediatri di libera scelta, diminuiti di 1700 unità; i medici specialisti ambulatoriali interni, che hanno perso 2500 unità, passando dai 15542 del 2013 ai 12973 di oggi.

I medici ospedalieri invece, in calo sino al 2020 per il blocco del turnover, vedono ora una nuova crescita: erano 104618 nel 2013, hanno toccato un minimo di 100.703 nel 2017, sono oggi 103.145. Bisogna, infine, tener conto dei molti medici che ogni anno fuggono all’estero: quasi 39.000 dal 2019 al 2023, dei quali 11000 solo dal 2022 al 2023. I medici che emigrano sono attratti dalle retribuzioni più alte (in media, rimanendo in Europa, 60mila euro in media in più all’anno, con un massimo di 205mila euro in più in Lussemburgo, 110mila in Islanda e Olanda, 100mila in Danimarca, Irlanda e Germania) ma anche dalle condizioni di lavoro migliori. 

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