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Nel 2022 in Italia si sono registrati 2.479 nuovi casi di tumore della cervice uterina causati dal Papillomavirus. Il tumore al collo dell’utero rappresenta ancora una importante causa di morte per le donne: si stima che nel 2022 siano state 1.156 le donne decedute per questa patologia.

I tumori risultano le malattie più temute in assoluto sia dai genitori (70,8%), che dalle donne (72,4%), con percentuali sempre in crescita. Più in basso si collocano la paura delle demenze (temute dal 41,2% dei genitori e dal 45,7% delle donne), la paura delle malattie che causano la non autosufficienza fisica (rispettivamente dal 29,5% e 30,5%), le malattie cardiovascolari (il 15,5% dei genitori le teme, ma è più alto per i padri con il 22,0%). È quanto emerge dal nuovo Rapporto del Censis, realizzato con il supporto non condizionato di Msd Italia, presentato oggi a Roma a due anni di distanza dalla precedente ricerca. Lo studio analizza la percezione del rischio di tumore da Hpv e le strategie di prevenzione adottate attraverso un’indagine condotta su due campioni, uno di genitori e uno di donne.

Il dopo Covid non favorisce la prevenzione

 Il 65,1% dei genitori e il 60,9% delle donne sono del parere che i tumori si possano prevenire. Tra le strategie di prevenzione vengono segnalati prima di tutto i controlli medici e diagnostici preventivi (indicati dall’80,6% dei genitori e dall’84,7% delle donne). Eppure, l’approccio nei confronti delle strategie di prevenzione risulta ancora condizionato dal livello di istruzione, con una maggiore consapevolezza e un maggiore impegno da parte di chi ha titoli di studio più elevati, mentre la vaccinazione perde terreno: nel 2022 la citava come strategia di prevenzione adottata il 39,1% dei genitori, oggi solo il 22,8%.

In calo le conoscenze sull’Hpv e a informare ci pensano i media

Nel 2024 è calato il numero di genitori che sanno cosa è il Papillomavirus e la relativa vaccinazione: sono rispettivamente l’84,1% e il 74,8%, contro l’88,9% e il 79,4% del 2022. La conoscenza si è abbassata anche nelle categorie dove era più diffusa, cioè tra le mamme (erano il 95,5%, ora sono il 91,7%) e tra i genitori con un livello d’istruzione superiore (erano il 94,0% nel 2022, ora sono l’87,7%). Anche la conoscenza più approfondita del virus arretra leggermente: sempre sopra l’80% sono i genitori che sanno che l’Hpv è responsabile del tumore al collo dell’utero (83,9%), ma si abbassa la quota (77,5% rispetto all’82,4% del 2022) di chi è consapevole che si tratta di un virus che causa diverse patologie dell’apparato genitale, ma che molto spesso rimane completamente asintomatico.

Il 60,2% ritiene che è responsabile di diversi tumori, come quello dell’ano, del pene, della vulva, della vagina e di quello testa/collo, mentre il 41,2% sa che l’Hpv causa i condilomi genitali. Si riduce significativamente (passando dal 24,8% al 13,0%) chi lo ritiene erroneamente un virus che colpisce solo le donne. Tra le fonti d’informazione citate dai genitori emerge il ruolo preminente assunto nel 2024 dai media, legato all’effetto delle recenti campagne di informazione sull’Hpv e non solo: infatti, il 29,1% indica come fonte di informazione prevalente le campagne di comunicazione, il 20,5% vari materiali informativi e promozionali come dépliant e manifesti, il 25,4% i siti web e solo a seguire sono citati i professionisti della salute. La figura più citata è il medico di medicina generale (23,1%), seguito dal servizio vaccinale della Asl (20,9%) e solo terzo il ginecologo (20,2%) che nella rilevazione precedente era indicato dal 25,8% ed era il più citato in assoluto dalle donne (32,3%).

Controlli preventivi: le donne prendono l’iniziativa

 Il 58,7% dei genitori e il 62,2% delle donne afferma che i comportamenti di prevenzione che adotta maggiormente sono i controlli preventivi (screening, controlli diagnostici in assenza di sintomi, ecc.). Solo il 16,1% (che sale al 23,6% nelle più giovani) negli ultimi tre anni non ha effettuato alcuna attività di prevenzione. Gli screening per il tumore cervicale (Pap-test e Hpv-test) sono i controlli che le donne hanno dichiarato di aver effettuato di più negli ultimi tre anni (54,9%), anche se in calo rispetto al 2022. Un dato importante riguarda l’effettuazione di esami diagnostici preventivi di propria iniziativa: negli ultimi tre anni ad averli fatti, anche integrando gli screening, sono il 48,0% dei genitori ed il 62,9% delle donne.

Le donne però si vaccinano di più e i genitori sono sempre più convinti di vaccinare i figli

Le donne di età compresa tra i 25 e i 55 anni che hanno dichiarato di aver effettuato la vaccinazione anti-Hpv sono il 24,5%, che sale al 42,3% nella fascia di età più giovane (25-35 anni). Le donne vaccinate sottolineano che a consigliarle di effettuare la vaccinazione anti-Hpv è stato il proprio ginecologo (30,4%), il 26,5% chiama in causa il medico di famiglia e il 23,8% il servizio vaccinale delle Asl.  Aumentano i genitori che hanno dichiarato di aver vaccinato i figli: erano il 46,1% nel 2022 e oggi risultano pari al 56,1%. Alla scelta dei genitori ha contribuito anche la ripresa dell’operatività dei servizi vaccinali delle Asl dopo il Covid, con un aumento di quanti sono stati effettivamente informati della possibilità di vaccinare i propri figli tramite chiamata o lettera, che risale dal 43,3% al 49,8%, senza però tornare ai livelli precedenti.

«La vaccinazione anti-Hpv rappresenta una della più efficaci forme di prevenzione del cancro» ha dichiarato Francesco Perrone, Presidente Aiom. «Sulla prevenzione, sia primaria che secondaria, bisogna tenere alta la sensibilità dei cittadini, particolarmente di quelli con un livello sociale e di istruzione più basso, tra i quali si nota una concentrazione sia dei fattori di rischio sia della scarsa adesione alle campagne vaccinali e di screening».

«In Italia, nonostante siamo stati tra i primi, già nel 2007, a proporre la vaccinazione anti-Hpv, le coperture tra gli adolescenti e i giovani adulti rimangono molto basse, così come è insufficiente l’adesione allo screening oncologico» ha detto Enrico Di Rosa, Vicepresidente Siti. «Il clima culturale complessivo, dopo l’esperienza Covid, è quello di una caduta di tensione sulla vaccinazione come strategia di prevenzione» ha aggiunto Ketty Vaccaro, Responsabile Area Welfare e Salute del Censis. «Questo contribuisce almeno in parte a spiegare perché non ci sia ancora una reale consapevolezza che attraverso la vaccinazione anti-Hpv si possa eliminare un tumore grave e diffuso come quello della cervice uterina e contribuire a ridurre gli altri tumori Hpv correlati».

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