IT   EN

Ultimi tweet

Covid. Terza dose e vaccino agli under 12, i dubbi degli esperti

"Io dico alle industrie: ‘fermiamoci’ rispetto alla terza dose" dei vaccini anti covid "per la quale non dobbiamo accelerare ma pensare alla memoria immunologica e ai linfociti T, e per le popolazioni che non sono statisticamente rilevanti rispetto alla malattia non facciamo pendere la bilancia verso il rischio". 

 Lo dice a Sky TG24 Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Inmi Spallanzani, ospite di ‘Timeline’.

L'esperto si dice "assolutamente contrario alla vaccinazione degli under 12, per due motivi". "E' statisticamente irrilevante non solo il contagio ma anche la malattia nei bambini al di sotto dei 12 anni.In questo caso quindi la bilancia rischio-beneficio penderebbe tutta dalla parte del rischio. Il problema non è l’Rna che resta nell’organismo – sottolinea - per cui domani facciamo i bambini con la testa d’elefante, questa è un’informazione medievale che non c’entra nulla. Il problema è che comunque noi possiamo avere degli effetti collaterali. Nei bambini non c’è questo contagio così imponente e non c’è la malattia".

"Oggi - ricorda Vaia - tra i non vaccinati che si ricoverano l’età media è fra i 50-60 anni, tutte persone in quelle fasce d’età che sono i figli della nostra cattiva comunicazione, gli ‘esitanti dell’AstraZeneca’, tanto per essere chiari, che non si sono vaccinati e sono oltre due milioni".

La terza dose di vaccino anti Covid è un salto nel buio perché non si sa se usare lo stesso preparato vaccinale, e probabilmente ci sarebbe bisogno di usare un altro preparato vaccinale" con gli aggiornamenti sulle varianti, "non si sa qual è la situazione immunitaria di chi si è vaccinato e chi ha già avuto un decadimento degli anticorpi". Lo dice all'Adnkronos Salute il virologo Francesco Menichetti, primario di Malattie infettive all'ospedale di Pisa sull'ipotesi di un richiamo del vaccino per gli immunizzati.

"Sicuramente valutare persona per persona è molto complesso - ammette il medico - ma noi potremmo già orientarci per decadi perché in linea generale le decadi più elevate sono quelle più esposte a un decadimento della risposta anticorpale, quindi partire dagli ultraottantenni e campionare gli anticorpi e poi scendere agli over 70, agli over 60 con una progressività, non dimenticando i fragili".

Il virologo invita poi a "pensare agli anticorpi monoclonali come alternativa al vaccino. Ci sono delle categorie affette da immunodeficienze di varia natura che ai vaccini non rispondono e hanno bisogno di protezione".

I monoclonali, spiega, "sono anticorpi che non devi produrre ma sono già belli e prodotti, sono protettivi, durano mesi, hanno uno spettro di attività molto ampio che include le varianti e quindi sono un'alternativa al vaccino o un'integrazione del vaccino molto, molto interessante".

"L'unico problema - aggiunge - è la loro validazione clinica e il costo ma dove riuscissimo a contenerne il costo sarebbe un preparato a intramuscolo facile da somministrare, quasi domiciliare, quindi sarebbe davvero importante poterne disporre. Così come importante sarebbe disporre di uno o più farmaci antivirali orali. Per i refrattari al vaccino bisogna dire che ci sono anche queste possibili alternative. Perché non dirlo? Non saremmo equilibrati nel nostro giudizio. Non ti vuoi proprio vaccinare? Fatti i monoclonali, sono anticorpi, è come fare le immunoglobuline per il tetano, non è uguale ma molto simile".

Informazioni:
 
Aggiornamenti gratis nel canale Telegram: t.me/salutedomani

Commenta questo articolo:

*
Il tuo indirizzo email non sarà visibile agli altri utenti.
Il commento sarà pubblicato solo previa approvazione del webmaster.