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13% coppie ha contattato ex partner durante la pandemia

 

Contatti con gli ex partner, difficolta' a gestire le relazioni familiari confinati dentro le mura domestiche e a tenere in equilibrio la dimensione coniugale con quella genitoriale. "I ricercatori del Kinsey institute stanno studiando come la pandemia sta influenzando le relazioni di coppia e il rischio di infedeltà".

I risultati mostrano che circa il 20% degli intervistati ha riferito di aver contattato un ex partner durante la pandemia, circa il 50% ne ha contattato piu' di uno. Un altro 25% ha riferito di essere stato contattato da un ex partner e la maggior parte ha risposto a questo contatto. Tra coloro che sono impegnati in una relazione di coppia, il 13% circa ha contattato un ex partner durante la pandemia". A illustrare i risultati di questo studio statunitense e' Giuseppe Ruggiero, psichiatra, psicoterapeuta e direttore dell'Istituto di medicina e psicologia sistemica di Napoli, nel suo intervento alla Conferenza nazionale della Societa' italiana di psicoterapia (Sipsic) intitolata 'La psicoterapia al tempo della pandemia: la salute mentale nel cuore della salute pubblica'. Uno studio spagnolo, pubblicato sulla rivista 'Family process', nel numero speciale di settembre 2020 intitolato 'Families, and family therapy', ha invece effettuato un'analisi qualitativa degli effetti del lockdown sul benessere relazionale in coppia e in famiglia. 

"La ricerca- illustra ancora Ruggiero- e' stata centrata su due categorie opposte: miglioramento relazionale percepito, deterioramento relazionale percepito. L'indagine ha coinvolto circa 400 partecipanti interpellati attraverso i canali social, qualche settimana dopo il lockdown. È emerso che le difficolta' maggiori sono state vissute dalle coppie che dovevano tenere insieme la dimensione coniugale con quella genitoriale".

Anche i dati forniti dall'Associazione matrimonialisti e familiaristi italiani indicano un generale peggioramento delle relazioni familiari, "con un aumento del 60% di separazioni e divorzi, del 70% di violenza domestica e del 20% dei casi di femminicidio. Lo slogan 'andra' tutto bene' era molto efficace e consolatorio- constata lo psichiatra- ma noi sappiamo che nulla puo' tornare come prima, perche' nella logica dei sistemi complessi, quando questi sono lontani dall'equilibrio, la riorganizzazione puo' portare a nuovi equilibri, inaspettati e imprevedibili". Poiche' gli spazi fisici disponibili diventano "limitati a causa della quarantena- spiega l'esperto- il rapporto atteso tra coesione sociale e autonomia deve essere rivisitato e adattato alla nuova realta'. Questo puo' costituire un importante fattore di rischio per la capacita' di coping (capacita' di reazione, ndr) con l'emergenza". 

Su cosa bisogna lavorare, allora, per migliorare e potenziare la resilienza familiare? Prima di tutto, Ruggiero tiene a ricordare che "la resilienza e' una forma di resistenza non rigida, ma flessibile, fa si' che le persone risanino le loro ferite dolorose, assumano il controllo della propria esistenza e riprendano a vivere e ad amare pienamente. La resilienza non ha a che fare con i geni, ne' con la forza di carattere, ma si puo' coltivare, allenare e sviluppare perche' non sta nella testa delle persone, bensi' nei legami. Bisogna allora- suggerisce il direttore dell'Imeps- ridurre i fattori di rischio, contenere l'innescarsi di escalation relazionali conflittuali e violente, valorizzare le risorse e le competenze personali e familiari, sostenere l'amore proprio e il senso di efficacia della famiglia, aiutare la famiglia a cercare le risorse nella creativita' dei singoli, bambini e adolescenti prima di tutto, nella storia generazionale della famiglia stessa e nella rete sociale allargata. Dobbiamo imparare a vivere insieme ognuno col proprio ritmo, non contemplando rapporti di potere ma- conclude Ruggiero- tendendo a una rimessa a fuoco delle distanze, dei corpi e delle nostre intimita'".

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